An. et vol. XCVII 3 Iunii 2005 N. 6 ACTA APOSTOLICAE SEDIS COMMENTARIUM OFFICIALE Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA BENEDICTI PP. XVI LITTERAE APOSTOLICAE MOTU PROPRIO DATAE de Basilica Sancti Pauli in Urbe nec non de eius locis extraterritorialibus. 1. L’antica e venerabile Basilica di San Paolo fuori le Mura, che sorge nel luogo in cui si venera la memoria dell’Apostolo delle Genti, ha sempre avuto una peculiare importanza nella storia della cristianità, insieme con le altre tre Basiliche Maggiori di Roma, meta di numerosi pellegrinaggi, particolarmente in occasione degli Anni Santi. Accanto alla Basilica di San Paolo esiste poi da tredici secoli la prestigiosa omonima Abbazia dei Monaci Benedettini, per i quali la medesima Basilica riveste anche la funzione di Chiesa Abbaziale. 2. Con il Trattato Lateranense del 1929 e con i successivi Accordi intercorsi fra la Santa Sede e l’Italia, è stato riconosciuto che le aree e gli edifici costituenti il complesso di San Paolo fuori le Mura appartengono alla Santa Sede e godono di uno specifico status giuridico, secondo le norme del Diritto internazionale. Sull’intero complesso extraterritoriale di San Paolo fuori le Mura il Sommo Pontefice esercita i poteri civili secondo le norme vigenti.1 3. Tenendo presente che nel passato la Santa Sede ha definito solamente alcuni aspetti delle competenze sia dell’Amministrazione Pontificia della Basilica, sia dell’Abbazia Benedettina, ritengo ora opportuno emanare alcune norme generali allo scopo di chiarire o definire i principali aspetti della gestione pastorale ed amministrativa del complesso di San Paolo fuori le Mura. 1 Cfr Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, del 26 Novembre 2000, in AAS Suppl. 71 [2000] pp. 75-83. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 770 Ciò consentirà di compilare poi uno Statuto che fissi le competenze dei soggetti interessati e ne regoli i rapporti. 4. Alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, che confermo quale ente canonico con personalità giuridica pubblica, stabilisco che sia preposto, al pari delle altre tre Basiliche Maggiori, un Arciprete nominato dal Romano Pontefice. In detta Basilica, l’Arciprete eserciterà la giurisdizione ordinaria ed immediata. Egli avrà un suo Vicario per la Pastorale nella persona dell’Abate dell’Abbazia Benedettina di San Paolo, nonché un suo Delegato per l’Amministrazione. L’Arciprete di San Paolo, inoltre, dovrà sovrintendere a tutto il complesso extraterritoriale, coordinando le varie amministrazioni ivi operanti, secondo le finalità proprie, salvo quanto rientra nelle competenze esclusive dell’Abate all’interno dell’Abbazia. 5. L’Abate del Monastero di San Paolo fuori le Mura, dopo essere stato canonicamente eletto, deve ricevere la conferma del Romano Pontefice. Egli gode di tutti i diritti e le prerogative quale Superiore della Comunità benedettina. Al fine di consentire all’Abate di attendere sempre più ai suoi doveri all’interno della Comunità monastica,2 è stato disposto dal mio Venerato Predecessore Giovanni Paolo II che l’area extraterritoriale contigua all’Abbazia sia sottratta alla giurisdizione dell’Abate di San Paolo, il quale conserverà la sua giurisdizione ordinaria intra septa monasterii e la sua funzione liturgica all’interno della Basilica, come è definito nel presente documento e sarà specificato nel successivo Statuto. 6. L’Abbazia, a partire dal 7 marzo 2005, ha assunto la denominazione di « Abbazia di San Paolo fuori le Mura », essendo stato recentemente soppresso il carattere ed il titolo di circoscrizione « territoriale ». Fatte salve perciò le competenze dell’Arciprete di San Paolo e quelle proprie dell’Abate, la potestà di giurisdizione pastorale ordinaria sull’intera area extraterritoriale di San Paolo fuori le Mura spetta al Cardinale Vicario di Roma, il quale la esercita mediante la parrocchia territorialmente competente della Diocesi. 7. Pertanto la « Pontificia Amministrazione della Patriarcale Basilica di San Paolo », costituita dal Papa Pio XI di v.m. con Chirografo del 30 aprile 1933 ed aggiornata dal Beato Giovanni XXIII con Chirografo del 20 dicembre 1962, è soppressa e tutte le sue funzioni sono trasferite all’Arciprete, il quale le eserciterà secondo quanto stabilito nello Statuto che sarà approvato dai competenti Uffici della Santa Sede. 2 Cfr Paolo VI, M. p. Catholica Ecclesia, del 23 ottobre 1976, in AAS 68 [1976] pp. 694-696. Acta Benedicti Pp. XVI 771 8. Poiché mi sta particolarmente a cuore che nella Basilica di San Paolo fuori le Mura sia assicurato il ministero della Penitenza in favore di tutti i fedeli che la frequentano, sia di quelli appartenenti alla Diocesi dell’Urbe, sia dei numerosi pellegrini provenienti dalle varie parti del mondo, confermo volentieri quanto stabilito dal mio Predecessore il Papa Pio XI,3 e cioè che l’amministrazione del sacramento della Penitenza continui ad essere affidato all’attenta cura di Penitenzieri, scelti fra i Monaci Benedettini e costituiti secondo quanto disporrà il prossimo Statuto. 9. In tempi recenti, la Santa Sede ha dimostrato particolare interesse nel promuovere nella Basilica, o nell’ambito dell’Abbazia, lo svolgimento di speciali eventi di carattere ecumenico. Sarà quindi compito dei Monaci, sotto la supervisione dell’Arciprete, organizzare, coordinare e sviluppare tali programmi, con l’aiuto anche di confratelli Benedettini di altre Abbazie ed in accordo con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. 10. L’Apostolo delle Genti illumini e protegga quanti svolgono le loro mansioni nella Basilica a lui dedicata e conceda aiuto e conforto a tutti i fedeli ed ai pellegrini che con sincera devozione si recano nel luogo sacro alla memoria del suo martirio, per ravvivare la loro fede ed invocare la sua protezione sul proprio cammino di santificazione e sull’impegno della Chiesa, per la diffusione del Vangelo nel mondo contemporaneo. Nonostante qualunque disposizione in contrario, anche se degna di speciale menzione. Dato nella Città del Vaticano, il 31 maggio 2005, Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria. BENEDICTUS PP. XVI 3 Cfr Costituzione Apostolica Quod divina favente, del 3 maggio 1933, in AAS 25 [1933] pp. 229-232. 772 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale CONSTITUTIO APOSTOLICA Nova Dioecesis Carthaginensis appellanda in Costa Rica erigitur. BENEDICTUS EPISCOPUS servus servorum dei ad perpetuam rei memoriam Saepe contingit ut Ecclesiarum particularium utilitas, quae quidem pluribus e causis oriri potest, Nobis suadeat ut earundem pastoralibus necessitatibus quamprimum subveniamus. Cum vero Venerabilis Frater Hugo Barrantes Ureña, Archiepiscopus Sancti Iosephi in Costarica, incepta prosequens sui antecessoris Venerabilis Fratris Raimundi Arrieta Villalobos, et Venerabilis Frater Franciscus Ulloa Rojas, Episcopus Limonensis, audita Costaricensi Episcoporum Conferentia, a Nobis petierint ut, dismembratis ecclesiasticarum circumscriptionum sibi creditarum territoriis nova exinde erigeretur dioecesis, preces eorum excipiendas censuimus. Itaque, praehabito faventi voto Venerabilis Fratris Osvaldi Padilla, Archiepiscopi titularis Piensis et in Costaricensi Republica Apostolici Nuntii, de consilio Congregationis pro Episcopis, Apostolica Nostra potestate haec quae sequuntur decernimus: Ab archidioecesi Sancti Iosephi in Costarica distrahimus integrum territorium paroeciarum vulgo nuncupatarum: Dulce nombre de Jesús en Dulce Nombre; Dulce nombre de Jesús en Tierra Blanca; Inmaculada Concepción de Marı́a en Tejar del Guarco; Inmaculada Concepción de Marı́a en Tucurrique; Marı́a Auxiliadora; Nuestra Señora de Guadalupe; Nuestra Señora de La Candelaria; Nuestra Señora de La Limpia Concepción del Rescate de Ujarrás; Nuestra Señora de Los Ángeles en Cipreses; Nuestra Señora de Los Ángeles en la ciudad de Cartago; Nuestra Señora del Carmen en Juan Viñas; Nuestra Señora del Carmen en la ciudad de Cartago; Sagrado Corazón de Jesús; San Antonio de Padua; San Cristóbal; San Esteban Mártir; San Francisco de Ası́s; San Francisco Javier; San Isidro Labrador; San José en Llano Grande; San José en Orosi; San Miguel Arcángel; San Nicolás de Tolentino; San Rafael Arcángel; San Vicente de Paúl; Santa Isabel de Portugal; Santa Lucı́a en Paraı́so; Santa Marı́a Goretti en la ciudad de Cartago; Santa Rosa de Lima et Santo Cristo de Esquipulas; a dioecesi vero Limonensi distrahimus integrum territorium paroeciarum vulgo nuncupatarum: Nuestra Señora de Los Ángeles; San Buenaventura; San Isidro Labrador; Santa Cruz; Santa Rosa de Lima et Santa Teresita, atque ex ita distractis territoriis novam dioecesim, Carthaginensem in Costa Rica Acta Benedicti Pp. XVI 773 appellandam, iisdemque circumscriptam finibus quibus praefatae paroeciae simul sumptae terminantur, erigimus ac constituimus; quam dioecesim Metropolitanae Ecclesiae Sancti Iosephi in Costarica suffraganeam facimus eiusque Episcopum metropolitico iuri Archiepiscopi pro tempore eiusdem Sedis subicimus. Huius novae dioecesis sedem in loco vulgo Cartago statuimus, templumque paroeciale, ibi exstans, Deo in honorem Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo dicatum, ad gradum et dignitatem ecclesiae Cathedralis evehimus, cunctis additis iuribus et privilegiis quae ad id genus aedes sacras pertinent. Cetera vero secundum canonicas leges temperentur. Haec quae statuimus perficienda committimus Venerabili Fratri Osvaldo Padilla, quem diximus, vel, ipso a sede absente, negotiorum Sanctae Sedis ibidem curatori, tribuentes necessarias et opportunas facultates etiam subdelegandi, ad effectum de quo agitur, quemlibet virum in ecclesiastica dignitate constitutum, onere imposito ad Congregationem pro Episcopis authenticum exemplar actus peractae exsecutionis, cum primum fas erit, remittendi. Hanc denique Constitutionem Nostram nunc et in posterum ratam esse volumus, contrariis quibuslibet rebus minime obstantibus. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die quarto et vicesimo mensis Maii, anno Domini bis millesimo quinto, Pontificatus Nostri primo. e Angelus card. Sodano e Ioannes B. card. Re Secretarius Status Congr. pro Episcopis Praef. Marcellus Rossetti, Protonot. Apost. Brennus Chestle, Protonot. Apost. Loco e Plumbi In Secret. Status tab., n. 983 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 774 EPISTULAE I Ad episcopos Hispaniae occasione nationalis peregrinationis in Sanctuarium Caesaraugustanum Beatae Mariae Virginis de Columna.* Amados hermanos en el Episcopado, queridos sacerdotes y diáconos, religiosos, religiosas y fieles católicos de España Me es grato dirigiros mi cordial saludo y unirme espiritualmente a vosotros en la peregrinación nacional al Santuario de Nuestra Señora del Pilar de Zaragoza, para conmemorar el 150º aniversario de la definición del dogma de la Inmaculada Concepción y renovar la consagración de España al Inmaculado Corazón de Marı́a, que tuvo lugar hace cincuenta años. 1. Con esta peregrinación queréis profundizar en el admirable misterio de Marı́a y reflexionar sobre su inagotable riqueza para la vocación de todo cristiano a la santidad. Al coincidir el Año de la Inmaculada con el Año de la Eucaristı́a, en la escuela de Marı́a podremos aprender mejor a Cristo. Contemplándola como la « mujer eucarı́stica », ella nos acompaña al encuentro con su Hijo, que permanece con nosotros « todos los dı́as hasta el fin del mundo »,1 especialmente en el Santı́simo Sacramento. 2. La Inmaculada refleja la misericordia del Padre. Concebida sin pecado, fue capaz de perdonar también a quienes abandonaban y herı́an a su Hijo al pie de la cruz. Como Abogada nos ayuda en nuestras necesidades e intercede por nosotros ante su Hijo diciéndole, como en Caná de Galilea, « no tienen vino »,2 confiando en que su bondadoso corazón no defraudará en un momento de dificultad. Al indicar claramente « haced todo lo que él os diga »,3 nos invita a acercarnos a Cristo y, en esa cercanı́a, experimentar, gustar y ver « qué bueno es el Señor ». De esta experiencia nace en el corazón humano una mayor clarividencia para apreciar lo bueno, lo bello, lo verdadero. 3. Acompañada de la solicitud paterna de José, Marı́a acogió a su Hijo. En el hogar de Nazaret Jesús alcanzó su madurez, dentro de una familia, * Die 19 Maii 2005. 1 2 3 Mt 28, 20. Jn 2, 3. Ibid. 2, 5. Acta Benedicti Pp. XVI 775 humanamente espléndida y transida del misterio divino, y que sigue siendo modelo para todas las familias. A este respecto, en la convivencia doméstica la familia realiza su vocación de vida humana y cristiana, compartiendo los gozos y expectativas en un clima de comprensión y ayuda recı́proca. Por eso, el ser humano, que nace, crece y se forma en la familia, es capaz de emprender sin incertidumbres el camino de bien, sin dejarse desorientar por modas o ideologı́as alienantes de la persona humana. 4. En esta hora de discernimiento para muchos corazones, los Obispos españoles volvéis la mirada hacia Aquella que, con su total disponibilidad, acogió la vida de Dios que irrumpı́a en la historia. Por eso Marı́a Inmaculada está ı́ntimamente unida a la acción redentora de Cristo, que no vino « para juzgar al mundo, sino para que el mundo se salve por él ».4 Sé que la Iglesia católica en España está dispuesta a dar pasos firmes en sus proyectos evangelizadores. Por eso es de esperar que sea comprendida y aceptada en su verdadera naturaleza y misión, porque ella trata de promover el bien común para todos, tanto respecto a las personas como a la sociedad. En efecto, la transmisión de la fe y la práctica religiosa de los creyentes no puede quedar confinada en el ámbito puramente privado. 5. A los pies de la Virgen pongo todas vuestras inquietudes y esperanzas, confiando en que el Espı́ritu Santo moverá a muchos para que amen con generosidad la vida, para que acojan a los pobres, amándolos con el mismo amor de Dios. A Marı́a Santı́sima, que engendró al Autor de la vida, encomiendo toda vida humana desde el primer instante de su existencia hasta su término natural, y le pido que preserve a cada hogar de toda injusticia social, de todo lo que degrada su dignidad y atenta a su libertad; y también que se respete la libertad religiosa y la libertad de conciencia de cada persona. Imploro a la Virgen Inmaculada con total confianza que proteja a los pueblos de España, a sus hombres y mujeres para que contribuyan todos a la consecución del bien común y, principalmente, a instaurar la civilización del amor. Aliento también a todos y a cada uno a vivir en la propia Iglesia particular en espı́ritu de comunión y servicio y os animo a dar testimonio de devoción a la Virgen Marı́a y de un incansable amor a los hermanos. A cuantos participáis en esta gran peregrinación al Santuario de Nuestra Señora del Pilar de Zaragoza, os invito a intensificar la devoción mariana en vuestros pueblos y ciudades donde Ella os espera en los innumerables templos 4 Jn 3, 17. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 776 y santuarios que llenan la tierra española; y también en las parroquias, en las comunidades y en los hogares. Volved gozosos con la Bendición Apostólica que os imparto con gran afecto. Vaticano, 19 de mayo de 2005. BENEDICTUS PP. XVI II Occasione oblata colloquii de argumento « Cultura, Ragione e Libertà », apud Consilium Nationum Unitarum pro Educatione, Scientia et Cultura (UNESCO).* À Son Éminence Monsieur le Cardinal Jean-Louis Tauran Archiviste et Bibliothécaire de la Sainte Église Romaine Je vous prie de bien vouloir transmettre mes cordiales salutations à toutes les personnes participant au Colloque « Culture, raison et liberté » qui se tient à Paris, pour commémorer la visite à l’Organisation des Nations unies pour l’Éducation, la Science et la Culture de mon vénéré prédécesseur, le Pape Jean-Paul II, le 2 juin 1980. Je tiens à saluer en particulier Monsieur Koı̈chiro Matsuura, Directeur général de l’U.N.E.S.C.O., me souvenant que l’organisation célèbre cette année le soixantième anniversaire de sa constitution. Je salue également M. Michael Omolewa, Président de la Conférence générale de l’U.N.E.S.C.O., l’ensemble de leurs collaborateurs et toutes les personnes accréditées auprès de cette institution. Nous pouvons avoir aujourd’hui une immense reconnaissance envers le Pape Jean-Paul II qui, fort de son expérience personnelle et culturelle, a toujours souligné dans ses enseignements la place centrale et irremplaçable de l’homme, ainsi que sa dignité fondamentale, source de ses droits inaliénables. Il y a vingt-cinq ans, le Pape déclarait au siège de l’U.N.E.S.C.O. que, « dans le domaine culturel, l’homme est toujours le fait premier: l’homme est le fait primordial et fondamental de la culture ».1 L’un des axes forts de sa réflexion devant cet « aréopage des intelligences et des consciences», comme il appelait alors ses interlocuteurs, ne fut-il pas de rappeler chacun de ses membres à sa respon* Die 24 Maii 2005. 1 N. 8. Acta Benedicti Pp. XVI 777 sabilité: « Construisez la paix en commençant par le fondement: le respect de tous les droits de l’homme, ceux qui sont liés à sa dimension matérielle et économique comme ceux qui sont liés à la dimension spirituelle et intérieure de son existence en ce monde »? 