An. et vol. CI 3 Iulii 2009 N. 7 ACTA APOSTOLICAE SEDIS COMMENTARIUM OFFICIALE Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA BENEDICTI PP. XVI LITTERAE APOSTOLICAE Ad Presbyteros Ecclesiae Catholicae. Cari fratelli nel Sacerdozio, nella prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, venerdı̀ 19 giugno 2009 — giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione del clero —, ho pensato di indire ufficialmente un « Anno Sacerdotale » in occasione del 150o anniversario del « dies natalis » di Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono di tutti i parroci del mondo.1 Tale anno, che vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi, si concluderà nella stessa solennità del 2010. « Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù », soleva dire il Santo Curato d’Ars.2 Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità. Penso a tutti quei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l’umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza. Come non sottolineare le loro fatiche apostoliche, il loro servizio infaticabile e nascosto, la loro carità tendenzialmente universa1 Tale lo ha proclamato il Sommo Pontefice Pio XI nel 1929. « Le Sacerdoce, c’est l’amour du cœur de Jésus » (in Le curé d’Ars. Sa pensée – Son Cœur. Présentés par l’Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 98). In seguito: Nodet L’espressione è citata anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1589. 2 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 570 le? E che dire della fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di « amici di Cristo », da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati? Io stesso porto ancora nel cuore il ricordo del primo parroco accanto al quale esercitai il mio ministero di giovane prete: egli mi lasciò l’esempio di una dedizione senza riserve al proprio servizio pastorale, fino a trovare la morte nell’atto stesso in cui portava il viatico a un malato grave. Tornano poi alla mia memoria gli innumerevoli confratelli che ho incontrato e che continuo ad incontrare, anche durante i miei viaggi pastorali nelle diverse nazioni, generosamente impegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdotale. Ma l’espressione usata dal Santo Curato evoca anche la trafittura del Cuore di Cristo e la corona di spine che lo avvolge. Il pensiero va, di conseguenza, alle innumerevoli situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi dell’esperienza umana del dolore nella molteplicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero: come non ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue? Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la sua gente: « Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina ».3 Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana: « Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia... ».4 E spiegando ai suoi fedeli l’importanza dei 3 4 Nodet, p. 101. Ibid., p. 97. Acta Benedicti Pp. XVI 571 sacramenti diceva: « Tolto il sacramento dell’Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest’anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo ».5 Queste affermazioni, nate dal cuore sacerdotale del santo parroco, possono apparire eccessive. In esse, tuttavia, si rivela l’altissima considerazione in cui egli teneva il sacramento del sacerdozio. Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità: « Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi ».6 Era giunto ad Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti, preavvertito dal Vescovo che avrebbe trovato una situazione religiosamente precaria: « Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete ». Era, di conseguenza, pienamente consapevole che doveva andarvi ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica: « [Mio Dio], accordatemi la conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tutto il tempo della mia vita! », fu con questa preghiera che iniziò la sua missione.7 Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato si dedicò con tutte le sue energie, ponendo in cima ad ogni suo pensiero la formazione cristiana del popolo a lui affidato. Cari fratelli nel Sacerdozio, chiediamo al Signore Gesù la grazia di poter apprendere anche noi il metodo pastorale di san Giovanni Maria Vianney! Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare è la sua totale identificazione col proprio ministero. In Gesù, Persona e Missione tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo « Io filiale » che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padre in 5 6 7 Ibid., pp. 98-99. Ibid., pp. 98-100. Ibid., 183. 572 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Con umile ma vera analogia, anche il sacerdote deve anelare a questa identificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro. Il Curato d’Ars iniziò subito quest’umile e paziente lavoro di armonizzazione tra la sua vita di ministro e la santità del ministero a lui affidato, decidendo di « abitare » perfino materialmente nella sua chiesa parrocchiale: « Appena arrivato egli scelse la chiesa a sua dimora... Entrava in chiesa prima dell’aurora e non ne usciva che dopo l’Angelus della sera. Là si doveva cercarlo quando si aveva bisogno di lui », si legge nella prima biografia.8 L’esagerazione devota del pio agiografo non deve farci trascurare il fatto che il Santo Curato seppe anche « abitare » attivamente in tutto il territorio della sua parrocchia: visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva ed amministrava denaro per le sue opere caritative e missionarie; abbelliva la sua chiesa e la dotava di arredi sacri; si occupava delle orfanelle della « Providence » (un istituto da lui fondato) e delle loro educatrici; si interessava dell’istruzione dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui. Il suo esempio mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale9 e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si trovano « per condurre tutti all’unità della carità, “amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza” Rm 12, 10 ».10 È da ricordare, in questo contesto, il caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano ii incoraggia i presbiteri a « riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa... Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i segni dei tempi ».11 Ai suoi parrocchiani il Santo Curato insegnava soprattutto con la testimonianza della vita. Dal suo esempio i fedeli imparavano a pregare, sostando 8 Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. I, ed. Marietti, Torino 1870, p. 122. 9 Cfr. Lumen gentium, 10. 10 Presbyterorum ordinis, 9. 11 Ibid. Acta Benedicti Pp. XVI 573 volentieri davanti al tabernacolo per una visita a Gesù Eucaristia.12 « Non c’è bisogno di parlar molto per ben pregare — spiegava loro il Curato —. Si sa che Gesù è là, nel santo tabernacolo: apriamogli il nostro cuore, rallegriamoci della sua santa presenza. È questa la migliore preghiera ».13 Ed esortava: « Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui... ».14 « È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno! ».15 Tale educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunione acquistava un’efficacia particolarissima, quando i fedeli lo vedevano celebrare il Santo Sacrificio della Messa. Chi vi assisteva diceva che « non era possibile trovare una figura che meglio esprimesse l’adorazione... Contemplava l’Ostia amorosamente ».16 « Tutte le buone opere riunite non equivalgono al sacrificio della Messa, perché quelle sono opere di uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio »,17 diceva. Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della vita di un prete: « La causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria! ».18 Ed aveva preso l’abitudine di offrire sempre, celebrando, anche il sacrificio della propria vita: « Come fa bene un prete ad offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine! ».19 Questa immedesimazione personale al Sacrificio della Croce lo conduceva — con un solo movimento interiore — dall’altare al confessionale. I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento. Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe cosı̀ dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo 12 « La contemplazione è sguardo di fede fissato su Gesù. “Io lo guardo ed egli mi guarda”, diceva, al suo santo Curato, il contadino d’Ars in preghiera davanti al Tabernacolo » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2715). 13 Nodet, p. 85. 14 Ibid., p. 114. 15 Ibid., p. 119. 16 Monnin A., o.c., II, pp. 430ss. 17 Nodet, p. 105. 18 Ibid., p. 105. 19 Ibid., p. 104. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 574 fece sı̀ che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata « il grande ospedale delle anime ».20 « La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sı̀ forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua! », dice il primo biografo.21 Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: « Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui ».22 « Questo buon Salvatore è cosı̀ colmo d’amore che ci cerca dappertutto ».23 Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: « Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita ».24 Dal Santo Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del « dialogo di salvezza » che in esso si deve svolgere. Il Curato d’Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l’incoraggiamento ad immergersi nel « torrente della divina misericordia » che trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava il segreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: « Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci! ».25 A chi, invece, si accusava in maniera tiepida e quasi indifferente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evidenza di quanto quell’atteggiamento fosse « abominevole »: « Piango perché voi non piangete »,26 diceva. « Se almeno il Signore non fosse cosı̀ buono! Ma è cosı̀ buono! Bisogna essere barbari a comportarsi cosı̀ davanti a un Padre cosı̀ 20 21 22 23 24 25 26 Monnin A., o.c., II, p. 293. Ibid., II, p. 10. Nodet, p. 128. Ibid., p. 50. Ibid., p. 131. Ibid., p. 130. Ibid., p. 27. Acta Benedicti Pp. XVI 575 buono! ».27 Faceva nascere il pentimento nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza di Dio per i peccati quasi « incarnata » nel volto del prete che li confessava. A chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell’amore, spiegando l’indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza: « Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... Com’è bello! ».28 E insegnava loro a pregare: « Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami ».29 Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell’Amore: Deus caritas est. 1 Gv 4, 8; con la Parola e con i Sacramenti del suo Gesù, Giovanni Maria Vianney sapeva edificare il suo popolo, anche se spesso fremeva convinto della sua personale inadeguatezza, al punto da desiderare più volte di sottrarsi alle responsabilità del ministero parrocchiale di cui si sentiva indegno. Tuttavia con esemplare obbedienza restò sempre al suo posto, perché lo divorava la passione apostolica per la salvezza delle anime. Cercava di aderire totalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesi severa: « La grande sventura per noi parroci — deplorava il Santo — è che l’anima si intorpidisce »,30 ed intendeva con questo un pericoloso assuefarsi del pastore allo stato di peccato o di indifferenza in cui vivono tante sue pecorelle. Egli teneva a freno il corpo, con veglie e digiuni, per evitare che opponesse resistenze alla sua anima sacerdotale. E non rifuggiva dal mortificare se stesso a bene delle anime che gli erano affidate e per contribuire all’espiazione dei tanti peccati ascoltati in confessione. Spiegava ad un confratello sacerdote: « Vi dirò qual è la mia ricetta: dò ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto ».31 Al di là delle concrete penitenze a cui il Curato d’Ars si sottoponeva, resta comunque valido per tutti il nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al « caro prezzo » della redenzione. Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d’Ars, occorre che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza 27 28 29 30 31 Ibid., Ibid., Ibid., Ibid., Ibid., p. p. p. p. p. 139. 28. 77. 102. 189. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 576 evangelica. Ha giustamente osservato Paolo VI: « L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni ».32 Perché non nasca un vuoto esistenziale in noi e non sia compromessa l’efficacia del nostro ministero, occorre che ci interroghiamo sempre di nuovo: « Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al punto che essa realmente dia un’impronta alla nostra vita e formi il nostro pensiero? ».33 Come Gesù chiamò i Dodici perché stessero con Lui (cfr. Mc 3, 14) e solo dopo li mandò a predicare, cosı̀ anche ai giorni nostri i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel « nuovo stile di vita » che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli.34 Fu proprio l’adesione senza riserve a questo « nuovo stile di vita » che caratterizzò l’impegno ministeriale del Curato d’Ars. Il Papa Giovanni XXIII nella Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia, pubblicata nel 1959, primo centenario della morte di san Giovanni Maria Vianney, ne presentava la fisionomia ascetica con particolare riferimento al tema dei « tre consigli evangelici », giudicati necessari anche per i presbiteri: « Se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana ».35 Il Curato d’Ars seppe vivere i « consigli evangelici » nelle modalità adatte alla sua condizione di presbitero. La sua povertà, infatti, non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quella richiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che i pellegrini più facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue opere di carità), egli sapeva che tutto era donato alla sua chiesa, ai suoi poveri, ai suoi orfanelli, alle ragazze della sua « Providence »,36 alle sue famiglie più disagiate. Perciò egli « era ricco per dare agli altri ed era molto povero per se stesso ».37 Spiegava: « Il mio segreto è semplice: dare tutto e non conservare niente ».38 Quando si trovava con le mani vuote, ai poveri 32 Evangelii nuntiandi, 41. Benedetto XVI, Omelia nella Messa del S. Crisma, 9-4-2009. 34 Cfr. Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea plenaria della Congregazione del Clero, 16-3-2009. 35 P.I. 36 Nome che diede alla casa dove fece accogliere e educare più di 60 ragazze abbandonate. Per mantenerla era disposto a tutto: “J’ai fait tous les commerces imaginables”, diceva sorridendo (Nodet, p. 214). 37 Nodet, p. 216. 38 Ibid., p. 215. 33 Acta Benedicti Pp. XVI 577 che si rivolgevano a lui diceva contento: « Oggi sono povero come voi, sono uno dei vostri ».39 Cosı̀, alla fine della vita, poté affermare con assoluta serenità: « Non ho più niente. Il buon Dio ora può chiamarmi quando vuole! ».40 Anche la sua castità era quella richiesta a un prete per il suo ministero. Si può dire che era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che « la castità brillava nel suo sguardo », e i fedeli se ne accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamorato.41 Anche l’obbedienza di san Giovanni Maria Vianney fu tutta incarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suo ministero. È noto quanto egli fosse tormentato dal pensiero della propria inadeguatezza al ministero parrocchiale e dal desiderio di fuggire « a piangere la sua povera vita, in solitudine ».42 Solo l’obbedienza e la passione per le anime riuscivano a convincerlo a restare al suo posto. A se stesso e ai suoi fedeli spiegava: « Non ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n’è una sola: servirlo come lui vuole essere servito ».43 La regola d’oro per una vita obbediente gli sembrava questa: « Fare solo ciò che può essere offerto al buon Dio ».44 Nel contesto della spiritualità alimentata dalla pratica dei consigli evangelici, mi è caro rivolgere ai sacerdoti, in quest’Anno a loro dedicato, un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità. « Lo Spirito nei suoi doni è multiforme... Egli soffia dove vuole. Lo fa in modo inaspettato, in luoghi inaspettati e in forme prima non immaginate... ma ci dimostra anche che Egli opera in vista dell’unico Corpo e nell’unità dell’unico Corpo ».45 A questo proposito, vale l’indicazione del Decreto Presbyterorum ordinis: « Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, (i presbiteri) devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza ».46 Tali doni che spingono non pochi a una vita spirituale più elevata, possono giovare non 39 40 41 42 43 44 45 46 Ibid., p. 216. Ibid., p. 214. Cfr. Ibid., p. 112. Cfr. Ibid., pp. 82-84; 102-103. Ibid., p. 75. Ibid., p. 76. Benedetto XVI, Omelia nella Veglia di Pentecoste, 3-6-2006. N. 9. 578 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale solo per i fedeli laici ma per gli stessi ministri. Dalla comunione tra ministri ordinati e carismi, infatti, può scaturire « un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo ».47 Vorrei inoltre aggiungere, sulla scorta dell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis del Papa Giovanni Paolo II, che il ministero ordinato ha una radicale « forma comunitaria » e può essere assolto solo nella comunione dei presbiteri con il loro Vescovo.48 Occorre che questa comunione fra i sacerdoti e col proprio Vescovo, basata sul sacramento dell’Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva.49 Solo cosı̀ i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo. L’Anno Paolino che volge al termine orienta il nostro pensiero anche verso l’Apostolo delle genti, nel quale rifulge davanti ai nostri occhi uno splendido modello di sacerdote, totalmente « donato » al suo ministero. « L’amore del Cristo ci possiede — egli scriveva — e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti 2 Cor 5, 14 ». Ed aggiungeva: « Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro 2 Cor 5, 15 ». Quale programma migliore potrebbe essere proposto ad un sacerdote impegnato ad avanzare sulla strada della perfezione cristiana? Cari sacerdoti, la celebrazione del 150o anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney (1859) segue immediatamente le celebrazioni appena concluse del 150o anniversario delle apparizioni di Lourdes (1858). Già nel 1959 il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: « Poco prima che il Curato d’Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine Immacolata era apparsa, in un’altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura, per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l’immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un’illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l’Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua 47 Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari e della Comunità di Sant’Egidio, 8-2-2007. 48 Cfr. n. 17. 49 Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 74. Acta Benedicti Pp. XVI 579 parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854 ».50 Il Santo Curato ricordava sempre ai suoi fedeli che « Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre ».51 Alla Vergine Santissima affido questo Anno Sacerdotale, chiedendole di suscitare nell’animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo ed alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l’azione del Santo Curato d’Ars. Con la sua fervente vita di preghiera e il suo appassionato amore a Gesù crocifisso Giovanni Maria Vianney alimentò la sua quotidiana donazione senza riserve a Dio e alla Chiesa. Possa il suo esempio suscitare nei sacerdoti quella testimonianza di unità con il Vescovo, tra loro e con i laici che è, oggi come sempre, tanto necessaria. Nonostante il male che vi è nel mondo, risuona sempre attuale la parola di Cristo ai suoi Apostoli nel Cenacolo: « Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo » (Gv 16, 33). La fede nel Maestro divino ci dà la forza per guardare con fiducia al futuro. Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace! Con la mia benedizione. Dal Vaticano, 16 giugno 2009. BENEDICTUS PP. XVI 50 51 Lettera enc. Sacerdotii nostri primordia, P. III. Nodet, p. 244. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 580 HOMILIAE I In sollemnitate Corporis et Sanguinis Domini.* Cari fratelli e sorelle, « Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue ». Queste parole che Gesù pronunciò nell’Ultima Cena, vengono ripetute ogni volta che si rinnova il Sacrificio eucaristico. Le abbiamo ascoltate poco fa nel Vangelo di Marco e risuonano con singolare potenza evocativa quest’oggi, solennità del Corpus Domini. Esse ci conducono idealmente nel Cenacolo, ci fanno rivivere il clima spirituale di quella notte quando, celebrando la Pasqua con i suoi, il Signore nel mistero anticipò il sacrificio che si sarebbe consumato il giorno dopo sulla croce. L’istituzione dell’Eucaristia ci appare cosı̀ come anticipazione e accettazione da parte di Gesù della sua morte. Scrive in proposito sant’Efrem Siro: Durante la cena Gesù immolò se stesso; sulla croce Egli fu immolato dagli altri.1 « Questo è il mio sangue ». Chiaro è qui il riferimento al linguaggio sacrificale di Israele. Gesù presenta se stesso come il vero e definitivo sacrificio, nel quale si realizza l’espiazione dei peccati che, nei riti dell’Antico Testamento, non era mai stata totalmente compiuta. A questa espressione ne seguono altre due molto significative. Innanzitutto, Gesù Cristo dice che il suo sangue « è versato per molti » con un comprensibile riferimento ai canti del Servo di Dio, che si trovano nel libro di Isaia.2 Con l’aggiunta — « sangue dell’alleanza » —, Gesù rende inoltre manifesto che, grazie alla sua morte, si realizza la profezia della nuova alleanza fondata sulla fedeltà e sull’amore infinito del Figlio fattosi uomo, un’alleanza perciò più forte di tutti i peccati dell’umanità. L’antica alleanza era stata sancita sul Sinai con un rito sacrificale di animali, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, e il popolo eletto, liberato dalla schiavitù dell’Egitto, aveva promesso di eseguire tutti i comandamenti dati dal Signore.3 In verità, Israele sin da subito, con la costruzione del vitello d’oro, si mostrò incapace di mantenersi fedele a questa promessa e cosı̀ al patto inter* Die 11 Iunii 2009. 1 2 3 Cfr. Inno sulla crocifissione 3, 1. Cfr. cap. 53. Cfr. Es 24, 3. Acta Benedicti Pp. XVI 581 venuto, che anzi in seguito trasgredı̀ molto spesso, adattando al suo cuore di pietra la Legge che avrebbe dovuto insegnargli la via della vita. Il Signore però non venne meno alla sua promessa e, attraverso i profeti, si preoccupò di richiamare la dimensione interiore dell’alleanza, ed annunciò che ne avrebbe scritta una nuova nei cuori dei suoi fedeli,4 trasformandoli con il dono dello Spirito.5 E fu durante l’Ultima Cena che strinse con i discepoli e con l’umanità questa nuova alleanza, confermandola non con sacrifici di animali come avveniva in passato, bensı̀ con il suo sangue, divenuto « sangue della nuova alleanza ». La fondò quindi sulla propria obbedienza, più forte, come ho detto, di tutti i nostri peccati. Questo viene ben evidenziato nella seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, dove l’autore sacro dichiara che Gesù è « mediatore di una alleanza nuova ».6 Lo è diventato grazie al suo sangue o, più esattamente, grazie al dono di se stesso, che dà pieno valore allo spargimento del suo sangue. Sulla croce, Gesù è al tempo stesso vittima e sacerdote: vittima degna di Dio perché senza macchia, e sommo sacerdote che offre se stesso, sotto l’impulso dello Spirito Santo, ed intercede per l’intera umanità. La Croce è pertanto mistero di amore e di salvezza, che ci purifica — come dice la Lettera agli Ebrei — dalle « opere morte », cioè dai peccati, e ci santifica scolpendo l’alleanza nuova nel nostro cuore; l’Eucaristia, rendendo presente il sacrificio della Croce, ci rende capaci di vivere fedelmente la comunione con Dio. Cari fratelli e sorelle — che saluto tutti con affetto ad iniziare dal Cardinale Vicario e dagli altri Cardinali e Vescovi presenti — come il popolo eletto riunito nell’assemblea del Sinai, anche noi questa sera vogliamo ribadire la nostra fedeltà al Signore. Qualche giorno fa, aprendo l’annuale convegno diocesano, ho richiamato l’importanza di restare, come Chiesa, in ascolto della Parola di Dio nella preghiera e scrutando le Scritture, specialmente con la pratica della lectio divina, cioè della lettura meditata e adorante della Bibbia. So che tante iniziative sono state promosse al riguardo nelle parrocchie, nei seminari, nelle comunità religiose, all’interno delle confraternite, delle associazioni e dei movimenti apostolici, che arricchiscono la nostra comunità diocesana. Ai membri di questi molteplici organismi ecclesiali rivolgo il mio fraterno saluto. La vostra numerosa presenza a questa celebrazione, cari amici, pone in luce che la nostra comunità, caratterizzata da una pluralità di culture e di esperienze diverse, Dio la plasma come « suo » popolo, come 4 5 6 Cfr. Ger 31, 33. Cfr. Ez 36, 25-27. 9, 15. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 582 l’unico Corpo di Cristo, grazie alla nostra sincera partecipazione alla duplice mensa della Parola e dell’Eucaristia. Nutriti di Cristo, noi, suoi discepoli, riceviamo la missione di essere « l’anima » di questa nostra città7 fermento di rinnovamento, pane « spezzato » per tutti, soprattutto per coloro che versano in situazioni di disagio, di povertà e di sofferenza fisica e spirituale. Diventiamo testimoni del suo amore. Mi rivolgo particolarmente a voi, cari sacerdoti, che Cristo ha scelto perché insieme a Lui possiate vivere la vostra vita quale sacrificio di lode per la salvezza del mondo. Solo dall’unione con Gesù potete trarre quella fecondità spirituale che è generatrice di speranza nel vostro ministero pastorale. Ricorda san Leone Magno che « la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende a nient’altro che a diventare ciò che riceviamo ».8 Se questo è vero per ogni cristiano, lo è a maggior ragione per noi sacerdoti. Divenire Eucaristia! Sia proprio questo il nostro costante desiderio e impegno, perché all’offerta del corpo e del sangue del Signore che facciamo sull’altare, si accompagni il sacrificio della nostra esistenza. Ogni giorno, attingiamo dal Corpo e Sangue del Signore quell’amore libero e puro che ci rende degni ministri del Cristo e testimoni della sua gioia. È ciò che i fedeli attendono dal sacerdote: l’esempio cioè di una autentica devozione per l’Eucaristia; amano vederlo trascorrere lunghe pause di silenzio e di adorazione dinanzi a Gesù come faceva il santo Curato d’Ars, che ricorderemo in modo particolare durante l’ormai imminente Anno Sacerdotale. San Giovanni Maria Vianney amava dire ai suoi parrocchiani: « Venite alla comunione... È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno ».9 Con la consapevolezza di essere inadeguati a causa dei peccati, ma bisognosi di nutrirci dell’amore che il Signore ci offre nel sacramento eucaristico, rinnoviamo questa sera la nostra fede nella reale presenza di Cristo nell’Eucaristia. Non bisogna dare per scontata questa fede! C’è oggi il rischio di una secolarizzazione strisciante anche all’interno della Chiesa, che può tradursi in un culto eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni prive di quella partecipazione del cuore che si esprime in venerazione e rispetto per la liturgia. È sempre forte la tentazione di ridurre la preghiera a momenti superficiali e frettolosi, lasciandosi sopraffare dalle attività e dalle preoccupazioni terrene. Quando tra poco ripeteremo il Padre Nostro, la preghiera per eccellenza, diremo: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano », pensando naturalmente al 7 8 9 Cfr. Lettera a Diogneto, 6: ed. Funk, I, p. 400; vedi anche LG 38. Sermo 12, De Passione 3, 7, PL 54. Bernard Nodet, Le curé d’Ars. Sa pensée-Son cœur, éd Xavier Mappus, Paris 1995, p. 119. Acta Benedicti Pp. XVI 583 pane d’ogni giorno per noi e per tutti gli uomini. Questa domanda, però, contiene qualcosa di più profondo. Il termine greco epioúsios, che traduciamo con « quotidiano », potrebbe alludere anche al pane « sopra-sostanziale », al pane « del mondo a venire ». Alcuni Padri della Chiesa hanno visto qui un riferimento all’Eucaristia, il pane della vita eterna, del nuovo mondo, che ci è dato già oggi nella Santa Messa, affinché sin da ora il mondo futuro abbia inizio in noi. Con l’Eucaristia dunque il cielo viene sulla terra, il domani di Dio si cala nel presente e il tempo è come abbracciato dall’eternità divina. Cari fratelli e sorelle, come ogni anno, al termine della Santa Messa, si snoderà la tradizionale processione eucaristica ed eleveremo, con le preghiere e i canti, una corale implorazione al Signore presente nell’ostia consacrata. Gli diremo a nome dell’intera Città: Resta con noi Gesù, facci dono di te e dacci il pane che ci nutre per la vita eterna! Libera questo mondo dal veleno del male, della violenza e dell’odio che inquina le coscienze, purificalo con la potenza del tuo amore misericordioso. E tu, Maria, che sei stata donna « eucaristica » in tutta la tua vita, aiutaci a camminare uniti verso la meta celeste, nutriti dal Corpo e dal Sangue di Cristo, pane di vita eterna e farmaco dell’immortalità divina. Amen! II In secundis Vesperis Sollemnitatis Sacratissimi Cordis Iesu.* Cari fratelli e sorelle, Nell’antifona al Magnificat tra poco canteremo: « Il Signore ci ha accolti nel suo cuore — Suscepit nos Dominus in sinum et cor suum ». Nell’Antico Testamento si parla 26 volte del cuore di Dio, considerato come l’organo della sua volontà: rispetto al cuore di Dio l’uomo viene giudicato. A causa del dolore che il suo cuore prova per i peccati dell’uomo, Iddio decide il diluvio, ma poi si commuove dinanzi alla debolezza umana e perdona. C’è poi un passo veterotestamentario nel quale il tema del cuore di Dio si trova espresso in modo assolutamente chiaro: è nel capitolo 11 del libro del profeta Osea, dove i primi versetti descrivono la dimensione dell’amore con cui il Signore si è rivolto ad Israele all’alba della sua storia: « Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio ».1 In verità, all’instancabile predilezione divina, Israele risponde con indifferenza e addirittura con ingra* Die 19 Iunii 2009. 1 v. 1. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 584 titudine. « Più li chiamavo — è costretto a constatare il Signore —, più si allontanavano da me ».2 Tuttavia Egli mai abbandona Israele nelle mani dei nemici, perché « il mio cuore — osserva il Creatore dell’universo — si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione ».3 Il cuore di Dio freme di compassione! Nell’odierna solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità. Un amore misterioso, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l’uomo. Egli non si arrende dinanzi all’ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l’Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell’amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato. Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: « Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine ».4 Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia. A tale riguardo, il testimone oculare, l’apostolo Giovanni, afferma: « Uno dei soldati con una lancia gli colpı̀ il fianco, e subito ne uscı̀ sangue ed acqua ».5 Cari fratelli e sorelle, grazie perché, rispondendo al mio invito, siete venuti numerosi a questa celebrazione con cui entriamo nell’Anno Sacerdotale. Saluto i Signori Cardinali e i Vescovi, in particolare il Cardinale Prefetto e il Segretario della Congregazione per il Clero con i loro collaboratori, ed il Vescovo di Ars. Saluto i sacerdoti e i seminaristi dei vari seminari e collegi di Roma; i religiosi e le religiose e tutti i fedeli. Un saluto speciale rivolgo a Sua Beatitudine Ignace Youssef Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, venuto a Roma per incontrarmi e significare pubblicamente l’« ecclesiastica communio » che gli ho concesso. Cari fratelli e sorelle, fermiamoci insieme a contemplare il Cuore trafitto del Crocifisso. Abbiamo ascoltato ancora una volta, poco fa, nella breve lettura tratta dalla Lettera di san Paolo agli Efesini, che « Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatti rivivere con Cristo... Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù ».6 Essere in Cristo Gesù è già sedere nei cieli. Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria del Vangelo: l’Amore che ci 2 3 4 5 6 v. 2. v. 8. Cfr. Gv 13, 1. Cfr. Gv 19, 34. Ef 2, 4-6. Acta Benedicti Pp. XVI 585 salva e ci fa vivere già nell’eternità di Dio. Scrive l’evangelista Giovanni: « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna ».7 Il suo Cuore divino chiama allora il nostro cuore; ci invita ad uscire da noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze umane per fidarci di Lui e, seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve. Se è vero che l’invito di Gesù a « rimanere nel suo amore » 8 è per ogni battezzato, nella festa del Sacro Cuore di Gesù, Giornata di santificazione sacerdotale, tale invito risuona con maggiore forza per noi sacerdoti, in particolare questa sera, solenne inizio dell’Anno Sacerdotale, da me voluto in occasione del 150o anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. Mi viene subito alla mente una sua bella e commovente affermazione, riportata nel Catechismo della Chiesa Cattolica: « Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù ».9 Come non ricordare con commozione che direttamente da questo Cuore è scaturito il dono del nostro ministero sacerdotale? Come dimenticare che noi presbiteri siamo stati consacrati per servire, umilmente e autorevolmente, il sacerdozio comune dei fedeli? La nostra è una missione indispensabile per la Chiesa e per il mondo, che domanda fedeltà piena a Cristo ed incessante unione con Lui; questo rimanere nel suo amore esige cioè che tendiamo costantemente alla santità, a questo rimanere come ha fatto san Giovanni Maria Vianney. Nella Lettera a voi indirizzata per questo speciale anno giubilare, cari fratelli sacerdoti, ho voluto porre in luce alcuni aspetti qualificanti del nostro ministero, facendo riferimento all’esempio e all’insegnamento del Santo Curato di Ars, modello e protettore di tutti noi sacerdoti, e in particolare dei parroci. Che questo mio scritto vi sia di aiuto e di incoraggiamento a fare di questo anno un’occasione propizia per crescere nell’intimità con Gesù, che conta su di noi, suoi ministri, per diffondere e consolidare il suo Regno, per diffondere il suo amore, la sua verità. E pertanto, « sull’esempio del Santo Curato d’Ars — cosı̀ concludevo la mia Lettera — lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace ». Lasciarsi conquistare pienamente da Cristo! Questo è stato lo scopo di tutta la vita di san Paolo, al quale abbiamo rivolto la nostra attenzione durante l’Anno Paolino che si avvia ormai verso la sua conclusione; questa è stata la meta di tutto il ministero del Santo Curato d’Ars, che invocheremo particolarmente durante l’Anno Sacerdotale; questo sia anche l’obiettivo 7 8 9 3, 16. Cfr. Gv 15, 9. N. 1589. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 586 principale di ognuno di noi. Per essere ministri al servizio del Vangelo, è certamente utile e necessario lo studio con una accurata e permanente formazione teologica e pastorale, ma è ancor più necessaria quella « scienza dell’amore » che si apprende solo nel « cuore a cuore » con Cristo. È Lui infatti a chiamarci per spezzare il pane del suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il gregge in nome suo. Proprio per questo non dobbiamo mai allontanarci dalla sorgente dell’Amore che è il suo Cuore trafitto sulla croce. Solo cosı̀ saremo in grado di cooperare efficacemente al misterioso « disegno del Padre » che consiste nel « fare di Cristo il cuore del mondo »! Disegno che si realizza nella storia, man mano che Gesù diviene il Cuore dei cuori umani, iniziando da coloro che sono chiamati a stargli più vicini, i sacerdoti appunto. Ci richiamano a questo costante impegno le « promesse sacerdotali », che abbiamo pronunciato il giorno della nostra Ordinazione e che rinnoviamo ogni anno, il Giovedı̀ Santo, nella Messa Crismale. Perfino le nostre carenze, i nostri limiti e debolezze devono ricondurci al Cuore di Gesù. Se infatti è vero che i peccatori, contemplandoLo, devono apprendere da Lui il necessario « dolore dei peccati » che li riconduca al Padre, questo vale ancor più per i sacri ministri. Come dimenticare, in proposito, che nulla fa soffrire tanto la Chiesa, Corpo di Cristo, quanto i peccati dei suoi pastori, soprattutto di quelli che si tramutano in « ladri delle pecore »,10 o perché le deviano con le loro private dottrine, o perché le stringono con lacci di peccato e di morte? Anche per noi, cari sacerdoti, vale il richiamo alla conversione e al ricorso alla Divina Misericordia, e ugualmente dobbiamo rivolgere con umiltà l’accorata e incessante domanda al Cuore di Gesù perché ci preservi dal terribile rischio di danneggiare coloro che siamo tenuti a salvare. Poc’anzi ho potuto venerare, nella Cappella del Coro, la reliquia del Santo Curato d’Ars: il suo cuore. Un cuore infiammato di amore divino, che si commuoveva al pensiero della dignità del prete e parlava ai fedeli con accenti toccanti e sublimi, affermando che « dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo ».11 Coltiviamo, cari fratelli, questa stessa commozione, sia per adempiere il nostro ministero con generosità e dedizione, sia per custodire nell’anima un vero « timore di Dio »: il timore di poter privare di tanto bene, per nostra negligenza o colpa, le anime che ci sono affidate, o di poterle — Dio non voglia! — danneggiare. La Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi; di ministri che aiutino i fedeli a sperimentare l’amore misericordioso del Signore e ne siano convinti testimoni. Nell’adora10 11 Gv 10, 1ss. Cfr. Lettera per l’Anno Sacerdotale, supra, p.000. Acta Benedicti Pp. XVI 587 zione eucaristica, che seguirà la celebrazione dei Vespri, chiederemo al Signore che infiammi il cuore di ogni presbitero di quella « carità pastorale » capace di assimilare il suo personale « io » a quello di Gesù Sacerdote, cosı̀ da poterlo imitare nella più completa auto-donazione. Ci ottenga questa grazia la Vergine Maria, della quale domani contempleremo con viva fede il Cuore Immacolato. Per Lei il Santo Curato d’Ars nutriva una filiale devozione, tanto che nel 1836, in anticipo sulla proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione, aveva già consacrato la sua parrocchia a Maria « concepita senza peccato ». E mantenne l’abitudine di rinnovare spesso quest’offerta della parrocchia alla Santa Vergine, insegnando ai fedeli che « bastava rivolgersi a lei per essere esauditi », per il semplice motivo che ella « desidera soprattutto di vederci felici ». Ci accompagni la Vergine Santa, nostra Madre, nell’Anno Sacerdotale che oggi iniziamo, perché possiamo essere guide salde e illuminate per i fedeli che il Signore affida alle nostre cure pastorali. Amen! III In Eucharistica celebratione apud Sanctuarium Sancti Pii a Pietrelcina, in urbe Sancti Ioannis Rotundi.