:CD =0 = 00 ir-- ^— 1 RSI z co 00 %- ''.W^ ^ "^^ «*^" LI K- C5233r IV ci 1^ ROBARTS ■ . REGOLE DELLA VITA MATRIMONIALE DI FRATE CHERUBINO DA SIENA RISTAMPATE PER CURA DI FRANCESCO ZA MERINI E DI CARLO NEGRONI Accademici della Cnsca IN BOLOGNA PRESSO ROMAGNOLI-DALL' ACQUA Via Toschi 16, A. MDCCCLXXXVIII Edizione di soli 202 esemplari per ordine numerati N. 33 BOLOGNA TIPI FAV\ E GARAG.NAM AGL' ILLUSTRI SIGNORI PIETRO DAZZl, ISIDORO DEL LUNGO GIUSEPPE RIGUTINI e GIOVANNI TORTOLI ACCADEMICI DELLA CRUSCA E COMPILATORI DEL VOCABOLARIO Questo libretto può dirsi che sia il testamento letterario dell'ottimo e compianto collega nostro Francesco Zamhrini. Nessuno io credo che mai fosse più di lui benemerito della pa- tria lingua. Nessuno che io sap>pia ne pubblicò un maggior numero di testi, per mole ragguardevoli e per qualità squisiti. Nessuno, in copia 'maggiore ne pubblicò di quelli che per la eccellenza loro si giudicarono dall' Accademia degni di esseì'e ci- tati nella monumentale opera del suo Vocabolario. Tra i quali voglio qui spedalmente nominare le Regole della vita spirituale di Frate Cheru- bino da Siena, edite dallo Zamlrrini nel 1878; elegante volumetto, uscito dalle stampe del Galeati d' Imola, e dedicato da esso Zambrini alla so- rella sua Albina, come 4erzo e la- crimevole ricordo di una domestica sciagura. Ma oltre a quelle della vita spirituale, dettò Frate Cheru- bino anche le regole della vita ma- trimoniale. E sono anche queste ul- time nella tavola dei citati; e an- ch' esse, non ostante che nei secoli XV e XVI se ne sieno fatte varie im- pressioni, divennero talmente rare , che o non si possono trovare in alcun modo, o convien pagarle poco meno che a peso d' oro. Aveva pertanto lo Zambì'ini in animo di ristampar- le; poiché per la pturezza della fa- vella e per le grazie dello stile tion sono punto da meno delle altre. E già le aveva tutte di propria mano ricopiate, collazionandole con quat- tro antiche edizioni; tre delle quali penso che sieno quelle indicate da Bartolomeo Gamba nella sua^evìe dei testi di lingua (Venezia, 1839, pag. 109); e V ultima, quella di cui si so- no recentemente valsi i nostri Ac- cademici. Giacché nella quarta im- pressione del Vocabolario (Firenze, 1729-38), per le Regole della vita matrimoniale di Frate Cherubino , si era fatto uso di un codice ìnano- scritfo, che fu dell' Ab. Anton Maria Salvini. Ma poi per la quinta, ora in corso di lavoro e di stampa, non essendosi più rinvenuto quel codice, le citazioni si fanno colla scorta di una edizione che non ha nome di tipografo , né data di luogo né d' anno, ma si congettura essere di Firenze circa il 1490 ; facendosi capo, nei casi di scorretta dubbia lezione, anche a un testo a penna, segnato nella Riccardiana del num. 1411. E questa edizione , adesso allegata, è assai probabil- vili mente la medesima che si descrive da Olindo Gueì^rini a pag. 113 della Bibliografia dei testi di lingua a stampa citati dagli Accademici della Crusca, compilata da Luigi Razzolini e da Alberto Bacchi Della Lega (Bo- logna, Romagnoli, 1878). Il lavoro di confronto, dallo Zamhrini intra- preso colla solita sua attenzione e diligenza, si fece ndunque su tutte le edizioni conosciute ; poiché fuori delle quattro qui menzionate non so né ho potuto mai sapere che altre se ne conoscano. Ma perciocché il discorso é ca- duto sopra la quinta impressione del Vocabolario, non voglio tralasciare la nota che ivi si legge a pag. XLII del primo volume, nel proposito aj)- punto di Frate Cherubino. La qual nota è la seguente: « I passati A e-' » cademici, nella Tavola degli au- » tori citati, lo dissero (Frate Che- » rubino) da Siena; ma in alcuni » testi a penna è detto da Spoleti , IX » siccome afferma il Fahricio ». E per verità il Fahricio , a pag. 344 del priyno volume (ediz. di Firenze, Baracchi, 1858 in 4) registra un Cheruhinus de Spoleto, Ordinis Mi- norum, defunctus Assisii 1484, attri- huendogli non solo i trattati della vita matrimoniale e della spirituale, ma anche un trattato della fede. Questo però del dirlo di Spoleto è un errore; ed è un errore tanto meno scusabile, in quanto da esso Fahricio si adduce V autorità del Waddingo. Il quale ai luoghi rife- riti già dallo Zambrini nella sopra detta ristampa della Vita spirituale , espressamente ci fa sapere che tre fu- rono i Cherubini Minoriti, venuti in fama nel secolo XV; mio da Spoleto, al quale si die' talvolta anche il titolo di Beato; uno da Firenze, e uno da Siena. Bice poi ancora il Waddingo, avere il Minorità Cherubino da Sie- na maneggiata la lingua italiana con tal garbo e proprietà^ da venirne a giudizio di molti reputato uno scrit- tore del secolo precedente , il quale per rispetto alla lingua porta il nome di secol. d' oro. E proseguendo reca le prove dell' essere i due trattati della vita spirituale e della matri- moniale opera, non già del Cheru- bino da Firenze né dello Spoletino, come altri aveva creduto , ma di quel da Siena, che deve averli det- tati né prima dell' anno 1450, né dopo il 1481, come esso Waddingo argomenta con sicurezza per il rag- guaglio dei due tempi in cui si ca- nonizzarono S. Bernardino e S. Bo- naventura. Curioso qui sarebbe, ma non collegato necessariamente col nostro soggetto, il ricercare a quale dei tre Cherubini s' abbia da ascri- vere lo scritto intorno alla Fede, del quale pur fece ricordo il Fabricio. Ben merita di non essere lasciata sotto silenzio la opinione del Wad- dingo, che con molto probabili in- dizj e ragioni diìnostra potersi, o per dir meglio doversi reputar fat- tura del Cherubino da Siena anche il volgarizzamento delle favole Eso- piane, che allegato già dagli Accaxle- mici del secolo passato, si allega di nuovo nella odierna pubblicazione del Vocabolario. La quale opinione si innalza poco meno che a dignità di certezza dopo la stampa di quel volgarizzamento^ fatta nel 1811 coi tipi del Seminario di Padova per cura dell' Ab. Pietro Berti, e tratta da un codice dei Signori Mocenigo. Giacché in fronte al codice è questa leggenda: Al nome di Dio, amen. Questo libro si chiama Esopo volgariz- zato per uno da Siena; e più innanzi, vi s' incontra di che facilmente in- tendere il perchè, contento di averci m,essa la sua patria, non vi abbia Frate Cherubino voluto mettere an- che il suo nome, secondo che aveva fatto nei due ridetti trattati. E al di sopra di si fatta leggenda ci si mostra, delineata in veste di mo- naco, con un libro nella mano si- nistra, e allungati V indice e il tne- dio' della destra, una figura seduta in una seggiola che sembra essere uno stallo di coro ; nella qual figura non andrebbe, io mi penso, lontano dal vero chi volesse ravvisare ritratto il nostro buon frate. Oltre di che è pur cosa degna di osservazione, che il testo Mocenigo è affatto somi- gliante a quello citato dagli Acca- demici, come si chiarisce per il raf- fronto che il Berti fece di tutti gli esempi che si leggono nella quarta impressione del Vocabolario ; raf- fronto compiuto con pazientissimo studio , e posto in fine del volu- me. E né pure è da pretermet- tersi , che in esso codice Moce- nigo, e nella edizione del 1811, ci occoì'rono a uno per uno tutti i • passi, che il Waddingo riporta in confermazione della sua tesi, desu- mendoli dal volgarizzamento auto- grafo che esisteva allora presso l'Ab. XIII Anton Maria Salvini, e dall' apo- grafo che ne possedete la Biblioteca de' Francescani a Ferrara. Chi bene consideri, aweì'tirà eziandio la non lieve conformità di maniera e di stile tra questo volgarizzamento , e i trattati originali del pio frate Cherubino. Ma di ciò io lascio a Voi, il senteìiziare, che ci avete autorità e competenza tanto maggiore della mia. E ritorno senza più al trattato della vita matrimoniale, e al nostro collega Zambrini. Il quale , dopo spesevi intorno le fatiche di cui già dissi, divisò di metter^lo in pub- blico e di fame un tometto della sua Scelta di curiosità letterarie ; poiché a parer suo è questa una vera curiosità, e cosi aveva notato egli medesimo sulla carta di fron- tespizio della sua trascrizione. Ma grave , come già egli era , d' anni e debole di vista, volle che io vi dessi le ultime cure, e me ne fece 'preghiera. Non tardai a porvi mano; ma la morte che a lui sopprag- giunse, e alcuni impedimenti che sopraggiunsero a me, ritardarono la composizione tipografica assai più che a principio non si prevedesse. Di questa pubblicazione adunque, e di ogni suo pregio , allo Zambrini principalmente (e meglio forse direi unicamente) avete da saper grado. Dal canto mio, e per il nonnulla che vi potei cooperare, mi attenni scrupo^ losamente a queste due norme. La prima, di scegliei^e fra le varie le- zioni quella che si ha nella edizione quattrocentista, ora accettata dal Vo- cabolario, toltine soltanto quegli scar- sissimi brani dov' è questa lezione , manifestamente corrotta , o peggio ancora tale da non potersene rica- vare un senso chiaro e ragionevole. ' La seconda, di fare in modo che la presente recensione non si diversifi- chi dall' altra che a buon diritto si dovrebbe tenere come la sua sorella maggiore (e cosi avesse Iddio voluto, che le fosse nata gemella!) ; da quel- la voglio dire, che il medesimo Zam- hrini 'procurò della Vita spirituale , e che fu qui avanti menzionata. La quale se ebbe la fortuna d'incontrare la vostra approvazione, io mi con- fido che anche a questa non sarà meno propizio il destino. Bel valore intrinseco e dottrinale di questa opericciuola pochissimo ho a dire. Essa ha i medesimi vantaggi e i difetti medesimi dell' altra che trat- ta della vita spirituale; vantaggi di limpida e perspicua dicitura, di voci e locuzioni elette, di stile a mara- viglia bello; difetti di ascetiche esa- gerazioni, le quali ci mostrano V au- tore in tonaca di claustrale assai più che in abito di cittadino. Chi volesse rigidamente acconciarsi alle sue regole di vita spirituale, non sarebbe un uomo di questo mondo; renderebbe anzi V immagine di quei santi padri, che popolarono nei pritni XVI tempi del cristianesimo gii ermi re- cessi della Tebaide, e che divennero il soggetto di tante e tanto divote leg- gende, onde ancora si pascola il cuore e la fantasia delle credule donnicciuole. E similmente chi ro- lesse stare nel matrimonio secondo che sta scritto bielle regole matri- moniali di Frate Cherubino, dovrebbe governarsi come forse avrebbero fatto r[uei santi padri, se avessero avuto moglie, e seco l'avessero condotta ad abitare nelle caverne; o come se il ìnatrimonio non avesse alt^o fine che di procrear figliuoli, e di reci- tare marito e moglie insieme il santo rosario, solo interrompendolo con qualche lettura edificante. Sotto tre aspetti si può il ma,trimo- nio riguardare; poiché esso è un isti- tuto naturale, un istituto civile e ufi istituto religioso. Come istituto natu- rale, il m,atrimonio soggiace alla leg- ge di natura. E la natura vuole che tra conjugi il lecito e lo illecito, V o- nesto e lo inonesto, piglin norma da ciò che la fisiologia indegna essere conforme o contrario allo intento, o dirò meglio agi' intenti, di questa società domestica e individua del- l' uomo e della donna. Ma basta get- tar r occhio sopra le carte di Frate Cherubino, per vedere che le sue cognizioni fisiologiche non andavano più in là della Fisica di Aristotile, se pure a tanto eì-ano inai arrivate. Chi dunque pensi agi' incrementi e alle scoperte che nella fisiologia si fecero da quattrocento anni a que- sta parte, non penerà a credere che nelle dottrine dello scrupoloso frate vi sarebbe oggidì molto da aggimi- gere., molto da togliere, moltissimo da emendare. Come istituto civile, il matrimonio conviene che obbedisca alle leggi dello Stato. Il matrimonio è fonda- mento e scaturagine di una grande e numerosa schietta di diritti, stret- tamente connessi colla proprietà, eoi suo godimento, e colle obbligazioni d' indole personale, onde si reggono e sono ordinate le famiglie, germe e nocciolo delle nazioni. Dal ma- trimonio hanno loro nascimento i diritti e i doveri, anche patrimo- niali e pecuniarii, del marito verso la moglie, e di questa verso quello; i diritti e i doveri dei genitori verso la pinole, e della prole vei'so i geni- tori; la paternità e la figliazione legittima; la patria potestà; le ra- gioni ereditarie , sia che tì^attisi di successione per testamento o di suc- cessione intestata; e altre assai che sarebbe qui lungo lo enumerare. Cose tutte che sono nel dominio e nella giurisdizione propria della legge ci- vile, e alle quali non potrebbero i governatori delle repubbliche e dei reami mostrarsi indifferenti. Avrà non di meno scusa e pei-dono Frate Cherubino dello aver trascurata la essenza civile del matrimoìiio; si per- ché la sua mira era tutta rivolta al vivere cristiano; e perchè nei Comu- ni italiani del secolo XV gli ordini laicali del matrimonio s' identifica- vano cogli ecclesiastici, e chi non era cattolico non pat^tecipava tam- poco dei diritti civili e politici. Ora però la partecipazione di questi di- ritti non ha più veruna attinenza colla professione e colla credenza religiosa dei cittadini; la fede e il culto non sottostanno più al braccio secolare, né s' impongono colle pri- gionie e coi supplizj; cattolici e non cattolici hanno comune e pacifica la sociale convivenza, e la prote- zione delle leggi e dei poteri dello Stato. Uopo é dunque , che il ma- trimonio, da cui taciti e così pre- ziosi diritti provengono , abbia so- lennità e forme da osservarsi senza distinzione da chi crede e da chi non crede; le quali solennità e forme ne assicurino la giuridica validità ed efficacia davanti ai pubblici m,a- gistrati. Ciascuno potrà poi , se- XX condo la propria coscienza , dare alle nozze la consacrazione che fa d' uopo per invocare sopra la nuova sua famiglia le benedizioni del cieìo, uniformandosi in ciò alla fede di' e- gli tiene per vera, ma che pur po- trebbe abbandonare o aver abban- donata, senza incorrere , per questo solo fatto, in veruna privazione de- gli umani suoi titoli di sposo e di padre. Considerato /analmente come nn istituto religioso, il matrimonio non é perfetto se non si celebra secondo i ri- ti che sono comandati dalla religione propria dei contraenti. Pei cattolici il matrimonio è anzi qualche cosa di più che un semplice istituto reli- gioso; poiché il matrimonio ha per essi viì'tii di sacramento , e 23re- rogative di sopranaturale grazia. Sotto questo