2 Annoncer la nouveauté libératrice de l’Évangile à tout homme, le rejoindre dans tout ce qui fait son existence et exprime son humanité, tel est le défi permanent de l’Église. Cette mission reçue par l’Église de son Seigneur rejoint fondamentalement votre projet et justifie hautement que le Saint-Siège ait toujours souhaité, par la présence d’un Observateur permanent, pouvoir prendre part à votre réflexion et à votre engagement. L’Église catholique continuera de le faire en mobilisant ses propres forces, qui sont avant tout de nature spirituelle, pour concourir au bien de l’homme dans toutes les dimensions de son être. Dans un monde à la fois multiple et éclaté, mais aussi soumis aux fortes exigences de la mondialisation des relations économiques et plus encore des informations, il importe au plus haut point de mobiliser les énergies de l’intelligence pour que soient reconnus partout les droits de l’homme à l’éducation et à la culture, spécialement dans les pays les plus pauvres. Dans ce monde où l’homme doit apprendre de plus en plus à reconnaı̂tre et à respecter son frère, l’Église veut apporter sa propre contribution au service de la communauté humaine, en éclairant, d’une manière sans cesse approfondie, la relation qui unit chaque homme au Créateur de toute vie et qui fonde la dignité inaliénable de chaque être humain, de sa conception à sa fin naturelle. Je salue les membres de la communauté universitaire et les enseignants qui participent à ce colloque, et je tiens à leur renouveler la confiance de l’Église, les encourageant à persévérer dans leur tâche exigeante et exaltante du service de la vérité. J’invite tous les participants à ce colloque à mettre en œuvre une véritable politique de la culture, soucieuse de préserver les identités culturelles, souvent menacées par des rapports de forces économiques et politiques, mais aussi de promouvoir l’expression de la culture de l’homme dans toutes les dimensions de son être. En saluant cordialement toutes les personnalités religieuses et civiles présentes à cette rencontre, j’invoque de grand cœur sur tous l’abondance des Bénédictions divines. Du Vatican, le 24 mai 2005. BENEDICTUS PP. XVI 2 N. 22. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 778 HOMILIAE I In Patriarchali Basilica Vaticana die Pentecostes in Eucharistica celebratione cum presbyterorum ordinatione.* La prima lettura ed il Vangelo della Domenica di Pentecoste ci presentano due grandi immagini della missione dello Spirito Santo. La lettura degli Atti degli Apostoli narra come, il giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo, sotto i segni di un vento potente e del fuoco, irrompe nella comunità orante dei discepoli di Gesù e dà cosı̀ origine alla Chiesa. Per Israele, la Pentecoste, da festa della mietitura, era divenuta la festa che faceva memoria della conclusione dell’alleanza al Sinai. Dio aveva mostrato la sua presenza al popolo attraverso il vento e il fuoco e gli aveva poi fatto dono della sua legge, dei 10 Comandamenti. Soltanto cosı̀ l’opera di liberazione, cominciata con l’esodo dall’Egitto, si era pienamente compiuta: la libertà umana è sempre una libertà condivisa, un insieme di libertà. Soltanto in un’ordinata armonia delle libertà, che dischiude a ciascuno il proprio ambito, può reggersi una libertà comune. Perciò il dono della legge sul Sinai non fu una restrizione o un’abolizione della libertà ma il fondamento della vera libertà. E poiché un giusto ordinamento umano può reggersi soltanto se proviene da Dio e se unisce gli uomini nella prospettiva di Dio, ad un ordinato assetto delle libertà umane non possono mancare i comandamenti che Dio stesso dona. Cosı̀ Israele è divenuto pienamente popolo proprio attraverso l’alleanza con Dio al Sinai. L’incontro con Dio al Sinai potrebbe essere considerato come il fondamento e la garanzia della sua esistenza come popolo. Il vento ed il fuoco, che investirono la comunità dei discepoli di Cristo radunata nel cenacolo, costituirono un ulteriore sviluppo dell’evento del Sinai e gli diedero nuova ampiezza. Si trovavano in quel giorno a Gerusalemme, secondo quanto riferiscono gli Atti degli Apostoli, « Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo ».1 Ed ecco che si manifesta il dono caratteristico dello Spirito Santo: tutti costoro comprendono le parole degli apostoli: « Ciascuno li sentiva parlare la propria lingua ».2 Lo Spirito Santo dona di comprendere. Supera la rottura iniziata a Babele — la confusione dei cuori, che ci mette gli uni contro gli altri — e apre le frontiere. Il popolo di Dio che aveva trovato al Sinai la sua prima confi* Die 15 Maii 2005. 1 2 At 2, 5. At 2, 6. Acta Benedicti Pp. XVI 779 gurazione, viene ora ampliato fino a non conoscere più alcuna frontiera. Il nuovo popolo di Dio, la Chiesa, è un popolo che proviene da tutti i popoli. La Chiesa fin dall’inizio è cattolica, questa è la sua essenza più profonda. San Paolo spiega e sottolinea questo nella seconda lettura, quando dice: « Ed in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito ».3 La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo. Vento e fuoco dello Spirito Santo devono senza sosta aprire quelle frontiere che noi uomini continuiamo ad innalzare fra di noi; dobbiamo sempre di nuovo passare da Babele, dalla chiusura in noi stessi, a Pentecoste. Dobbiamo perciò continuamente pregare che lo Spirito Santo ci apra, ci doni la grazia della comprensione, cosı̀ da divenire il popolo di Dio proveniente da tutti i popoli — ancor più, ci dice San Paolo: in Cristo, che come unico pane nutre tutti noi nell’Eucaristia e ci attira a sé nel suo corpo straziato sulla croce, noi dobbiamo divenire un solo corpo e un solo spirito. La seconda immagine dell’invio dello Spirito, che troviamo nel Vangelo, è molto più discreta. Ma proprio cosı̀ fa percepire tutta la grandezza dell’evento della Pentecoste. Il Signore Risorto attraverso le porte chiuse entra nel luogo dove si trovavano i discepoli e li saluta due volte dicendo: la pace sia con voi! Noi, continuamente, chiudiamo le nostre porte; continuamente, vogliamo metterci al sicuro e non essere disturbati dagli altri e da Dio. Perciò possiamo continuamente supplicare il Signore soltanto per questo, perché egli venga a noi superando le nostre chiusure e ci porti il suo saluto. « La pace sia con voi »: questo saluto del Signore è un ponte, che egli getta fra cielo e terra. Egli discende su questo ponte fino a noi e noi possiamo salire, su questo ponte di pace, fino a lui. Su questo ponte, sempre insieme a Lui, anche noi dobbiamo arrivare fino al prossimo, fino a colui che ha bisogno di noi. Proprio abbassandoci insieme a Cristo, noi ci innalziamo fino a lui e fino a Dio: Dio è Amore e perciò la discesa, l’abbassamento, che l’amore ci chiede, è allo stesso tempo la vera ascesa. Proprio cosı̀, abbassandoci, noi raggiungiamo l’altezza di Gesù Cristo, la vera altezza dell’essere umano. Al saluto di pace del Signore seguono due gesti decisivi per la Pentecoste: il Signore vuole che la sua missione continui nei discepoli: « Come il Padre ha mandato me, cosı̀ io mando voi ».4 Dopo di che egli alita su di loro e dice: 3 4 1 Cor 12, 13. Gv 20, 21. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 780 « Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi ».5 Il Signore alita sui discepoli, e cosı̀ dona loro lo Spirito Santo, il suo Spirito. Il soffio di Gesù è lo Spirito Santo. Riconosciamo qui, anzitutto, un’allusione al racconto della creazione dell’uomo nella Genesi: « Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita ».6 L’uomo è questa creatura misteriosa, che proviene tutta dalla terra, ma in cui è stato posto il soffio di Dio. Gesù alita sugli apostoli e dona loro in modo nuovo, più grande, il soffio di Dio. Negli uomini, pur con tutti i loro limiti, vi è ora qualcosa di assolutamente nuovo — il soffio di Dio. La vita di Dio abita in noi. Il soffio del suo amore, della sua verità e della sua bontà. Cosı̀ possiamo vedere qui anche un’allusione al battesimo ed alla cresima — a questa nuova appartenenza a Dio, che il Signore ci dona. Il testo del Vangelo ci invita a questo: a vivere sempre nello spazio del soffio di Gesù Cristo, a ricevere vita da Lui, cosı̀ che egli inspiri in noi la vita autentica — la vita che nessuna morte può più togliere. Al suo soffio, al dono dello Spirito Santo, il Signore collega il potere di perdonare. Abbiamo udito in precedenza che lo Spirito Santo unisce, infrange le frontiere, conduce gli uni verso gli altri. La forza, che apre e fa superare Babele, è la forza del perdono. Gesù può donare il perdono ed il potere di perdonare, perché egli stesso ha sofferto le conseguenze della colpa e le ha dissolte nella fiamma del suo amore. Il perdono viene dalla croce; egli trasforma il mondo con l’amore che si dona. Il suo cuore aperto sulla croce è la porta attraverso cui entra nel mondo la grazia del perdono. E soltanto questa grazia può trasformare il mondo ed edificare la pace. Se paragoniamo i due eventi di Pentecoste, il vento potente del 50º giorno e il lieve alitare di Gesù nella sera di Pasqua, ci può tornare in mente il contrasto fra due episodi, accaduti al Sinai, di cui ci parla l’Antico Testamento. Da una parte c’è il racconto del fuoco, del tuono e del vento, che precedono la promulgazione dei 10 Comandamenti e la conclusione dell’alleanza;7 dall’altra, il misterioso racconto di Elia sull’Oreb. Dopo i drammatici avvenimenti del Monte Carmelo, Elia era fuggito dall’ira di Acab e Gezabele. Quindi, seguendo il comando di Dio, aveva pellegrinato fino al Monte Oreb. Il dono dell’alleanza divina, della fede nel Dio unico, sembrava scomparso in Israele. Elia, in un certo qual modo, deve riaccendere la fiamma della fede sul monte di Dio e riportarla ad Israele. Egli sperimenta, in quel luogo, vento, terremoto e fuoco. Ma Dio non è presente in tutto questo. Allora egli percepisce un mormorio 5 6 7 Gv 20, 23. Ibid. 2, 7. Es 19 ss. Acta Benedicti Pp. XVI 781 dolce e leggero. E Dio gli parla da questo soffio leggero.8 Non è forse proprio quel che accade la sera di Pasqua, quando Gesù compare ai suoi Apostoli ad insegnarci cosa qui si vuol dire? Non possiamo forse vedere qui una prefigurazione del servitore di Jahwé, del quale Isaia dice: « Egli non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce »? 