* Cari fratelli e sorelle, Nel cuore del mio pellegrinaggio in questo luogo, dove tutto parla della vita e della santità di Padre Pio da Pietrelcina, ho la gioia di celebrare per voi e con voi l’Eucaristia, mistero che ha costituito il centro di tutta la sua esistenza: l’origine della sua vocazione, la forza della sua testimonianza, la consacrazione del suo sacrificio. Con grande affetto saluto tutti voi, qui convenuti numerosi, e quanti sono con noi collegati mediante la radio e la televisione. Saluto, in primo luogo, l’Arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio, che, dopo anni di fedele servizio a questa Comunità diocesana, si appresta ad assumere la cura dell’Arcidiocesi di Lecce. Lo ringrazio cordialmente anche perché si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto gli altri Vescovi concelebranti. Un saluto speciale rivolgo ai Frati Cappuccini con il Ministro Generale, Fra Mauro Jöhri, il Definitorio Generale, il Ministro Provinciale, il Padre Guardiano del Convento, il Rettore del Santuario e la Fraternità Cappuccina di San Giovanni Rotondo. Saluto inoltre con riconoscenza quanti offrono il loro contributo nel servizio del Santuario e delle opere annesse; saluto le Autorità civili e militari; saluto i * Die 21 Iunii 2009. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 588 sacerdoti, i diaconi, gli altri religiosi e religiose e tutti i fedeli. Un pensiero affettuoso indirizzo a quanti sono nella Casa Sollievo della Sofferenza, alle persone sole e a tutti gli abitanti di questa vostra Città. Abbiamo appena ascoltato il Vangelo della tempesta sedata, al quale è stato accostato un breve ma incisivo testo del Libro di Giobbe, in cui Dio si rivela come il Signore del mare. Gesù minaccia il vento e ordina al mare di calmarsi, lo interpella come se esso si identificasse con il potere diabolico. In effetti, secondo quanto ci dicono la prima Lettura e il Salmo 106/107, il mare nella Bibbia è considerato un elemento minaccioso, caotico, potenzialmente distruttivo, che solo Dio, il Creatore, può dominare, governare e tacitare. È però un’altra forza — una forza positiva — che muove il mondo, capace di trasformare e rinnovare le creature: la forza dell’« amore del Cristo »,1 — come la chiama san Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi —: non quindi essenzialmente una forza cosmica, bensı̀ divina, trascendente. Agisce anche sul cosmo ma, in se stesso, l’amore di Cristo è un potere « altro », e questa sua alterità trascendente, il Signore l’ha manifestata nella sua Pasqua, nella « santità » della « via » da Lui scelta per liberarci dal dominio del male, come era avvenuto per l’esodo dall’Egitto, quando aveva fatto uscire gli Ebrei attraverso le acque del Mar Rosso. « O Dio — esclama il salmista —, santa è la tua via... Sul mare la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque ».2 Nel mistero pasquale, Gesù è passato attraverso l’abisso della morte, poiché Dio ha voluto cosı̀ rinnovare l’universo: mediante la morte e risurrezione del suo Figlio « morto per tutti », perché tutti possano vivere « per colui che è morto e risorto per loro »,3 e non vivano solo per se stessi. Il gesto solenne di calmare il mare in tempesta è chiaramente segno della signoria di Cristo sulle potenze negative e induce a pensare alla sua divinità: « Chi è dunque costui — si domandano stupiti e intimoriti i discepoli —, che anche il vento e il mare gli obbediscono? ».4 La loro non è ancora fede salda, si sta formando; è un misto di paura e di fiducia; l’abbandono confidente di Gesù al Padre è invece totale e puro. Perciò, per questo potere dell’amore, Egli può dormire durante la tempesta, completamente sicuro nelle braccia di Dio. Ma verrà il momento in cui anche Gesù proverà paura e angoscia: quando verrà la sua ora, sentirà su di sé tutto il peso dei peccati dell’umanità, come un’onda di piena che sta per rovesciarsi su di Lui. Quella sı̀, sarà una tempesta terribile, 1 2 3 4 2 Cor 5, 14. Sal 77/76, 14. 20. 2 Cor 5, 16. Mc 4, 41. Acta Benedicti Pp. XVI 589 non cosmica, ma spirituale. Sarà l’ultimo, estremo assalto del male contro il Figlio di Dio. Ma in quell’ora Gesù non dubitò del potere di Dio Padre e della sua vicinanza, anche se dovette sperimentare pienamente la distanza dell’odio dall’amore, della menzogna dalla verità, del peccato dalla grazia. Sperimentò questo dramma in se stesso in maniera lacerante, specialmente nel Getsemani, prima dell’arresto, e poi durante tutta la passione, fino alla morte in croce. In quell’ora, Gesù da una parte fu un tutt’uno con il Padre, pienamente abbandonato a Lui; dall’altra, in quanto solidale con i peccatori, fu come separato e si sentı̀ come abbandonato da Lui. lcuni Santi hanno vissuto intensamente e personalmente questa esperienza di Gesù. Padre Pio da Pietrelcina è uno di loro. Un uomo semplice, di origini umili, « afferrato da Cristo » 5 — come scrive di sé l’apostolo Paolo — per farne uno strumento eletto del potere perenne della sua Croce: potere di amore per le anime, di perdono e di riconciliazione, di paternità spirituale, di solidarietà fattiva con i sofferenti. Le stigmate, che lo segnarono nel corpo, lo unirono intimamente al Crocifisso-Risorto. Autentico seguace di san Francesco d’Assisi, fece propria, come il Poverello, l’esperienza dell’apostolo Paolo, cosı̀ come egli la descrive nelle sue Lettere: « Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me »; 6 oppure: « In noi agisce la morte, in voi la vita ».7 Questo non significa alienazione, perdita della personalità: Dio non annulla mai l’umano, ma lo trasforma con il suo Spirito e lo orienta al servizio del suo disegno di salvezza. Padre Pio conservò i propri doni naturali, e anche il proprio temperamento, ma offrı̀ ogni cosa a Dio, che ha potuto servirsene liberamente per prolungare l’opera di Cristo: annunciare il Vangelo, rimettere i peccati e guarire i malati nel corpo e nello spirito. Come è stato per Gesù, la vera lotta, il combattimento radicale Padre Pio ha dovuto sostenerli non contro nemici terreni, bensı̀ contro lo spirito del male.8 Le più grandi « tempeste » che lo minacciavano erano gli assalti del diavolo, dai quali egli si difese con « l’armatura di Dio », con « lo scudo della fede » e « la spada dello Spirito, che è la parola di Dio ».9 Rimanendo unito a Gesù, egli ha avuto sempre di mira la profondità del dramma umano, e per questo si è offerto e ha offerto le sue tante sofferenze, ed ha saputo spendersi per la cura ed il sollievo dei malati, segno privilegiato della misericordia di Dio, del suo Regno che viene, 5 6 7 8 9 Fil 3, 12. Gal 2, 20. 2 Cor 5, 12. Cfr. Ef 6, 12. Ef 6, 11. 16. 17. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 590 anzi, che è già nel mondo, della vittoria dell’amore e della vita sul peccato e sulla morte. Guidare le anime e alleviare la sofferenza: cosı̀ si può riassumere la missione di san Pio da Pietrelcina, come ebbe a dire di lui anche il servo di Dio, il Papa Paolo VI: « Era un uomo di preghiera e di sofferenza ».10 Cari amici, Frati Minori Cappuccini, membri dei Gruppi di preghiera e fedeli tutti di San Giovanni Rotondo, voi siete gli eredi di Padre Pio e l’eredità che vi ha lasciato è la santità. In una sua lettera scrive: « Sembra che Gesù non abbia altra cura per le mani se non quella di santificare l’anima vostra ».11 Questa era sempre la sua prima preoccupazione, la sua ansia sacerdotale e paterna: che le persone ritornassero a Dio, che potessero sperimentare la sua misericordia e, interiormente rinnovate, riscoprissero la bellezza e la gioia di essere cristiani, di vivere in comunione con Gesù, di appartenere alla sua Chiesa e praticare il Vangelo. Padre Pio attirava sulla via della santità con la sua stessa testimonianza, indicando con l’esempio il « binario » che ad essa conduce: la preghiera e la carità. Prima di tutto la preghiera. Come tutti i grandi uomini di Dio, Padre Pio era diventato lui stesso preghiera, anima e corpo. Le sue giornate erano un rosario vissuto, cioè una continua meditazione e assimilazione dei misteri di Cristo in unione spirituale con la Vergine Maria. Si spiega cosı̀ la singolare compresenza in lui di doni soprannaturali e di concretezza umana. E tutto aveva il suo culmine nella celebrazione della santa Messa: lı̀ egli si univa pienamente al Signore morto e risorto. Dalla preghiera, come da fonte sempre viva, sgorgava la carità. L’amore che egli portava nel cuore e trasmetteva agli altri era pieno di tenerezza, sempre attento alle situazioni reali delle persone e delle famiglie. Specialmente verso i malati e i sofferenti nutriva la predilezione del Cuore di Cristo, e proprio da questa ha preso origine e forma il progetto di una grande opera dedicata al « sollievo della sofferenza ». Non si può capire né interpretare adeguatamente tale istituzione se la si scinde dalla sua fonte ispiratrice, che è la carità evangelica, animata a sua volta dalla preghiera. Tutto questo, carissimi, Padre Pio ripropone oggi alla nostra attenzione. I rischi dell’attivismo e della secolarizzazione sono sempre presenti; perciò la mia visita ha anche lo scopo di confermarvi nella fedeltà alla missione ereditata dal vostro amatissimo Padre. Molti di voi, religiosi, religiose e laici, siete talmente presi dalle mille incombenze richieste dal servizio ai pellegrini, oppure ai malati nell’ospedale, da correre il rischio di trascurare la cosa veramente necessaria: ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio. Quando vi accorgete che siete vicini a correre questo rischio, guardate a Padre Pio: al suo esempio, alle sue 10 11 Ai Padri Capitolari Cappuccini, 20 febbraio 1971. Epist. II, p. 155. Acta Benedicti Pp. XVI 591 sofferenze; e invocate la sua intercessione, perché vi ottenga dal Signore la luce e la forza di cui avete bisogno per proseguire la sua stessa missione intrisa di amore per Dio e di carità fraterna. E dal cielo continui egli ad esercitare quella squisita paternità spirituale che lo ha contraddistinto durante l’esistenza terrena; continui ad accompagnare i suoi confratelli, i suoi figli spirituali e l’intera opera che ha iniziato. Insieme a san Francesco, e alla Madonna, che ha tanto amato e fatto amare in questo mondo, vegli su voi tutti e sempre vi protegga. Ed allora, anche nelle tempeste che possono alzarsi improvvise, potrete sperimentare il soffio dello Spirito Santo che è più forte di ogni vento contrario e spinge la barca della Chiesa ed ognuno di noi. Ecco perché dobbiamo vivere sempre nella serenità e coltivare nel cuore la gioia rendendo grazie al Signore. « Il suo amore è per sempre ».12 Amen! IV In primis Vesperis Sollemnitatis Sanctorum Petri et Pauli Apostolorum.* Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Illustri Membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico, Cari fratelli e sorelle, rivolgo a ciascuno il mio saluto cordiale. In particolare, saluto il Cardinale Arciprete di questa Basilica e i suoi collaboratori, saluto l’Abate e la comunità monastica benedettina; saluto pure la Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. L’anno commemorativo della nascita di san Paolo si conclude stasera. Siamo raccolti presso la tomba dell’Apostolo, il cui sarcofago, conservato sotto l’altare papale, è stato fatto recentemente oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. È stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta 12 Salmo resp. ———————— * Die 28 Iunii 2009. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 592 tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione. Molte persone hanno, durante questi mesi, seguito le vie dell’Apostolo — quelle esteriori e più ancora quelle interiori, che egli ha percorso durante la sua vita: la via di Damasco verso l’incontro con il Risorto; le vie nel mondo mediterraneo, che egli ha attraversato con la fiaccola del Vangelo, incontrando contraddizione e adesione, fino al martirio, per il quale appartiene per sempre alla Chiesa di Roma. Ad essa ha indirizzato anche la sua Lettera più grande ed importante. L’Anno Paolino si conclude, ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscenza di Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo — questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana. E sempre, andando oltre l’ambiente dei credenti, egli rimane il « maestro delle genti », che vuol portare il messaggio del Risorto a tutti gli uomini, perché Cristo li ha conosciuti ed amati tutti; è morto e risorto per tutti loro. Vogliamo quindi ascoltarlo anche in questa ora in cui iniziamo solennemente la festa dei due Apostoli uniti fra loro da uno stretto legame. Fa parte della struttura delle Lettere di Paolo che esse — sempre in riferimento al luogo ed alla situazione particolare — spieghino innanzitutto il mistero di Cristo, insegnino la fede. In una seconda parte, segue l’applicazione alla nostra vita: che cosa consegue a questa fede? Come essa plasma la nostra esistenza giorno per giorno? Nella Lettera ai Romani, questa seconda parte comincia con il dodicesimo capitolo, nei primi due versetti del quale l’Apostolo riassume subito il nucleo essenziale dell’esistenza cristiana. Che cosa dice a noi san Paolo in quel passaggio? Innanzitutto afferma, come cosa fondamentale, che con Cristo è iniziato un nuovo modo di venerare Dio — un nuovo culto. Esso consiste nel fatto che l’uomo vivente diventa egli stesso adorazione, « sacrificio » fin nel proprio corpo. Non sono più le cose ad essere offerte a Dio. È la nostra stessa esistenza che deve diventare lode di Dio. Ma come avviene questo? Nel secondo versetto ci vien data la risposta: « Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio... ».1 Le due parole decisive di questo versetto sono: « trasformare » e « rinnovare ». Dobbiamo diventare uomini nuovi, trasformati in un nuovo modo di esistenza. Il mondo è sempre alla ricerca di novità, perché con ragione è sempre scontento della realtà concreta. Paolo ci dice: il mondo non può essere rinnovato senza uomini nuovi. Solo se ci saranno uomini nuovi, ci sarà anche un mondo nuovo, un mondo rinnovato e migliore. All’inizio 1 12, 2. Acta Benedicti Pp. XVI 593 sta il rinnovamento dell’uomo. Questo vale poi per ogni singolo. Solo se noi stessi diventiamo nuovi, il mondo diventa nuovo. Ciò significa anche che non basta adattarsi alla situazione attuale. L’Apostolo ci esorta ad un non-conformismo. Nella nostra Lettera si dice: non sottomettersi allo schema dell’epoca attuale. Dovremo tornare su questo punto riflettendo sul secondo testo che stasera voglio meditare con voi. Il « no » dell’Apostolo è chiaro ed anche convincente per chiunque osservi lo « schema » del nostro mondo. Ma diventare nuovi — come lo si può fare? Ne siamo davvero capaci? Con la parola circa il diventare nuovi, Paolo allude alla propria conversione: al suo incontro col Cristo risorto, incontro di cui nella Seconda Lettera ai Corinzi dice: « Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove ».2 Era tanto sconvolgente per lui questo incontro con Cristo che dice al riguardo: « Sono morto ».3 Egli è diventato nuovo, un altro, perché non vive più per se stesso e in virtù di se stesso, ma per Cristo ed in Lui. Nel corso degli anni, però, ha anche visto che questo processo di rinnovamento e di trasformazione continua per tutta la vita. Diventiamo nuovi, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo. Egli è l’Uomo nuovo per eccellenza. In Lui la nuova esistenza umana è diventata realtà, e noi possiamo veramente diventare nuovi se ci consegniamo alle sue mani e da Lui ci lasciamo plasmare. Paolo rende ancora più chiaro questo processo di « rifusione » dicendo che diventiamo nuovi se trasformiamo il nostro modo di pensare. Ciò che qui è stato tradotto con « modo di pensare », è il termine greco « nous ». È una parola complessa. Può essere tradotta con « spirito », « sentimenti », « ragione » e, appunto, anche con « modo di pensare ». Quindi la nostra ragione deve diventare nuova. Questo ci sorprende. Avremmo forse aspettato che riguardasse piuttosto qualche atteggiamento: ciò che nel nostro agire dobbiamo cambiare. Ma no: il rinnovamento deve andare fino in fondo. Il nostro modo di vedere il mondo, di comprendere la realtà — tutto il nostro pensare deve mutarsi a partire dal suo fondamento. Il pensiero dell’uomo vecchio, il modo di pensare comune è rivolto in genere verso il possesso, il benessere, l’influenza, il successo, la fama e cosı̀ via. Ma in questo modo ha una portata troppo limitata. Cosı̀, in ultima analisi, resta il proprio « io » il centro del mondo. Dobbiamo imparare a pensare in maniera più profonda. Che cosa ciò significhi, lo dice san Paolo nella seconda parte della frase: bisogna imparare a comprendere la volontà di Dio, cosı̀ che questa plasmi la nostra volontà. Affinché noi stessi vogliamo ciò che vuole Dio, perché riconosciamo che ciò che Dio vuole è il 2 3 5, 17. Gal 2, 19; cfr. Rm 6. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 594 bello e il buono. Si tratta dunque di una svolta nel nostro spirituale orientamento di fondo. Dio deve entrare nell’orizzonte del nostro pensiero: ciò che Egli vuole e il modo secondo cui Egli ha ideato il mondo e me. Dobbiamo imparare a prendere parte al pensare e al volere di Gesù Cristo. È allora che saremo uomini nuovi nei quali emerge un mondo nuovo. Lo stesso pensiero di un necessario rinnovamento del nostro essere persona umana, Paolo lo ha illustrato ulteriormente in due brani della Lettera agli Efesini, sui quali pertanto vogliamo ancora riflettere brevemente. Nel quarto capitolo della Lettera l’Apostolo ci dice che con Cristo dobbiamo raggiungere l’età adulta, una fede matura. Non possiamo più rimanere « fanciulli in balı̀a delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina... ».4 Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede « matura », una « fede adulta ». La parola « fede adulta » negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Ma lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere — una fede « fai da te », quindi. E lo si presenta come « coraggio » di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo « schema » del mondo contemporaneo. È questo nonconformismo della fede che Paolo chiama una « fede adulta ». È la fede che egli vuole. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Cosı̀ fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo. Tuttavia, anche qui Paolo non si ferma alla negazione, ma ci conduce al grande « sı̀ ». Descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: « agire secondo verità nella carità ».5 Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende 4 5 4, 14. Cfr. Ef 4, 15. Acta Benedicti Pp. XVI 595 visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo. Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili. In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità. Sempre di nuovo dovremo essere misurati secondo questo criterio, che la verità diventi carità e la carità ci renda veritieri. Ancora un altro pensiero importante appare nel versetto di san Paolo. L’Apostolo ci dice che, agendo secondo verità nella carità, noi contribuiamo a far sı̀ che il tutto (ta pánta) — l’universo — cresca tendendo a Cristo. Paolo, in base alla sua fede, non s’interessa soltanto della nostra personale rettitudine e non soltanto della crescita della Chiesa. Egli s’interessa dell’universo: ta pánta. Lo scopo ultimo dell’opera di Cristo è l’universo — la trasformazione dell’universo, di tutto il mondo umano, dell’intera creazione. Chi insieme con Cristo serve la verità nella carità, contribuisce al vero progresso del mondo. Sı̀, è qui del tutto chiaro che Paolo conosce l’idea di progresso. Cristo, il suo vivere, soffrire e risorgere è stato il vero grande salto del progresso per l’umanità, per il mondo. Ora, però, l’universo deve crescere in vista di Lui. Dove aumenta la presenza di Cristo, là c’è il vero progresso del mondo. Là l’uomo diventa nuovo e cosı̀ diventa nuovo il mondo. La stessa cosa Paolo ci rende evidente ancora a partire da un’altra angolatura. Nel terzo capitolo della Lettera agli Efesini egli ci parla della necessità di essere « rafforzati nell’uomo interiore ».6 Con ciò riprende un argomento che prima, in una situazione di tribolazione, aveva trattato nella Seconda Lettera ai Corinzi: « Se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno ».7 L’uomo interiore deve rafforzarsi — è un imperativo molto appropriato per il nostro tempo in cui gli uomini cosı̀ spesso restano interiormente vuoti e pertanto devono aggrapparsi a promesse e narcotici, che poi hanno come conseguenza un ulteriore crescita del senso di vuoto nel loro intimo. Il vuoto interiore — la debolezza dell’uomo interiore — è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Deve essere rafforzata l’interiorità — la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei 6 7 3, 16. 4, 16. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 596 Sacramenti. E non possiamo parlare a Dio nella preghiera, se non lasciamo che parli prima Egli stesso, se non lo ascoltiamo nella parola, che ci ha donato. Paolo, al riguardo, ci dice: « Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e cosı̀, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza ».8 L’amore vede più lontano della semplice ragione, è ciò che Paolo ci dice con queste parole. E ci dice ancora che solo nella comunione con tutti i santi, cioè nella grande comunità di tutti i credenti — e non contro o senza di essa — possiamo conoscere la vastità del mistero di Cristo. Questa vastità, egli la circoscrive con parole che vogliono esprimere le dimensioni del cosmo: ampiezza, lunghezza, altezza e profondità. Il mistero di Cristo ha una vastità cosmica: Egli non appartiene soltanto ad un determinato gruppo. Il Cristo crocifisso abbraccia l’intero universo in tutte le sue dimensioni. Egli prende il mondo nelle sue mani e lo porta in alto verso Dio. A cominciare da sant’Ireneo di Lione — dunque fin dal II secolo — i Padri hanno visto in questa parola dell’ampiezza, lunghezza, altezza e profondità dell’amore di Cristo un’allusione alla Croce. L’amore di Cristo ha abbracciato nella Croce la profondità più bassa — la notte della morte, e l’altezza suprema — l’elevatezza di Dio stesso. E ha preso tra le sue braccia l’ampiezza e la vastità dell’umanità e del mondo in tutte le loro distanze. Sempre Egli abbraccia l’universo — tutti noi. Preghiamo il Signore, affinché ci aiuti a riconoscere qualcosa della vastità del suo amore. PreghiamoLo, affinché il suo amore e la sua verità tocchino il nostro cuore. Chiediamo che Cristo abiti nei nostri cuori e ci renda uomini nuovi, che agiscono secondo verità nella carità. Amen! V In Eucharistica celebratione Sollemnitatis Sanctorum Petri et Pauli Apostolorum.* Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Cari fratelli e sorelle, A tutti rivolgo il mio saluto cordiale con le parole dell’Apostolo accanto alla cui tomba ci troviamo: « A voi grazia e pace in abbondanza ».1 Saluto, in parti8 Ef 3, 17ss. ———————— * Die 29 Iunii 2009. Acta Benedicti Pp. XVI 597 colare, i Membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i numerosi Metropoliti che oggi ricevono il Pallio. Nella colletta di questa giornata solenne chiediamo al Signore « che la Chiesa segua sempre l’insegnamento degli Apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede ». La richiesta che rivolgiamo a Dio interpella al contempo noi stessi: seguiamo noi l’insegnamento dei grandi Apostoli fondatori? Li conosciamo veramente? Nell’Anno Paolino che si è ieri concluso abbiamo cercato di ascoltare in modo nuovo lui, il « maestro delle genti », e di apprendere cosı̀ nuovamente l’alfabeto della fede. Abbiamo cercato di riconoscere con Paolo e mediante Paolo il Cristo e di trovare cosı̀ la via per la retta vita cristiana. Nel Canone del Nuovo Testamento, oltre alle Lettere di san Paolo, ci sono anche due Lettere sotto il nome di san Pietro. La prima di esse si conclude esplicitamente con un saluto da Roma, che però appare sotto l’apocalittico nome di copertura di Babilonia: « Vi saluta la co-eletta che vive in Babilonia... ».2 Chiamando la Chiesa di Roma la « co-eletta », la colloca nella grande comunità di tutte le Chiese locali — nella comunità di tutti coloro che Dio ha adunato, affinché nella « Babilonia » del tempo di questo mondo costruiscano il suo Popolo e facciano entrare Dio nella storia. La Prima Lettera di san Pietro è un saluto rivolto da Roma all’intera cristianità di tutti i tempi. Essa ci invita ad ascoltare « l’insegnamento degli Apostoli », che ci indica la via verso la vita. Questa Lettera è un testo ricchissimo, che proviene dal cuore e tocca il cuore. Il suo centro è — come potrebbe essere diversamente? — la figura di Cristo, che viene illustrato come Colui che soffre e che ama, come Crocifisso e Risorto: « Insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta ... Dalle sue piaghe siete stati guariti ».3 Partendo dal centro che è Cristo, la Lettera costituisce poi anche un’introduzione ai fondamentali Sacramenti cristiani del Battesimo e dell’Eucaristia e un discorso rivolto ai sacerdoti, nel quale Pietro si qualifica come co-presbitero con loro. Egli parla ai Pastori di tutte le generazioni come colui che personalmente è stato incaricato dal Signore di pascere le sue pecorelle e cosı̀ ha ricevuto in modo particolare un mandato sacerdotale. Che cosa, dunque, ci dice san Pietro — proprio nell’Anno sacerdotale — circa il compito del sacerdote? Innanzitutto, egli comprende il ministero sacerdotale totalmente a partire da Cristo. Chiama Cristo il « pastore e custode delle ... anime ».4 Dove la traduzione 1 2 3 4 1 Pt 1, 2. 5, 13. 1 Pt 2, 23s. 2, 25. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 598 italiana parla di « custode », il testo greco ha la parola epı́scopos (vescovo). Un po’più avanti, Cristo viene qualificato come il Pastore supremo: archipoimen.5 Sorprende che Pietro chiami Cristo stesso vescovo — vescovo delle anime. Che cosa intende dire con ciò? Nella parola greca « epı́scopos » è contenuto il verbo « vedere »; per questo è stata tradotta con « custode » ossia « sorvegliante ». Ma certamente non s’intende una sorveglianza esterna, come s’addice forse ad una guardia carceraria. S’intende piuttosto un vedere dall’alto — un vedere a partire dall’elevatezza di Dio. Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso. Cristo è il « vescovo delle anime », ci dice Pietro. Ciò significa: Egli ci vede nella prospettiva di Dio. Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità. Nella prospettiva di Dio si vede l’essenza, si vede l’uomo interiore. Se Cristo è il vescovo delle anime, l’obiettivo è quello di evitare che l’anima nell’uomo s’immiserisca, è di far sı̀ che l’uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l’amore. Far sı̀ che egli venga a conoscere Dio; che non si smarrisca in vicoli ciechi; che non si perda nell’isolamento, ma rimanga aperto per l’insieme. Gesù, il « vescovo delle anime », è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita. Cosı̀ la parola « vescovo » s’avvicina molto al termine « pastore », anzi, i due concetti diventano interscambiabili. È compito del pastore pascolare e custodire il gregge e condurlo ai pascoli giusti. Pascolare il gregge vuol dire aver cura che le pecore trovino il nutrimento giusto, sia saziata la loro fame e spenta la loro sete. Fuori di metafora, questo significa: la parola di Dio è il nutrimento di cui l’uomo ha bisogno. Rendere sempre di nuovo presente la parola di Dio e dare cosı̀ nutrimento agli uomini è il compito del retto Pastore. Ed egli deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l’unità del gregge. Pietro, nel suo discorso ai presbiteri, evidenzia ancora una cosa molto importante. Non basta parlare. I Pastori devono farsi « modelli del gregge ».6 La parola di Dio viene portata dal passato nel presente, quando è vissuta. È meraviglioso vedere come nei santi la parola di Dio diventi una parola rivolta al nostro tempo. In figure come Francesco e poi di nuovo come Padre Pio e molti altri, Cristo è diven5 6 5, 4. 5, 3. Acta Benedicti Pp. XVI 599 tato veramente contemporaneo della loro generazione, è uscito dal passato ed entrato nel presente. Questo significa essere Pastore — modello del gregge: vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa. Molto brevemente vorrei ancora richiamare l’attenzione su due altre affermazioni della Prima Lettera di san Pietro, che riguardano in modo speciale noi, in questo nostro tempo. C’è innanzitutto la frase oggi nuovamente scoperta, in base alla quale i teologi medievali compresero il loro compito, il compito del teologo: « Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi ».7 La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbiamo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, cosı̀ come l’amore vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione. Non la contraddice, ma va di pari passo con essa e, al contempo, conduce al di là di essa — introduce nella Ragione più grande di Dio. Come Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande. La fede esige la nostra partecipazione razionale, che si approfondisce e si purifica in una condivisione d’amore. Fa parte dei nostri doveri come Pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella disputa del nostro tempo. Tuttavia, il pensare — pur cosı̀ necessario — da solo non basta. Cosı̀ come parlare, da solo, non basta. Nella sua catechesi battesimale ed eucaristica nel secondo capitolo della sua Lettera, Pietro allude al Salmo usato nella Chiesa antica nel contesto della comunione, e cioè al versetto che dice: « Gustate e vedete com’è buono il Signore ».8 Solo il gustare conduce al vedere. Pensiamo ai discepoli di Emmaus: solo nella comunione conviviale con Gesù, solo nella frazione del pane si aprono i loro occhi. Solo nella comunione col Signore veramente sperimentata essi diventano vedenti. Ciò vale per tutti noi: al di là del pensare e del parlare, abbiamo bisogno dell’esperienza della fede; del rapporto vitale con Gesù Cristo. La fede non deve rimanere teoria: deve essere vita. Se nel Sacramento incontriamo il Signore; se nella preghiera parliamo con Lui; se nelle decisioni del quotidiano aderiamo a Cristo — allora « vediamo » sempre di più quanto Egli è buono. 7 8 3, 15. Ps 34 [33], 9; 1 Pt 2, 3. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 600 Allora sperimentiamo che è cosa buona stare con Lui. Da una tale certezza vissuta deriva poi la capacità di comunicare la fede agli altri in modo credibile. Il Curato d’Ars non era un grande pensatore. Ma egli « gustava » il Signore. Viveva con Lui fin nelle minuzie del quotidiano oltre che nelle grandi esigenze del ministero pastorale. In questo modo divenne « uno che vede ». Aveva gustato, e per questo sapeva che il Signore è buono. Preghiamo il Signore, affinché ci doni questo gustare e possiamo cosı̀ diventare testimoni credibili della speranza che è in noi. Alla fine vorrei far notare ancora una piccola, ma importante parola di san Pietro. Subito all’inizio della Lettera egli ci dice che la mèta della nostra fede è la salvezza delle anime.9 Nel mondo del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana, per alcuni forse addirittura scandalosa. La parola « anima » è caduta in discredito. Si dice che questo porterebbe ad una divisione dell’uomo in spirito e fisico, in anima e corpo, mentre in realtà egli sarebbe un’unità indivisibile. Inoltre « la salvezza delle anime » come mèta della fede sembra indicare un cristianesimo individualistico, una perdita di responsabilità per il mondo nel suo insieme, nella sua corporeità e nella sua materialità. Ma di tutto questo non si trova nulla nella Lettera di san Pietro. Lo zelo per la testimonianza in favore della speranza, la responsabilità per gli altri caratterizzano l’intero testo. Per comprendere la parola sulla salvezza delle anime come mèta della fede dobbiamo partire da un altro lato. Resta vero che l’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme. Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l’umanità. La vera malattia delle anime san Pietro, alla nostra sorpresa, la qualifica come ignoranza — cioè come non conoscenza di Dio. Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita.10 Ancora un’altra parola della Lettera può esserci utile per capire meglio la formula « salvezza delle anime »: « Purificate le vostre anime con l’obbedienza alla verità ».11 È l’obbedienza alla verità che rende pura l’anima. Ed è il convivere con la menzogna che la inquina. L’obbedienza alla verità comincia con le piccole verità del quotidiano, che spesso possono essere faticose e dolorose. Questa obbedienza si estende poi fino all’obbedienza senza riserve di fronte alla Verità stessa che è Cristo. Tale obbedienza ci rende non solo puri, ma 9 10 11 Cfr 1, 9. Cfr. 1 Pt 1, 14. Cfr. 1, 22. Acta Benedicti Pp. XVI 601 soprattutto anche liberi per il servizio a Cristo e cosı̀ alla salvezza del mondo, che pur sempre prende inizio dalla purificazione obbediente della propria anima mediante la verità. Possiamo indicare la via verso la verità solo se noi stessi — in obbedienza e pazienza — ci lasciamo purificare dalla verità. E ora mi rivolgo a voi, cari Confratelli nell’episcopato, che in quest’ora riceverete dalla mia mano il Pallio. È stato intessuto con la lana di agnelli che il Papa benedice nella festa di sant’Agnese. In questo modo esso ricorda gli agnelli e le pecore di Cristo, che il Signore risorto ha affidato a Pietro con il compito di pascerli.12 Ricorda il gregge di Gesù Cristo, che voi, cari Fratelli, dovete pascere in comunione con Pietro. Ci ricorda Cristo stesso, che come Buon Pastore ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita, l’umanità, per riportarla a casa. Ci ricorda il fatto che Egli, il Pastore supremo, ha voluto farsi Lui stesso Agnello, per farsi carico dal di dentro del destino di tutti noi; per portarci e risanarci dall’interno. Vogliamo pregare il Signore, affinché ci doni di essere sulle sue orme Pastori giusti, « non perché costretti, ma volentieri, come piace a Dio... con animo generoso... modelli del gregge ».13 Amen. ALLOCUTIO Ad sessionem Conventus de Operibus in auxilium Ecclesiarum Orientalium.* Signori Cardinali, Venerati Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Cari Membri ed Amici della ROACO, 1. È per me una felice consuetudine accogliervi al termine della seconda sessione annuale della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali. Sono grato al Signor Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, per le gentili espressioni che mi ha rivolto a nome di tutti. Le ricambio con un cordiale saluto, estendendolo volentieri all’Arcivescovo Segretario, Mons. Cyril Vasil’, e al Sotto-Segretario recentemente nominati, agli altri collaboratori del Dicastero e al Cardinale Foley. Saluto gli Ecc.mi Presuli e il Custode di Terra Santa qui convenuti con i Rappresentanti delle Agenzie Cattoliche Internazionali e della Bethlehem University. Vi ringrazio di cuore, cari amici, per quanto state facendo in favore delle comunità 12 Cfr. Gv 21, 15-18. 1 Pt 5, 2 s. ———————— 13 * Die 25 Iunii 2009. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 602 orientali e latine presenti nei territori affidati a codesta Congregazione e nelle altre regioni del mondo, dove i figli dell’Oriente Cattolico, con i loro pastori, si sforzano di costruire una pacifica convivenza insieme con i fedeli di altre confessioni cristiane e di diverse religioni. 2. Avec la fête de Saint Pierre et Saint Paul toute proche, l’année dédiée à l’Apôtre des Gentils pour le bimillénaire de sa naissance arrive à sa conclusion. Saisi par le Christ et ravi par l’Esprit Saint, il a été un témoin privilégié du mystère de l’amour de Dieu manifesté dans le Christ Jésus. Sa parole inspirée et son témoignage confirmé par le don suprême du martyre, ont été un éloge incomparable de la charité chrétienne et sont d’une grande actualité. Je me réfère en particulier à l’Hymne à la Charité de la Première Lettre aux Corinthiens.1 Dans la bouche de Paul de Tarse, la Parole de Dieu nous indique sans équivoque ce qui « est le plus grand » pour les disciples du Christ: la charité! C’est la source féconde de tout service d’Eglise, sa mesure, sa méthode et sa vérification. Par votre adhésion à la ROACO, vous désirez vivre cette charité, en offrant en particulier votre disponibilité à l’Evêque de Rome par l’intermédiaire de la Congrégation pour les Eglises orientales. De cette façon, pourra continuer et même grandir « ce mouvement de charité que, sur mandat du Pape, la Congrégation supervise afin que, de manière ordonnée et équitable, la Terre-Sainte et les autres régions orientales reçoivent le soutien spirituel et matériel nécessaire pour faire front à la vie ecclésiale ordinaire et à des nécessités particulières ».2 3. Today’s meeting rekindles the joy of my recent pilgrimage to the Holy Land. In this regard I renew my gratitude to the Latin Patriarch of Jerusalem, to the Papal Representative for Israel and for the Palestinian Territories, to Father Custos, and to all who have helped to make my pilgrimage fruitful. Indeed there were many moments of grace, when I was able to encourage and comfort the Catholic communities in the Holy Land, urging their members to persevere in their witness — a witness filled with fidelity, celebration, and at times great suffering. I was also able to remind the Christians of the region of their ecumenical and interreligious responsibility, in keeping with the spirit of the Second Vatican Council. I renew my prayer and my appeal for no more war, no more violence, no more injustice. I wish to assure you that the universal Church remains at the side of all our brothers and sisters who reside in the Holy Land. This concern is reflected in a special way in the Annual Holy Land Collection. I therefore exhort your ROACO 1 2 1 Co 13. Discours à la Congrégation pour les Eglises orientales, 9 juin 2007. Acta Benedicti Pp. XVI 603 Agencies to continue their charitable activities with zeal and with fidelity to the Successor of Peter. 4. Liebe Freunde der ROACO, mit besonderer Wertschätzung begleite ich euer Wirken in dieser weltweit heiklen Wirtschaftslage, die den kirchlichen Liebesdienst insgesamt und insbesondere die bereits in Angriff genommenen sowie die zukünftigen Projekte eurer Hilfswerke in Mitleidenschaft zu ziehen droht. Ich möchte die Gelegenheit ergreifen, euch wie auch die Hilfswerke, die ihr vertretet, zu einer zusätzlichen Anstrengung aufzurufen, um die richtigen Prioritäten auszumachen. Aus dem Geist des Glaubens wie auch durch kompetente Analysen und mit der notwendigen Nüchternheit können damit unnötige Entscheidungen korrigiert werden und die gegenwärtigen Notlagen wirksam angegangen werden; zum Beispiel die Situation der Flüchtlinge und Migranten, von der die Orientalischen Kirchen besonders stark betroffen sind, und der Wiederaufbau des Gazastreifens, der noch immer sich selbst überlassen ist, wobei auch der berechtigten Sorge Israels um seine Sicherheit Rechnung zu tragen ist. Gegenüber den völlig neuartigen Herausforderungen bleibt der kirchliche Liebesdienst wirksames Heilmittel und sichere Investition für die Gegenwart und die Zukunft. 