aspetto la trattazione di Frate Cherubino lascia assai me- no a desiderare, che sotto gli aspetti precedenti ; come ben era da aspet' farsi, quando in così fatte materie egli, teologo e sacerdote cattolico, do- veva essere maestro. Non ostante vi sarebbero anche qui alcuni, e forse notevoli appunti, da poterglisi fare; ì quali dipendono da due cagioni. L'una, del non essersi egli cosi bene addestrato nel diritto canonico, come nella pura teologia, né tanto eser- citato nel Decreto e nelle Decretali, quanto in San Tominaso e negli scolastici. L' altra, di avere un po' dimenticati i veri e certi principii della morale, per tener dietro alle divagazioni e alle sottili distinzioni e sotto distinzioni dei casisti. Ma fatte sommariamente queste avver- tenze, sarebbe fuor di luogo e di tempo, che io vestissi paratamente specificando gli articoli nei quali Frate Clier ubino o manca o eccede. Giacché la raccolta in cui questo libretto si ripubblica, non é di Cu- riosità scientifiche, ma di Curiosità letterarie; e io non lo do fuori co- me un codice per gli ammogliati, ma come un giojello dì lingua. Come tale io lo presento e V offro a Voi, che del sacrario della lingua siete vigili guardie e valorosi difensori, per im- pedirne ogni profanazione. E come tale graditelo; e con esso gradite i cordiali augurj di ogni bene, che da questa settentrionale plaga d' 1- talia vi manda il collega vostro CARLO NEGRONI Di Novara il XX di settembre MDCCrLXXXVIII. REGOLA DI VITA MATRIMONIALE VlTAE MATRMONIALIS REGULÀ BREVIS AD Iacobum Borgiannis FELICITER INCIPIT CAPITOLO PRIIVIO Sciai unusquisque sull'in vas pos- sideì^e in sanctifìcatione et ìionore. Considerando, e con la mente discor- rendo la vita de' mortali , truovo tre stati in loro, cioè virginale, viduale e matrimoniale. E avvenga che al- cune persone si traevano nello stato virginale, le quali mediante la divina grazia si conservano immaculate e integre, non violando né contami- nando per alcuna via il tesoro pre- ziosissimo della virginità; tamen as- sai più persone si truovano nel se- condo stato, cioè viduale, che hanno 4 contaminata la loro integrità e vir- ginità corporale, o per via di matri- monio, per altra via proibita; e pentite di quella contaminazione e violazione, sforzansi di vivere one- stamente in pudicizia e in castità. E ancora del terzo stato, cioè matri- moniale, si traevano maggiore nu- mero e maggiore moltitudine, cioè di quelle persone che vivono con com- pagnia di marito o di moglie. Es- sendo adunque tanta moltitudine e tanto numero di persone congiunte, pare che sia cosa conveniente e frut- tifera e utile fare alcuno sermone e alcuno trattato, nel quale si dia dot- trina a queste tali persone coniugate, come debbino vivere per non offen- dere Iddio, e per non dannarsi, anco si venghino a salvare. Faremo adun- que mediante lo adiutorio di Dio que- sto trattatello; nel quale insegneremo di vivere cristianamente a tutte le persone che sono in matrimonio. E voglio che questo trattatello si chia- 5 mi: Regola di vita matrimoniale. Volendo dare regola e dottrina di vivere cristianamente alle persone che sono in istato matrimoniale , m' oc- corre il parlare proposto dal gran trombetto Paulo, di lesù Cristo Apo- stolo dilettissimo : Sciai nmisquisque vest>mm suum vas possidere in san- Qiificatione et honore. Del quale par- lare la sentenza in volgare è questa: Ogni persona si debbo studiare di possedere il suo vasello in santità e onore. Santo Remigio, espositore delle pistole di Paulo, dice sopra queste parole , che per questo vasello s' in- tende il corpo proprio, e ancora della compagnia sua, cioè del marito o della moglie. Vuolse dire adunque Santo Paulo, quando disse queste pa- role, questo: Ogni persona, la quale è in istato matrimoniale, si debbo isforzare e ingegnare di vivere cri- stianamente e costumatamente e con la sua compagnia; non esfrenata- mente né scostumatamente, come animali sanza ragione e sanza intel- letto. Che sanza fallo molte persone si truovono in questo tale stato, le quali o per negligenzia o per igno- ranzia o per malizia vivono tanto bruttamente, e senza freno di ragione e di conscienzia, che poca differenzia è infra loro e gente pagana, o vero animali bruti e bestiali che non hanno intelletto ninno né ragione ; e così facendo si vengono a dannare, la qual cosa è assai nociva et in perpetuum dannificativa, E però, quanto più è il pericolo nel vivere costumato circa lo stato matrimoniale, tanto è più meritorio lo insegnare come si debbe in questo stato cristianamente vivere. Pertanto nota tu, anima divota, tre principali misterii in questa materia. Nello primo vedremo tre cose , le quali lo marito è tenuto a dare alla sua moglie. Nello secondo, tre altre le quali la moglie è tenuta dare al suo marito. Nel terzo, tre altro nelle quali è tenuto lo marito dare alla 7 sua moglie, e la moglie al suo ma- rito. Le cose, le quali lo marito è te- nuto dare alla sua moglie, sono tre. La prima si chiama instruzione ; la seconda, correzione ; la terza, sosten- tazione. La prima cosa. La prima cosa, che lo marito è tenuto dare alla sua moglie, si chia- ma instruzione^ cioè dottrina, am- maestramento e insegnamento delle cose necessarie alla salute. E che questo sia vero, l'Apostolo Paulo dice: se le donne maritate volessino sapere alcuna cosa quando sono in casa di loro marito, debbono dimandare ad essi, perchè sono tenuti d'insegnarlo loro. Se la moglie tua adunque non sa lo Pater noster^ né V Ave Maria^ né lo Credo, dico che tu, marito, gliele debbi insegnare; se non sa gli comandamenti di Dio, tu glieli debbi insegnare; se non si sa confessare. se non sa conoscere i comandamenti di Dio, gli peccati mortali, che da essi si debba guardare, tu glieli debbi insegnare. E ogni altra cosa pertinente alla salute dell' anima ( cioè quella che non sapessi) tu, marito, per comanda- mento di Dio, pronunziato dal gran trombetto Paulo Apostolo , si se' te- nuto d' insegnarle. Ma oimè, oimè! oggi è tanta la ignoranza del mondo, che de' fatti spirituali della legge di Dio poco sanno li mariti, e meno le mogli. E perciò interviene quello che dice il nostro Signore nel santo Evan- gelio , che se 1' uno cieco mena l' al- tro, trovando la fossa nel cammino, r uno e r altro cade in essa. Lo ma- rito sa poco, e la moglie manco; e così molte fiate si danna l' uno e l' al- tra per ignoranza. E perciò tu, ma- rito , debbi cercare di sapere le cose ' necessarie alla salute dell' anima, non solo per te, ma ancora per essa e per tutta la tua famiglia; e debbigli mandare alle predicazioni, dove s'in- 9 segna gli comandamenti di Dio e le altre cose necessarie a salvarsi. E quando non gli potessi mandare tutti, mandane parte; o vero ci va tu, e poi in casa racconta o fa raccontare la predica, acciocché quegli che non ci sono stati venghino a imparare al- cuna cosa; se non tutto, parte. An- cora, quando potessi avere alcuno li- bro spirituale in lingua volgare per leggerlo alla famiglia tua, non sa- rebbe altro che bene, massimamente il Trattato che fé' lo Arcivescovo di Firenze sopra i peccati tnortaU^ o vero la Quadriga che fece il vene- rabile padre frate Nicolao di Osimo dell' Ordine de' frati minori. In que- sti due libri si dichiara ciò che è te- nuta di fare la persona, e da che è tenuta la persona di guardarsi 1' ani- ma. Ancora quella Regola di vita spirituale, composta da me, a mio giudicio è buona da leggere e inse- gnare ad ogni persona d' ogni stato. Instruzione è adunque la prima cosa che lo marito è tenuto alla moglie. 10 La seconda cosa. La seconda cosa , eh' è tenuto lo marito dare alla moglie, si chiama correzione^ reprensione, gastigamento. Sanza dubbio, come dice Catone poeta nel suo libro di dottrina, nessuna persona in questo mondo vive tanto virtuosamente e sapientissimamente , che alcuna fiata non commetta e fac- cia alcuno difetto e alcuno errore. Perciò è necessario, che questa tale persona difettuosa ed errante sia ga- stigata e corretta e ripresa del suo delitto, difetto e peccato, per non fare male e peggio. Se la tua moglie adun- que, o figliuolo mio dilettissimo, fa- cesse, come persona fragile e difet- tuosa, alcuno delitto, o alcuno difetto ed errore che non debbe fare, chi la" debbe castigare e riprendere? certo non altro , se non tu che gli se' ma- rito. Onde uno decreto dice, che sic- come a nessuno uomo non è lecito 11 congiugnersi carnalmente con fem- mina maritata, altro che il suo ma- rito, così ancora non è lecito a ninno uomo correggere femmina delinquente ed errante, altro che il suo marito. E questo intendi di correzione, dove necessariamente occorre punizione , percussione, o vero battitura e fla- gellamento. Ma nota tu, figliuolo mio amatissimo , che nella correzione , la quale tu dai alla tua mogliera, per essere moderata, tieni quella regola che tiene il cerusico, o vero il medico di piaga, per curare e sanare una nascenza o postema. In prima mette le cose mollifìcative leggieri , come fusse bianco d' uovo ; e se con queste cose mollifìcative la nascenza si rom- pe , buono è. Ma se non si rompe , mette le cose mollifìcative più ardenti e più forti; e se con queste cose la nascenza si rompe, ancora sta bene, che non si cura altrimenti tagliare. E se non si rompe , mette mano alla lancetta o rasojo, e taglia; e se non 12 basta una tagliata, ne fa due e tre; e con la mano preme e calca, e così ne cava ogni putredine e marcia. E se così non facesse, non sarebbe buono medico, perchè si dice: medico pie- toso fa la piaga verminosa. Così an- cora, quando tu vedi la tua moglie fare alcuno delitto, non così subita- mente debbi correre a ingiurie e per- cussioni e bastonate:; ma prima amo- rosamente e con piacevolezza debbi dolcemente insegnarle quel delitto , che non lo facci più per non offen- dere Iddio, e per non dannare l'ani- ma, e per non fare cosa che sia ver- gogna a te e a sé. E di ciò abbiamo lo esemplo nella Santa Scrittura di quello lob santissimo e pazientissimo; il quale riprendendo la sua moglie delle parole malvagie eh' essa disse , corressela così: quasi una de stuìtis mulietnbus ìoquuta es. Non disse : tu se' una pazza ; non disse : tu se' una ribalda, o altre parole ingiuriose; ma disse: tu hai parlato quasi come una 13 delle folli e stolte femmine. Piglia esemplo tu , figliuolo mio benedetto , che prima con dolcezza e amorevo- lezza debbi ammonire, esortare e cor- reggere la tua moglie de' suoi delitti e difetti e mancamenti. Perchè molte volte sono persone che hanno il core generoso e l'animo nobile e la con- dizione gentile, che con dolci parole s' aramendono molto più che con bru- sche ; e ancora forse , avendo aspre parole, fanno peggio e non meglio. Ma se la tua moglie ha la condizione servile, 1' animo rustico e villano, che con queste parole piacevoli non si ammenda, riprendila con parole bru- sche e aspre, con minacele e con ter- rori e con altre paure. E se ancora questo non bastasse, e vedila fare cosa che sia olfesa di Dio, danna- zione dell' anima sua, vergogna sua o tua, altro pericolo notabile, piglia il bastone, e battila molto bene ; che meglio è essere flagellata nel corpo e sanare 1' anima, che perdonare al 14 corpo e dannare l' anima. Ma nota che io ti dico che non la debbi bat- tere, perchè forse non apparecchia così bene come tu vorresti, o per altra cosa leggieri, e difetto piccolo e minimo ; ma dico che tu debbi bat- tere tua moglie, quando facessi gran difetto; verbi gratia come, se be- stemiassi Iddio o alcuno Santo, se nominassi lo demonio, se si dilettassi stare alla finestra, e dare volentieri audienza ad alcuni giovani inonesti, avessi alcuna mala pratica, con- versazione e compagnia, o vero fa- cessi alcuno altro difetto notabile, che fussi peccato mortale. Francamente allora battila, non con animo irato, ma per zelo e carità dell' anima sua ; che quella battitura e percussione, a te che. la farai sarà meritoria, e a lei che la sosterrà sarà utile e frut- tifera. Sempre però la piacevolezza in prima; e se non basta, dalli lo amaro e la percussione. 15 La terza cosa. La terza cosa, la quale è tenuto lo marito alla sua mogliera, si chiama siistentazione , cioè che lo marito debbe sustentare e nutrire e cam- pare la sua moglie, provedendola di mangiare, di bere, di vestire, di cal- zare, di dormire e di compagnia se- condo la sua condizione e grado; e in tutte le cose a quella necessarie sovvenirle, tanto in infermità quanto in sanità. La cagione di questo la in- segna lo Apostolo Paulo, dicendo che nessuno ha in odio la carne sua pro- pria; anco la sustenta e nutrica. E conciosia cosa che, secondo lo vec- chio e nuovo testamento, il corpo del marito e ancora lo corpo della mo- glie sono una cosa medesima, adun- que tu, marito, come ti provedi a tutte tue necessità, cosi debbi prove- dere e sovvenire a tutte le necessità dell' anima e del corpo della moglie 16 tua. Debbila fare confessare e comu- nicare , e di tutte 1' altre cose spiri- tuali provedere. E così dico delle cose del corpo, che le debbi soccorrere quanto la tua possibilità si stende, come a te medesimo. Pensa eh' ella, venendo in casa tua, portò la sua dota e la sopradota, e altre cose se- condo la consuetudine della patria, non per altra cagione se non per sop- portare li pesi del matrimonio e le spese della casa più leggermente e con manco affanno. Grande impietà, ingiustizia e crudeltà adunque com- mette quello uomo il quale lassa sten- tare la sua moglie, né gli provede a' suoi bisogni ; attento e considerato che possiede e gode la dota che gli portò. E ancora, pensando tu che lo corpo della tua moglie è quasi una medesima cosa e carne con la tua, pertanto, figliuolo mio dilettissimo, sostentala, provedila e soccorrila a tutti e suoi bisogni; che tu se' tenuto di farlo e per legge naturale e per 17 legge divina, e ancora per legge po- sitiva e umana. E così fo fine alla prima parte di questo sermone e di questo trattatello, dove abbiamo ve- dute tre cose nelle quali lo marito è tenuto alla mosrlie. CAPITOLO SECONDO. Circa la seconda parte di questo sermone e di questo trattatello , dove si hanno a vedere le cose le quali la moglie è tenuta dare al suo marito; come furono tre quelle che lo marito è tenuto alla moglie, così diremo che sieno tre quelle che la moglie è te- nuta al suo marito. La prima si chia- ma timorazione; la seconda, famuìa- zione, la terza, ammonizione. Cioè: la moglie è tenuta di