9 Non appare forse cosı̀ l’umile figura di Gesù come la vera rivelazione nella quale Dio si manifesta a noi e ci parla? Non sono forse l’umiltà e la bontà di Gesù la vera epifania di Dio? Elia, sul Monte Carmelo, aveva cercato di combattere l’allontanamento da Dio con il fuoco e con la spada, uccidendo i profeti di Baal. Ma in questo modo non aveva potuto ristabilire la fede. Sull’Oreb egli deve apprendere che Dio non è nel vento, nel terremoto, nel fuoco; Elia deve imparare a percepire la voce leggera di Dio e, cosı̀, a riconoscere in anticipo colui che ha vinto il peccato non con la forza ma con la sua Passione; colui che, con il suo patire, ci ha donato il potere del perdono. Questo è il modo con cui Dio vince. Cari ordinandi! In questo modo il messaggio di Pentecoste si rivolge ora direttamente a voi. La scena pentecostale del Vangelo di Giovanni parla di voi ed a voi. A ciascuno di voi, in modo personalissimo, il Signore dice: pace a voi — pace a te! Quando il Signore dice questo, non dona qualcosa ma dona se stesso. Infatti egli stesso è la pace.10 In questo saluto del Signore, possiamo intravedere anche un richiamo al grande mistero della fede, alla Santa Eucaristia, nella quale egli continuamente ci dona se stesso e, in tal modo, la vera pace. Questo saluto si colloca cosı̀ al centro della vostra missione sacerdotale: il Signore affida a voi il mistero di questo sacramento. Nel suo nome voi potete dire: questo è il mio corpo — questo è il mio sangue. Lasciatevi attirare sempre di nuovo nella Santa Eucaristia, nella comunione di vita con Cristo. Considerate come centro di ogni giornata il poterla celebrare in modo degno. Conducete gli uomini sempre di nuovo a questo mistero. Aiutateli, a partire da essa, a portare la pace di Cristo nel mondo. Risuona poi, nel Vangelo appena udito, una seconda parola del Risorto: « come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi ».11 Cristo dice questo, in modo molto personale, a ciascuno di voi. Con l’ordinazione sacerdotale voi vi inserite nella missione degli apostoli. Lo Spirito Santo è vento, ma non è amorfo. È uno Spirito ordinato. E si manifesta proprio ordinando la missione, nel sacramento del sacerdozio, con cui continua il ministero degli apostoli. Attraverso questo ministero, voi siete inseriti nella grande schiera di coloro 8 9 10 11 1 Re 19, 11-18. 42, 2. Ef 2, 14. Gv 20, 21. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 782 che, a partire dalla Pentecoste, hanno ricevuto la missione apostolica. Voi siete inseriti nella comunione del presbiterio, nella comunione con il vescovo e con il Successore di San Pietro, che qui in Roma è anche il vostro vescovo. Tutti noi siamo inseriti nella rete dell’obbedienza alla parola di Cristo, alla parola di colui che ci dà la vera libertà, perché ci conduce negli spazi liberi e negli ampi orizzonti della verità. Proprio in questo comune legame col Signore noi possiamo e dobbiamo vivere il dinamismo dello Spirito. Come il Signore è uscito dal Padre e ci ha donato luce, vita ed amore, cosı̀ la missione deve continuamente rimetterci in movimento, renderci inquieti, per portare a chi soffre, a chi è nel dubbio, ed anche a chi è riluttante, la gioia di Cristo. Infine, vi è il potere del perdono. Il sacramento della penitenza è uno dei tesori preziosi della Chiesa, perché solo nel perdono si compie il vero rinnovamento del mondo. Nulla può migliorare nel mondo, se il male non è superato. E il male può essere superato solo con il perdono. Certamente, deve essere un perdono efficace. Ma questo perdono può darcelo solo il Signore. Un perdono che non allontana il male solo a parole, ma realmente lo distrugge. Ciò può avvenire solo con la sofferenza ed è realmente avvenuto con l’amore sofferente di Cristo, dal quale noi attingiamo il potere del perdono. Infine, cari ordinandi, vi raccomando l’amore alla Madre del Signore. Fate come San Giovanni, che l’accolse nell’intimo del proprio cuore. Lasciatevi rinnovare continuamente dal suo amore materno. Imparate da lei ad amare Cristo. Il Signore benedica il vostro cammino sacerdotale! Amen. II Recurrente sollemnitate Sanctissimi Corporis et Sanguinis Christi, in foro ante Patriarchalem Basilicam Lateranensem habita.* Nella festa del Corpus Domini, la Chiesa rivive il mistero del Giovedı̀ Santo alla luce della Risurrezione. Anche il Giovedı̀ Santo conosce una sua processione eucaristica, con cui la Chiesa ripete l’esodo di Gesù dal Cenacolo al monte degli Ulivi. In Israele, si celebrava la notte di Pasqua in casa, nell’intimità della famiglia; si faceva cosı̀ memoria della prima Pasqua, in Egitto — della notte in cui il sangue dell’agnello pasquale, asperso sull’architrave e sugli stipiti delle case, proteggeva contro lo sterminatore. Gesù, in quella notte, esce e si consegna nelle mani del traditore, dello sterminatore e, proprio cosı̀, vince la notte, vince le tenebre del male. Solo cosı̀, il dono * Die 26 Maii 2005. Acta Benedicti Pp. XVI 783 dell’Eucaristia, istituita nel Cenacolo, trova il suo compimento: Gesù dà realmente il suo corpo ed il suo sangue. Attraversando la soglia della morte, diventa Pane vivo, vera manna, nutrimento inesauribile per tutti i secoli. La carne diventa pane di vita. Nella processione del Giovedı̀ Santo, la Chiesa accompagna Gesù al monte degli Ulivi: è vivo desiderio della Chiesa orante vigilare con Gesù, non lasciarlo solo nella notte del mondo, nella notte del tradimento, nella notte dell’indifferenza di tanti. Nella festa del Corpus Domini, riprendiamo questa processione, ma nella gioia della Risurrezione. Il Signore è risorto e ci precede. Nei racconti della Risurrezione vi è un tratto comune ed essenziale; gli angeli dicono: il Signore « vi precede in Galilea; là lo vedrete ».1 Considerando ciò più da vicino, possiamo dire che questo « precedere » di Gesù implica una duplice direzione. La prima è — come abbiamo sentito — la Galilea. In Israele, la Galilea era considerata come la porta verso il mondo dei pagani. Ed in realtà proprio in Galilea, sul monte, i discepoli vedono Gesù, il Signore, che dice loro: « Andate... e ammaestrate tutte le nazioni ».2 L’altra direzione del precedere, da parte del Risorto, appare nel Vangelo di San Giovanni, dalle parole di Gesù a Maddalena: « Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre... ».3 Gesù ci precede presso il Padre, sale all’altezza di Dio e ci invita a seguirlo. Queste due direzioni del cammino del Risorto non si contraddicono, ma indicano insieme la via della sequela di Cristo. La vera meta del nostro cammino è la comunione con Dio — Dio stesso è la casa dalle molte dimore.4 Ma possiamo salire a questa dimora soltanto andando « verso la Galilea » — andando sulle strade del mondo, portando il Vangelo a tutte le nazioni, portando il dono del suo amore agli uomini di tutti i tempi. Perciò il cammino degli apostoli si è esteso fino ai « confini della terra »; 5 cosı̀ San Pietro e San Paolo sono andati fino a Roma, città che era allora il centro del mondo conosciuto, vera « caput mundi ». La processione del Giovedı̀ Santo accompagna Gesù nella sua solitudine, verso la « via crucis ». La processione del Corpus Domini, invece, risponde in modo simbolico al mandato del Risorto: vi precedo in Galilea. Andate fino ai confini del mondo, portate il Vangelo al mondo. Certo, l’Eucaristia, per la fede, è un mistero di intimità. Il Signore ha istituito il Sacramento nel Cenacolo, circondato dalla sua nuova famiglia, dai dodici apostoli, prefigurazione 1 2 3 4 5 Mt 28, 7. Ibid. 28, 19. Gv 20, 17. Cfr ibid. 14, 2 s. Cfr Atti 1, 6 s. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 784 ed anticipazione della Chiesa di tutti i tempi. Perciò, nella liturgia della Chiesa antica, la distribuzione della santa comunione era introdotta dalle parole: Sancta sanctis — il dono santo è destinato a coloro che sono resi santi. In questo modo, si rispondeva all’ammonimento rivolto da San Paolo ai Corinzi: « Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice... ».6 Tuttavia, da questa intimità, che è dono personalissimo del Signore, la forza del sacramento dell’Eucaristia va oltre le mura delle nostre Chiese. In questo Sacramento, il Signore è sempre in cammino verso il mondo. Questo aspetto universale della presenza eucaristica appare nella processione della nostra festa. Noi portiamo Cristo, presente nella figura del pane, sulle strade della nostra città. Noi affidiamo queste strade, queste case — la nostra vita quotidiana — alla sua bontà. Le nostre strade siano strade di Gesù! Le nostre case siano case per lui e con lui! La nostra vita di ogni giorno sia penetrata dalla sua presenza. Con questo gesto, mettiamo sotto i suoi occhi le sofferenze degli ammalati, la solitudine di giovani e anziani, le tentazioni, le paure — tutta la nostra vita. La processione vuole essere una grande e pubblica benedizione per questa nostra città: Cristo è, in persona, la benedizione divina per il mondo — il raggio della sua benedizione si estenda su tutti noi! Nella processione del Corpus Domini, accompagniamo il Risorto nel suo cammino verso il mondo intero — come abbiamo detto. E, proprio facendo questo, rispondiamo anche al suo mandato: « Prendete e mangiate... Bevetene tutti ».7 Non si può « mangiare » il Risorto, presente nella figura del pane, come un semplice pezzo di pane. Mangiare questo pane è comunicare, è entrare nella comunione con la persona del Signore vivo. Questa comunione, questo atto del « mangiare », è realmente un incontro tra due persone, è un lasciarsi penetrare dalla vita di Colui che è il Signore, di Colui che è il mio Creatore e Redentore. Scopo di questa comunione è l’assimilazione della mia vita alla sua, la mia trasformazione e conformazione a Colui che è Amore vivo. Perciò questa comunione implica l’adorazione, implica la volontà di seguire Cristo, di seguire Colui che ci precede. Adorazione e processione fanno perciò parte di un unico gesto di comunione; rispondono al suo mandato: « Prendete e mangiate ». La nostra processione finisce davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore, nell’incontro con la Madonna, chiamata dal caro Papa Giovanni Paolo II « Donna eucaristica ». Davvero Maria, la Madre del Signore, ci insegna che cosa sia entrare in comunione con Cristo: Maria ha offerto la propria carne, il proprio sangue a Gesù ed è divenuta tenda viva del Verbo, lasciandosi penetrare nel corpo e nello spirito dalla sua presenza. Preghiamo Lei, 6 7 1 Cor 11, 28. Mt 26, 26 s. Acta Benedicti Pp. XVI 785 nostra santa Madre, perché ci aiuti ad aprire, sempre più, tutto il nostro essere alla presenza di Cristo; perché ci aiuti a seguirlo fedelmente, giorno per giorno, sulle strade della nostra vita. Amen! III Barii habita in conclusione XXIV Conventus Eucharistici Italicae Nationis, die 29 mensis Maii. Carissimi Fratelli e Sorelle, « Glorifica il Signore, Gerusalemme, loda, Sion, il tuo Dio ».1 L’invito del Salmista, che riecheggia anche nella Sequenza, esprime molto bene il senso di questa Celebrazione eucaristica: ci siamo raccolti per lodare e benedire il Signore. È questa la ragione che ha spinto la Chiesa italiana a ritrovarsi qui, a Bari, per il Congresso Eucaristico Nazionale. Anch’io ho voluto unirmi oggi a tutti voi per celebrare con particolare rilievo la Solennità del Corpo e del Sangue di Cristo, e cosı̀ rendere omaggio a Cristo nel Sacramento del suo amore, e rafforzare al tempo stesso i vincoli di comunione che mi legano alla Chiesa che è in Italia e ai suoi Pastori. A questo importante appuntamento ecclesiale avrebbe, come sapete, voluto essere presente anche il mio venerato e amato Predecessore, il Papa Giovanni Paolo II. Sentiamo tutti che Egli è vicino a noi e con noi glorifica il Cristo, buon Pastore, che egli può ormai contemplare direttamente. Saluto con affetto tutti voi che partecipate a questa solenne liturgia: il Cardinale Camillo Ruini e gli altri Cardinali presenti, l’Arcivescovo di Bari, Monsignor Francesco Cacucci, che ringrazio per le sue buone parole, i Vescovi della Puglia e quelli convenuti numerosi da ogni parte d’Italia; i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici, particolarmente i giovani, e naturalmente tutti coloro che in vari modi hanno cooperato all’organizzazione del Congresso. Saluto altresı̀ le Autorità, che con la loro gradita presenza evidenziano anche come i Congressi Eucaristici facciano parte della storia e della cultura del popolo italiano. Questo Congresso Eucaristico, che oggi giunge alla sua conclusione, ha inteso ripresentare la domenica come « Pasqua settimanale », espressione dell’identità della comunità cristiana e centro della sua vita e della sua missione. Il tema scelto — « Senza la domenica non possiamo vivere » — ci riporta all’anno 304, quando l’imperatore Diocleziano proibı̀ ai cristiani, sotto pena di 1 Sal. resp. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 786 morte, di possedere le Scritture, di riunirsi la domenica per celebrare l’Eucaristia e di costruire luoghi per le loro assemblee. Ad Abitene, una piccola località nell’attuale Tunisia, 49 cristiani furono sorpresi una domenica mentre, riuniti in casa di Ottavio Felice, celebravano l’Eucaristia sfidando cosı̀ i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal Proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la risposta che un certo Emerito diede al Proconsole che gli chiedeva perché mai avessero trasgredito l’ordine severo dell’imperatore. Egli rispose: « Sine dominico non possumus »: cioè senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l’Eucaristia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere. Dopo atroci torture, questi 49 martiri di Abitene furono uccisi. Confermarono cosı̀, con l’effusione del sangue, la loro fede. Morirono, ma vinsero: noi ora li ricordiamo nella gloria del Cristo risorto. È un’esperienza, quella dei martiri di Abitene, sulla quale dobbiamo riflettere anche noi, cristiani del ventunesimo secolo. Neppure per noi è facile vivere da cristiani, anche se non ci sono questi divieti dell’imperatore. Ma da un punto di vista spirituale, il mondo in cui ci troviamo, segnato spesso dal consumismo sfrenato, dall’indifferenza religiosa, da un secolarismo chiuso alla trascendenza, può apparire un deserto non meno aspro di quello « grande e spaventoso » 2 di cui ci ha parlato la prima lettura, tratta dal Libro del Deuteronomio. Al popolo ebreo in difficoltà Dio in questo deserto venne in aiuto col dono della manna, per fargli capire che « l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore ».3 Nel Vangelo di oggi Gesù ci ha spiegato a quale pane Dio, mediante il dono della manna, voleva preparare il popolo della Nuova Alleanza. Alludendo all’Eucaristia ha detto: « Questo è il Pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia di questo Pane vivrà in eterno ».4 Il Figlio di Dio, essendosi fatto carne, poteva diventare Pane, ed essere cosı̀ nutrimento del suo popolo, di noi che siamo in cammino in questo mondo, verso la terra promessa del Cielo. Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l’occasione propizia per attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi un dovere imposto dall’esterno, un peso sulle nostre spalle. Al contrario, partecipare alla Celebrazione domenicale, cibarsi del Pane eucaristico e sperimentare la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo è un bisogno per il cristiano, è una gioia, cosı̀ il cristiano può trovare l’energia necessaria per il 2 3 4 Dt 8, 15. Dt 8, 3. Gv 6, 58. Acta Benedicti Pp. XVI 787 cammino che dobbiamo percorrere ogni settimana. Un cammino, peraltro, non arbitrario: la strada che Dio ci indica nella sua Parola va nella direzione iscritta nell’essenza stessa dell’uomo. La Parola di Dio e la ragione vanno insieme. Seguire la Parola di Dio, andare con Cristo significa per l’uomo realizzare se stesso; smarrirla equivale a smarrire se stesso. Il Signore non ci lascia soli in questo cammino. Egli è con noi; anzi, Egli desidera condividere la nostra sorte fino ad immedesimarsi con noi. Nel colloquio che ci ha riferito poc’anzi il Vangelo Egli dice: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui ».5 Come non gioire di una tale promessa? Abbiamo sentito però che, a quel primo annuncio, la gente, invece di gioire, cominciò a discutere e a protestare: « Come può costui darci la sua carne da mangiare? ».6 Per la verità, quell’atteggiamento s’è ripetuto tante altre volte nel corso della storia. Si direbbe che, in fondo, la gente non voglia avere Dio cosı̀ vicino, cosı̀ alla mano, cosı̀ partecipe delle sue vicende. La gente lo vuole grande e, in definitiva anche noi spesso lo vogliamo un po’ lontano da noi. Si sollevano allora questioni che vogliono dimostrare, alla fine, che una simile vicinanza sarebbe impossibile. Ma restano in tutta la loro chiarezza le parole che Cristo pronunciò in quella circostanza: « In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita ».7 In verità abbiamo bisogno di un Dio vicino. Di fronte al mormorio di protesta, Gesù avrebbe potuto ripiegare su parole rassicuranti: « Amici, avrebbe potuto dire, non preoccupatevi! Ho parlato di carne, ma si tratta soltanto di un simbolo. Ciò che intendo è solo una profonda comunione di sentimenti ». Ma no, Gesù non ha fatto ricorso a simili addolcimenti. Ha mantenuto ferma la propria affermazione, tutto il suo realismo, anche di fronte alla defezione di molti suoi discepoli.8 Anzi, Egli si è dimostrato disposto ad accettare persino la defezione degli stessi suoi apostoli, pur di non mutare in nulla la concretezza del suo discorso: « Forse anche voi volete andarvene? »,9 ha domandato. Grazie a Dio Pietro ha dato una risposta che anche noi, oggi, con piena consapevolezza facciamo nostra: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna ».10 Abbiamo bisogno di un Dio vicino, di un Dio che si dà nelle nostre mani e che ci ama. Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. È una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per 5 6 7 8 9 10 Gv 6, 56. Ibid. 6, 52. Ibid. 6, 53. Cfr ibid. 6, 66. Ibid. 6, 67. Ibid. 6, 68. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 788 assimilarci a sé. Cristo ci attira a sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli e la comunione con il Signore è sempre anche comunione con le sorelle e con i fratelli. E vediamo la bellezza di questa comunione che la Santa Eucaristia ci dona. Qui tocchiamo un’ulteriore dimensione dell’Eucaristia, che vorrei ancora raccogliere prima di concludere. Il Cristo che incontriamo nel Sacramento è lo stesso qui a Bari come a Roma, qui in Europa come in America, in Africa, in Asia, in Oceania. È l’unico e medesimo Cristo che è presente nel Pane eucaristico di ogni luogo della terra. Questo significa che noi possiamo incontrarlo solo insieme con tutti gli altri. Possiamo riceverlo solo nell’unità. Non è forse questo che ci ha detto l’apostolo Paolo nella lettura ascoltata poc’anzi? Scrivendo ai Corinzi egli afferma: « Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane ».11 La conseguenza è chiara: non possiamo comunicare con il Signore, se non comunichiamo tra noi. Se vogliamo presentarci a Lui, dobbiamo anche muoverci per andare gli uni incontro agli altri. Per questo bisogna imparare la grande lezione del perdono: non lasciar lavorare nell’animo il tarlo del risentimento, ma aprire il cuore alla magnanimità dell’ascolto dell’altro, aprire il cuore alla comprensione nei suoi confronti, all’eventuale accettazione delle sue scuse, alla generosa offerta delle proprie. L’Eucaristia — ripetiamolo — è sacramento dell’unità. Ma purtroppo i cristiani sono divisi, proprio nel sacramento dell’unità. Tanto più dobbiamo, sostenuti dall’Eucaristia, sentirci stimolati a tendere con tutte le forze a quella piena unità che Cristo ha ardentemente auspicato nel Cenacolo. Proprio qui, a Bari, felice Bari, città che custodisce le ossa di San Nicola, terra di incontro e di dialogo con i fratelli cristiani dell’Oriente, vorrei ribadire la mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Sono cosciente che per questo non bastano le manifestazioni di buoni sentimenti. Occorrono gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell’ecumenismo.12 Chiedo a voi tutti di prendere con decisione la strada di quell’ecumenismo spirituale, che nella preghiera apre le porte allo Spirito Santo, che solo può creare l’unità. 11 1 Cor 10, 17. Cfr Messaggio alla Chiesa universale, Cappella Sistina, 20 aprile 2005: L’Osservatore Romano 21 aprile 2005, pag. 8. 12 Acta Benedicti Pp. XVI 789 Cari amici venuti a Bari da varie parti d’Italia per celebrare questo Congresso eucaristico, noi dobbiamo riscoprire la gioia della domenica cristiana. Dobbiamo riscoprire con fierezza il privilegio di partecipare all’Eucaristia, che è il sacramento del mondo rinnovato. La risurrezione di Cristo avvenne il primo giorno della settimana, che nella Scrittura è il giorno della creazione del mondo. Proprio per questo la domenica era considerata dalla primitiva comunità cristiana come il giorno in cui ha avuto inizio il mondo nuovo, quello in cui, con la vittoria di Cristo sulla morte, è iniziata la nuova creazione. Raccogliendosi intorno alla mensa eucaristica, la comunità veniva modellandosi come nuovo popolo di Dio. Sant’Ignazio di Antiochia qualificava i cristiani come « coloro che sono giunti alla nuova speranza », e li presentava come persone « viventi secondo la domenica ».13 In tale prospettiva il Vescovo antiocheno si domandava: « Come potremmo vivere senza di Lui, che anche i profeti hanno atteso? ».14 « Come potremmo vivere senza di Lui? ». Sentiamo echeggiare in queste parole di Sant’Ignazio l’affermazione dei martiri di Abitene: « Sine dominico non possumus ». Proprio di qui sgorga la nostra preghiera: che anche noi cristiani di oggi ritroviamo la consapevolezza della decisiva importanza della Celebrazione domenicale e sappiamo trarre dalla partecipazione all’Eucaristia lo slancio necessario per un nuovo impegno nell’annuncio al mondo di Cristo « nostra pace ».15 Amen! ALLOCUTIO Ad Nationum Legatos apud Sanctam Sedem.* Excellences, Mesdames et Messieurs, Je suis heureux de vous rencontrer aujourd’hui, à un peu moins d’un mois du début de mon service pastoral comme Successeur de Pierre. Je suis sensible aux paroles que vient de m’adresser, en votre nom, Son Excellence Monsieur le Professeur Giovanni Galassi, Doyen du Corps diplomatique près 13 Iuxta dominicam viventes. Ep. ad Magnesios, 9,1-2. 15 Ef 2, 14. —————— 14 * Die 12 Maii 2005. 790 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale le Saint-Siège, appréciant l’attention de tous les diplomates envers la mission que remplit l’Église dans le monde. Je présente à chacun de vous, ainsi qu’à vos collaborateurs, mes cordiales salutations et mes vœux les meilleurs, vous remerciant de vos attentions durant les grands événements que nous avons vécus au mois d’avril dernier et pour le travail que vous accomplissez quotidiennement. En m’adressant à vous, ma pensée va également aux pays dont vous êtes les Représentants et à leurs Dirigeants. Je pense aussi aux nations avec lesquelles le Saint-Siège n’entretient pas encore de relations diplomatiques. Certaines d’entre elles se sont associées aux célébrations à l’occasion de la mort de mon Prédécesseur et de mon élection sur le Siège de Pierre. Ayant apprécié de tels gestes, je désire aujourd’hui leur exprimer ma gratitude et adresser un salut déférent aux Autorités civiles de ces pays, formant le souhait de les voir au plus tôt représentés auprès du Siège apostolique. De ces pays, notamment de ceux dans lesquels les communautés catholiques sont nombreuses, me sont parvenus des messages que j’ai particulièrement appréciés. Je voudrais dire combien ces communautés et l’ensemble des peuples auxquels elles appartiennent me sont chers, les assurant tous qu’ils sont présents dans ma prière. En vous voyant, comment ne pas évoquer le long et fructueux ministère du bien-aimé Pape Jean-Paul II! Infatigable missionnaire de l’Évangile dans les nombreux pays qu’il a visités, il a aussi rendu un service unique à la cause de l’unité de la famille humaine. Il a montré le chemin vers Dieu, invitant tous les hommes de bonne volonté à raviver sans cesse leur conscience et à édifier une société de justice, de paix, de solidarité, dans la charité et le pardon mutuel. Il ne faut pas oublier non plus ses innombrables rencontres avec les Chefs d’État, les Chefs de Gouvernement et les Ambassadeurs, ici, au Vatican, au cours desquelles il s’est attaché à défendre la cause de la paix. Pour ma part, je viens d’un pays où la paix et la fraternité sont chères au cœur de tous les habitants, notamment pour ceux qui, comme moi, ont connu la guerre et la séparation entre frères appartenant à une même nation, en raison d’idéologies dévastatrices et inhumaines qui, sous couvert de rêves et d’illusion, faisaient peser sur les hommes le joug de l’oppression. Vous comprendrez donc que je sois particulièrement sensible au dialogue entre tous les hommes, pour dépasser toutes les formes de conflits et de tensions, et pour faire de notre terre une terre de paix et de fraternité. Tous ensemble, en conjuguant leurs efforts, les communautés chrétiennes, les Responsables des nations, les Diplomates et tous les hommes de bonne volonté, sont appelés à réaliser une société pacifique, pour vaincre la tentation d’affrontements entre des cultures, des ethnies Acta Benedicti Pp. XVI 791 et des mondes différents. Pour cela, chaque peuple doit puiser dans son patrimoine spirituel et culturel les meilleures valeurs dont il est porteur afin d’aller sans peur à la rencontre d’autrui, acceptant de partager ses richesses spirituelles et matérielles au bénéfice de tous. Afin de poursuivre en ce sens, l’Église ne cesse de proclamer et de défendre les droits humains fondamentaux, malheureusement encore violés en différentes parties de la terre, et elle œuvre afin que soient reconnus les droits de toute personne humaine à la vie, à la nourriture, à un toit, au travail, à l’assistance sanitaire, à la protection de la famille et à la promotion du développement social, dans le respect de la dignité de l’homme et de la femme, créés à l’image de Dieu. Soyez assurés que l’Église catholique continuera, dans le cadre et avec les moyens qui lui sont propres, à offrir sa collaboration pour la sauvegarde de la dignité de tout homme et