5. Cari amici, più volte ho sottolineato l’importanza dell’educazione del Popolo di Dio, e ancor più ora, che abbiamo appena iniziato l’Anno Sacerdotale, mi preme raccomandarvi di considerare col massimo favore la cura dei sacerdoti e il sostegno ai seminari. Quando, venerdı̀ scorso, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, ho inaugurato questo singolare anno giubilare, ho affidato al Cuore di Cristo e della Madre Immacolata tutti i sacerdoti del mondo, con un pensiero speciale per quelli che in Oriente come in Occidente stanno vivendo momenti di difficoltà e di prova. Colgo la presente occasione per chiedere anche a voi di pregare per i presbiteri. Vi domando di continuare a sostenere anche me, Successore dell’apostolo Pietro, perché possa svolgere appieno la mia missione al servizio della Chiesa universale. Grazie ancora per il lavoro che state compiendo: Iddio vi ricompensi abbondantemente. Con questi sentimenti, imparto a ciascuno di voi, alle persone care, alle comunità ed agenzie che rappresentate, la confortatrice Benedizione Apostolica. 604 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM MECHLINIEN. Canonizationis Beati Damiani Iosephi de Veuster, Sacerdotis professi Congregationis Sacrorum Cordium Iesu et Mariae necnon Adorationis Perpetuae SS. Sacramenti Altaris (1840-1889) DECRETUM SUPER MIRACULO Beatus Pater Damianus Iosephus de Veuster natus est die 3 mensis Decembris, anno 1840, in loco, quem appellant Tremelo, in Flandria, parentibus rei rusticae et mercaturae deditis, qui eum christianis praeceptis optime educarunt. Vicesimo aetatis anno Iosephus nomen suum dedit Congregationi Sacrorum Cordium Iesu et Mariae necnon Adorationis Perpetuae SS. Sacramenti Altaris, sacrisque initiatus, cum vota nuncuparet, sibi Damiano nomen indidit. Deinde philosophiae ac theologiae vacavit, indeque, quamvis sacro presbyteratus ordine etiam careret, evangelii nuntiandi gratia in insulas Sandovicenses, quae postea Havaianae appellatae sunt, missus est. Ibique ipse, postquam ad sacros ordines ascendit, in variis paroeciis ministerium pastoris exercuit, gravi leprae contagione, praeter novos morbos quos externi mercatores et nautae invexerant, ingruente. Cum autem civitatis principes statuissent infirmos illos, quibus lepra ingruerat, in insulam, quam Molokai vocant, relegare, Damianus ab Episcopo petiit et accepit ut in insulam illam, quae quasi leprosorum valetudinarium facta erat, migraret, scilicet ut posset « vivere cum illis, cum illis mori ». Beatus itaque, ubi primum se in talem societatem hominum et communitatem immiscere valuit, infirmos convertere eorumque dignitatem provehere coepit. Nam ipse cum templum exstruendum, tum paroeciam condendam curavit; praeterea eorum, qui vel morbo laborabant, vel ad extremam societatem detrudebantur, corpora animosque sanavit; ludos denique et villas constituit. Ideo Pater Damianus ab omnibus, sive potestatibus sive publica opinione, laudatus est ob egregiam operam quam ipse « in insula Molokai vocata, ad instar gehen- Congregatio de Causis Sanctorum 605 nae terribilis facta », navaverat; attamen, cum et ipsi lepra ingruisset, nobilis evangelicae virtutis heros ex vitae huius tenebris ad sempiternam lucem excessit die 15 mensis Aprilis, anno 1889. Cui quidem Dei Famulo Ioannes Paulus II, Summus Pontifex, Beatorum caelitum honores decrevit die 4 mensis Iunii, anno 1995. Cum autem eius Canonizationi prospiceret, Postulatio Causae sanationem, quae eodem Beato deprecante a Deo patrata ferebatur, huic Congregationi subiecit expendendam. Quae quidem res accidit D.nae Etheldredae (Audrey) Toguchi anno 1997, aetatis eius septuagesimo. Tunc enim mulier, quae nonnullis iam antea chirurgicis sectionibus curata erat, cum forte cecidisset, comperit se eiusmodi tumore temptari, qui non solum infestissimus ingravesceret, verum quoque multifariam ex metastasi oriretur, adeo ut existimaretur eadem superesse haud posse. Cum autem in hospitium deducta esset, infirma, quae ceterum nullo prorsus chemico medicamento curata est, Dominum invocavit et ab Eo donum sanationis per intercessionem Beati Patris Damiani petivit, aliis compluribus supplicationes cum ea sociantibus. Ac sic accidit ut, paucis mensibus vertentibus, metastases regrederentur et infirma perfecte consanesceret. Constat enim concursum temporis et contextum esse inter supplicationes, quibus Beatus Damianus invocatus est, et sanationem D.nae Etheldredae (Audrey) Toguchi, quae nunc non optima dumtaxat valetudine utitur, sed rectam vitam degere potest, praesertim quod ad aliorum commercium attinet. Qua de sanatione, pro miro habita, in Curia Honoluluensi, a die 12 mensis Martii ad diem 16 mensis Aprilis, anno 2003, Inquisitio dioecesana instructa est, cum alia deinceps Inquisitio a die 15 mensis Februarii ad diem 10 mensis Maii, anno 2005, in supplementum fieret. Quarum et singularum vim praesens Congregatio ratam habuit per Decretum die 2 mensis Decembris, anno 2005, latum, quae ceterum statuit ut alia Inquisitio in supplementum perageretur: qua quidem a die 26 ad diem 30 mensis Novembris, anno 2007, condita, acta prioribus addita sunt vi Decreti in Ordinario Congressu die 7 mensis Decembris, anno 2007, lati. Consilium autem Medicorum, quod apud Dicasterium habetur, cum sederet die 18 mensis Octobris, anno 2007, agnovit sanationem, de qua agitur, celerem, perfectam stabilemque fuisse, eandem vero ex hodiernis artis cognitionibus minus explicari posse. Deinde vero, die 29 mensis Aprilis, hoc anno 2008, Theologi Consultores in Peculiarem, qui dicitur, convenere Congressum. Horum denique favorabilem sententiam Purpurati Patres et Antistites, subsequenti die 17 mensis Iunii in Sessione Ordi- Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 606 naria congregati, Exc.mo D.no Andrea Maria Erba, Episcopo em. VeliternoSignino, Causae Ponente, confirmarunt. Et in utroque Coetu, tam Consultorum, quam Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est. Facta postmodum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per infrascriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Beatissimus Pater, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, subsignata die pronuntiavit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Beati Damiani Iosephi de Veuster, sacerdotis professi Congregationis SS. Cordium Iesu et Mariae necnon Adorationis Perpetuae SS. Sacramenti Altaris, videlicet de celeri, perfecta stabilique sanatione dominae Etheldredae (Audrey) Toguchi a « liposarcoma altamente indifferenziato metastatizzato ». Mandavit autem Beatissimus Pater ut praesens Decretum publici iuris fieret et in acta Congregationis de Causis Sanctorum referretur. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis SENEN. seu ABBATIAE TERRITORIALIS S. MARIAE MONTIS OLIVETI MAIORIS Canonizationis Beati Bernardi Tolomei, Abbatis fundatoris Congregationis S. Mariae Montis Oliveti O.S.B. (1272-1348) DECRETUM SUPER MIRACULO Beatus Bernardus Tolomei (in saec.: Ioannes) Senae natus est die 10 mensis Maii anno 1272, disciplinas iuridicas didicit et ad imperialem dignitatem equestrem provectus est; sed caecitate fere absoluta perculso, decursum honorum desinit. Fere quadraginta annos natus, una cum nonnullis nobilibus Senensibus, de urbe discessit et in anachoretica solitudine se abdi- Congregatio de Causis Sanctorum 607 dit, Bernardi nomen sumens. Alii e saeculo cum illis ita convenerunt ut, coetus augenste, novam congregationem fundaret scilicet Olivetanorum. Proprium totius vitae Beati Tolomei fuit fidei magnum testimonium, virtutis heroica exercitatio, ministerium erga omnes nec non et mystica contemplatio. Flagrans pestifera contagione, in anno 1348, monasterii solitudinem reliquit et Senam regreditur ubi aegris peste assidens, et in ipsum terribilis ille morbus ingruit. Mortuus est natali in urbe die 20 mensis Augusti anno 1348. Canonizationis respectu, Causae Postulatio iudicio huius Congregationis de Causis Sanctorum assertam subiecit miram quandam sanationem Iosephi Rigolin, qui, illo tempore probandus iuxta monasterium Sancti Prosperi in oppido Camogli (GE), hodie monachus est Olivetanus nomine Placido Maria. Duodeviginti annos natus, iuvenis Iosephus inter diem 9 et 11 Septembris anno 1946, arreptus est a pituitali concursu, statim definito cum vehementibus doloribus in abdominali regione ob colicae appendicis morbum acutum, cum diffusa peritonaei inflammatione, gravi implicatione status generalis. Infausta prognosis ad brevissimum tempus edita est; paucae aegroto horae superfuerunt. Proximi probando orare coeperunt intercessionem Beati Bernardi invocantes. Contra praevisionem, noctu inter dies 15 et 16 Septembris prorsus evanuerunt abdominales dolores et febris decessit, una cum aliis morbi notis; aegrotus, praeter exspectationem, sine curatione, victo septico statu, salutem recuperavit. Evidens est concursus temporis et consequentia inter Beati Bernardi invocationem et sanationem Iosephi Rigolin, qui deinceps usque ad hodiernas dies sanus est. De sanatione, quae statim mira est habita, iuxta Curiam Genuensem celebrata est a die 8 mensis Martii anno 2002 ad diem 7 mensis Aprilis anno 2003 Inquisitio dioecesana, cuius iuridica validitas ab hac Congregatione per Decretum diei 3 mensis Octobris anno 2003 est approbata. Consilium Medicorum huius Dicasterii in sessione diei 14 mensis Octobris anno 2004 declaravit sanationem, septico e statu, celerem, perfectam, constantem et ex scientiae legibus inexplicabilem fuisse. Die 25 mensis Ianuarii anno 2005 Congressus actus est Peculiaris Consultorum Theologorum, quem die 28 Iunii anno 2005 ulterior Congressus secutus est; atque die 20 mensis Maii anno 2008 in ordinaria sessione se congregaverunt Patres Cardinales et Episcopi, Causae Ponente Exc.mo Domino Petro Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 608 Georgio Silvano Nesti, C.P., Archiepiscopo em. Camerinensi-Sancti Severini in Piceno. Et in utroque Coetu, sive Consultorum sive Cardinalium et Episcoporum posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret responsum affirmativum prolatum est. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Beati Bernardi Tolomei, Abbatis Fundatoris Congregationis S. Mariae Montis Oliveti O.S.B., videlicet de celeri, perfecta ac constanti sanatione domini Iosephi Rigolin a « appendicite acuta con pelviperitonite e schock settico avanzato, seguito da ascesso polmonare secondario ». Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex deferri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis ULYSSIPONEN. Canonizationis Beati Nonii Álvares Pereira, laici professi ex Ordine B.M.V. de Monte Carmelo (1360-1431) DECRETUM SUPER MIRACULO Beatus Nonius Álvares Pereira natus est die 24 mensis Iunii, anno 1360, in loco, ut videtur, quem vulgo appellant Flor de Rosa, in Lusitania. Ipse, uti mos erat nobilium gentium, ad militandum institutus, puer equestri dignitate auctus est et vero etiam in aula regia ministravit. Cum decimum sextum annum ageret, nobilem adulescentulam iam viduam duxit, quae tres ei liberos peperit. Exardescente autem bello inter Lusitanos et regnum Castellae, ipse militari virtute adeo eminuit ut viginti quinque annorum adulescens Congregatio de Causis Sanctorum 609 comes stabuli, id est dux summus exercituum, fieret. Posthac, amissa uxore, quominus ad secundas nuptias transiret, Nonius recusavit; quin immo post quosdam alios bellicos casus de suis ipse bonis secessit et in Ulyssiponensi coenobio habitum Fratrum B. M. V. de Monte Carmelo induit. Cum extremam ipse aetatem totus in oratione, in paenitentia, in caritate erga pauperes ageret, per integrum vitae suae curriculum talis vir summa fide praestavit, quam ceterum multimodis excoluit, ut, quaenam divina esset voluntas, constanter inquireret, sive Beatam Deiparam ferventi pietate prosequeretur. Exemplum Beati Nonii, qui quidem fortissimus vir Lusitanae gentis habitus est, etiam eiusdem aetatis homines admirandum atque imitandum censuere. Mortuus est Ulyssipone anno 1431. Propter eius canonizationem Postulatio Causae sanationem, quae divinitus, eodem Beato deprecante, patrata ferebatur, huic Congregationi de Causis Sanctorum subiecit expendendam. Quae res pertinet ad dominam Guillelminam (Guilhermina) de Iesu, quae die 27 mensis Februarii anno 1943, in loco vulgo dicto Vila Franca de Xira, in dioecesi Ulyssiponensi, nata est. Cum autem dicta mulier, die 29 mensis Septembris, anno 2000, dum pisces frigit, vitra ocularia, quibus ipsa plerumque utebatur, quippe quae esset oculis non satis prospiciens, deposuisset, praefervidi olei gutta, in sinistrum usque oculum prosiliens, corneam tuniculam graviter ulceravit. In isto genere notandum est quod curationes, quae inde adhibitae sunt, minus idoneae nec ipsae satis fuerunt. Die vero 6 mensis Novembris, quo Beati Nonii festum agitur, mulier una cum suis statuere se ad Beatum applicare, scilicet ad eius intercessionem impetrandam. Ideo, die 22 mensis Novembris, supplicationi novendiali initium factum est; cui quidem complures, inter quos et parochus, interfuere. Die autem 7 mensis Decembris, finita supplicatione, domina Guillelmina Beati simulacrum, quod ipsa domi habebat, maximo affectu osculata est. Et ita factum est ut mulier, postero mane, quibusvis dilapsis ulceris indiciis, rectam videndi facultatem recuperaret. Constat enim concursum temporis et contextum esse inter supplicationes, quibus Beatus invocatus est, et sanationem dominae Guillelminae de Iesu. Quo de casu, pro miro habito, a die 23 Novembris, anno 2004, ad diem 10 mensis Ianuarii, anno 2005, in Curia Ulyssiponensi Inquisitio dioecesana rite instructa est. Die autem 3 mensis Aprilis, hoc anno 2008, casus delatus est ad Coetum Medicorum, qui pronuntiavit eiusmodi sanationem ex artis cognitionibus explicari non posse, quippe cum mulier, etsi curationes haud satis evaserant, ilico, perfecte, perpetuo sana facta esset e gravi oculi ustione. Postea die 20 mensis Maii, eodem anno 2008, Theologorum Consultorum Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 610 Peculiaris Congressus habitus est; quorum quidem favorabilem sententiam Purpurati Patres et Antistites, die 17 mensis Iunii in Sessione Ordinaria congregati, Exc.mo D.no Franco Croci, Episcopo tit. Potentino in Piceno, Causae Ponente, confirmarunt. Et in utroque Coetu, tam Consultorum, quam Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est. Facta postmodum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per infrascriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Beatissimus Pater, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, subsignata die pronuntiavit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Beati Nonii Álvares Pereira, laici professi ex Ordine Fratrum B. M. V. de Monte Carmelo, videlicet de celeri, perfecta stabilique sanatione dominae Guillelminae de Iesu a « ulcera torpida corneale da ustione da olio bollente all’occhio sinistro ». Mandavit autem Beatissimus Pater ut praesens Decretum publici iuris fieret et in acta Congregationis de Causis Sanctorum referretur. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis BAIOCEN. ET LEXOVIEN.–SAGIEN. Beatificationis et Canonizationis Ven. Servi Dei Ludovici Martin, christifidelis laici et patrisfamilias (1823-1894) necnon Ven. Servae Dei Mariae Azeliae Guérin, christifidelis laicae et matrisfamilias (1831-1877) - coniugum DECRETUM SUPER MIRACULO Servus Dei Ludovicus Martin natus est Burdigalae die 22 mensis Augusti anno 1823. Iam inde a pueritia vitam religiosam amplecti cupide petivit, sed, provido consilio, postulatio eius recusata est. Dein Mariam Azeliam Guérin, octo annis quam eum iuniorem, novit et in matrimonium duxit, quae die 23 mensis Decembris anno 1831 in civitate Sancti Dionysii super Sartham orta Congregatio de Causis Sanctorum 611 erat atque eiusdem iter e religiosae vitae studio ad res mundi percurrerat, optima humana institutione necnon arte lintea acu insuendi praecellens. Ex eorum coniugio novem orti sunt filii, quorum quattuor in ineunte aetate mortui sunt, quinque autem quae superfuerunt filiae postea monasterii ostium ingressae sunt, e quibus fuit sancta Teresia Lexoviensis seu a Iesu Infante. Vita et opera utriusque Servi Dei persingulare fuit testimonium coniugalis familiaris spiritualitatis, in qua fides et oratio aptissime negotiorum modis, constanti voluntati Dei adhaesioni, virtutum pervestigationi firma cum peritia rerum sociatae, magnanimitati in tribulationibus, affectui familiae generosae curae pauperum comitati se conseruerunt. Maria Azelia, atroci cancro correpta, anno 1877 obiit, Ludovicus autem vixit diu, filiarum institutioni necnon Dei contemplationi deditus atque corpore vexatus usque ad mortem, quae in oppido Arnières anno 1894 occurrit. Beatificationis respectu, Causae Postulatio iudicio huius Congregationis de Causis Sanctorum assertam subiecit miram sanationem Petri Schilirò, pueri, qui, iam inde ab ortu, qui Modiciae die 25 mensis Maii anno 2002 evenit, in magnum discrimen vitae ruit ob defectum respirationis adeo gravem, ut extemplo in valetudinarium reciperetur et subsidia afflatus externa ope ei suppeditarentur. Condiciones pueri vero continuo eo vertebantur in peius, ut prognosis diceretur infausta quoad vitam. Sacerdos quidam, autem, qui ad baptismum puero ministrandum appellatus erat, familiam monuit, ut Venerabiles sanctae Teresiae a Iesu Infante parentes invocaret. Quae enim, diebus baptismum insequentibus, etiam cum aliis fidelibus pro Petri sanatione divinum auxilium per intercessionem Servorum Dei Ludovici et Mariae Azeliae invocare coepit. Post menstruas angustias, repente pueri condiciones eo claram ostenderunt et diutinam inversionem, ut Petrus regulariter et sine ullo auxilio perspirare inciperet. Patuit vero coniunctio temporis, sicut et nexus inter invocationem Servorum Dei et sanationem Petri Schilirò, qui hodie optima valetudine utitur et normales vitae consuetudines gerere potest. De hac mira habita sanatione inter diem 16 mensis Aprilis et diem 10 mensis Iunii anno 2003 apud Curiam Archidioecesis Mediolanensis Inquisitio dioecesana celebrata est, cuius auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 14 mensis Novembris anno 2003 probatae sunt. Dicasterii Collegium Medicorum in sessionibus diei 1 mensis Februarii anno 2007 et diei 17 mensis Ianuarii anno 2008 sanationem rapidam, completam, duraturam et inexplicabilem secundum scientiam medicam fuisse affirmavit. Die 17 mensis Martii anno 2008 Congressus Peculiaris Consulto- Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 612 rum Theologorum factus est et die 15 insequentis mensis Aprilis Sessio Ordinaria Patrum Cardinalium et Episcoporum habita est, Ponente Causae Excellentissimo Domino Angelo Comastri, Archipresbytero Basilicae Vaticanae. Et in utroque Coetu, sive Consultorum sive Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret responsum affirmativum prolatum est. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de miraculo a Dei patrato per intercessionem Venerabilium Servorum Dei Ludovici Martin, christifidelis laici et patrisfamilias, et Mariae Azeliae Guérin, christifidelis laicae et matrisfamilias, videlicet de rapida, completa ac perpetua sanatione pueri Petri Schilirò a « grave sindrome da aspirazione meconiale associata a ipertensione arteriosa e complicazioni subentranti con numerosi pneumotoraci ». Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis TERGESTINA Beatificationis seu Declarationis Martyrii Servi Dei Francisci Ioannis Bonifacio, Sacerdotis dioecesani in odium fidei, ut fertur, interfecti († 11.09.1946) DECRETUM SUPER MARTYRIO « Dominus pars hereditatis meae et calicis mei: tu es qui detines sortem meam » (Ps 16, 5). Nostra aetate florida verba Psalmistae, levitae Veteris Foederis, sive in vita mirabiliter refulgent sive in pio transitu Servi Dei, presbyteri dioecesani Francisci Ioannis Bonifacio, qui in supremo suae testificationis momento proprium effudit sanguinem, eumque calici Domini sociavit. Congregatio de Causis Sanctorum 613 Die 7 mensis Septembris anno 1912 Pirani in Histria, quo tempore oppidum hoc pertinebat ad circumscriptionem dioecesis Tergestinae et in praesens ad dicionem Iustinopolis, Servus Dei primum lumen vidit, secundogenitus inter filios ex familia paupere, ampla numero penitusque christiana. A primaeva inde aetate Franciscus Ioannes mitem ostendit indolem; obsequentem insuper se praebuit, apertum ad spirituales valores, humano sensu praeditum erga egenos. Postquam ad ecclesiale ministerium vocari persensit, seminarium ingressus est et institutionis curriculo se dedit, quo expleto, sacro presbyteratus ordine est insignitus, die videlicet 27 mensis Decembris anno 1936. Apostolica prima exercuit opera in paroeciis locorum Pirani et Civitatis Novae, condicionibus loci non obsistentibus, ubi peculiariter studiosum apparuit erga iuvenes, qui in Domini Francisci familiaritatem venientes, congregari et colloqui de rebus catecheticis, ac maxime sua sincera benignitate et sollicitudine attrahi poterant. Amicitiae vinculum fovens cum coetibus diversae stirpis suos intra fines degentibus, Servus Dei nullum personarum discrimen afferebat; modus enim sese gerendi erga omnes tantummodo fide et prompta sedulitate ducebatur. Vehementer incitatus et valido orationis spiritu suffultus, Dominus Bonifacio pastoralem actuositatem ita explicavit ut tam religiosae institutioni recentium generationum quam servitio pauperum et infirmorum praecipuum tribueret locum. Cursus tamen eius consuetae vitae cotidianae eventibus alterius mundani belli afflictatus est et sequenti regiminis Communistarum instauratione in Venetia Iulia. Dum psychologica et physica saevitia magis in dies grassabatur, aperte prodiit spiritus oboedientiae Servi Dei nec non fortitudo qua impulsus est ad suam sedem constanti fidelique deditione servandam, propriam vitam in misericordes Domini manus commendans. Sub vesperum diei 11 mensis Septembris anno 1946, cum in Villam Gardossi rediret, ubi a die 1 mensis Iulii anno 1939 morabatur, a quibusdam hominibus comprehensus est qui deportarunt eum quadam raeda vectum; et ab illo temporis puncto confusa sunt eius vestigia; statim tamen persuasio diffusa est, nempe quod necatus esset. Quidam insuper tenebant corpus eius quandam in foveam eiectum esse. Maior pars incolarum Villae Gardossi et sacerdotum, et primus inter omnes ipse Episcopus dioecesanus, fleverunt funestum decessum Domini Francisci Ioannis; idcirco luctuosam eius mortem, quam subiit ipse aetatis annos tantummodo agens quattuor et triginta, verum duxerunt martyrium. Haec fama martyrii in dies increbruit, licet primis annis, ratione habita de perse- Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 614 cutionis contextu in Ecclesiam ex parte regiminis Communistarum Iugoslaviae, dioecesana periodus Processus Beatificationis incipi non posset. Sub secreto omnimode servato, innumeri tamen collecti sunt fontes documentorum, quibus testimonia continebantur et relationes, quae postea, politica sedata condicione, fundamentum constituerunt dioecesanae Inquisitionis. Haec quidem instructa est a die 21 mensis Decembris anno 1995 ad diem 22 mensis Martii anno 1998, cuius iuridicam auctoritatem agnovit Congregatio de Causis Sanctorum, Decretum vulgans die 27 mensis Novembris anno 1998. Exarata Positione, disceptatum est, ut de more, an mors Servi Dei verum fuisset martyrium. Die 8 mensis Ianuarii anno 2008 habitus est Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum faventem ferentium huiusmodi sententiam. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die 4 mensis Martii anno 2008 congregati, audita Relatione Ponentis Causae, Exc.mi D.ni Lini Fumagalli, Episcopi Sabinensis-Mandelensis, edixerunt Servum Dei ob fidelitatem erga Christum esse interemptum. De hisce omnibus rebus, referente subscripto Cardinale Praefecto, certior factus Summus Pontifex Benedictus XVI, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit constare de martyrio eiusque causa Servi Dei Francisci Ioannis Bonifacio, Sacerdotis dioecesani, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis Congregatio de Causis Sanctorum 615 ULYSSIPONEN. Canonizationis Beati Nonii Álvares Pereira, laici professi ex Ordine B.M.V. de Monte Carmelo (1360-1431) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Cantate Domino canticum novum; laus eius in ecclesia sanctorum. Laudent nomen eius in choro, in tympano et cithara psallant ei, quia beneplacitum est Domino in populo suo, et honorabit mansuetos in salute » (Ps 149, 1. 3-4). Mira cum singularitate hic antiqui psalmistae cantus exsultationis vitae operibusque Beati Nonii a Sancta Maria personat, cuius indoles Lusitaniae historiam Mediae Aetatis eminenter informat eiusdemque, inter alia praecellentia exempla, genuina atque intimissima anima habetur. Nonius Álvares Pereira, filius naturalis Alvari Gonçalves Pereira et nobilis matronae Irenis Gonçalves de Carvalhal, die 24 mensis Iunii anno 1360, fortasse Bonohorto, natus est, quem ortum insequenti anno Petrus I rex legitimavit. Armis innutritus, uti mos nobilitatis filius temporis erat, iam adulescentiae tempore eques nominatus est et tamquam puer regius aulae adfuit, ubi institutionem castrensem perfecit. Dum decimum septimum suae aetatis annum agebat, patre urgente, viduam Eleonoram de Alvim uxorem duxit, quae ei tres filios dedit, ex quibus Beatrix, quae sola viva restitit, Alfonso, Bragantiae duci I et Ioannis I regis filio, nupsit. Bello inter Lusitaniam et Castellam flagrante, adeo habuit Nonius virtutis suae exhibendae occasiones, ut gesta eius epica celeberrimus poeta Aloisius Vaz de Camões in illis « Lusiadas » celebraret. Animum suum admodum in angustiis regni ostendit, quae anno 1383 mortem Ferdinandi I regis secuta sunt, cum Lusitana hereditariae successionis causa regno Castellae admisci periclitata est: illis enim in adiunctis strenue Nonius libertatem nationis defendit et, insequenti anno, ipsius regis Castellae asseclas in proelio Atoleiri decertato adeo superavit, ut Magister de Avis, dein rex Lusitaniae proclamatus, comitem stabulae eum eligeret, quapropter summus dux exercitus factus est. Posterioribus in bellicis negotiis iuvenis comes non modo omnino Castellanos devicit, sed etiam in hostes erupit magnas in ipsa adversa acie adipiscens victorias. Etsi vero magna fuit Beati militaris virtus, maior tamen fides et spiritus orationis. Peculiarem enim coluit pietatem eucharisticam, quam, licet tantum sollemnioribus in festivitatibus communicare posset, cotidiana Sanctae 616 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Missae participatione fulsit. Praecipuam habuit devotionem erga Mariam Virginem, in cuius honorem crebrius ieiunabat. Milites adhortari solebat, ut Deo semper confiderent et sacramentis interessent, omnes Dei auxilio et Beatissimae Virgini intercessioni victorias suas assignans. Ad lumen temporum vitae suae, necnon societatis et culturae coaevorum adiunctorum et spiritualitatis ac religiositatis sensuum, militiam suam tamquam ministerium in servitium iurium populi Lusitani ad liberam suipsius gubernationem ab omni aliena potestate solutam ratus est. In Matrem Dei comes maximam gratiam pandit, apud Sanctuaria Beatissimae Virginis peregrinus se conferens atque plurimas ecclesias in eiusdem honorem deditas suo sumptu aedificans. Tanti herois nomini iunguntur quoque monasterium et ecclesia Sanctae Maria a Victoria, architecturae goticae Lusitanae opus venustissimum, omnibus sub nomine « de Proelio » seu vulgo da Batalha notum et Ioannis I regis iussu exstructum. Plurima belli negotia a domo Nonium invitum diutissime seposuerunt, qui autem post mortem uxoris, anno 1387 occursam, alteras nuptias renuit. Testimonia scriptorum historiarum Lusitaniae illius temporis non modo eum constans exemplum angelicae puritatis vitae obtulisse conveniunt, sed etiam nihil militum suorum impudicitiae pati posse. Summa erga cuiusvis generis egenos benignitate semper eluxit et, pace cum Castella conventa, bona sua reliquit et habitum carmelitanum induit in Conventu Ulyssiponensi, quem et ipse fundaverat, condicionem « fratrum donatorum » et nomen sumens fratris Nonii a Sancta Maria. Intercessio tantum principis domini Duartii, Ioannis I regis filii, eum a novo conventu procul Lusitania expetendo prohibere valuit, ut assiduas civium illustrium visitationes effugeret. Beatus Nonius anno 1431, fortasse die 1 mensis Aprilis, mortuus est, octo post annos vitae orationi, paenitentiae et caritati erga pauperes omnino deditae. Universa aula regia sollemnibus exsequiis interfuit eius, quem iam populus acclamaverat sanctum et heroem nationis. Exuviae eius Ulyssipone in celeberrima ecclesia Carminis iacent. Summus Pontifex Benedictus XV cultum Nonio a Sancta Maria tributum confirmare statuit et titulum Beati die 23 mensis Ianuarii anno 1918 publice probavit. Ob hanc sanctitatis famam, a die 13 mensis Iulii anno 2003 usque ad diem 13 mensis Aprilis anno 2004 apud Curiam Ulyssiponensem Inquisitio dioecesana celebrata est, quam supplementum secutum est, quorum auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decretis dierum 3 mensis Decembris anno 2004 et 9 mensis Iunii anno 2007 probatae sunt. Congregatio de Causis Sanctorum 617 Positione confecta, iuxta morem, die 22 mensis Februarii anno 2008, in Congressu Peculiari Consultorum Theologorum prospero cum exitu disceptatum est, iuxta consuetudinem, an Servus Dei more heroum virtutes christianas exercuisset. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria diei 6 mensis Maii anno 2008, audita relatione Excellentissimi Domini Francisci Croci, Secretarii emeriti Praefecturae rerum oeconomicarum Sanctae Sedis, Causae Ponentis, professi sunt Beatum Nonium a Sancta Maria virtutes theologales, cardinales iisque adnexas in modum heroum coluisse. Facta postmodum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per infrascriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Beatissimus Pater, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, subsignata die pronuntiavit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Beati Nonii Álvares Pereira, laici professi ex Ordine Fratrum B. M. V. de Monte Carmelo, in casu et ad effectum de quo agitur. Mandavit autem Beatissimus Pater ut praesens Decretum publici iuris fieret et in acta Congregationis de Causis Sanctorum referretur. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis ANTIOCHENAE MARONITARUM Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Stephani Douayhy, Patriarchae Antiocheni Maronitarum (1630-1704) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Narrabo nomen tuum fratribus meis, in medio ecclesiae laudabo te. Qui timetis Dominum, laudate eum; universum semen Iacob, glorificate eum. Metuat eum omne semen Israel » (Ps 22, 23-24). 618 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Sollemnia psalmistae verba, seu iusti inique persecutione afflicti, vita operibusque Venerabilis Servi Dei Stephani Douayhy mira cum singularitate personant, qui exemplo suae conversationis testimonium Domino perhibuit, summam pro populo operam etiam persecutionis tribulationisque tempore impendens. Servus Dei in vico Ehden in Libano septemtrionali die 2 mensis Augusti anno 1630 natus est e familia christiana traditione ferventer informata. Vix trium annorum puerculus iam patre orbatus, optimam institutionem atque eruditionem congruam Stephanus recepit. Iam inde ab infantia, enim, insignes indolis et intellectus ostenderat dotes, quibus praeter oculos proximorum et omnium qui eum convenirent adeo conspiciendus sincere aestimabatur, ut honestissimum Episcopo et Patriarchae videretur consilium Romam mittere eum, qui modo undecimum annum aetatis explebat, ut apud Collegium Maronitarum in studia incumberet. Pietatis disciplinaeque spiritus ingens, necnon reverentiae erga superiores et modestiae in socios studiorum, totam eius iuventutem imbuit atque etiam in dies eminens fidei ratio, intima et genuina humilitas ac propositum vitae iugiter fratrum servitio vacantis in animo eius confirmabantur. Eius optimi studiorum exitus vero periclitabantur maxime, cum caecitas fere integralis iuvenem corripuit, cuius sanatio, per intercessionem Beatae Mariae Virginis patrata, valuit, ut Stephanus iter institutionis persequeretur. Cum anno 1655 in Libanum rediisset, sedulam navitatem pastoralem praesertim pro pueris eius vici natalis explevit, ubi insequenti anno presbyteratu auctus est. Munus iuvenum institutionis curandae suscepit, quorum aliqui postea presbyteri facti sunt. Magisterium hoc ministerium Servi Dei apprime informabit, qui instanter veram et efficacem virtutem paedagogicam in eo ostendit. Hos ad spiritualitatis eruditionisque labores totum se conferens, Pater Stephanus multa de re philologica scripsit, acuto cum intellectu praesertim in plurimorum manuscriptorum liturgicorum Maroniticae communitatis studium incumbens, quod vocem tantae traditionis ecclesialis reficere valuit: liturgiam, enim, non modo uti magnam orationem Ecclesiae et culmen supremum spiritualitatis habuit, sed tamquam fontem et speculum agnitionis ipsius populi atque humani provectus matricem. Alacritas insuper Evangelii praeconis ei haud defuit: persecutione Turcorum autem in Libano septemtrionali grassante, coactus est, ut in vicum Hauqam se reciperet, ubi vero magisterio functus est. Congregatio de Causis Sanctorum 619 Dein munere Visitatoris Patriarchalis in Libano meridionali functus est paroeciasque curavit et Aleppi in Syria praesertim miram dedit operam, laboriosa cum sedulitate lectiones divinas tradens, infirmos visitans, lites ubique componens et spiritualitatem liturgicam fovens, atque praecipue ad unitatem inter diversas Ecclesias Orientales promovendam et ad easdem ad Romanam communionem reducendas, caritatem et amicitiam ostendens atque eloquentia et eruditione sua auditores allicens, valde operatus est, etiam tamquam sacrae Congregationis de Propaganda Fide missionarius. Anno 1668 Episcopus Dioecesis Maronitarum in insula Cypro ordinatus est et postea, die 20 mensis Maii anno 1670, Patriarcha Maronitarum electus. Supremam auctoritatem in Ecclesia sua gerens, populum suum duxit sustinuitque inter calamitates tunc Maronitis impendentes. Quinquies a patriarchali sede deiectus, non desinit fidelibus suis animum addere atque pastorali munere fungi, praedicatione atque prompto adiumento caritatis suae. Inimicis ignoscit; dignitatem sedis suae patriarchalis Antiochenae atque incolumitatem gregis sui omnibus viribus profusis defendit. Tandem valetudine fractus, Patriarcha Stephanus, in residentiam suam patriarchalem Qannubin reversus, die 3 mensis Maii anno 1704 in Domino quievit. Ob increscentem sanctitatis famam, quae Servum Dei, virum magni ecclesialis et socialis momenti, succinxit, a die 13 mensis Decembris anno 2000 usque ad diem 7 mensis Martii anno 2002 apud Curiam Antiochenam Maronitarum Inquisitio dioecesana celebrata est, cuius auctoritas ac vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decretis diei 8 mensis Novembris anno 2002 probatae sunt. Positione confecta, die 24 mensis Ianuarii anno 2006 in Congressu Peculiari Consultorum Historicorum et die 12 mensis Februarii anno 2008 in Congressu Peculiari Consultorum Theologorum prospero cum exitu disceptatum est, iuxta consuetudinem, an Servus Dei more heroum virtutes christianas exercuisset. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria diei 17 mensis Iunii anno 2008, audita relatione Suae Beatitudinis Eminentissimi Domini Ignatii Moysis I Card. Daoud, Praefecti emeriti Congregationis pro Ecclesiis Orientalibus, Causae Ponentis, professi sunt Servum Dei Stephanum Douayhy virtutes theologales, cardinales iisque adnexas in modum heroum coluisse. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Tempe- Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 620 rantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Stephani Douayhy, Patriarchae Antiocheni Maronitarum, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii anno Domini 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis ROMANA seu FLORENTINA Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Bernardini a Portu Romatino (in saec.: Iosephi Dal Vago) ex Ordine Fratrum Minorum, Archiepiscopi titularis Serdicensis (1822-1895) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Apud te laus mea in ecclesia magna; vota mea reddam in conspectu timentium eum. Edent pauperes et saturabuntur, et laudabunt Dominum, qui requirunt eum » (Ps 22, 26-27). Mirabilis Psalmistae precatio, qua fidens voluntati Divinae deditio exprimitur, paucis verbis et ingenti cum efficacia sensum vitae complectitur et specificam missionem quam implevit Servus Dei Bernardinus a Portu Romatino, in saeculo Iosephus Dal Vago, veluti fidelis testis Domini, indefatigabilis pauperum minister, culturalis et theologicae investigationis validus fautor. Servus Dei in oppido Portu Gruarii, ex Veneta regione, die 15 mensis Ianuarii anno 1822 natus est, tertiogenitus ex quattuor filiis, e familia authenticae christianae fidei. Duobus post diebus baptismali ablutus est lavacro apud paroeciale templum Sancti Andreae Apostoli. Adhuc infans tribulationes praemature est expertus. Brevi enim annorum spatio parentes mortem obierunt, quamobrem puerulus Iosephus prius apud propinquos, deinde apud quoddam Venetiarum Collegium exceptus est. Adulescentiae periodum summa vixit gravitate ac serenitate; etenim eius simplici laetaeque indoli perspicua animi comitas accedebat una cum miro Congregatio de Causis Sanctorum 621 fidelitatis sensu. Ingenii insuper dotibus eminebat, quae detectae sunt ex optimis fructibus quos in studiorum curriculo colligere potuit. Hoc ipso tempore, Iosephus indicia religiosae vocationis lucide persensit. Sequentibus annis sive consilium quaerendo, sive in meditatione sistendo ac praesertim preces effundendo, hic iuvenis ad maturum consilium pervenit formam vitae apud Fratres Minores amplectendi. Admissus est in Conventum Venetum Sancti Michaelis in Insula, ubi religiosum induit habitum, Bernardini nomen assumens; et expletis diversis consuetisque formationis gradibus, religiosa vota nuncupavit. Anno 1844, tres et viginti annos nondum agens, praehabita aetatis dispensatione, sacro presbyteratus ordine est insignitus. Nutritus religiosa disciplina franciscali spiritu perfusa, obtinuit ut eius pietatis sensus, quo inde ab infantia praecelluit, roboraretur et in itinere vitae illius cotidianum constitueret viaticum. Peculiarem in modum ardenti eminuit devotione erga Eucharistiam celebratam et ferventer adoratam, erga Beatissimam Virginem quam filiali suavitate diligebat, nec non erga Sanctum Ioseph, cuius nomen sumpserat quemque uti specialem habebat « procuratorem ». Novellus presbyter primum munus implevit theologiam moralem docendi, cui sponte accessit ministerium praedicationis et animarum moderamem. Pater Bernardinus altissimis fruebatur persuasionibus et dotibus communicationis, prudentia et alacritate, spiritu consilii et indefesso fervore fruebatur. Eius in opere virtus et cultura intexebantur; sed non minoris momenti testimonium exstitit amoris erga fratres, quem per crebrum exercitium operum corporalis misericordiae ad effectum perducebat. Primis eius muneribus sacri ministerii citissime addita sunt officia maioris ponderis intra Ordinem: etenim Pater Bernardinus exstitit, aut subsequentibus annis aut aliquando simultaneo tempore, pro-secretarius provincialis, definitor moderatoris sui conventus, minister provincialis Venetiarum, procurator ac tandem minister generalis qua de re in Urbem se conferre debuit. Unde sua in vita actio gubernandi evidentior et difficilior evasit. Servus Dei omnes vires impendit in promovenda essentiali renovatione vitae religiosae, quae peculiarem in modum requirebatur tempore illo quo extraordinaria volvebatur transformatio culturalis et socialis, priusquam fieret politica: quod exstitit Undevicesimum Saeculum Europaeum. Et sub lumine huius innovatricis actionis respondentis ad ingentes hodiernae aetatis provocationes et ad constantes rerum evolutiones, duo condita sunt altioris formae spiritualis et culturalis Instituta, Collegium scilicet Sancti Bonaventurae ad Claras Aquas, Florentiae, et futura Studiorum Universitas « Antonianum » in Urbe. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 622 Paucis annis ante mortem episcopatus ordine est insignitus. Quamvis summa deditione per universum vitae suae cursum ministerium peregerit, non defuerunt illi incomprehensiones, reluctationes, asperitates, tribulationes varii generis: attamen spiritu fidei et fortitudinis suffultus, Pater Bernardinus omnia absque dubio et haesitatione Deo confisus oppetivit. Diuturna quoque aegritudo, quae conduxit eum ad extremum vitae cursum, testimonium eius adhaesionis ad Domini voluntatem congruenter constituit. In loco Quaracchi placide quievit die 7 mensis Maii anno 1895. Perpensa sanctitatis fama, qua Servus Dei vivens fruebatur et magis adhuc post mortem, Romae instructus est Processus Informativus a die 23 mensis Iunii anno 1945 ad diem 28 mensis Iunii anno 1950, iisdemque annis Assisii, Venetiis et Florentiae peracti sunt Processus Rogatoriales, quorum iuridicam validitatem agnovit Congregatio de Causis Sanctorum, Decretum edens die 22 mensis Ianuarii anno 1993. Apparata Positione, ut de more disceptatum est num Servus Dei virtutes heroicum in gradum exercuisset. Peculiaris Congressus Consultorum Theologorum die 16 mensis Ianuarii anno 2007 affirmativum ediderunt responsum. Item Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die 20 mensis Maii anno 2008 congregati, audita relatione Ponentis Causae, Exc.mi D.ni Petri Iacobi De Nicolò, Nuntii Apostolici, agnoverunt Servum Dei Bernardinum a Portu Romatino in theologalibus, cardinalibus eisdemque adnexis exercendis virtutibus heroicum attigisse gradum. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, nec non de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Bernardini a Portu Romatino (in saec.: Iosephi Dal Vago), Archiepiscopi titularis Serdicensis ex Ordine Fratrum Minorum, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii, A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis Congregatio de Causis Sanctorum 623 ANDRIEN. Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Iosephi Di Donna ex Ordine Sanctissimae Trinitatis, Episcopi Andriensis (1901-1952) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Et dabo vobis pastores iuxta cor meum, et pascent vos scientia et doctrina » (Ier 3, 15), immo « ego pascam oves meas et ego eas accubare faciam » (Ez 34, 15). Promissio Domini, ab antiquis Prophetis Israeliticis annuntiata et in Iesu, Pastore et Episcopo animarum nostrarum (cfr 1 Pt 2, 25) expleta, in Ecclesia adimpleri pergit, quoniam Ipsemet, Pastor Bonus, in historiae itinere suum gregem ducere non cessat, praesentem se reddens in pastoribus qui, per gratiam et ad imaginem eius, proprium ministerium peculiari adimplent fidelitate. Quos inter annumerandus est Servus Dei Iosephus Di Donna. Hic enim, ultimus inter quindecim filios, e familia admodum christiana Rudiis, Provinciae Barensis, natus est die 23 mensis Augusti anno 1901. In familiae ambitu serenam peregit infantiam, signatam profundo contextu authenticae consuetudinis, efficaci apertura immo extra limites familiares nec non progressiva ac persuasa ad humanos religiososque valores adhaesione: haec aura serenae spiritalitatis totam eius vitam invasit. In itinere formationis confestim ortum est desiderium vitam religiosam apud sodales Trinitarios amplectendi. In hac perfectionis experientia vires alacriter ac constanter insumpsit, ita ut — iuxta ea quae superiores ac condiscipuli adverterunt — « ex anima bona anima optima fieret ». Summo cum gaudio vota nuncupavit et die 18 mensis Maii anno 1924 sacro presbyteratus ordine est insignitus. Munus Magistri alumnorum sui Ordinis primum fuit officium quod iuvenis presbyter sibi assumpsit. Prout quidam testatur qui ab illo formatus est, Servus Dei imitatione dignus exstitit in servanda Regula, severus ac laetus in modo sese gerendi, liberalis et a rebus seiunctus, perdiligens in maximis rebus requirendis, attamen indulgens ac reverens erga periodos maturationis cuiusque iuvenis. Iterum iterumque spiritali congruentia specificum vivens charisma Ordinis Sanctissimae Trinitatis, Pater Iosephus missionarius in Madagascariam se contulit. Duobus lustris quibus in missione vitam gessit summa eminuit deditione curam adhibens tum de illo territorio tum de eius necessitatibus 624 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale materialibus et spiritalibus, in quorum auxilium fervens religiosus suas intellegentiae et incepti dotes effudit. Eodem tamen tempore exortae sunt difficultates, quarum praecipuae causae fuerunt instabiles condiciones oeconomicae nec non ingentes contentiones politicae; nullum tamen impedimentum confringere poterat ferventem animum Servi Dei, qui econtra ipsis in obstaculis reperiebat non profligationis causam sed potius tempestivam crescendi in spe et in fidelitate erga Dominum occasionem. Dum maximopere intendebat servitio humanae ac christianae promotionis illius populi Madagascariensis, ex improviso novit se nominatum esse Episcopum oppidi Andriae, quod ab eius natali terra non longe abest. Exc.mus D.nus Di Donna dioecesim Apulam ingrediebatur anno 1939, quo ipso anno horrendum saevire coepit bellum quod, mox, ob sequentem Italiae implicationem, humiles gentes meridianae regionis prostravit, innumeras afferens difficultates haud facile solvendas. Servus Dei, bonus pastor suae communitatis, promissorium munus sibi a Providentia commissum non effugit, sed, spe posita in Deo et Virgine Maria, rectae conscientiae mitisque audaciae sensu difficiles oppetivit angustias bellica ac post-bellica periodo exortas. Exc.mus D.nus Di Donna centrum aequilibrii in perfectione assidue quaerenda repperit: et ita se gessit summa simplicitate et humilitate sustentatus. Occursus cum Christo verum exstitit iter eius vitae cotidianae, ita ut experientia fidei signaret eum inde ab infantia, roboraret eum in constanti orationis spiritu, doceret eum rectam viam per oboedientiam voluntati Domini, et in specifico eius ministerio pastorali ostenderetur. Suffultus cotidiana celebratione eucharistica, quam excoluit assidua participatione et communicatione sacrificii redemptoris, Servus Dei fortem se praebuit in tribulationibus, serenum in iudiciis, a terrenis rebus seiunctum, rectum in omnibus circumstantiis, industrium in fraterno auxilio, misericordem et indulgentem ad offensiones sibi illatas ignoscendas. Modus sese gerendi erga proximum, praecipue erga dolentes et egenos, quorum numerus mundiali conflagratione grassante ac postea paulatim increbrescebat, iugiter incitatus est summa eius liberalitate. Praeiudiciis et incomprehensionibus neglectis, Dominus Di Donna tantummodo utilitati singulorum hominum et totius eorum compaginis socialis prospiciebat. Quadam periodo maxime difficili, ob deflagrantes controversias culturales, oeconomicas et politicas, insignis Praelatus exstitit fide dignus testis veritatis, integer plasmator conscientiarum, vir aequo et iusto animo praeditus, operator pacis et reconciliationis, fermentum efficacis progressionis sui populi. Congregatio de Causis Sanctorum 625 Postquam « bonum certamen certavit et cursum consummavit » (cfr 2 Tim 4, 7), Iosephus Di Donna in urbe Andria die 2 mensis Ianuarii anno 1952 animam Domino reddidit. Ob eius mortem ingens luctus factus est, quo significata est fama sanctitatis admodum radicata in fidelibus eius dioecesis et in omnibus qui cognoverunt eum. Hanc propter famam, a die 30 mensis Novembris anno 1956 ad diem 4 mensis Iulii anno 1966 instructus est apud Curiam dioecesanam Andriensem Processus Ordinarius Informativus, quem secuti sunt duo Processus Rogatoriales. Per Decretum editum die 18 mensis Octobris anno 1991 Congregatio de Causis Sanctorum iuridicam Processuum validitatem agnovit. Apparata Positione, disceptatum est, uti ex consuetudine, utrum Servus Dei virtutes heroico gradu expleverit. Faventem ferens sententiam, die 7 mensis Novembris anno 2006 actus est Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum. Patres Cardinales et Episcopi congregati in Sessione Ordinaria die 15 mensis Aprilis anno 2008, audita relatione Ponentis Causae, Exc.mi D.ni Petri Iacobi De Nicolò, Archiepiscopi tit. Martanaensis, testati sunt Servum Dei Iosephum Di Donna in exercendis theologalibus, cardinalibus eisque adnexis virtutibus heroicum attigisse fastigium. Facta postmodum Summo Pontifici Benedicto XVI de omnibus praemissis accurata relatione per subscriptum Cardinalem Praefectum, Beatissimus Pater vota Congregationis de Causis Sanctorum amplectens et rata habens, die infra signato sollemniter declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe, Caritate tum in Deum tum in proximum, nec non de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, Servi Dei Iosephi Di Donna, ex Ordine Sanctissimae Trinitatis, Episcopi Andriensis, in gradu heroico exercitis, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Decretum Beatissimus Pater in vulgus edi et in Acta Congregationis de Causis Sanctorum referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis 626 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale PORTALEGREN. IN BRASILIA Beatificationis et Canonizationis Servae Dei Mariae Barbarae a Sanctissima Trinitate (in saec.: Barbarae Maix) Fundatricis Congregationis Sororum ab Immaculato Corde Mariae (1818-1873) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Fortitudo mea et robur meum Dominus, et factus est mihi in salutem. Iste Deus meus, et glorificabo eum; Deus patris mei et exaltabo eum! » (Ex 15, 2). Canticus Moysis, qui apud Videntem Patmi illum ab iis qui vicerunt bestiam proclamatur (cf. Ap 15, 2-3), vita ac spiritualitate venerabilis Servae Dei Mariae Barbarae a Sanctissima Trinitate speciali cum magnificentia personat. Serva Dei, enim, in saeculo Barbara Maix, Vindobonae die 27 mensis Iunii anno 1818 nata est, ultima ex viginti quattuor filiis, quos pater ex duobus matrimoniis perceperat, sed ad ortum Barbarae iam plerique ex utraque matre fratres mortui erant. Familia eius, pauper simul et honesta, quae insigni religiositate excellebat, indolem iuvenis Barbarae enutrivit et strenua perseverantia, benigna pauperum cura et immensa fide in divina Providentia efformavit. Decimum sextum vix agens aetatis annum parentibus orbata, ad laborem accessit et iamiam difficultates mulierum licet in provecta societate Asburgorum pervidit: mulieres quae sive laborem exercerent sive otiosae essent ad omnem usurpationem obiciebantur. Tum deversorium fundare statuit, in quo una cum aliquibus coaetaneis incepit vivere quasi in Conventu esset. Exoptata autem recognitio istius institutionis neque ex ecclesiastica neque ex civili auctoritate pervenit. In tantis paene invictis aerumnis Serva Dei propositum aluit in Civitates Foederatas Americae Septentrionalis cum sociis transmigrandi, sed cum navis modo esset de Amburgo in Brasiliam decurrens, Americam Meridionalem aciem navitatis ipsius futuram esse intellexit. Parvus coetus, quem Episcopus Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii recepit, primo apud Conventum Sororum Conceptionistarum exceptus est, dein, aucto in dies eius numero, sui iuris factus est, sumpsit nomen Sororum a Corde Mariae, postea in Congregationem Sororum ab Immaculato Corde Mariae a Summo Pontifice Pio XII anno 1947 mutatum et assiduae vacavit fundationi collegiorum, asylorum pro pueris, scholarum, receptaculorum pro orphanis, domorum religiosarum, quae infirmorum curae ac promotionem pauperum, praesertim mulierum, faverent. Angustiae, lites, dissensiones Congregatio de Causis Sanctorum 627 et graves aerumnae variis erumpentibus contagionibus nihil percusserunt fortitudinem spiritualem Fundatricis, quae, ab omni auctoritate destituta, in civitate Catumbia apud Sanctum Sebastianum Fluminis Ianuarii in domo quadam privata die 17 mensis Martii anno 1873 morti occubuit. Constans voluntatis Dei pervestigatio et primatus gratiae conscientia fuerunt signum perspicuum spiritualitatis Matris Mariae Barbarae. Ipsas temptationes vitae Serva Dei adeo sub hac specie accepit, ut olim verba haec eximia in Litteris ad unam communitatum eius scribere potuerit: « Quamdiu pro Deo pati possumus, tempus est gratiarum ». His ex lineamentis omnes promanant virtutes eius, quae in firmo ingenio naturae radicantur, scilicet mira fortitudo in persequendis propositis bonis, quae Dominus in ea inflavit; strenua patientia in tribulationibus, morbis et malis eventibus; magna humilitas erga proximum; spiritus ignoscentiae, quam saepissime exercuit; paupertas quam ipsa exemplari cum iucunditate vixit; genuinus amor Ecclesiae eiusque Pastorum, licet in discordiis vel distractionibus. Praecellens insuper marialis et eucharistica spiritualitas omnem navitatem eius erga pauperes et fervidum studium institutionis et moderationis Congregationis ab ipsa fundatae fulgere fecit. Cum sanctitatis fama sicut in vita et in morte Matrem Mariam Barbaram succinxisset, a die 19 mensis Iunii anno 1993 usque ad diem 29 mensis Novembris anno 1996 apud Curiam Portalegrensem –RS– in Brasilia Inquisitio dioecesana celebrata est, cuius auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 24 mensis Aprilis anno 1998 probatae sunt. Positione confecta, iuxta morem, die 19 mensis Octobris anno 2007, in Congressu Peculiari Consultorum Theologorum prospero cum exitu disceptatum est, iuxta consuetudinem, an Serva Dei more heroum virtutes christianas exercuisset. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria diei 1 mensis Aprilis anno 2008, audita relatione Excellentissimi Domini Lini Fumagalli, Episcopi Sabinensis-Mandelensis, Causae Ponentis, professi sunt Servam Dei Mariam Barbaram a Sanctissima Trinitate virtutes theologales, cardinales iisque adnexas in modum heroum coluisse. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servae Dei Mariae Barbarae a Sanctissima Trinitate (in saec.: Barbarae Maix), Fundatricis Congre- Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 628 gationis Sororum ab Immaculato Corde Mariae, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A. D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis HERBIPOLEN. Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Pii Keller (in saec.: Ioannis), Sacerdotis professi Ordinis S. Augustini (1825-1904) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Sapientia aedificatur domus, et prudentia roborabitur. In doctrina replebuntur cellaria, universa substantia pretiosa et pulcherrima » (Pr 24,3-4). Prisca meditatio sapientialis, humanae experientiae divinitusque afflatus fructus renovata praesentia restituitur in vita et in operis sacerdotis Pii Keller Ordinis S. Augustini. Servus Dei natus est in oppido Germaniae quod vulgo dicitur Ballingshausen (Franconiae Inferioris) die 30 mensis Novembris anno 1825, ex agricolarum simplici familia. Sacris Fontibus lustratus est nomenque Ioannis accipiens, crevit in loco sanae honestatis et praestantis religiositatis, in quo confirmavit animi naturam, cuius semper proprium fuit gravitas, vivida intellegentia nec non sincerus spiritus pietatis. Post prima institutionis rudimenta, studia maiora complevit iuxta patres S. Augustini in oppido quod vulgo dicitur Münnerstadt et dum studia in Herbipolensi Universitate attendebat, consilium cepit ad sacerdotalem vocationem respondendi, quam iam in pueritia animadverterat, in seminarium ingressus est et expletis studiis ordinatus est presbyter. Congregatio de Causis Sanctorum 629 Primis ex muneribus fuit officium cappellani in oppido Curiae Regiae, statim post, litterarum professor fuit iuxta patrum S. Augustini scholam, quae eum olim alumnum vidit. Prorsus in hac renovata coniunctione cum loco, in quo iam institutus fuerat, intellexit clare suam vocationem in religiosam vitam secundum Hipponensis doctrinam explicaturum esse. Statuit ergo in monasterium ingredi, in quo vestem religiosam induit, vota nuncupavit et sibi Pii nomen imposuit. Vita Servi Dei secundum tres praecipuas vias explicabatur videlicet viam spiritualem, docendi munus, ministerium erga Ordinem. Ecclesia in Germania se vivere in tempore magnae difficultatis parabat, prima enim signa reductionis ad saecularem condicionem percipi incipiebant; eruditiones ex cathedris statim manaverunt in multitudinem hominum, sic ancipitem occasionem efficientes etiam in societate Ecclesiae cum re publica. His in rebus, Pius Keller varia officia sedule suscepit, quae ei, augente munere, ab auctoritate locali, provinciali generalique tribuebantur; eminuit enim in fovenda assidue observantia Regulae, cura vocationum et in quinque monasteriis condendis. Profudit eximiam magnanimitatem scholastico in negotio, quod ab eo ambitus princeps apostolatus existimabatur, indelebilem sui memoriam in omnibus tradens. Diuturnae Servi Dei vitae propria fuit conquisitio spiritualitatis magis consentaneae. Eius fides in Domino vehementi et constanti oratione prodebat quam ille Iesu Passionis meditatione et firma erga Cor Sacrum devotione concitabat. Missae Sacrificium sincero fervore celebrabat, praecipuum amorem Virgini Mariae praestabat, cui iam a pueritia, gravi in aegrotatione, eum mater consecraverat; sine ulla intermissione, testimonium amoris erga Deum et homines perhibebat, exercens cum fide virtutes humanas, christianas et religiosas. Conscientia unionis cum Ecclesia in eo semper ita inveterata fuit ut etiam rebus in adversis historiae numquam eius fides erga magisterium Ecclesiae et sedulitas in ministerium Pastorale deficerent. Plurima officia infirmam valetudinem Servi Dei debilitaverunt, gravibus cum effectibus in animi affectionibus. Postremo contagio haud recte sanata acutam nephritidem peperit, quae paucis mensibus eum vita privavit. Pius Keller animam exhalavit in oppido quod vulgo dicitur Münnerstadt die 15 Martii anno 1904, crescenti existimatione sanctitatis comitatus. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 630 Fama sanctitatis, quae in vita claruit, post eius mortem increbuit, quamobrem Processus Informativus apud Curiam Herbipolensem celebratus est ab anno 1934 ad annum 1935, cuius acta tamen ob belli eventa deperdita sunt; in mense Iunio anno 1935 apud Curiam Ratisbonensem celebratus est Processus Rogatorialis, cui accessit secundus Processus Informativus in urbe Herbipoli a mense Maio ad mensem Septembrem anno 1956. Iuridicam horum Processuum auctoritatem approbavit haec Congregatio de Causis Sanctorum per Decretum editum die 18 mensis Maii anno 1990. Exarata Positione, disceptatum est ex norma an Servus Dei heroicum in modum virtutes coluisset et die 4 mensis Maii anno 2002 Congressus Peculiaris habitus est Consultorum Theologorum, cum exitu positivo. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria congregati die 3 mensis Iunii anno 2008, Ponente Causae Exc.mo D.no Ioanne Paulo Benotto, Archiepiscopo Pisano, agnoverunt Servum Dei Pium Keller virtutes theologales, cardinales eisque adnexas heroum in modum excoluisse. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Pii Keller (in saec.: Ioannis), Sacerdotis professi Ordinis S. Augustini, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Dcretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis Congregatio de Causis Sanctorum 631 MATRITEN. Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Andreae Hibernón Garmendia (in saec.: Francisci Andreae) fratris professi ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum (1880-1969) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « [Iesus Christus]... destruxit quidem mortem, illuminavit autem vitam et incorruptionem per evangelium, in quo positus sum ego praedicator et apostolus et doctor » (2 Tim 1, 10-11). Conscientia, quam Paulus Apostolus ostendit, ad integrum « boni nuntii » servitium vitam insumendi, ad vitam quoque refertur et operam Servi Dei Andreae Hibernón Garmendia; etenim ipse cotidie propositum experiri potuit christiani paedagogi, qui, cum Magistro Divino arte coniunctus, suos discipulos non solum humana instituit formatione, verum etiam immensitatem valorum Evangelii in eorum mentibus obversandam fecit. Servus Dei in pago Beizama, e Vasconica Hispaniae regione, natus est die 3 mensis Septembris anno 1880. Sequenti die baptismatis lavacro est regeneratus apud paroeciam Sancto Petro Apostolo dicatam, ubi nomen Francisci Mariae inditum est illi. Infantiam et adulescentiam in sinu copiosae familiae transegit, ex qua profundum christianae vitae sensum didicit, et, in aura orationis et meditationis, optionem nutrivit religiosam vocationem amplectendi. Ingressus est enim Novitiatum apud Fratres Scholarum Christianarum in loco Bujedo, ubi Instituti habitum induit, nomen assumpsit Andreae, vota nuncupavit et studiorum curriculum explevit. Hoc quidem tempore formationis comprobare potuit sensum maturitatis intellectualis et moralis, religiosum recti exempli se praebens ob authenticam Regulae observantiam et ob assiduam caritatis viam erga omnes. Primum docentis munus Matriti est exsecutus. Ulterius, tres et viginti tantummodo aetatis annos agens, nominatus est rector eiusdem Scholasticatus loci Bujedo et praeceptor paedagogiae. In ambitu Instituti, annorum decursu credita sunt illi maioris ponderis munera, quae zelo et summo sacrificii spiritu implevit, vita sua spirituali intensa simul et operibus confirmata. His fungens muneribus, illuminatum ducem se ostendit erga futuros magistros; peculiari studio vocationes promovit ad sacerdotalem et religiosam vitam; propositum fovit instaurandi authenticum spiritum communitarium, ita ut quodcumque regionale discrimen praetergrederetur, et paternam osten- 632 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale dit benevolamque sollicitudinem eo ut simplices quoque confratrum necessitates curaret. His oneribus Frater Andreas fecundam addidit scriptoris operam, per articulos et commentationes, plurima offerens argumenta de indole praecipue spirituali; censebat enim, consulens praesertim sanae iuvenum institutioni, « apostolatum calami » maximi esse ponderis. Servus Dei adulta iam aetate Supremus Instituti Moderator est electus. Hoc ipso tempore apud Hispanicam societatem iam prospiciebantur difficultates et incommoda, orta ex excursionibus illius contentionis, quae, in civile bellum sese effundens, iam haud raro percipiebatur tamquam religiosae insectationis indicium. Quae cum ita essent, auctoritas Religionis potissimi facta est ponderis ad statuendum aequilibrium inter vehementem contestationem et abusus tempori congruentes et subdolos. Religiosa quaestio, cui favebant aliquot viri fratri Andreae similes, vindicari, confirmari et aestimari potuit; attamen saevientibus bellicis eventibus, Servus Dei bis comprehensus est, et in occasione martyrium subeundi crebro versatus est. Bello composito ac perpensis consectariis, quae sive ex destructionibus sive ex subsequentibus rixis orta sunt, Frater Andreas non tantum structuras materiales pro viribus restaurandas curavit, verum etiam ipsum Instituti spiritum. Et adhuc intensiore studio, institutionem intellectualem et spiritualem Fratrum provexit, eos peculiariter stimulando ad reconciliationem et caritatem, necnon animo confractos exacuendo. Deinde munus assumpsit curatoris communitatis oppidi Griñón. Postea missus est ad domum editoriam moderandam; cui non tantum conspicuum tulit impulsum, verum etiam lucidam praebuit delineationem ad culturae christianae servitium, prae oculis prima habens indicia cuiusdam profundae subversionis in societate, quae altero XX saeculi dimidio subsequeretur. Spiritualis descriptio Servi Dei aequo eminuit, constanti et liberali animo. Sensus praesentiae Dei, quem praesertim cotidiana meditatione nutrivit et mira devotione eucharistica et mariana, fidem suam roboravit, quae ad lucidam ac serenam perceptionem conduxit eum circa eventus personales, sociales et ecclesiales. Ille enim ad suum munus docendi conquisitione perfectionis simul cum diuturna actuositate inspirabatur. In exsistentiae decursu Frater Andreas testimonium perhibuit de prompta et integra oboedientia, de humili ac reverenti exercitio auctoritatis, de leni et propensa sollicitudine erga proximum, potissimum erga pauperes, infirmos, senes, exclusos et parvulos. In arduis rerum adiunctis magnanimum Congregatio de Causis Sanctorum 633 se praebuit, et nullo umquam tempore in eo notata est defectio, ne in saevioribus quidem periodis persecutionis: etenim eius deditio divinae voluntati intrepida exstitit. Tandem in oppidum Griñón se recessit, postquam plures cruciatus spiritu acceptationis et sacrificii pertulerat; ibique die 11 mensis Martii anno 1969 animam exhalavit, comploratus ab omnibus et aestimatus propter perspicuas virtutes quae testimonium eius vitae collustraverant. Figura Servi Dei, suam diuturnam exsistentiam terrestrem inter plurimas mutationes politicas, sociales et ideologicas agentis, eius specifico educatoris et animatoris culturalis charismate, nec non absoluta erga Evangelium fidelitate delineatur. Attenta eius sanctitatis fama, Matriti instructus est Processus Ordinarius a die 5 mensis Novembris anno 1981 ad diem 28 mensis Iunii anno 1989, cuius iuridicam auctoritatem agnovit Congregatio de Causis Sanctorum per Decretum editum die 12 mensis Iulii anno 1991. Exarata Positione, disceptatum est, uti de more, num Servus Dei virtutes heroico in gradu excoluisset. Positivo cum exitu, die 24 mensis Novembris anno 2006 habitus est Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum. Patres Cardinales et Episcopi, in Sessione Ordinaria die 20 mensis Maii anno 2008 congregati, audita relatione Ponentis Causae, Exc.mi D.ni Xaverii Echevarrı́a Rodrı́guez, Praelati Operis Dei, edixerunt Servum Dei theologales, cardinales eisque adnexas virtutes heroum in modum esse exsecutum. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Andreae Hibernón Garmendia (in saec. Francisci Mariae), Fatris Professi ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. L. e S. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis 634 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale AQUEN. Beatificationis et Canonizationis Servae Dei Clarae Badano, iuvenis laicae (1971-1990) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Iustus autem, si morte praeoccupatus fuerit, in refrigerio erit [....] Consummatus in brevi explevit tempora multa; placita enim erat Deo anima illius » (Sap 4, 7. 13-14). Israelis spes quae in hac praeclara sapientiali meditatione asseritur, in vita et in morte Servae Dei Clarae Badano fulgenti perficitur veritate, quae, quamvis terrestris eius peregrinatio brevis exstitit, vehemens tamen et intimum aluit consortium cum Crucis mysterio, quae fons et exemplar est omnis verae perfectionis. Serva Dei nata est Savone die 29 mensis Octobris anno 1971, undecimo anno matrimonii parentum, qui eius in ortu praecipuum agnoverunt fuisse donum Dominae Nostrae « delle Rocche », iuxta cuius sanctuarium in oppido quod vulgo dicitur Molare fidentes oraverant. Die 21 sequentis mensis Novembris baptizata est in paroecia Sanctissimae Trinitatis in Saxello, Ligusticae regionis, intra fines dioecesis Aquensis. Prima institutionis rudimenta in ambitu simplicis et benignae familiae vitae ratione penitus Christiana sunt innixa; hic modus sese gerendi in humilitate et laetitia magis magisque confirmabatur et corroborabatur in Clarae animo, progrediente aetate, cum se in vitam paroecialem industrie se insereret et varios circulos institutorios et sociales experiretur. Summi momenti fuit illi frequens participatio Eucharistica et celebratio Confirmationis. Studiorum curriculo ex officio volvente, dum haud facilem ab infantia ad adulescentiam transitum ageret, bene ac serene se gerebat, et promptam iugiter se praebebat ad oboedientiam et observantiam nec non ad studium et diligentiam. Hoc ipso tempore, primum agnovit sodalitatem christianorum, qui vulgo dicuntur Focolarini, in quo Clara validum institutionis propositum invenit, quod ardenter accepit et in suum florentem animum immisit, praesentiam scilicet Dei amoris, inquisitionem Eius voluntatis, auditionem et meditationem Verbi Vitae, sedulam curam proximorum nec non donum unitatis. Sed vehementior experientia spiritualis, quae illis annis in dies augescebat, dilectio fuit Iesu Crucifixi et Derelicti; quibusdam in epistulis scribebat « Iesum derelictum contemplari mihi proposui uti verum meum Sponsum, Congregatio de Causis Sanctorum 635 quem gaudio ac praesertim amore quam maximo excipiam... Iesum derelictum clavem esse detexi communionis cum Deo ». Ita enim per intimam cum Domino communionem, iter eius vitae perficiebatur. Constanti colloquio cum Iesu Sponso fides Clarae confirmabatur; spes in primis vitae tribulationibus sustinebat eam; caritas collustrabat eam et in eandem diffundebatur, ita ut constanti et ferventi orationi, nec non hominum necessitudinum navitati dedita videretur. Ascripta erat classico in lyceo, attamen paulo post, studia dimittere debuit propter adversam valetudinem, quae eam aegrotam saepe in valetudinarium excipi coegit. Aestate anni 1988 dolores exorti sunt ob osseum sarcoma, qui, neglectis curis, gradatim augebantur. Subsequens exceptio in valetudinarium Molinette Augustae Taurinorum puellae verum calvarium constituit, acerbis enim sectionibus chirurgicis et immo acerbioribus clinicis curis est subiecta. Aegrotatio schola fuit ei in qua Christianum exercuit tirocinium. Crucis mysterium in vita Clarae refulsit uti instrumentum a Sponso electum, qui eam participem reddere suae redemptionis et ad Amoris perfectionem perducere cupiebat. Magna cum fiducia iuvenis aegrota dolorem uti donum accepit et Domini Voluntati se commisit, largiter respondens actioni Gratiae, qua ad eandem Christi sortem perducebatur et intus convertebatur. Cupide semper expetens conscia fieri ut communionem cum Iesu Crucifixo in plenitudine viveret, Clara etiam auferri sibi voluit morphicam portionem, qua ipsa utebatur quo acriores dolores sedarentur. In hac peculiari via Crucis, permisit ut Deus animum eius amore inundaret, et virtutes heroico in gradu ita exercuit ut summum humanae et Christianae perfectionis culmen attingeret. Complorata a suis proximis, Serva Dei, Saxelli die 7 mensis Octobris anno 1990 animam exhalavit, circumdata fama sanctitatis, quae, inde ab incepto morbo, paulatim diffundebatur. Fama sanctitatis qua in vita claruit, post eius mortem increbruit, quamobrem Aquis Statiellorum celebrata est Inquisitio dioecesana a die 11 mensis Iunii anno 1999 ad diem 21 mensis Augusti anni 2000, cuius iuridica validitas ab hac Congregatione de Causis Sanctorum per Decretum diei 22 mensis Iunii 2001 est approbata. Exarata Positione, disceptatum est ex norma an Serva Dei heroicum in modum virtutes coluisset. Die 16 mensis Novembris anno 2007, Congressus Peculiaris habitus est Consultorum Theologorum, positivo cum exitu. Patres Cardinales et Episcopi in sessione Ordinaria die 15 mensis Aprilis anno 2008 congregati, Ponente Causae Excellentissimo Domino An- Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 636 drea M. Erba, Episcopo em. Veliterno-Signino, agnoverunt Servam Dei Claram Badano virtutes theologales, cardinales eisque adnexas heroum in modum excoluisse. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servae Dei Clarae Badano, Christifidelis Laicae, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem Decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iulii A.D. 2008. Iosephus card. Saraiva Martins Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Lunensis, a Secretis Congregatio pro Episcopis 637 CONGREGATIO PRO EPISCOPIS PROVISIO ECCLESIARUM Latis decretis a Congregatione pro Episcopis, Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI, per Apostolicas sub plumbo Litteras, iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit praesules: die 8 Iunii 2009. — Titulari episcopali Ecclesiae Florianensi, R.D. Timotheum C. Senior, e clero archidioecesis Philadelphiensis Latinorum, ibique hactenus Vicarium pro Clericis, quem deputavit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. die 12 Iunii. — Metropolitanae Ecclesiae Novae Aureliae, Exc.mum P.D. Gregorium Michaelem Aymond, hactenus Episcopum Austiniensem. die 13 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Oberensi, noviter erectae, R.D. Victorem Selvinum Arenhart, hactenus dioecesis Posadensis Vicarium Generalem. — Cathedrali Ecclesiae Sandomiriensi, R.D. Christophorum Nitkiewicz, e clero archidioecesis Bialostocensis, hactenus Sub-Secretarium Congregationis pro Ecclesiis Orientalibus. — Cathedrali Ecclesiae Melensis, Exc.mum P.D. Martinum Heribertum Andream Bodeant Fernández, hactenus Episcopum titularem Amporensem et Auxiliarem dioecesis Saltensis. die 15 Iunii. — Titulari episcopali Ecclesiae Dianensi, R.D. Thomam Löhr, e clero dioecesis Limburgensis, ibique hactenus capituli cathedralis canonicum atque in Curia dioecesana Officii de rebus pastoralibus moderatorem, quem deputavit Auxiliarem eiusdem dioecesis. — Cathedrali Ecclesiae Helsinkiensi, R.D. Nicodemum Sippo, S.C.I., hactenus eiusdem dioecesis Administratorem dioecesanum. die 18 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Saliensi, Exc.mum R.P. Christophorum C. Prowse, hactenus Episcopum titularem Bahannensem et Auxiliarem archidioecesis Melburnensis. — Cathedrali Ecclesiae Texcocensi, Exc.mum P.D. Ioannem Emmanuelem Mancilla Sánchez, hactenus Episcopum Civitatis Obregonensis. 638 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale die 19 Iunii. — Ecclesiae Soranae-Aquinatensi-Pontiscurvi, Exc.mum P.D. Philippum Ioannone, O. Carm, hactenus Episcopum titularem Nebbitanum et Auxiliarem archidioecesis Neapolitanae. die 20 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Abancaiensi, Exc.mum P.D. Gilbertum Gómez Gónzalez, hactenus Episcopum titularem Mozotcoritanum et Auxiliarem eiusdem dioecesis. die 24 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Assisensi, Exc.mum P.D. Iosephum Benedictum Simão, hactenus Episcopum titularem Tagariensem et Auxiliarem Sancti Pauli in Brasilia. die 27 Iunii. — Titulari episcopali Ecclesiae Amporensi, R.D. Ferdinandum Iosephum Castro Aguayo, e clero Praelaturae Sanctae Crucis et Operis Dei, hactenus in archidioecesis Caracensi Vicarium Episcopalem, quem constituit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. — Titulari episcopali Ecclesiae Casamedianensi, R.D. Emmanuelem da Silva Rodrigues Linda, e clero dioecesis Villaregalensis, hactenus Seminarii Maioris Rectorem, quem deputavit Auxiliarem archidioecesis Bracarensis. die 1o Iulii. — Metropolitanae Ecclesiae Olidensi et Recifensi, Exc.mum P.D. Antonium Ferdinandum Saburido, O.S.B. hactenus Episcopum Sobralensem. — Cathedrali Ecclesiae Pelotensi, Exc.mum P.D. Hyacinthum Bergmann, hactenus Episcopum Tubaraoënsem. — Cathedrali Ecclesiae Carapeguanae, Coadiutorem R.D. Ioachimum Hermetem Robledo Romero, hactenus dioecesis Sancti Laurentii Vicarium Generalem. die 2 Iulii. — Suburbicariae Ecclesiae Tusculanae, R.D. Raphaelem Martinelli, e clero dioecesis Bergomensis, hactenus Congregationis pro Doctrina Fidei Officii Praepositum. die 3 Iulii. — Metropolitanae Ecclesiae Sancti Bonifacii, Exc.mum P.D. Albertum LeGatt, hactenus Saskatoonensem Episcopum. Diarium Romanae Curiae 639 DIARIUM ROMANAE CURIAE Il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza: Giovedı̀, 18 giugno, S.E. il Sig. George Abela, Presidente di Malta; Giovedı̀, 25 giugno, Sua Altezza Em.ma Fra’ Matthew Festing, Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta. Il Santo Padre Benedetto XVI ha compiuto una Visita Pastorale al Santuario di S. Pio da Pietrelcina in S. Giovanni Rotondo (Foggia), il giorno 21 giugno. SEGRETERIA DI STATO NOMINE Con Brevi Apostolici il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato: 18 giugno 2008 S.E.R. Mons. Giacinto Berloco, Arcivescovo titolare di Fidene, finora Nunzio Apostolico in Venezuela, Nunzio Apostolico in Belgio. Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato: 6 giugno 2009 S.E.R Mons. Paolo Sardi, Arcivescovo titolare di Sutri, ViceCamerlengo di S.R.C., finora Nunzio Apostolico con incarichi speciali, Pro-Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta. 9 » » L’Ill.mo Sig. Dott. Stefano Fralleoni, Officiale del Dicastero, Ragioniere Generale della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, « per un quinquennio ». » » » L’Ill.mo Rev. Mons. Lorenzo Civili, Protonotario Apostolico Partecipante, Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico della Città del Vaticano, « per un triennio ». 15 » » L’Ill.mo Dott. Patrizio Polisca,Vice Direttore della Direzione di Sanità ed Igiene del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. » » » L’Ill.mo Dott. Renato Buzonetti, Archiatra Pontificio emerito. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 640 16 giugno 2009 Il Rev. Joseph Augustine Di Noia, O.P., finora Sotto-Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Oregon City, con dignità di Arcivescovo, Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. 19 » » Il Rev. Mons. Maurizio Malvestiti, finora Capo Ufficio nel Dicastero, Sotto-Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. 20 » » Il Rev. Mons. Damiano Marzotto Caotorta, finora Capo Ufficio nel Dicastero, Sotto-Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. 3 luglio » S.E.R. Mons. Francesco Monterisi, Arcivescovo titolare di Alba marittima, finora Segretario della Congregazione per i Vescovi, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. » » » S.E.R. Mons. Manuel Monteiro de Castro, finora Nunzio Apostolico in Spagna e nel Principato di Andorra, Segretario della Congregazione per i Vescovi. » » » Il Rev.do Mons. Giorgio Corbellini, finora Vice Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Presidente della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti storici ed artistici della Santa Sede e di Presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (U.L.S.A) elevandolo in pari tempo alla Sede Vescovile tit. di Abula NECROLOGIO 10 giugno 2009 Mons. Livio Reginaldo Fischione, O.F.M. Cap.,Vescovo tit. di Acque di Bizacena (Colombia). » » » Mons. Michel Nguyên Khác Ngu, Vescovo em. di Long Xuyên (Viêt Nam). 14 » » Mons. Khalil Abi-Nader, Arcivescovo em. di Bairut dei Maroniti (Libano). 16 » » Mons. Emmanuel Constant, Vescovo em. di Les Gonaı̈ves (Haiti). 21 » » Mons. José Nicomedes Grossi, Vescovo em. Bom Jesus da Lapa (Brasile). 25 » » Mons. Fazza Olivio Aurélio, S.V.D, Vescovo em. di Foz do Iguaçu (Brasile). 28 » » Mons. Josep Maria Guix Ferreres, Vescovo em. di Vic (Spagna).