temere il suo marito; di servire il suo marito; di ammonire il suo marito, quando lo vedessi vivere in peccato. La prima cosa. La prima cosa, la quale è tenuta la mogliera al suo marito, si chiama timorazione; cioè che tu, figliuola mia, debbi stare sempre in paura e 19 in gelosia di non fare alcuna cosa che dispiaccia al tuo marito, né in fatti, né in parole, né in altri gesti. E questo ammaestramento lo dà il gran trom- betto di Gesù Cristo, Paulo, dove co- manda per parte di Dio , che la mo- glie debbo temere il suo marito, cioè guardarsi e spaventarsi, come é detto, di fare cosa che gli sia in dispiacere. E per questa cagione la moglie debbe sempre portare reverenzia e onore al suo marito, parlandogli, risponden- dogli reverentemente e umilmente, chiamandolo messere o signore. In esemplo di ciò abbiamo di madonna Sara, moglie di Santo Abraam, la quale chiamava sempre il suo ma- rito messere. signore, solo per ge- losia di non fare cosa che li dispia- cesse. Ancora di questa medesima madonna Sara scrive Santo Piero, eh' era obbediente al suo marito. Così ciascuna donna maritata debbe ub- bidire il suo marito; che così è la volontà di Dio. Onde alla prima no- 20 stra madre Eva gli fu detto e co- mandato da Dio, che dovessi essere sotto la sua potestà del suo marito A-dam, cioè che Adam comandassi, ed Eva ubbidissi. Adunque tu, figliuola mia dilettissima, ubbidisci al tuo ma- rito; che così sei tenuta. Ma nota che più si debbe ubbidire a Dio, che alle creature ; perch' egli è il princi- pale signore, il principale padrone, principale superiore e principale pa- dre. E però dice il gloriosissimo le- ronimo: Se la cosa che il nostro si- gnore, padre e superiore mondano, co- manda è buona, dobbiamo ubbidire; se non è buona, dobbiamo rispondere quello che rispondevono e Santi Apo- stoli alli tiranni, i quali volevano che ellino adorassino 1' idoli : Ubbidire conviene più a Dio, che agli uomini. Pertanto dico a te, figliuola mia di-' lettissima: se il tuo marito ti co- manda cosa che sia contro alla legge di Dio, non gli debbi ubbidire; che non ne sei tenuta, ma più sei tenuta 21 a Dio che a esso. Ma se ti comanda alcuna cosa che sia necessaria e utile all' anima tua, e onore e utile di casa tua , ubbidiscigli ; che ne se' tenuta. Quando ancora ti comandasse alcuna cosa, la quale tu non sapessi del certo che fussi male o bene, sicuramente fa quello eh' esso ti dice. Imperoc- ché tu non pecchi; anco se' escusata per la obbedienzia, come dice il di- vino dottore Augustine; e se pure fussi male, il peccato è suo, e non tuo. La seconda cosa. La seconda cosa, la quale è tenuta la mogliera dare al suo marito, dico che si chiama famulazione; cioè che gli debbi servire a tutto quello che è necessario, e quanto a te è possi- bile , cucinandogli, lavandogli e in ogni altra cosa che a te s' appartiene provedendogli. La ragione di questo la insegna il gran trombetto Paulo, dicendo che il capo della moglie è il 22 suo marito. Siccome adunque tutte le membra del corpo servono alla testa, difendendola da ogni pericolo quando bisogno occorressi, così debbo fare la mogliera al suo marito ; e se così non fa, certo non usa ragione. Debbe pensare quanta fatica dura il suo ma- rito per essa, affannando, sudando, stentando e affaticandosi per essa e per la casa. Or non è cosa ragione- vole, che sia bene servito da quegli per li quali tanto disagio e fatica porta? Certo si; che, come dice il volgare detto, 1' una mano lava l' al- tra, e tutte due lavano il viso. E uno decreto dice , che così come 1' uomo pecca a non servire e non obbedire a Cristo eh' è suo capo, così la mo- glie pecca a non servire al suo ma- rito, eh' è suo capo secondo la sen- tenzia di Paulo sopra allegata. 23 La terza cosa. La terza cosa, la quale tu, fi- gliuola , se' tenuta dare al tuo ma- rito, si chiama arivinonizìone; cioè che quando lo vedi fare alcuna cosa che sia peccato, lo debbi dolcemente e piacevolmente esortare e confortare che non lo faccia più, cogliendolo a tempo e disposizione, che sia bene disposto a udirti con pazienza, dicen- dogli: messer mio, signore mio, la tale cosa fate eh' è peccato ; priegovi, per quanto amore mi portate, che non facciate questo più; levàtevene, ac- ciocché non danniate l' anima ; datemi questa consolazione, a me che mag- giore consolazione non potrei avere, altro che vedendovi vivere sanza pec- cato mortale. Credimi, figliuola mia, che sapendo tu cogliere lo tuo ma- rito a tempi congrui, in buona tem- pera, esortarlo e ammonirlo grande frutto sarà dell' anima sua e tua di 24 questa tale prudente e dolce esorta- zione. Imperocché, come dice lo Apo- stolo Paulo, molte volte si salva lo marito iniquo e malvagio per la mo- glie buona e pietosa. Ma oimè! che molte sono, che nello matrimonio s'accordano, non al ben fare, ma al mal fare. Se il marito ha odio e briga, la moglie lo conforta a mantenerla, e a fare vendetta. Se il marito è vano, la moglie è più vana ; e 1' uno conforta l'altra in vanità, in pompe e in altri mali. E così, come la mo- glie dovrebbe ajutare il suo marito a ire in paradiso, più tosto 1' aiuta a precipitare e rovinare allo inferno. Certo non si debbe fare così; peroc- ché, come si dice nel vecchio testa- mento, Iddio da poi che ebbe fatto r uomo , disse : non é bene F uomo essere solo, facciamogli un ajutorio . simile a sé. E così fu fatta la femmina. È data adunque la moglie al marito suo in ajuto, e non in disajuto; in favore, e non in disfavore; in eleva- 25 zione, e non in ruina; in salvazione, e non in dannazione. Sempre adunque cerca la salute dell' anima del tuo marito con ogni via e con ogni modo che a te sia possibile. E se a ciò non basti, e tu metti in terzo e religiosi e altiu padri spirituali, a' quali ti pare che il tuo marito dà fede; e abbilo in buona opinione. E così fo fine alla seconda parte. Seguita la terza. CAPITOLO TERZO. Seguita il terzo misterio; nel quale vedremo le cose, che cosi è tenuto il marito alla moglie, come la moglie al marito. La prima si chiama cor- diale dilezione; la seconda, indivi- duale abitazione; la terza, del de- bito coniugale e matrimoniale pa- cifica reddizione. La prima cosa. La prima cosa, la quale tu, ma- rito, se' tenuto alla moglie tua, e tu, moglie, al tuo marito, si chiama cor- diale dilezione, cioè che cordialmente vi dovete insieme amare. E questo ammaestramento avete dal gran Pau- ' lo, lo quale dice: o mariti, amate le vostre mogli in quello modo che Cri- sto amò la Chiesa, cioè la congrega- zione dell' anime cristiane. Che così 27 comò Cristo volle patire morte per salute delli cristiani, cosi ancora lo marito per salute dell' anima della sua moglie debbo mettere la vita, se è bisogno, et e centra. Ancora, sic- come Cristo per lo grande amore che ci porta, quante volte l'uomo cade e ricasca nel peccato, pure che ritorni a penitenza, sempre Cristo il riceve in grazia e perdonagli; così ancora tu, marito , tanto debbi amare la tua moglie, che se pure ricadessi in al- cuno errore, pentendosi e volendosi emendare, le debbi perdonare e ri- ceverla in grazia. Ancora esso Paulo dice : gli mariti debbono amare le sue mogli, come amano sé medesimi. Ma perchè ogni amore debbe essere per- fetto, bisogna che non sia zoppo. Lo amore allora è zoppo , quando 1' una delle parti ama , e l' alti-a no. Tu adunque, moglie, debbi amare lo tuo marito, e tu, marito, la tua moglie; e cosi con questa mutua reciproca- zione, amandovi insieme, lo amore 28 sarà perfetto. Per questa cagione, come si scrive nel libro di Tobia, furono dati a Sara cinque documenti, quando fu mandata a marito. Lo pri- mo, che dovesse amare il suo ma- rito; così tu, figliuola mia, ama il tuo_ marito per modo, che per tale cosa nessuno altro uomo debbi amare, mentre eh' egli viverà sopra la terra. Lo secondo ammaestramento, che fu dato a Sara, fu che dovesse onorare il suocero e la suocera; cosi debbi fare tu. Debbi pensare, che come sono padre e madre al tuo marito, così sono a esso consanguinei in primo grado , e a te sono affini in primo grado. E però così come esso è tenuto onorargli e ubbidirgli, così ancora tu. E siccome essi sono te- nuti d' ajutare esso tuo marito, così sono tenuti ajutare e sovvenire te; ' perchè come esso gli è consanguineo in primo grado , così tu gli se' atììne in primo grado. Lo terzo ammaestra- mento dato a Sara fu, che dovesse •29 reggere e governare bene la famiglia della casa sua. Così tu, figliuola mia dilettissima, quando vai a marito, se per ventura il tuo marito avessi fi- gliuoli d' altra moglie innanzi a te ; abbi sollecita cura di provedergli e governargli in tutti i loro bisogni e necessità, massime se sono in età puerile e piccolini. Pensa che non hanno altra madre che te ; pensa che sono figliuoli al tuo marito, e forse con alcuno peccato; e a te sono fi- gliuoli senza peccato. Ma oimè! che mediante la diabolica suggestione è stata seminata tanta zizania e ve- leno di odio intra li figliastri e le matrigne, che sempre stanno in con- tenzione e brighe ; e alcuna fiata viene il difetto dalli figliastri, e alcuna fiata dalle matrigne; in ogni modo è male. Tu, figliuol mio, fa che la tua mo- glie serva, onori e ubbidisca in cose lecite e ragionevoli al tuo padre e alla tua madre. Fa che serva alli tuoi figliuoli, e massime piccolini, in alle- 30 vargli, nettargli e procurargli; e fa eh' essi ubbidiscano a quella, proprio come se gli fusse madre. Che cosi facendo, la casa ara pace , e in quella abiterà Iddio; altrimenti ara discor- dia, e in quella abiterà il diavolo. Lo quarto ammaestramento che fu dato a Sara fu, che dovessi governare la casa. Così ancora tu, figliuola mia di- lettissima, governa bene tutte le cose di casa, che non si perdino, e che non si vadino gettando in qua e ih là. Pensa che non senza fatica, peri- colo e affanno, queste cose s'acqui- stano. Il tuo marito forse s'afiatica, per mare o per terra, o con altro suo arbitrio ed esercizio, a guada- gnare; non è bene, che poi per tua mala guardia si perda. Pertanto go- verna bene tutta la casa, e tutte le masserizie e della cucina e dello letta, ' delli vestimenti e delli calzamenti, e lo cellario, come è il vino e lo fer- mento, e molto più le cose preziose, in buona masserizia. E prò vedi in 31 casa di camicie, di tovaglie, di man- tili, di lenzuola e d' altre cose perti- nenti a te, necessarie al tuo marito, alli figliuoli e alli altri servidori e schiavi, tanto maschi quanto femmine; che tutti sieno ben prò visti, e ancora con buona discrezione, che non ab- bino a guastare e a dissipare le cose, come è detto. Quinto ammaestra- mento. Quando vai alla casa del tuo marito, o figliuola mia, sforzati di fare si fatta vita, che in nessuna cosa meritamente e degnamente possa es- sere ripresa, né dislaudata, né incari- cata. Fa che tutte le tue parole, tutti gli tuoi atti e gesti, tutte le tue ope- razioni e fatti sieno sì composti, mo- rigerati e costumati , che più presto sia degna di commendazione e di laude, che di riprensione e vituperio. Dicoti che se così tu farai, figliuola mia dilettissima, il tuo marito certa- mente ti amerà. Amore cordiale adun- que é la prima cosa, che lo marito é tenuto dare alla sua moglie, e la mo- 32 glie al suo marito. Ma nota che tre cose si debbono osservare tra lo ma- rito e la moglie , per conservare e mantenere amore cordiale intra loro. I. La prima è [del] letto matrimoniale la iììibazione ; cioè che l'uno debba essere fedele all' altro. Che mai lo ma- rito, mentre vive la sua moglie, debbo peccare né cercar di peccare car- nalmente con nessuna femmina del mondo. E così la moglie non debbo cercar di peccare carnalmente con uomo che viva sopra la terra, men- tre che il suo marito vive. Che al- trimenti, se lo marito ama altra fem- mina , che la sua , carnalmente , 1' a- more della moglie verso il suo ma- rito molto si raffredda; anzi quasi in tutto si estingue e muore. Cosi an- cora, se la moglie ama altro uomo che '1 suo marito, lo marito la toglie in tanta disgrazia, che non la può 33 più vedere ; immo alcuna fiata 1' uc- cide. E pertanto, figliuol mio e fi- gliuola mia, osservate fedeltà e leanza insieme 1' uno all' altro ; che così siete tenuti a fare per divino precetto e comandamento. In segno di ciò, per cerimonia della Santa Chiesa, lo ma- rito mette in dito l' anello alla sua moglie ; lo quale si chiama fede. Dove nota che la fede, o l' anello della fede, è uno legame, per darti ad intendere che non è lecito a te, uomo, a- vere altro che una moglie, mentre eh' ella vive; non t' è lecito avere moglie e concubina. Così a te, fi- gliuola mia, non t' è lecito aver altro che uno marito, mentre eh' esso vive. Se per avventura morissi innanzi di te, e piacessiti di torre un altro ma- rito, lo potresti fare ; ma non mentre eh' egli vive. Non t' é lecito ancora aver marito e concubino o amico, o palesemente od occultamente; che questo è contro la legge di natura. Ancora nota che 1' anello, detto fede. 34 si mette al dito che sta presso al dito Piccolino , dov' è una vena la quale è radicata nel cuore, per darti a in- tendere che voi, che siete in matri- monio, vi dobbiate cordialmente ama- re; e per cordialmente amare vi do- vete contentare l'uno dell'altro, senza altra persona cercare. II. La seconda cosa che le persone coniugate debbono osservare per es- sere vero amore infra loro, si chiama onorazione , cioè che 1' uno debba onorare 1' altro. E questo documento r avete dallo Apostolo Paulo, lo quale grida: Honore Ì7ivicem prevementes , cioè : prevenitevi 1' uno all' altro in onore, e non aspettate d'essere ono- rati per onorare; ma sforzati tu d'es-' sere lo primo in fare onore alli altri. E senza dubbio chi pensa, truova che gli onori, li quali le persone che han- no a conversare insieme si fanno, 35 sono cagione di mantenere amore , dilezione e carità infra loro. Onora- tevi adunque insieme, figliuoli e fi- gliuole mie, voi che siete in istato di matrimonio; che per questa mutua onorazione vi conserverete in amore e carità e dilezione. m. La terza cosa che le persone con- iugate debbono osservare per essere vero amore infra loro, si chiama mu- tua sopportazione. Senza fallo, at- tenta e considerata la umana fragi- litade e mondana malizia, non si può fare che infra le persone, che insieme abitano, alcuna fiata non ci sieno pene e rincrescimenti e dispiacere infra loro , r una contro all' altra. E non è da maravigliare; perchè le