le service du bien commun. Elle ne demande aucun privilège pour elle-même, mais uniquement les conditions légitimes de liberté et d’action à sa mission. Dans le concert des nations, elle souhaite toujours favoriser l’entente entre les peuples et la coopération fondées sur une attitude de loyauté, de discrétion et de cordialité. Enfin, je vous demande de renouveler à vos Gouvernements mes remerciements pour leur participation aux célébrations à l’occasion de la mort du Pape Jean-Paul II et de mon élection, ainsi que mes salutations respectueuses et cordiales, que j’accompagne d’une prière spéciale afin que Dieu vous comble vous-même et vos familles, ainsi que vos pays et tous ceux qui y résident, de l’abondance de ses Bénédictions. NUNTIUS Praesidi Latinoamericani Episcoporum Coetus. Al Señor Cardenal Francisco Javier Erráriz Ossa Arzobispo de Santiago de Chile Presidente del Consejo Episcopal Latinoamericano Hace cincuenta años mi venerado Predecesor Pı́o XII, acogiendo el deseo expresado por la Conferencia General de Obispos Latinoamericanos, reunidos en Rı́o de Janeiro del 25 de julio al 4 de agosto de 1955, instituı́a el Consejo Episcopal Latinoamericano (CELAM) con el objetivo de apoyar el trabajo pas- Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 792 toral de los Obispos y, al mismo tiempo, dar respuesta a alguno de los graves problemas de la Iglesia en Latinoamérica.1 En medio siglo de existencia el CELAM ha ofrecido su servicio a los Episcopados de los Paı́ses de América Latina, ayudando a afrontar en armonı́a de esfuerzos y con espı́ritu eclesial los desafı́os del subcontinente latinoamericano y empeñándose, dentro de la comunión episcopal, a dar vigor a lo que en el curso de los años se ha denominado « nueva evangelización ». Consciente de que Jesucristo es el centro de la fe católica y de que la finalidad de la nueva evangelización es ayudar a que cada persona encuentre a Cristo vivo, el CELAM ha animado intensamente la labor del episcopado latinoamericano para que dé testimonio de lo que significa ser fiel discı́pulo de Cristo y alimente la propia fe en la escucha de la palabra de Dios. Ya desde su fundación, el CELAM ha sido llamado a dar un particular apoyo a la promoción de las vocaciones, para que sean numerosas y santas. Mirando al futuro, el CELAM deberá seguir ofreciendo su importante contribución y decidido apoyo en este campo, para enseñar a descubrir los signos de la llamada y acompañar en la respuesta. Deseo recomendar igualmente a la reflexión del CELAM el cuidado de la pastoral de la familia, asediada en nuestros tiempos por graves desafı́os, representados por las diversas ideologı́as y costumbres que minan los fundamentos mismos del matrimonio y de la familia cristiana. Hay que poner un acento especial en la catequesis familiar y en la promoción de una positiva y correcta visión del matrimonio y de la moral conyugal, contribuyendo de esta forma a la formación de familias genuinamente cristianas, que brillen por la vivencia de los valores del Evangelio. Una familia cristiana, verdadera « iglesia doméstica », será también semillero de abundantes y santas vocaciones. En su objetivo de promover la colaboración entre los Obispos y de éstos con la Santa Sede, y de hacer crecer de este modo el « affectus collegialis »,2 el CELAM buscará incrementar el espı́ritu de comunión, de caridad mutua en la vida interna de la Iglesia. En el mismo ejercicio de la pastoral debe resplandecer esa unidad en la caridad entre los Pastores, entre éstos y las personas consagradas en la vida religiosa, y entre las mismas personas que viven su consagración dentro del carisma propio de su comunidad, todo ello teniendo presente el modelo de nuestro Salvador que vino al mundo no a ser servido sino a servir. Con el firme deseo de que esta conmemoración avive en los Obispos y en todas las Iglesias particulares de Latinoamérica un impulso evangelizador cada vez más vigoroso, y que la gracia del Señor siga haciendo muy fecunda 1 2 Cf. Carta apostólica Ad Ecclesiam Christi. Cf. Ecclesia in America, 33. Congregatio de Causis Sanctorum 793 vuestra labor pastoral, os encomiendo a Nuestra Señora de Guadalupe, Madre de América, y os imparto de corazón la Bendición Apostólica. Vaticano, 14 de Mayo de 2005. BENEDICTUS PP. XVI ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM RESCRIPTUM de initio Inquisitionis dioecesanae in Causa Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Ioannis Pauli II (Caroli Wojtyła), Summi Pontificis. Instante Em.mo ac Rev.mo Domino D. Camillo S.R.E. Cardinali Ruini, Vicario Generali Suae Sanctitatis pro Dioecesi Romana, Summus Pontifex Benedictus XVI, attentis peculiaribus expositis adiunctis, in audentia eidem Cardinali Vicario Generali die 28 mensis Aprilis huius anni 2005 concessa, dispensavit a tempore quinque annorum exspectationis post mortem Servi Dei Ioannis Pauli II (Caroli Wojtyła), Summi Pontificis, ita ut Causa Beatificationis et Canonizationis eiusdem Servi Dei statim incipi posset. Contrariis non obstantibus quibuslibet. Datum Romae, ex aedibus huius Congregationis de Causis Sanctorum, die 9 mensis Maii A.D. 2005. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Eduardus Nowak archiep. tit. Lunensis, a Secretis 794 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale CONGREGATIO PRO EPISCOPIS MONTISVIRGINIS ET ABELLINENSIS de abbatiae territorialis Montisvirginis necnon dioecesis Abellinensis finium mutatione. DECRETUM Montisvirginis venerabilis Abbatia, anno millesimo ducentesimo sexagesimo primo a Papa Alexandro IV erecta, imaginis Beatae Virginis Mariae praesentia necnon sancti patriarchae Benedicti carismate benedicta, amorem ac devotionem erga eandem Dei Matrem quibus eminet totam in Italiam inferiorem diffudit. Monachi Abbatiae Montisvirginis, praeter impensam religiosam vitam intra monasterii muros, in bonum fidelium propinquarum paroeciarum ministerium per saecula laudabiliter expleverunt. Attentis peculiaribus huius temporis adiunctis, ad hanc venerabilem monasticam institutionem proprio in suo spiritu tuendam atque ut monachi, quacumque alia sollicitudine ablata, ad augendam cum Deo intimam unionem et ad divinam laudem se integre dicare possint, Summus Pontifex Benedictus, Divina Providentia PP. XVI, eiusdem Abbatiae territorium noviter definiendum statuit. Quapropter, auditis Conferentiae Episcoporum Italiae Praeside atque Congregationis Benedictinae Sublacensis Abbate Praeside aliisque quorum interest, praehabito favorabili voto Congregationis pro Institutis vitae consecratae et Societatibus vitae apostolicae, Congregatio pro Episcopis praesenti Decreto, perinde valituro ac si Apostolicae sub plumbo Litterae datae forent, quae sequuntur mandat ac decernit: 5. territorium Abbatiae territorialis Montisvirginis posthac constituitur e Sanctuario Beatae Mariae Virginis ac coenobio ei annexo in monte vulgo « Partenio » positis, atque e domu abbatiali « di Loreto » eiusdem communitatis monasticae in municipio vulgo « Mercogliano » exstante; 6. ad Abbatiam territorialem Montisvirginis pertinebunt tantummodo sodales eiusdem domus monasticae (monachi, novitii atque postulantes); 7. dioecesi Abellinensi uniuntur Paroeciae civiliter nuncupatae « Annunziata e S. Guglielmo », « Maria Ss.ma Addolorata », « S. Modestino Vescovo », « Ss. Pietro e Paolo », « S. Nicola di Bari », et « S. Maria Assunta » in municipio Congregatio pro Episcopis 795 « Mercogliano »; « Ss. Filippo e Giacomo » in municipio « Ospedaletto d’Alpinolo »; « S. Giacomo Apostolo » in municipio « S. Angelo a Scala »; « S. Nicola di Bari » in municipio « Summonte ». Statuitur quoque ut, una cum territorio illarum paroeciarum, ecclesiae, oratoria, domus, piae fundationes et quaecumque alia ecclesiastica bona et iura ad easdem paroecias pertinentia praefatae dioecesi adnectantur; 8. simul ac Abbatiae territorialis Montisvirginis nova territorii definitio ad effectum deducta fuerit, dioecesani sacerdotes, clerici seminariique tirones dictae Abbatiae dioecesi Abellinensi incardinentur. Ad haec omnia perficienda idem Summus Pontifex Exc.mum P.D. Paulum Romeo, Archiepiscopum titulo Vulturiensem et in Italia Apostolicum Nuntium, deputavit, necessarias et opportunas eidem tribuens facultates, onere imposito ad Congregationem pro Episcopis authenticum exemplar actus peractae exsecutionis remittendi. Contrariis quibusvis minime obstantibus. Datum Romae, ex Aedibus Congregationis pro Episcopis, die xv mensis Maii anno 2005, in Sollemnitate Pentecostes. e Ioannes Baptista card. Re Praefectus L. e S. e Franciscus Monterisi a Secretis PROVISIO ECCLESIARUM Latis decretis a Congregatione pro Episcopis, Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI, per Apostolicas sub plumbo Litteras, iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit praesules: die 10 Maii 2005. — Cathedrali Ecclesiae Xinoteganae, R.D. Carolum Henricum Herrera Gutiérrez, O.F.M., hactenus in dioecesi Xinotegana parochum. — Titulari episcopali Ecclesiae Baianensi, R.D. Dionysium