sco- delle, li bicchieri, gli orciuoli e gli altri vasellamenti d' una medesima casa, quando insieme si pigliono, in- sieme si percuotono. Cosi ancora lo 36 persone, che abitano insieme in una medesima casa sotto uno tetto, con- versano e praticano e parlano in- sieme il dì e la notte, se alcuna fiata dà rincrescimento 1' una all' altra, di- cendo alcuna parola o facendo alcuna cosa che dispiaccia 1' una all' altra , avvenga che non si dovessi fare, pur pare che non si possa fare lo con- trario per la nostra fragilitade. Lo rimedio è, per non rompersi in tutto r amore e la carità, che si portino insieme e abbino pazienzia, una volta r uno e un' altra volta 1' altro. Se lussino due persone che tirassino uno filo, r una da uno capo e l' altra dal- l' altro , certo leggermente si spezze- rebbe e romperebbe; ma se 1' uno tira e l' altro allenta, mai si romperà. Così debbono fare le persone coniu- gate; comportarsi e avere pazienzia" r una con 1' altra. Non in ogni cosa e in ogni punto debba volere vincere lo marito; ma alcuna fiata debbe comportare e lassar vincere alla mo- 37 gliere. Molto più la moglie debbe lassar vincere, e con pazienza sop- portare il suo marito, E così sop- portando, r uno e r altro manterranno vera carità insieme, e conserveranno la legge di Cristo, come altamente suona il gran trombetto Paulo nelle sue sacratissime sentenze. E se pure alcuna volta ci fusse alcuna parola rincrescevole e nojosa fra queste tali persone coniugate, non debbono las- sar passare ventiquattro ore, che si debbono insieme reconciliare, doman- dando perdonanza 1' uno all' altro , e spezialmente la moglie al marito. E ancora questo ammaestramento l' a- vete dal predetto Apostolo di Cristo diletto. La seconda cosa. La seconda cosa la quale è tenuto lo marito alla moglie, e la moglie al suo marito, si chiama coabitazione; cioè debbono insieme abitare in una 38 medesima terra e in una medesima casa. Non debba lo marito stare in una terra, e la moglie in un' altra; perchè, come dice una decretale, es- sendo una carne lo marito e la mo- glie, male sta l' uno senza 1' altra per lungo tempo; attento che, per que- sta lunga separazione, lo marito casca in molti peccati carnali, che non ca- scherebbe se fusse stato con la mo- glie sua. E per lui non manca di dare cagione di similmente cadere la sua moglie. E se pur cade o l' uno o r altro per questa tale separazione , r uno e r altro pecca mortalmente. Tanto strettamente sono obbligate le persone coniugate di abitare insieme, che avvenga che 1' una fusse cieca, sorda, muta, brutta, sterile, e altro difetto corporale avesse, l' altra com- pagnia, che è sana, non si debbo per ' questo dividere e partire da quella, e abitare separatamente. Bene è vero che li sacri teologi, e ancora li ca- nonisti, dicono che se una persona 39 conjugata diventasse lebbrosa; per- chè la lebbra è morbo e infermità contagiosa e infettiva, lecito è al- l' altra compagnia, che è sana, a par- tirsi o separarsi da essa; ma debbe abitare in una casa tanto propinqua, che possa servire e provedere a tutti li bisogni dell' altra compagnia in- ferma e lebbrosa. E così è tenuta di fare. Se la persona volesse il debito matrimoniale, è tenuta di darglielo; altrimenti pecca, e fa contro a giu- stizia. Se àncora una delle persone coniugate si partisse dall' altra, per andare alle perdonanze o alle mer- catanzie o ad altre sue faccende, e stèsse per molti anni (sebben fussino cento mille ) a tornare o a scri- vere a mandare alcuna novità di sé , mai è lecito all' altra parte di contraere matrimonio con nessuna al- tra persona, per infino che non ha certa novella, che la compagnia sua sia morta. E questa è la determina- zione della Santa Chiesa in una De- 40 cretale contro a quelli ignoranti, li quali dicono che basta di aspettare sette anni, sette mesi, sette settimane, sette giorni , sette ore e sette punti ; se infra questo tempo non viene, r altra persona può contraere ma- trimonio. Mente per la gola chi que- sto dice; la Santa Chiesa, come è detto di sopra, determina lo contra- rio. Ancora io ti dico più . che se r una delle parti rinnegasse la fede di Cristo, e contraesse matrimonio in quella legge pagana, 1' altra parte che remane nel cristianesimo non può contraere matrimonio, mentre che la sua compagnia rinnegata vive. Abitate adunque insieme, figliuoli miei che siete coniugati; e senza cagione necessaria non vi partite 1' uno dal- l' altro , massime per lungo tempo ; che non è lecito. 41 La terza cosa. La terza cosa la quale lo marito è tenuto alla moglie, e la moglie al marito, si chiama del debito matri- nioniale reddizione pacifica ; cioè che quando 1' una delle parti vuole matrimonialmente congiungersi con r altra, 1' altra gli debbe acconsentire, pei'occhè così è tenuta. Questo co- mandamento fu promulgato, scritto e predicato dal grande trombetto Paulo, così dicendo: la femmina maritata non ha podestà sopra lo suo corpo, ma il suo marito ; e lo marito non ha podestà sopra lo suo corpo, ma la sua moglie. Per tanto la moglie debbe rendere lo debito suo al ma- rito, e lo marito alla sua moglie. Tutte le volte adunque, che ragio- nevolmente e con discrezione l'una delle parti domanda il debito matri- moniale all' altra , 1' altra gli debbe acconsentire, per ubbidire a Dio che 42 così comanda, e per fare opera di giustizia; che è giusta cosa rendere a ciascheduno la sua ragione, che per giustizia gli tocca. E così facendo si merita; facendo lo contrario, si pecca contro al comandamento di Cristo, pronunziato da Paulo, e con- tro al debito di giustizia. E questo domandare lo debito, non è necessa- rio che sempre si faccia espressa- mente; ma basta alcune volte che si domandi con certi indizj e segni. Al- lora r altra parte, quando se ne av- vede, debbe acconsentire, come è detto. Nota, anima. Questo domandare e rendere lo de- bito coniugale e matrimoniale, cioè questa copula e congiunzione, per es- ser senza peccato mortale, debbe esser temperata, discreta e regolata di quatr tro regole e ammaestramenti, li quali trovai nelli detti delli santi dottori 43 antichi, e ancora teologi moderni. La prima regola si chiama intenzionale; nella quale si dice per che cagione le persone coniugate si debbono con- j ungere insieme, per non peccare. La seconda cosa si chiama temporale; nella quale si insegna in che tempo si debbono congiungere insieme le persone coniugate, per non peccare. La terza regola si chiama locale; nella quale si insegna in che luogo si deb- bono congiungere insieme le persone coniugate, per non peccare. La quarta si chiama modale; nella quale si in- segna in che modo le persone coniu- gate si debbono insieme congiungere, per non peccare. E sensazione. Ma innanzi che lo mio dire pro- ceda più oltre, faremo una escusa- zione necessaria, cauta e ragionevole. Certo è manifesto, che lo atto ma- trimoniale ha in sé misti cato una 44 pudenzia e vergogna. In segno di ciò, non solo le persone costumate, ma eziandio le persone sfrenate e sco- stumate, quando pur fanno tale atto, cercano farlo secretamente ; perchè si vergognano di farlo in presenza d'altri, per questa tale vergogna che ha in sé tale atto. Ancora pare che sia [cosa] impudente, vergognosa e alquanto scostumata, predicarne e ra- gionarne. Ma attento e considerato, che ogni persona cristiana, la quale è in questo stato di matrimonio, è tenuta di sapere come debbe eserci- tare tale atto; perchè (come dice r angelico Dottore Buonàventura ) ogni persona è tenuta di sapere come debbe esercitare 1' arte e lo ufficio suo, e non lo sappiendo, se non lo fa come debbe, pecca e la ignoran- zia non lo escusa ; dall' altro canto ' penso che lo predicatore è tenuto in- segnare e ammaestrare ogni persona, come debbe vivere per salvarsi 1' a- nima secondo la grazia che Iddio gli 45 dà; e se alcuno male può lo predi- catore obviare che non si faccia, ed esso non si cura di obviarlo, sanza dubbio che esso pecca. Per tanto, considerato che tanta moltitudine è nello stato matrimoniale, e di queste regole sono ignoranti; ed essendo io predicatore, licei indegnamente, parmi che sia cosa utile, anzi necessaria, trattare di questa materia, e parlare e predicare di queste cose tanto chiaro e ordinatamente, che ogni per- sona intenda, e ancora non si faccia contro lo onesto parlare. Certamente, se nella fossa ci fussino danari, e uno cupido e avaro gli potessi avere sanza suo grande pericolo, non si curerebbe di votare tutta quella fossa per gua- dagnare quegli danari. Così io, per campare un' anima delle mani del diavolo e dello inferno, metterò la testa in uno monte di feccia; e me- diante la grazia di Dio farò come il sole, che passa per lo loto e per ogni bruttura, e non si imbratta. Parlerò 46 adunque queste cose per modo si chiaro e onesto, che ogni persona intenda; e non parleremo disonesta- mente. E avvenga che paja sozzo parlare di queste cose, tamen con- siderando la cagione perchè se ne parlerà, non è brutto. Più presto vor- rei fare una mercatanzla di letame e guadagnarne, che di spezierie e per- derne. Torniamo adunque al propo- sito nostro. Dico che quattro regole debbono osservare le persone che sono in matrimonio, quando si con- giungono insieme, per non peccare mortalmente. Prima regola. La prima regola è chiamata m- tenzioìiaìe ; la quale insegna per che cagione si debbe tale atto esercitare, e tale congiunzione fare, per non peccare mortalmente. E secondo che io trovo nella scuola delli santi teo- logi, per quattro cagioni si debbono 47 lo marito e la moglie congiungersi, per non peccare mortalmente. La prima è per fare alcuno figliuolo o figliuola, che abbia a salvarsi e a empiere alcuna sedia dello Paradiso; le quali rimasono vote per lo cadi- mento di Lucifero e delli suoi se- guaci. Questa fu la prima cagione per la quale Iddio ordinò il santo matrimonio. E però la persona , quando piglia compagnia di matri- monio, e quando insieme con la sua mogliera si congiunge carnalmente, lo debbe fare a questo fine e con questo desiderio di generare o di con- cepere alcuno figliuolo o figliuola, che si abbia a salvare; e se così fanno, non peccano mortalmente nel- l'atto matrimoniale. La seconda cagione, per la quale lo marito e la moglie si debbono in- sieme congiungere, è per rendere lo debito che sono tenuti. Certa cosa è che se una persona è tenuta a una cosa, giusta cosa e che la renda. E 48 perchè lo marito è tenuto a consen- tire alla moglie sua, quando ella si vuole congiungere con esso; e così ancora la moglie è tenuta al suo ma- rito, quando egli si vuole congiun- gere con essa, secondo dice lo Apo- stolo Paulo per parte di Dio; dun- que, quando la persona coujugata in tale atto acconsente per rendere quel- lo che è tenuta di rendere alla sua compagnia, certo non pecca; ma più presto merita, facendolo con tristizia d' animo. La terza cagione, per la quale le persone conjugate si debbono con- giungere insieme, è per evitare for- nicazione vero altro malo disonesto. E circa a questo punto è da notare che la creatura umana, per lo pec- cato di Adam, fu piagata nella po- tenzia generativa, e ferita por modo che con grandissima difficultà e fa- tica osserva castità. Iddio omnipo- tente clementissimo ordinò il santo matrimonio acciocché lo persone, che 49 non volessino tanta fatica sentire quanta è nella castità, avessino il loro rimedio nella sua compagnia, e non andassino facendo altri peccati, e a disonestarsi con altre persone. Se adunque la persona, che è in istato di matrimonio, si sente per la sua gioventù, corporale vigore o forza, infiammata nello atto carnale, e per non cadere nel peccato con altra per- sona, né con altra via, cerca congiu- gnersi e congiugnesi con la sua com- pagnia, certo questo non è peccato mortale ; ma se pure è peccato , è veniale. La quarta cagione, per la quale le persone conjugate si possono insieme congiugnere, è per evitare peccato e disonestà nella sua compagnia. E in questo punto nota tu, figliuolo di- lettissimo, che (come di sopra è detto) lo marito debbe cercare la salute della sua moglie, e la moglie del suo marito. Però se tu, marito, dubitassi che la tua moglie facesse alcuno pen- 4 50 siero di disonestade, e per levarla da ogni brutto pensiero della mente, e da ogni altro pericolo che avessi a cadere, cerchi di congiugnerti con essa, certo non pecchi, ma piuttosto meriti. Lo simile dico a te, figliuola mia ; se tu dubiti che '1 tuo marito vadi drieto aU' altre femmine , o sia in pericolo di cadere in alcuna ribal- deria, e tu per levarlo da ogni ca- gione e pericolo di disonestà ti con- giungi con esso, certo tu non pecchi, ma più presto meriti. Ogni volta a- dunque che tu, persona coniugata, ti congiungi con la tua compagnia, fa che tu lo facci per una delle quattro cagioni sopraddette. Nota quattro cagioni, per le quali lo atto conjugale è peccato. Come quattro cagioni sono quelle per le quali lo atto conjugale e ma- trimoniale si può fare senza peccato mortale, così ancora quattro sono le 51 cagioni per le quali, facendosi tali atti, si pecca. La prima cagione, per la quale pec- cano mortalmente le persone coniu- gate insieme congiungendosi, è quan- do passano li limiti e li termini del matrimonio. Dove nota, secondo dice lo glorioso leronimo: se la persona, che è in matrimonio, pigliasse tanto piacere e diletto carnale della sua compagnia, che quando bene non gli fusse compagnia, volentieri vorrebbe tale diletto con essa quando potesse, sempre pecca mortalmente. Onde cia- scheduna persona conjugata, se piglia complacenzia e piacere della sua com- pagnia, lo debbo pigliare con tale condizione, che se non gli fusse com- pagnia, non vorrebbe tale piacere con essa; e in questo modo non pecca. Altrimenti, secondo che dice il pre- detto Dottore leronimo, e lo divino Dottore Angustino, e ancora lo irre- fragabile Dottore Alessandro De Ales, pecca. 52 La seconda cagione, per la quale le persone conjugate peccano mortal- mente insieme congiungendosi, si ó perchè forse pensano ad altra persona che alla sua compagnia, e vorrebbero fare tale atto con quella tale persona nella quale pensano. Dove nota che lo nostro Signore Jesù Cristo bene- detto nello santo evangelio dice : quelle uomo che vedessi o ara ve- duto la femmina che non gli è mo- glie, e desidererebbe con essa car- nalmente peccare, avvenga che forse non ci pecchi, né mai le parli, solo questo malo pensiero è peccato mor- tale. Così ancora, se una femmina desidera carnalmente peccare con uno maschio che non le sia marito, e benché mai gli parli e con esso non abbi mai altra pratica, solo questo malo desiderio é peccato mortale; Adunque se tu, congiungendoti con la tua compagnia, pensi in alcuna persona , e volentieri vorresti con quella tale persona tale atto fare, 53 solo questo malo pensiero e cattivo desiderio è peccato mortale. La terza cagione, per la quale le persone conjugate nell'atto matrimo- niale peccano mortalmente, è per la disordinata affezione e amore che por- tano a quello atto. Dove nota che, secondo la sentenza del divino Au- gustine, nessuna cosa si debbe amare più che Iddio, né tanto quanto Iddio; e se si fa lo contrario, cioè che al- cuna persona ama alcuna cosa più che Iddio, o tanto quanto Iddio, pecca mortalmente. Però ti dico che se la persona coniugata nello animo suo fusse disposta e apparecchiata di fare alcuna cosa contro lo comandamento di Dio per avere tale diletto e tale pia- cere con la sua compagnia, certo che peccheria mortalmente. Danno sopra ciò li Dottori uno esemplo. Posto per caso che uno uomo abbia in casa vino acquistato di sua giusta fatica e di suo buono acquisto, certo è che senza suo peccato ne può bere, ma tempe- 54 ratamente, per modo che non si venga a inebriare e imbriacare; che se egli s' inebriasse, certo è eh' egli pecche- rebbe per suo disordine. Così dico a proposito, che le persone conj agate temperatamente e con timore di Dio si debbono insieme dilettare. Ma se fussino nello animo apparecchiati di fare alcuna cosa contro lo comanda- mento di Dio , più presto eh' essere privati e non avere tale diletto e piacere, certo è che per quella loro disordinata affezione peccherebbero mortalmente. Perocché amerebbono più quello piacere, che Iddio; e in questo sta lo peccato mortale. La quarta cagione, per la quale lo debito matrimoniale facendosi è pec- cato, si è quando si fa per corporale sanità. E secondo che dice Santo Tommaso di Aquino, lo matrimonio non è stato ordinato da Dio a tale fine. Onde non debba 1' uomo per tale cagione esercitarlo ; e se pur lo eser- cita, non è senza peccato, almeno ve- niale. Avvenga che da tale atto tem- peratamente esercitato, venga al corpo umano conseguitare utilitade e sa- nità, pur la persona non lo debbe per tale cagione esercitare; perchè, come di sopra è detto. Iddio non or- dinò lo matrimonio per tale cagione. E qui faccio fine alla prima regola. Seguita ora la Seconda regola. La seconda regola principale, che le persone coniugate debbono osser- vare neir atto matrimoniale, si chiama temporale ; dove s' insegna in che tempo è proibito o vero vietato tale atto da Dio e dalla Santa Chiesa. Onde trovo nelli Santi Dottori e sa- cri teologi otto tempi, nelli quali lo marito e la moglie non debbono ma- trimonialmente congiungersi. Lo primo tempo è nel giorno della domenica, e delle altre feste comandate. E questo lo pone lo di- 56 vino Dottore Angustino, e ancora santo Leone Papa, di nazione To- scano. La cagione è perchè in tali giorni le persone cristiane debbono attendere alle cose spirituali, e non alle carnali. Lo secondo tempo , nel quale le persone conjngate non si debbono con- giungere, è li giorni della quadrage- sima, le vigilie comandate, le quattro tempora; nelli quali giorni è stato ordinato dalla Santa Chiesa, che gli Cristiani debbono attendere alle ora- zioni. E (secondo dice lo divino An- gustino) per potere da Dio legger- mente ottenere e impetrare le cose che si domandano, sì debbo la per- sona astenersi dalle cose dilettevoli, benché altrimenti gli sieno lecite. Che in questo santo tempo le persone con- jugate si debbino astenere, lo pone' il grande trombetto Paulo, e ancora lo glorioso leronimo. Sopra questo si muove una difficultà teologica; e domandasi questo dubbio di coscien- 57 zia. Posto che le persone conjugate carnalmente si congiunghino insieme in questi duo tempi sopradetti, [se] pecchino mortalmente sì o no. E re- spondono li sacri teologi, che altro giudicio si fa di chi rende il debito matrimoniale in tale giorno , e altro di chi lo domanda. Se tu, figliuola dilettissima, ti asterresti volentieri in tali giorni di tale atto ; ma perchè lo marito tuo ti comanda, e tu dubiti che se tu non lo rendi, egli farà al- cuno altro disordine, o vero bestem- mierà; certo, se tu gli acconsenti per non lassarlo cadere in questi peccati, tu acconsentendogli non pecchi, anzi meriti. E cosi dico di te, marito, verso la tua moglie. Ma se tu do- mandi il debito in tali giorni, si vuol vedere perchè lo domandi. Se tu lo domandi, e vuoi congiungerti con la tua compagnia per alcuna delle tre cagioni sopraddette nella prima re- gola, cioè per fare figliuoli a laude di Dio, per non cascare in adulterio 58 né in altra lussuria, o per rimuovere le cagioni che la tua compagnia non caggia in simili peccati, dicono li Dottori, che per tale cagione con- giungersi con la sua compagnia non pecca mortalmente. Ma s' è per una sfrenata libidine, cioè solo per dilet- tazione carnale, con dispregio delli Santi delli giorni delle feste o delli digiuni, tale congiunzione matrimo- niale non è se non con grande pec- cato; e (secondo Alessandro de Ales) è mortale. Pertanto, figliuoli e fi- gliuole mie, per reverire Iddio in tali giorni astenetevi da tale atto ; che Iddio vi remunererà in questa vita e neir altra. Lo terzo tempo, nel quale lo ma- rito e la moglie non si debbono in- sieme congiungere, è lo tempo della santa comunione. E questo lo pone il glorioso leronimo , dicendo così : nel vecchio Testamento non era le- cito mangiare il pane benedetto del tempio [a] quelli che avevano usato 59 lo atto matriraoniale ; ora quanto maggiormente non è lecito pensare tale atto a chi vuol mangiare il pane sacratissimo , ineffabile e altissimo sacramento, del corpo di Cristo, at- tento che quel pane del tempio era pane materiale, benché fusse depu- tato al divino culto e al tempio di Dio? Ma lo pane sacramentale, che si dà alli Cristiani nella sacra comu- nione, è vero corpo e vero sangue, vera anima, vera divinità di Cristo. Però in uno decreto la santa Chiesa determina che la persona, innanzi al giorno che debbe pigliare il corpo di Cristo, sì si debbe astenere dallo atto matrimoniale almeno otto giorni; se non sette, se non sei, o cinque o quattro, o almeno tre. Figliuol mio dilettissimo, se tu vuoi vivere cri- stianamente , astienti da questo atto matrimoniale tre giorni innanzi al- meno, e tre poi, per reverenzia del- l' altissimo sacramento del corpo di Cristo. E se la tua moglie si volesse 60 comunicare tre o quattro o dieci volte l'anno, ajutata, confortala, e porgile favore al servizio di Dio, e non la impacciare. Lassala stare al- manco tre giorni innanzi, e tre giorni poi, per la comunione; e cosi fa- cendo , arai parte delli beni eh' ella fa. Altrimenti peccharai a obviare e impedire tanto bene eh' ella farebbe ; che per tua cagione lo lassa. Lo quarto tempo, in lo quale le persone conjugate si debbono astenere dallo atto matrimoniale, è lo tempo delle gravidazioni, cioè quando la moglie è gravida e pregna. E questo lo pone il tonante Dottore, Ambrosio santo; e dice che questo osservano gli animali che non hanno discrezione né intelletto. Onde Alberto Magno dice che lo elefante maschio, quan- tunque avesse volontade e appetito ' di congiungersi con la elefantessa , tanien vedendo ch'ella sia gravida e pregna, non si accosta di niente a lei, né ancora essa gli acconsenti- 61 rebbe. Ma senza fallo, come dice santo Isidoro, alcuni uomini e alcune fem- mine si truovano peggiori che questi animali e queste bestie, che non rag- guardano a tale gravidezza, pur che insieme si possino congiungere. Tieni a mente, fìgliuol mio dilettissimo, e figliuola mia, che in tale tempo di gravidezza voi vi dovete astenere dallo atto matrimoniale; altrimenti voi siete peggio che bestie. Sopra di ciò i santi teologi domandano uno dubbio di coscienza, cioè se la consun- zione matrimoniale, in tale tempo che è gravida, se è peccato mortale o no. Respondono, che se la moglie e lo marito veggono che la conj unzione matrimoniale, in tale tempo di gra- videzza, è pericolosa suffocare e di- sertare la creatura eh' è nel ventre, peccono mortalmente lo marito e la moglie insieme congiungersi. Peroc- ché la principale causa per la quale fu ordinato lo matrimonio, come è detto di sopra, è per generare alcuno 62 figliuolo in laude di Dio. Essendo dunque generato, e lo padre e la madre sono cagione di ucciderlo, fan- no contro alla volontade di Dio; e così peccano mortalmente. Ma se tale atto matrimoniale, nel debito luogo, è fatto per modo che la creatura non patisca alcun pericolo di suffocarsi, allora non è peccato mortale; perchè lo matrimonio secondariamente fu or- dinato in remedio della concupiscenzia, della quale fu ferita la natura umana per lo peccato del nostro primo padre Adam. Adunque esercitando tale atto matrimoniale per rimedio di tale con- cupiscenzia, e per non cadere in altro peccato di lussuria, purché si faccia senza pericolo della creatura gene- rata e concetta, non è peccato mortale. Lo quinto tempo, nel quale le per- sone coniugate che sono in matrimo- nio, si debbono astenere dal commer- cio coniugale e copula carnale, si chiama tempo di purificazione , o purgazione , cioè tutto quel tempo 63 che la moglie, avendo partorita la creatura , sta in casa e non entra in chiesa; e sta quando venticinque gior- ni, quando trenta, quando quaranta. E avvenga che non sia mal fatto di stare alcuno giorno, per reverenzia, di non entrare in chiesa di poi che la donna ha partorito; nientedimeno, se non volesse stare più che uno solo giorno nessuno , ma sùbito che avesse partorito volesse entrare in chiesa, non è male; anzi è bene e laudabile, secondo si determina in una decretale. Quel tempo adunque, che la donna sta a purgarsi dopo il parto, lo marito e la moglie dallo atto matrimoniale si debbono astenere. Lo sesto tempo, nel quale le per- sone coniugate si debbono dallo atto matrimoniale astenere, si chiama tem- po di lattazione , cioè mentre che la donna allatta lo suo figliuolo. E di questo sesto e quinto tempo fa men- zione il divino Augustine in uno de- creto. Ma una consuetudine di mala 64 corruttela e abusione è introdotta nel mondo, che le proprie madri non vo- gliono allattare li proprii figliuoli, ma gli danno ad altre femmine. La qual cosa è molto nociva e dannosa a quelli tali figliuoli, nutricati d' altro latte che di quello della madre. Pe- rocché non solamente nel generare si dona buona o trista complessione alla creatura, ma eziandio nel nutricare, come pienamente diremo (se a Dio piacerà) nel trattato che noi faremo de educatione puerorum et Ubero- rum , cioè del governo che debbono avere li padri e le madri delli loro figliuoli. Ma la cagione perchè li fi- gliuoli si danno a lattare ad altre femmine che alle madri, la tocca santo Angustino in uno decreto, di- cendo, che non è per altro, se non per vacare e attendere alla libidine e alla lussuria. E però egli dice che dare figliuoli ad altra femmina è mal fatto, ed è una abusiva corruttela e mala usanza. Onde dice egli, che 65 mentre che lo figliuolo si allatta, lo marito e la moglie non si debbono congiungere insieme, ma debbono os- servare castità. Li santi dottori teo- logi sopra di ciò dicono senza fallo, eh' è ben fatto in questi duo tempi immediate detti, cioè di 'purgazione e di allattazione astenersi lo marito e la moglie dallo atto matrimoniale, come dice Augustine. Niente di meno, non si astenendo, non peccano però mortalmente; perchè, come detto è di sopra, lo matrimonio fu ordinato dal sommo Iddio per remedio della concupiscenzia. Lo settimo tempo, nel quale lo marito e la moglie non si debbono matrimonialmente congiungere insie- me, è dì naturali passioni; dove nota, dice lo piano dottore Nicolao di Lira: le femmine hanno una pas- sione naturale, una volta il mese, da tempo che sono atte a generare, e dura per infine al tempo che diven- tano sterili per vecchiezza. E se pure 66 tale passione non hanno, caggiono in infermitade; e per questa tale pas- sione non si debbono vergognare, pe- rocché è senza loro colpa. Ancora più presto debbe essere avuta a esse com- passione, massime quando viene con dolore, come ad alcune suole venire. Abbiate adunque pazienza, voi donne, di tale passione; perchè a Dio piace che voi r abbiate, per vostra umilia- zione, e perchè voi non vi leviate in superbia. In questo tale tempo lo marito e la moglie dallo atto matri- moniale si debbono astenere, per co- mandamento divino del vecchio e nuovo testamento, da Moises ed Eze- chiel divulgato e manifestato. La ca- gione per che è proibito tale atto matrimoniale, dice il glorioso lero- nimo, che è perchè la creatura, che in tale tempo fusse generata, sarebbe mostruosa e infetta, o lebbrosa o scabbiosa, o cieca o sorda o pazza, o altrimenti difettosa. Perchè, come dice il principe della filosofia Aristotile, 67 tale è la cosa generata, quale è la cosa donde si genera. La creatura [generante], in tale tempo della na- turale passione, è cosa infetta; adun- que la creatura generata non può essere altro che infetta. Per non fare adunque tanto male alla creatura, non si debbe lo marito e la moglie in tale tempo congiungere. Quaestio. Li santi dottori addi- mandono: so le persone coniugate in tal tempo matrimonialmente insieme si congiungessino , peccano mortal- mente sì no? E avvenga Iddio che diversi diversamente rispondine, nien- tedimeno la risposta del Serafico dot- tore Buonaventura è molto discreta; ed è questa. Se questa tale passione ha la femmina continuamente, allora non sono tenuti astenersi; e per con- seguente non peccano mortalmente. Perocché la femmina, avendo tale passione assiduamente e continua- mente, non può ingravidare; e così non è lo pericolo della morbosità e 68 infezione della creatura, per la quale e in tale tempo proibito. Ma se tale passione la femmina ha una volta il mese, per quelli giorni che dura, sono tenuti lo marito e la moglie aste- nersi. E se lo marito sa che la mo- glie sua abbia tale passione, e addo- mandale il debito matrimoniale, e cerca congiungersi con essa, pecca mortalmente ; e non lo sappiendo, non pecca. La moglie in tale tempo, cer- cando congiungersi col suo marito, o vero [se] acconsente volentieri al suo marito in tale tempo, pecca mortal- mente. Che debbe fare adunque la femmina maritata, quando ha tale passione ? Dicono li dottori, che debbe negare il debito al suo marito ; e non debbe acconsentire, eccetto se ella dubitasse che, per non volere accon- sentire al suo marito, esso caderebbe in alcuno peccato di lussuria con altre femmine, o per altra via proi- bita. ^Vllora acconsentendogli mal vo- lentieri, per tenerlo che non faccia m tal male, non pecca mortalmente; ma pur è tenuta con piacevolezze, e con altre dolci parole, di sforzarsi tenere lo suo marito per qualche giorno, cioè quanto dura tale passione, che non si congiunga con essa, né che vada maggiormente a fare altro male. E se con queste parole lo tiene, bene sta; ma se credesse che in ogni modo caderebbe in altra ribalderia, allora gli debbe acconsentire mal volentieri, con dolore e tristizia d' animo ; e così acconsentendogli, non pecca mortal- mente. E se vedesse lo suo marito essere timoroso di Dio e conscien- ziato, dicagli apertamente la sua pas- sione , acciò eh' egli per non peccare lassi stare. Ma se vede che il marito non ha timore di Dio, e ha mala con- scienzia, non gli debbe dire niente di questa sua passione, acciocché non la venga ad abominare; ma truovi altra escusazione cautamente e con prudenzia, dicendo : lassami stare, ma- rito mio, che io mi sento male; non mi dare impaccio. 