Iacobum Madden, e clero archidioecesis Baltimorensis, hactenus Secretarium genera- 796 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale lem adiunctum societatis dictae Catholic Near East Welfare Association in civitate Neo-Eboracensi, quem deputavit Auxiliarem archidioecesis Baltimorensis. die 11 Maii. — Titulari episcopali Ecclesiae Ablensi, R.D. Salvatorem Giménez Valls, e clero archidioecesis Valentinae, ibique Vicarium episcopalem, quem constituit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. — Cathedrali Ecclesiae Arassuahyensi, R.D. Severinum Clasen, O.F.M., hactenus paroeciae Sancti Francisci Assisiensis in archidioecesi Sancti Pauli in Brasilia parochum. die 12 Maii. — Titulari episcopali Ecclesiae Migirpensi, R.D. Iosephum J. Tyson, e clero archidioecesis Seattlensis, hactenus curionem paroeciae « Saints Edward, George and Paul Parishes » appellatae in oppido vulgo Seattle, quem deputavit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. — Titulari episcopali Ecclesiae Achollitanae, R.D. Eusebium Elizondo, M.Sp.S., hactenus curionem paroeciae « Saint Elizabeth Ann Seton Parish » appellatae in oppido vulgo Bothell, quem deputavit Auxiliarem archidioecesis Seattlensis. die 13 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Riviascianensi Exc.mum P.D. Hectorem Salah Zuleta, hactenus Episcopum dioecesis Girardotanensis. die 14 Maii. — Archiepiscopali Ecclesiae Sancti Angeli de LombardisCompsanae-Nuscanae-Bisaciensi, R.D. Franciscum Alfano, e clero dioecesis Nucerinae Paganorum-Sarnensis, hactenus parochum ac pro Clero Vicarium episcopalem. die 14 Maii 2005. — Cathedrali Ecclesiae Uritanae R.D. Michaëlem Castoro, hactenus Officii Congregationis pro Episcopis Praepositum. die 17 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Honoluluensi, R.D. Clarentium Silva, e clero dioecesis Quercopolitanae, ibique Vicarium generalem. — Episcopum Coadiutorem Arcis Vorthensis, R.D. Coëmgenum W. Vann, e clero Campifontis in Illinois, hactenus Vicarium episcopalem pro Clero eiusdem dioecesis et curionem paroeciae Sancti Sacramenti in oppido vulgo Springfield. die 18 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Roraimensi R.D. Rochum Paloschi, hactenus paroeciae vulgo Nossa Senhora da Luz, in dioecesi Bagensi, parochum. Congregatio pro Episcopis 797 — Cathedrali Ecclesiae Sobralensi Exc.mum P.D. Ferdinandum Antonium Saburido, O.S.B., hactenus Episcopum titularem Taciamontanensem et Auxiliarem archidioecesis Olindensis et Recifensis. die 19 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Giennensi Exc.mum P.D. Raimundum del Hoyo López, hactenus Episcopum Conchensem. die 21 Maii. — Titulari episcopali Ecclesiae Oboritanae R.D. Ioannem Iosephum Pineda Fasquelle, C.M.F., hactenus Seminarii Tegucigalpensis professorem et Archiepiscopi Tegucigalpensis Secretarium, quem constituit Auxiliarem archidioecesis Tegucigalpensis. die 23 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Galviensi et Duacensi Exc.mum P.D. Martinum Drennan, hactenus Episcopum titularem Aquaeregiensem et Auxiliarem archidioecesis Dublinensis. die 24 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Carthaginensi in Costa Rica, noviter erectae, Exc.mum P.D. Iosephum Franciscum Ulloa Rojas, hactenus Epscopum Limonensem. — Cathedrali Ecclesiae Northantoniensi R.D. Petrum Doyle, e clero dioecesis Portus Magni, hactenus Vicarium generalem eiusdem dioecesis. — Cathedrali Ecclesiae Campitemplensi R.D. Elmarum Fischer, e clero Campitemplensi, olim eiusdem dioecesis Vicarium generalem. die 25 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Piracicabensi, Exc.mum P.D. Ferdinandum Mason, O.F.M.Conv., hactenus Episcopum Caraguatatubensem. — Cathedrali Ecclesiae Itapipocanae P.D. Antonium Robertum Cavuto, O.F.M.Cap., hactenus parochum et communitatis « Sancti Sebastiani » Superiorem, in dioecesi Fertiliensi. die 31 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Portus Argentarii R.D. Iulium Caesarem Corniel Amaro, e clero dioecesis Sancti Francisci de Macoris, Directorem pro pastorali sociali actione eiusdem dioecesis et professorem Seminarii « Santo Tomás de Aquino » archidioecesis Sancti Dominici. 798 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale DIARIUM ROMANAE CURIAE Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza Ufficiale per la presentazione delle Lettere Credenziali: Giovedı̀ 19 maggio, S.E. il Signor Bartolomej Kajtazi, Ambasciatore della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia. Ha, altresı̀ ricevuto in Udienza: Giovedı̀ 12 maggio, gli Ecc.mi Ambasciatori del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Lunedı̀ 23 maggio, S.E. il Signor Georgi Parvanov, Presidente della Repubblica di Bulgaria. Lunedı̀ 23 maggio, S.E. il Signor Vlado Buchkovski, Primo Ministro della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia. SEGRETERIA DI STATO DECRETO Sono affidati alla Libreria Editrice Vaticana, quale Istituzione collegata alla Santa Sede, l’esercizio e la tutela, in perpetuo e per tutto il mondo, di tutti i diritti morali d’autore e di tutti i diritti esclusivi di utilizzazione economica, nessuno escluso od eccettuato, sopra tutti gli atti e i documenti attraverso i quali il Sommo Pontefice esercita il proprio Magistero. Nell’assolvimento di tale incarico, la Libreria Editrice Vaticana, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, agisce nel nome e nell’interesse della Santa Sede, con il potere di compiere qualsiasi atto di disposizione dei diritti medesimi, di adire le vie legali e giudiziarie, di proporre qualsiasi azione volta alla piena protezione ed alla realizzazione dei diritti Diarium Romanae Curiae 799 stessi, di resistere a qualsiasi pretesa o domanda di terzi, in conformità alle norme dei trattati e delle convenzioni internazionali cui ha aderito anche la Santa Sede. Dal Vaticano, 13 maggio 2005. e Angelus card. Sodano Segretario di Stato COMUNICATO Si rende noto che il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha affidato alla Libreria Editrice Vaticana l’esercizio e la tutela di tutti i diritti d’autore e di tutti i diritti esclusivi di utilizzazione economica degli atti, delle opere e degli scritti redatti dallo stesso Pontefice prima della sua elevazione alla Cattedra di Pietro. Senza pregiudizio dei diritti acquisiti da terzi in forza di contratti già conclusi con l’Autore, d’ora innanzi sono pure affidati alla Libreria Editrice Vaticana l’esercizio e la tutela dei diritti d’autore relativi ai contratti stessi tuttora in corso di esecuzione. Dal Vaticano, 13 maggio 2005. e Angelus card. Sodano Segretario di Stato NOMINE Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato: 9 maggio 2005 » » » Gli Em.mi Signori Cardinali Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, e Jean-Louis Tauran, Archivista e Bibliotecario di S.R.C., Membri dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica « ad quinquennium ». I rev.di: mons. Mario Pangallo; p. Sabatino Majorano, C.SS.R.; p. Maurizio Pietro Faggioni, O.F.M; mons. Erich Schmid; p. Sergio Pagano, B.; p. Fidel González Fernández, M.C.C.I.; mons. Rolando Zera, Consultori della Congregazione delle Cause dei Santi « in aliud quinquennium ». Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 800 13 maggio 2005 16 » » 23 » » 31 » » 3 giugno » » » » S.E. Mons. William Joseph Levada, Arcivescovo di San Francisco (U.S.A.), Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede « ad quinquennium ». S.E.R. il Signor Card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Membro della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano « ad quinquennium ». Il rev.do mons. Sandro Corradini, Promotore della Fede presso la Congregazione delle Cause dei Santi « in aliud quinquennium ». S.E. Mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arcivescovo titolare di Tuscania, Arciprete della Basilica Pontificia di San Paolo fuori le Mura « ad quinquennium ». Gli Em.mi Signori Cardinali: Julius Riyadi Darmaatmadja, Arcivescovo di Jakarta; Emmanuel Wamala, Arcivescovo di Rampala; Vinko Puljic, Arcivescovo di Vrhbosna, Membri della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli « in aliud quinquennium ». S.E. Mons. Wiktor Skworc, Vescovo di Tarnów (Polonia), Membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli « ad quinquennium ». NECROLOGIO 10 maggio 2005 » » » 13 » » 16 » » 25 » » 26 » » 1 3 giugno » 2005 » Mons. Héctor Henrique Santos Hernández, S.D.B., Arcivescovo em. di Tegucigalpa (Honduras). Mons. Manuel Talamás Camandari, Vescovo em. di Ciudad Juárez (Messico). Mons. Próspero Penados del Barrio, Arcivescovo em. di Guatemala (Guatemala). Mons. Cornelio G. Wigwigan, Vescovo tit. di Vagrauta, Vicario Apostolico di Bontoc-Lagawe (Filippine). Mons. Marian Oleś, Vescovo tit. di Raziaria, Nunzio Apostolico. Mons. Brian David Usanga, Arcivescovo em. di Calabar (Nigeria). Mons. Thomas Kozhimala, Vescovo di Bhagalpur (India). Mons. Andrea Pangrazio, Arcivescovo-Vescovo em. di PortoSanta Rufina (Italia).