70 Lo ottavo e ultimo tempo, nel quale le persone conjugate si debbono dallo atto matrimoniale astenere, si chia- ma tempo di desponsazione. Dove nota, secondo che dice Santo Tom- maso di Aquino : le persone conju- gate non debbono così sùbito, da poi contratto matrimonio jìer verha de praesenti, insieme congiungersi; ma debbono stare per alcuni mesi, men- tre s' apparecchiano le cose perti- nenti alle nozze e alla dota. Ma infra questo tempo lo marito e la moglie, Vero lo sposo e la sposa, non deb- bono per nessuna via carnalmente congiungersi; ma prima debbono pi- gliare la benedizione delli sacerdoti. Perchè tale benedizione è cagione di farli vivere in pace e prosperitade e continenza, e di far fare figliuoli buoni, belli e assai; spezialmente se', per reverenzia della benedizione, per quella notte che insieme dormono, osservano castità. Ma oimè, oimè! che le persone del mondo hanno tanto 71 poco timore di Dio, che tanto è il forte, quanto sia affermato il matri- monio fra essi; che sùbito, innanzi che abbino la benedizione, si con- giungono insieme. E ancora sarebbe meno male , che tale congiunzione fosse naturale; ma stanno insieme, e fanno tante «ibalderie, che senza fallo è uno orrore e abbominamento di pen- sarle, massimamente di operarle. Molti sono ancora che aranno fatti una bri- gata di figliuoli, innanzi che piglino la benedizione sacerdotale. Certamente tale matrimonio ha mal principio; e non può avere, se non peggiore mez- zo e pessimo fine. Piglia adunque la benedizione sacerdotale, o figliuol mio, innanzi che tu consumi lo matrimo- nio; che, così facendo. Iddio ti pro- spererà. Altrimenti consumare il ma- trimonio, avere altra pratica, o altro commerzio carnale con la tua sposa innanzi tale benedizione, non è senza gravezza di conscienza e senza peccato. E così faccio fine alla se- conda regola, detta temporale. 72 Terza regola. La terza regola, la quale nell' atto matrimoniale debbono le persone ccn- jugate osservare, si chiama locale^ cioè che insegna in che luogo tale atto si debba fare. Dovq nota che se r onnipotente Iddio avesse voluto fare tutti gli uomini maschi di terra, come fece Adam, e avesse voluto fare tutte le femmine del costato delli uomini, come fece Eva, senza fallo la sua potenza è tanto grande, che .1' arebbe potuto fare. Ma più presto ha voluto multiplicare la umana natura, e far nascere gli uomini e le donne , per via di propagazione e naturale gene- razione. E acciochè fusse questa na- turale generazione, détte e mise nel corpo umano del maschio e della femmina le parti generative , alle quali détte questo officio di generare, che mediante la congiunzione di que- ste tali parti intra lo marito e la 73 moglie, si venisse a generare qualche creatura, o maschio o femmina, la quale avesse a salvarsi, e così venisse a empiere alcuna sedia del paradiso, che rimasono vote pel cadimento di Lucifero e delli suoi seguaci, come ancora di sopra è detto. Voi adun- que, figliuoli e figliuole mie dilettis- simi che siete in istato di matrimo- nio, quando matrimonialmente vi con- giungete, vi dovete congiungere in queste tali parti generative, ordinate da Dio per tale officio, per generare. Ogni volta che in altra parte eser- citate e fate lo atto matrimoniale e carnale, sempre peccate mortalissi- mamente; e così tu, donna che gli acconsenti, come tu, uomo che lo fai. Oimè, mondo marcio e fracido! che alcuni mariti sono, che tengono le mogliere loro e usano con esse, non solamente come femmine, ma come maschi; e non credono peccare, tanta è la loro ignoranza! Predicando il nostro Padre Santo Bernardino nella 74 città di Siena, disse che una volta gli disse una donna, la quale era stata col suo marito per sei anni con- tinui, che ancora era vergine, perchè r aveva tenuta , non come femmina , ma come maschio. Or non fusse stato se non questo! ma sono molti altri, che sotto la cappa del matrimonio fanno mille ribalderie abbominabilis- sime. Abbi a mente tu, ribaldo uo- mo, che tale cosa fai (cioè che ti congiungi con la tua moglie, non come femmina, ma come con ma- schio, in altra parte che in genera- tiva, secondo che Iddio ha ordinato) che tu pecchi mortalissimamente; e la ribalda femmina, che lo accon- sente , pecca mortalissimamente. E solo che una fiata tal cosa facciate, è a bastanza di mandare 1' uno e r altro a casa del gran diavolo. Que- sta è sentenza del divino dottore An- gustino; il quale ancora dice che r uso naturale intra il mainto e la moglie è lecito, ma tra uno uomo e una femmina, infra li quali non è matrimonio, è peccato mortale. Ma lo uso contro a natura, come è quan- do il maschio si congiunge con fem- mina in altra parte inconveniente, grande peccato è, quando lo fa uno uomo con una femmina che non sia sua moglie; ma molto più è mag- giore, quando lo fa con la sua mo- glie propria. Adunque, figliuola mia, non acconsentire a tanto grande pec- cato; più presto lassati battere; che così se' tenuta di fare. E se per non volere acconsentire a tanto orribile male, il tuo marito ti scannasse, datti di buona voglia; che tu morresti martire, e anderesti veramente in vita eterna. Se adunque per lo tempo pas- sato cascasti in questo peccato, e in altro che di sopra abbiamo detto e che diremo, che si fanno contro al matrimonio, confèssatene; altrimenti il diavolo te ne porterà ; che Iddio te ne guardi, te e ogni cristiano. Ancora nota che siccome lo atto 76 matrimoniale non si debbe esercitare in ogni tempo, come è detto di sopra, così ancora non si debbe esercitare in ogni luogo; ma in alcuni non co- muni , uno tempo sì e l' altro no. Onde io truovo che in luogo sacrato, come è in chiesa e in cimiterio, tale atto matrimoniale non si debbe eser- citare. Perchè la santa chiesa e il cimiterio si vengono a violare, se- condo le decretali, per la effusione del sangue e del seme umano ; e tale luogo sacro, così violato, bisogna es- sere reconciliato e consecrato. Item in luogo pubblico e manifesto, dove la persona fusse veduta, non si debbe lo atto matrimoniale esercitare. Pe- rocché, avvenga che tale atto sia le- cito a fare, non è lecito a vedere. E in questo errano molte persone, che fanno tale atto in modo e in luogo", che gli figliuoli loro e altre persone di casa se ne addanno. E avvenga che fìngano e mostrino non si av- vedere, e non intendere tal cosa, certo n pur sono maliziosi, e intendono molto bene; e per questo pigliano cagione e desiderio di fare tale atto che hanno sentito fare al loro padre e alla loro madre. Cerca adunque luogo secreto e occulto quanto t' è possibi- le, quando ti vuoi congiungere con la tua moglie. Onde alcuni animali, quando insieme si congiungono, cer- cano luogo secreto ; e dicono li filo- sofi, che è uno uccello, che mai si congiunge con la sua compagnia fuori del nido, ma sempre dentro al nido. Grande confusione e vituperio debbe essere quello dell'uomo e della fem- mina, alli quali Iddio ha dato intel- letto, che si congiunghino carnal- mente in ogni luogo dove gli viene agio; e non curano se sono veduti o si no. E così fo fine alla terza regola. Quarta e ultima regola. La quarta e ultima regola, la quale le persone coniugate nell'atto matri- 78 moniale debbono osservare, si chiama modale, la quale insegna in che modo tale atto si debbe esercitare. E senza fallo, avvenga che questa regola sia brutta in suono di parole e di rap- presentazione di memoria, tamen at- tenta e considerata la necessità, la quale hanno li cristiani di sapere come tale atto debbono esercitare, non mi vergognerò mettere la bocca; così facendo (come di sopra ho detto) mediante la divina grazia e il divino adjutorio, come fa il Sole, che intra la feccia e nel fango non s' imbratta. E ancora (come di sopra è detto) meglio è fare mercatanzia di letame e guadagnare , che di spezierie e per- derne, o vero non guadagnare; cioè, meglio è predicare e insegnare e scri- vere queste cose, awegna che ab- biano alcuno inonesto suono di par* lare, e guadagnare alcuna anima per la illuminazione e dottrina che rice- verà, sappiendo confessare li suoi peccati, se por lo passato avesse er- 79 rato, e sappiendosi guardare per lo avvenire di non errare, che tacere. Ancora penso che li amici di Dio e santi dottori, per lo zelo di carità e per desiderio della salute delle anime, hanno parlato e consigliato di queste cose, e lassato scritto, e non se ne sono vergognati ; massimamente lo angelico dottore e santo , Tommaso d' Aquino, vergine purissimo, e lo serafico dottore Buonaventura, e an- cora quella stella novella santo Ber- nardino, nostro padre, lo quale di queste cose ampiamente predicava, per questo medesimo desiderio che ave- vano per addottrinare le anime. Certo non mi vergognerò d'essere imitatore, e seguitare tali e tanti dottori e santi uòmini, parlando di queste medesime cose, per questa medesima cagione di illuminare e ammaestrare, e per con- seguente salvare 1' anima. 80 Primo modo. Lo primu modo per lo quale le per- sone conjugate esercitano lo atto ma- trimoniale non bene, anzi lo eserci- tano molto male, si chiama modo di indiscreta frequentazione; cioè, che troppo spesso hanno tale coniugale commercio, e fanno tale copula car- nalmente e conj unzione matrimoniale. Senza fallo il mangiare e il bere è utile e necessaria cosa al vivere u- mano; niente di meno conviene che si facci con discrezione; altrimenti, pigliando lo pasto con superfluità, nuoce. Così dico al proposito, che facendosi lo atto matrimoniale con discrezione, non è male; ma quando si fa superfluamente, è nocivo e dan- noso. Onde nota che [da] questa su- perflua e indiscreta carnale conj un- zione a due maniere di persone ne seguita danno e nocumento. Lo primo a quelle persone che tale atto eser- citano; e questo e triplicato. 81 Lo primo danno è di infermitade ; che molti s' infermano , debilitano e perdono le forze naturali e il vigore della natura. Onde Esdra, dottissimo nella legge di Dio, dice molti esser diventati pazzi per le loro mogliere, cioè per la superflua e indiscreta con- j unzione che avevano con esse. Certo, grande infirmitade è perdere lo sen- timento e diventare pazzo. Ancora il tonante Ambrosio disse, alcuni essere diventati ciechi per questa medesima cagione. Avicenna ancora dice, che più nuoce uno atto di coito, che dieci flebotomie, cioè cavarsi sangue, se- condo che dottissimi medici m'hanno detto. Abbiamo lo esemplo de' tori. Duo tori combattendo insieme, F uno di loro avendo la vittoria, quasi per grande allegrezza truova la vacca, e con essa si congiunge. L' altro toro , che fu vinto, per instinto di natura cognosce quel toro aver perduto al- quanto delle forze; sùbito lo assalta, e dove prima fu vinto, di poi nella 82 seconda battaglia vince. Si che adun- que la frequentazione di questo atto fa perdere le forze, e cadesi in in- fermitade; diventasi debole, e presto s' invecchia. Lo secondo danno, lo quale hanno le persone coniugate per lo superfluo uso dello atto matrimoniale, è bre- viazione di vita. Imperocché non vi- vono tanto al mondo, quanto vive- rebbono se con discrezione tale atto usassino. Onde Alberto Magno, e an- cora il principe delli filosofi Aristo- tile, dicono che li elefanti vivono lungo tempo, cioè cento e cento venti anni, solo per la loro contiaenzia; che in duo anni vacano e attendono allo atto carnale solamente cinque o sei giorni. Dicono ancora che li passari maschi vivono meno che le femmine, per lo troppo uso di questo atto. IL mulo ancora vive lungo tempo, per la continenzia che osserva. Certo così come è negli animali, così è nelli uomini, secondo la loro naturale con- dizione. 83 Lo terzo danno, che hanno le per- sone per esercitare lo atto carnale indiscretamente, si chiama ammissione e perdizione d' ogni spirito virtuoso e vita spirituale. Perocché, come dice lo glorioso leronimo, e ancora lo di- vino Augustine e il divoto Bernardo, in questo atto 1' animo diventa tutto carnale e tutto inebriato; e sdimèn- ticasi d' ogni cosa spirituale. Onde in quel tempo, che a questo atto li pro- feti vacavano, perdevano lo spirito della profezia. E Tobia dice che quelle persone, le quali contraggono matri- monio solo per attendere alla libidine e alli diletti carnali, cacciano Iddio da sé; e per conseguente si soggio- gano e sottomettonsi al diavolo, ed esso diavolo piglia grande signoria sopra di loro. Onde li mariti di Sara, li quali ebbe innanzi che Tobia, fu- rono soffocati dal diavolo per questa cagione. Adunque per le sopraddette cose appare essere vero lo mio detto e la mia conclusione. 84 Secondariamente sono damnifìcati li figliuoli che nascono, perchè sono generati di tali persone che super- fluamente esercitano tale atto; per- chè sono deboli e malati, e poco li dura la vita. Non sono così formosi, belli e forti, e robusti e gagliardi, come sarebbono se con discrezione fossino stati generati. Ecco di ciò la ragione filosofica e naturale, chiara e manifesta; perchè, come di sopra è detto, tale è la cosa generata, quale è la cosa donde si genera. Se la cosa donde si genera è forte e robusta, anco la cosa generata è forte e ro- busta; ma se la cosa onde si genera è debole e trista e non sana, la cosa generata è similmente debole. Ora, a proposito, per la troppa frequenta- zione di questo atto il seme umano si viene a indebilitare, e morbidare e intristire. Adunque necessario è, li figliuoli di tal cosa generati essere tristi di complessione, debili e poco forti. Ancora, che è peggio, dalla in- 85 discreta frequentazione e superfluo uso di tale atto matrimoniale alcuna volta viene che non fanno figliuoli, come dice Iddio per la bocca del sa- vio nel libro della Sapienzia. E certo, di ciò possiamo dare uno esemplo naturale. Posto die uno avesse uno terreno, e lavorasselo bene, e poi se- minasselo; di là a otto giorni ritor- nasse al lavorio, e seminasselo un' al- tra volta di nuovo; e indi a otto giorni tornasse, e seminasselo, e così facesse ogni otto giorni; deh io ti priego, tu che sei pratico, quanto formento credi tu che costui rico- gliesse in capo dell'anno? Fa buona ragione, se tu sei buono abachista, che dirai che costui non farà mai frutto. Chi ha orecchie da udire oda, e chi ha intelletto da intendere in- tenda. Chi a questo modo farà, frutto di generazione mai ricoglierà; e se pure genera, si diserta e disconcia; e se pure non si diserta, poco vive. Adunque considerate tanti danni che 86 da questa indiscreta inconsiderata frequentazione di tale uso vengono. "Voi adunque che siete in matrimonio, dovete essere discreti; e voi, padri e madri, dovete insegnare, ammaestrare e ricordare alli vostri figliuoli a es- sere discreti, quando loro date com- pagnia di matrimonio, .nello uso di tale atto. Nota. E se pure tu domandi come tale atto si debbo esercitare per essere con discrezione, respondoti che non si può dare una regola a tutti; per- chè non hanno tutti una complessione, ma diverse. Come ancora del man- giare del bere non si debbe dare una regola generale e universale, che sia uniforme ed eguale a tutti, per questa medesima cagiune. Onde duo pani a pasto ad alcuni sarà troppo; ad alcuni poco; ad alcuni sufficiente. Cosi in questo atto, dico, la discre- 87 zione elle t' ha data Iddio è di bi- sogno che t' ammaestri. Similmente dico a te: altrimenti si può negare questo atto a una persona timorata, conscienziata e virtuosa; e altrimenti a una persona che avesse le condizioni contrarie , che bestemmiasse e che facesse altri mali per lo debito che gli è negato. Sì che la conscienzia è quella e la carità, che dirizza e go- verna ogni persona a essere discreta nelle cose che gli bisogna a far bene. Vero è che Boezio, in uno suo libro che fece per instruzione delli scolari, intitolato: de scholastica disciplina, consiglia tale atto intra le persone conjugate, una volta il mese e non più doversi usare. Tamen , a fare come di sopra è detto, non è questa regola per tutti; ma secondo sua com- plessione naturale e condizione men- tale, così debbo più o meno tale atto esercitare. Sauto Bernardino consiglia le persone che sono in matrimonio, che non dormine insieme continua- mente, massime a cubili e materasse di penna, per non li dare cagione spesso in questo atto matrimoniale cadere ; perchè a cassa aperta il giu- sto vi pecca, e lo bel furare fa far r uomo ladrone. Dormire adunque se- paratamente, quando si potesse, sa- rebbe cagione di non esercitare cosi spesso tale atto ; perocché altrimenti, come dice il glorioso leronimo , la stoppa giunta al fuoco presto arde. Secondo modo Lo secondo modo, che si esercita lo atto matrimoniale e coniugale con peccato, si chiama indebita situa- zione, cioè indebito stato, che non stanno come debbono. Dove nota che nello atto matrimoniale la moglie, secondo li dottori, debbe stare con la ■ faccia verso lo cielo, e lo marito verso la terra ; perchè in questo modo la femmina più leggermente si viene a ingravidare e concipere. Ma oimè! 89 che mediante la diabolica consuetu- dine e suggestione, alcune fiate le per- sone coniugate fanno lo contrario; imperocché la femmina sta come do- verebbe stare lo maschio, e lo maschio sta come deverebbe stare la femmina. Ancora, alcune volte si desvia da que- sto sito debito, per laterale concu- bito. Alcune volte si desvia, quando si fa stando in pie; alcune volte se- dendo. E questi modi, desvianti da quel debito sito primo, senza dubbio sono peccati, eccetto quando per al- cuna legittima cagione si facesse ; che allora, purché si faccia tale atto alle parti da Dio a questo ordinate, sono escusati dal peccato mortale. Ma quando le persone coniugate sanza alcuna necessità sì partono dallo atto matrimoniale nel primo debito sito, per maggiore bestiale dilettazione, o è peccato mortale, o vero segno di peccato mortale, come dice Alberto. 90 Terzo modo. Lo terzo modo, per lo quale lo atto matrimoniale esercitando si pecca, si chiama modo di inonesta 'proporzio- ne; cioè, non si congiungono nello atto matrimoniale così egualmente come doverebbono. Dove nota che r onesta proporzione ed eguale con- venienza, che debbono le persone con- iugate nello atto matrimoniale te- nere, secondo li dottori è questa; cioè, che lo petto e lo ventre del marito debbo toccare queste medesime parti della moglie. Ma il diavolo ac- cieca tanto le persone conjugate, che per brutale e bestiale dilettazione gli fa desviare da questa onesta propor- zione; e fanno lo atto matrimoniale in tale inonesto modo e ineguale dispro- porzione, che non stanno così come doverebbono; che senza fallo io mi vergogno non soìum predicarlo e scri- verlo, ma pur pensarlo; e chiamano 91 poi lo matrimonio santo. Vero è che '1 matrimonio è sauto , ma non tale; immo tale matrimonio si può chiamare madre del demonio, e dia- bolico matrimonio; non santo. Abbi a mente adunque tu, persona coniu- gata, che ogni volta che nello atto matrimoniale ti parti da questa one- sta ed eguale proporzione e conve- nienza, non è senza peccato grave, quando si fa per maggiore bestialità, come di sopra è detto, E però se tu ci sei caduto per lo passato tempo, confèssatene; e per lo futuro guarda di non lo fare più. Quarto modo. Lo quarto modo, per lo quale le persone coniugate esercitano lo atto matrimoniale con peccato, si chiama delle facete adversione; cioè, non stanno le faccio come doverebbono, e come sono tenute di stare. Dove nota, come di sopra detto è, che lo marito 92 e la moglie si debbono cordialmente amare insieme, e nello atto matri- moniale stare come stanno duo amici, e non come inimici. L' inimici, per lo cordiale odio che insieme si portano, non si possono in volto o in faccia vedere ; ma si voltano alcuna fiata la schiena e le spalle l' uno all' altro. Ma li amici, per lo cordiale amore che insieme si portano , l' uno con piacere guarda la faccia dell'altro; e stanno l' uno volto con la faccia vol- tata verso dell'altro. Nello atto ma- trimoniale adunque debbono stare le persone coniugate, come duo aniici, r uno voltando la faccia verso della sua compagnia; non come inimici, ma come amici; non come cani o bestie. Oh quanti si truovano, che in verità se fussino bestie o cani, non farebbono lo atto matrimoniale più inonestamente che fanno. be- stia, non ti vergogni tu? E tu, ri- balda moglie, non ti vergogni tu di acconsentirgli? Abbi a mente, che se 93 tale atto fai, e tu, femmina, accon- senti così alla bestiale, non voltando la faccia l' uno all' altro per più brutta e disonesta dilettazione, che pecchi grandemente, e secondo alcuni mor- talmente. Ma se lo fai per alcuna cagione legittima, come fusse per non disertare, o suffocare la creatura (che forse la tua moglie è gravida) o altra cagione necessaria, allora non è pec- cato mortale, pur che lo atto sia na- turale, non contro natura; cioè che tu facci fuori delle parti ordinate da Dio a questo officio, e non nell' altre. Quinto modo. Lo quinto modo, per lo quale eser- citando lo atto matrimoniale le per- sone coniugate peccano, si chiama delli sentimenti e membri corjìorali abusione. Dove nota che Iddio ci ha donati diversi sentimenti e diversi membri nel corpo nostro, per eser- citare diversi officj in servizio di Dio 94 e salute nostra ; gli occhi per vedere, le orecchie per udire, il naso per odorare , e così delli altri. L' occhio adunque, il naso, le mani, la bocca e la lingua non sono fatti per fare matrimonio ; che se uno cieco o muto sordo volesse, può usare matrimo- nio, avvenga che non abbia occhi né orecchie né lingua. Ma chi potrebbe dire la abusione e vituperoso uso di tutti questi sentimenti, che fanno in- sieme le persone coniugate, incomin- ciando dalli occhi ? Certo, quando bi- sognasse la moglie vedere il suo ma- rito nelle parti vergognose, per al- cuna infermitade o per altra neces- sitade, non è peccato; anzi è carità. Ma quando lo fanno per brutale di- lettazione, è peccato ; perchè, come di sopra è detto, tal cosa è lecita a fare, che non è lecita a vedere. Non ac- consentire mai, tu donna, a lassarti vedere al tuo marito nuda ; che pecca egli , e ancora tu. Circa lo odorato , certo per rimovere alcuni fetori non 95 è proibito usare alcuno odoramento ; ma se queste cose odorifere si usano per maggiore dilettazione, è peccato. Circa lo udito e il parlare, oh quante cose inoneste e parole brutte e vi- tuperose si dicono molte volte tra lo marito e la moglie! persone sfac- ciate, e come vi sdimenticate cosi la santa onestade, e molte fiate in pre- senzia forse delli vostri figliuoli, li quali ancora che sieno piccolini, pur intendono? E così voi, per li vostri mali esempli, gli fate ribaldi, par- lando così inonestamente e vitupero- samente in loro presenzia; perocché, come dice Santo Paulo, le disoneste parole corrompono li buoni costumi. Circa la bocca, certo usare alcuno segno d' amore non è male , anzi è carità; come ancora usando tali atti non sono proibiti, baciando 1' uno amico r altro in parti oneste, è segno d' amore e carità, così ancora facen- dosi questo tale atto tra le persone coniugate in parte onesta per con- 96 servare e accrescere lo amore in loro, non è male, anzi è bene. Ma molti sono, che non lassano parte alcuna e onesta e inonesta, che non la ve- glino con la lingua toccare. Ancora, quando si baciano in bocca, lo fanno in tanti modi, solo per dilettazione brutale, che certo è una vergogna di scriverlo ed esprimerlo. Credi tu che sia lecito ? Certo no, avvenga che sia marito e moglie. Circa le mani, quan- do bisognasse per infermità toccarsi r uno r altro in tutte le parti del corpo, per altra necessaria cagione, non è peccato, quando bene si toc- cassino nelle parti pudende e vergo- gnose. Ma oimè ! tanto sa fare il dia- volo tra marito e moglie, che egli fa fare tanti disonesti toccamenti, e con mano e con bocca, nelle parti non solo oneste, ma disoneste, ohe io pure a pensarlo mi orresco, e spa- vento, e sbigottiscomi. come? Voi, ribaldi, non temete fare tali e tante ribalderie e vituperose cose? Chia- 97 matelo poi santo inatrimonio? Certo mentite per la gola; anzi è madre del demonio, per la vostra insazia- bile libidine. Deh, figliuoli e figliuole mie dilettissime, abbiate Iddio dinanzi agli occhi vostri; e ricordatevi che Santo Paulo dice per parte di Dio, che lo marito debbe tenere la sua moglie in santificazione e onore. Che santificazione e onore è quello, quan- do essi fanno tali vituperii intra loro? Molti sono ancora, che dicono il corpo della moglie essere del marito, e il corpo del marito essere della moglie, come dice Santo Paulo; adunque ne possono fare tutto quello che a essi piace. Non vale la conseguenza; per- chè ancora, come dice Santo Paulo, tengonsi le persone in santificazione e onore. Quella potestade adunque, che lo marito ha sopra la moglie, s' intende con discrezione, non con di- sordine; con onestade, non con diso- nestade; con onore, non con tanti vi- tuperii e atti vergognosi. Però dice 7 98 lo divino dottore Augustine, che non è lecito, lo marito dire alla sua mo- glie: io posso fare ciò che io voglio, perchè è di Cristo più che del marito. E però lo marito non può fare di lei se non quanto il matrimonio gli con- cede in santitade e onestade. Molti sono ancora, che studiosamente man- giano spezierie e altre cose calde, solo per potere questo atto più car- nalmente esercitare; e ancora questo è peccato. Se per lo tempo passato in queste cose fussi cascato, confès- satene; e per lo tempo che ha a venire sappitene guardare. Tu, fi- gliuola mia, non acconsentire mai al tuo marito in queste cose sopraddet- te. Perchè, se gli acconsenti, prima offendi Iddio e 1' anima tua. E an- cora, avvenga che in quella ora tu piaccia al tuo marito, tamen passata quella imbriachezza e rahbia di lus- suria, egli ti piglia in odio e in di- sgrazia, avendoti veduta cosi sfac- ciata e senza vergogna. Ma quando ti vede onesta e vergognosa, che non gli 99 acconsenti se non allo atto matrimo- niale, come sei tenuta, e alli altri atti onesti e amorosi , sempre t' ama , e mai non si sazia di amarti e volerti bene; e per tuo amore da altre fem- mine si guarda, e da altre ribalderie; e massimamente quando gli sai fare alcune amorosanze, e altre carezze oneste e segni piacevoli di carità, come debbi studiare e sforzare di fare, per levarlo da ogni altra ribalderia. Sesto modo. Lo sesto modo, per lo quale eser- citando lo atto matrimoniale le per- sone conjugate peccano, si chiama modo di estrinseca seminazione. Dove nota questo esemplo: se uno uomo lavorasse bene in una terra, e poi andasse a seminare sopra e sassi o pietre, non sarebbe costui una bestia ? certo sì; che perderebbe il seme, e ancora la fatica che ha durata a la- vorare quello terreno. Ora chi ha 100 orecchie da udire oda, e chi ha in- telletto da intendere intenda. Lo ma- trimonio fu ordinato principalmente da Dio, come di sopra è detto, per fare figliuoli. E questi figliuoli non debbono desiderare le persone conju- gate, per avere favore o diletto da essi; ma principalmente acciò eh' essi sieno buoni, e faccino alcuna cosa che sia a laude di Dio ; e così si ven- ghino a salvare, e vengasi a empiere le sedie di vita eterna, le quali ri- masene vote per lo cadimento di Lu- cifero e delli suoi seguaci, come di sopra è detto. i\Ia molte femmine si truovano le quali, per rincrescimento che hanno di essere gravide, si sfor- zano di tenere modo di non ingravi- dare; e se pure esse ingrà-sidano , si sforzano di sconciarsi e disperdere; e se pure non possono sconciarsi e di- sperdere, poi che la creatura è nata, la battono, e vorrebbonìa vedere mor- ta, per potere esser libere d' andare a lor modo di qua e di là. me- 101 schina, non vedi tu che fai contro la intenzione e volontade di Dio, lo quale ordinò lo matrimonio principalmente per fare figliuoli? Adunque poi che t' è piaciuto essere in questo stato di matrimonio, dando opera allo atto di matrimonio, se Iddio ti fa ingravi- dare, abbi pazienza nelle fatiche e af- fanni delli figliuoli, in portargli e nutricargli, avvisandoti che, come dice il glorioso Jeronimo, tutto quello affanno e fatica, e tutto quel tempo che spendi ad avere cura di loro, tutto è meritorio dinanzi a Dio. Non tenere adunque modo studiosamente di non ingravidare; perchè non è senza peccato. Similmente alcuni uo- mini sono, li quali per mancamento d' animo non vorrebbono fare figliuoli ; che sono tanto pusillanimi, che non hanno animo di nutricargli. E ancora, se osservassino castità con conten- tezza della loro moglie, il loro senti- mento si potrebbe tollerare. Ma non vogliono osservare castità; e niente 102 di manco quella cosa, la quale è or- dinata per ingravidare, la fanno an- dare per modo che non può generare, come colui che lavora lo terreno, e poi getta la sementa sopra le pietre. misero uomo! pensa bene, che que- sta cosa dispiace molto a Dio, come si scrive nel libro del Genesis d' uno che faceva lo simile; e Iddio lo fece morire di mala morte, per questa cosa tanto abbominabile. Adunque racco- mandati a Dio; e se pure eserciti lo atto matrimoniale, se Iddio ti fa cre- scere figliuoli, abbi speranza in esso; e fa ciò che t' è possibile di nutri- cargli e governargli. Datti di buona voglia; che in quello che tu non po- trai, Iddio supplirà, e copiosamente ti provederà. Se in questo peccato sei caduto, confèssatene, e per lo avve- nire guardati di non cadere; altri- menti offenderesti Iddio e l'anima tua. 103 Settimo modo. Lo settimo modo, per lo quale le persone conjugate esercitando lo atto matrimoniale peccano, si chiama modo di commissione di adulterio. Onde nota, che lo marito, quando casca in peccato con altra persona che con la moglie, sùbito perde la jurisdizione, che aveva sopra la moglie, di doman- dare a lei lo debito matrimoniale. Onde avvenga che, se la moglie do- manda il debito a esso, esso è tenuto di rendergliele, e acconsentendole non pecca; tamen esso non può doman- dare lo debito matrimoniale alla mo- glie ; e se lo domanda, pecca mortal- mente. Bisogno è, se vuole potere do- mandare il debito senza peccato, che abbi contrizione di quello adulterio che ha fatto, con intenzione di non lo fare più. Similmente sono alcune femmine, le quali acconsentono i e sì si lassano violare da altri uomini che 104 dalli propri! mariti, o fanno alcuna altra inonestade. Dico che queste fem- mine sono tenute a rendere lo debito, e acconsentire ai loro mariti; e cosi acconsentendo, non peccano. Ma se esse domandassino lo debito dalli loro mariti, peccano mortalmente; perchè per lo adulterio commesso hanno per- duto la jurisdizione e potestade, che hanno sopra li loro mariti, di do- mandare lo debito. Oimè, misero mon- do ! oh quanti sono quegli che hanno concubina e riioglie! e quando gli piace, con 1' una, e quando con l' al- tra si congiungono; avvenga che con la concubina credino peccare mortal- mente, e con la moglie no. E pure, come è detto di sopra, eziandio pec- cano con la moglie; e simile dico delle femmine triste. Confessatevi adunque, se per lo passato ci siete cascati, e per lo avvenire guardatevi non ca- scar più. 105 Ottavo modo. L' ottavo e ultimo modo , per lo quale le persone conjugate peccano, si chiama juridica o legale impedi- zione; cioè, che secondo li sacri ca- noni ed ecclesiastiche leggi non pos- sono insieme contraere matrimonio, né domandarsi, né rendersi lo debito r uno all' altro. Dove nota nove con- clusioni teologiche e legali, cioè for- ma data nelle leggi ecclesiastiche e teologiche. Prima conclusione teologica. La prima conclusione è questa. Se uno uomo uccide la sua moglie, o lo marito d' alcuna femmina, con veleno o per altra via, per questa cagione o fine, cioè per pigliarla per sua mo- glie, quella tale femmina, pecca certo mortalissimamente; e quella non gli può essere moglie. Similmente se una 106 femmina, per pigliare per marito uno uomo, uccide lo suo marito o la mo- glie di quello, pecca mortalissima- mente; e quello uomo non le può essere marito, perchè le leggi eccle- siastiche, cioè lo Decreto e le Decre- tali, lo proibiscono e repugnano; e se pure contraggono matrimonio, sem- pre stanno in peccato mortale. Non si possono salvare, se non si partono r uno dall' altro, o se non hanno di- spensazione papale di potere stare in- sieme come marito e moglie. Seconda conclusione teologica. La seconda conclusione è questa. Se uno uomo ha moglie, [e] vivente essa, dà la fede a un' altra femmina di pi- gliarla per moglie dopo la morte della sua moglie, o vero dopo la morte del marito di quella femmina, se pure era maritata; e dopo questa fede e promissione caggiono in pec- cato mortale di adulterio insieme; 107 avvenga che la moglie di questo uomo , lo marito di questa fem- mina morisse di sua morte naturale, non possono queste due persone con- traere matrimonio ; e se di fatto con- traessino, sempre stanno in peccato mortale. Se si vogliono salvare, con- viene che si dividine, o vero abbino dispensazione papale di potere stare insieme come marito e moglie. Terza conclusione teologica. La terza conclusione è questa. Nes- suno può pigliare per moglie alcuna femmina che gli sia parente e con- sanguinea in primo e in secondo, e in terzo e in quarto grado. E cosi nessuna femmina può pigliare per marito alcuno che le sia parente in alcuno dei sopraddetti gradi. E se pure di fatto queste persone così con- giunte contraggono matrimonio, pec- cano mortalmente, e sono escomuni- cati; e ogni volta che si congiungono 108 insieme, peccano mortalmente; e li figliuoli, che di questo dannato coito nascono, sono bastardi, e non pos- sono redare. Se queste tali persone si vogliono salvare, è bisogno che si partino 1' uno dall' altro , o che ab- bino dispensazione papale di potere stare insieme come marito e moglie; altrimenti sempre stanno nelle mani del diavolo. Quarta conclusione teologica. La quarta conclusione è questa. Nessuno uomo può pigliare per mo- glie, dopo la morte della sua moglie, alcuna femmina che sia parente in primo, secondo, terzo e quarto grado di quella che gli fu moglie. E così nessuna femmina può pigliare per marito nessuno uomo, dopo la morte del suo marito, che sia parente di quello che le fu marito, in alcuno delli sopradetti gradi. E se queste persone contraggono matrimonio di 109 fatto, caggiono in tutte quelle pene in le quali caderebbono le persone consanguinee contraenti matrimonio, come di sopra è detto. Bisogno è, se si vogliono salvare, clie faccino come quelli sopraddetti nella terza conclu- sione. Quinta conclusione teologica. La quinta conclusione è questa. Se uno uomo cade in peccato mortale con una femmina, non può avere per moglie nessuna femmina, parente di quella, con la quale ha peccato, in primo, secondo, terzo e quarto grado. E così nessuna femmina che cade in peccato con uomo, da poi non può pigliare per marito alcuno che sia parente di quello uomo, col quale in peccato cadde, in alcuno delli soprad- detti gradi. E se pure di fatto si pi- gliano per marito e per moglie que- ste tali persone (cioè questo tale uomo e questa tale femmina) scien- no temente, peccano senza dubbio mor- talmente, e sono escomunicati ; e tutte le volte che si congiungono, peccano mortalmente ; e li figliuoli che fanno, sono bastardi, e non possono redare. E se essi che hanno fatto tale matri- monio si vogliono salvare, conviene che essi dividine il matrimonio 1' uno dall' altro, o che abbino dispensazione papale di potere stare come marito e moglie. Sesta conclusione teologica. La sesta conclusione è questa. Se uno uomo ha fatto e consumato lo matrimonio legittimamente e ordina- tamente con la sua moglie, e poi cade in peccato mortale carnale con la parente di questa sua moglie in al- cuno delli quattro gradi sopraddetti, pecca mortalmente; e oltre a ciò non può domandare il debito matrimonia- le, né usare più con la sua moglie, senza dispensazione e licenzia almeno Ili del diocesano. E così ancora, se al- cuna femmina ha confirmato e con- sumato matrimonio col suo marito, e cade in peccato carnale con alcuno suo parente in alcuno delli quattro gradi sopraddetti di questo suo ma- rito, non può dimandare lo debito conjugale, senza licenzia almeno del prelato della sua diocesi, av^'enga che sia tenuta di renderlo al suo marito, quando egli lo domanda; e renden- dolo non pecca. Ma essa, domandan- dolo senza licenzia, pecca mortalmen- te; e così dico del marito, se fusse in simile caso. Settima conclusione teologica. La settima conclusione è questa. Nessuno uomo può pigliare per mo- glie la sua comare, né la sua madre spirituale o figlioccia. E nessuna fem- mina può pigliare per marito il suo compare, né il suo figlioccio, né il suo santolo. Similmente lo figlioccio 112 non può pigliare per moglie la fi- gliuola carnale, né legittima né ba- starda, del suo nonno o nonna, o vero santoli ; e cosi nessuna fem- mina può pigliare per marito il suo nonno, nò figliuolo carnale, né le- gitimo né bastardo, del suo nonno o nonna, o santoli. E se di fatto tali persone intra loro contraggono matrimonio, sempre stanno in pec- cato mortale; e non si possono sal- vare , se non si partono 1' uno dal- l' altro, se non hanno dispensazione papale di potere stare insieme come marito e moglie. Ottava conclusione teologica. La ottava conclusione è questa. Se uno uomo ha promesso, e fatto voto semplice intra sé, cioè nel suo ani- mo, di osservare castità, non può pi- gliare moglie poi ; e se la piglia, pecca mortalmente. E avvenga ehe sia te- nuto rendere il debito alla sua rao- 113 glie, quando glielo domanda, e così rendendoglielo non pecca; tamen egli non può domandare lo debito alla sua moglie; e se lo domanda, pecca mor- talmente tante volte quante lo do- manda. Similmente, se una donna ha fatto voto semplice di castità, cioè intra sé e Dio, non può pigliare ma- rito; e se lo piglia, pecca mortal- mente. E avvenga che essa sia tenuta di rendere lo debito, e acconsentire al suo marito, quando lo vuole, e così rendendolo non pecca; niente- dimeno essa non può domandare lo debito matrimoniale al suo marito; e se lo domanda, pecca mortalmente. Nona e ultima conclusione teologica. La nona et ultima conclusione è questa. Se una persona fa voto so- lenne di osservare castità, non può più contraere matrimonio; e se lo contrae, pecca mortalmente; e tutte 114 le volte che si congiunge con quella che si ha pigliato per compagnia^ pecca mortalmente, o che sia per do- mandare lo debito, veramente per renderlo. E questi tali contraenti sono iscomunicati ; e li figliuoli che gene- rano sono bastardi. Bisogno è, se queste tali persone contraenti questo diabolico matrimonio si vogliono sal- vare, si partine 1' uno dall' altro ; al- trimenti sarebbono dannati. E nota che voto solenne si chiama quello, che si fa per suscezione o recezione di alcuno ordine sacro, o per profes- sione espressa o tacita in alcuna Re- ligione approvata. E ogni altro voto si chiama voto semplice. Qui finisce questo trattatello, chia- mato Regola di vita matriinonialì; , il quale e composto, principalmente per servizio e onore di Dio e salute delle anime , secondariamente per sa- tisfare e acconsentire alli prieghi che 115 mi sono stati fatti da alcune persone timorate di Dio, che sono in questo stato di matrimonio. Se alcuna cosa è stata ben detta in esso; perchè tutte le sentenze e le conclusioni credo sieno vere, fondate nella Scrittura Santa e nellì detti delli Dottori e delli sacri teologi; attribuiscasi e donisi laude e gloria allo eterno Iddio, da cui pro- cede ogni intelligenzia , ogni verità , ogni lume, ogni virtù, ogni eleganzia, e ogni vero. Se alcuno difetto o fal- sità vero errore (quod absit) in esso fusse, attribuiscasi alla mia i- gnoranza, invalitudine e insufficien- zia. Verumtamen io ho proposto, in- nanzi d' ogni uomo , che cristiano sono, e cristiano voglio morire. E per tanto ogni mia conclusione, sentenzia e detto, non solum in questo trattato, ma in ogni mio predicare e scrivere e dire, o pubblico o secreto, o alto basso, io lo soggiogo e sottopongo alla correzione della cattolica e orto- dossa fede cristiana, e alla Santa Ro- 116 mana Chiesa, capo di tutto il Cristia- nesimo, Sia adunque Iddio pregato, che ogni persona che è in stato di matrimonio, mediante la osservanzia di questa regola, si possa salvare mediante la grazia sua; la quale ab- bia in questa vita, e la gloria nel- r altra. Il quale Signore, trino e uno, sempre benedetto, laudato e glorifi- cato sia in sedila seculorum. Amen. Finis. Gratias Deo, sempeì'que gìo- riosae Virgini Mariae. INDICE Dedicatoria e proemio . . . pag. v Regola di vita matrimoniale . » 1 Capitolo primo » 3 Le cose le quali lo marito è tenuto dare alla sua moglie . » 7 La prima cosa » ivi La seconda cosa' » 10 La terza cosa » 15 Capitolo secondo. Le cose le quali la moglie è tenuta dare al suo marito » 18 La prima cosa » ivi La seconda cosa » 21 La terza cosa » 23 Capitolo terzo. Le cose che così è tenuto il marito alla mo- glie, come la moglie al marito » 26 La prima cosa » ivi 118 La illibazione del letto matri- moniale » 32 La onorazione » 34 La mutua sopportazione . . » 35 La seconda cosa » 37 La terza cosa » 41 Nota, anima » 42 Escusazione ^ 43 Prima regola , intenzionale . . » 46 Quattro cagioni, per le quali lo atto matrimoniale è peccato y> 50 Seconda regola, temporale . . » 55 Terza regola, locale .... » 72 Quarta e ultima regola, modale •» 11 Indiscreta frequentazione . . » 80 Indebita situazione » 88 Inonesta proporzione .... » 90 Delle faccie adversione ...» 91 Belli sentimenti e membri abu- sione » 93 Estrinseca seminagione ...» 99 Commissione di adulterio . . » 103 luridica o legale impedizione , e nove conclusioni teologiche » 105 Prima conclusione » ivi Seconda conclusione .... » 106 Terza conclusione « 107 119 Quarta conclusione .... » 108 Quinta conclusione .... » 109 Sesta conclusione » 110 Settima conclusione .... » 111 Ottava conclusione .... » 112 Nona e ultima conclusione » 113 Fine del trattatello o regola di vita matrimoniale .... » 114 i-'p'^ 'M4i V ^ *'