An. et vol. CII 5 Februarii 2010 N. 2 ACTA APOSTOLICAE SEDIS COMMENTARIUM OFFICIALE Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA BENEDICTI PP. XVI CONSTITUTIO APOSTOLICA DONKORKROMENSIS Vicariatus Apostolicus, Donkorkromensis appellandus, in Ghanae finibus conditur. BENEDICTUS EPISCOPUS servus servorum dei ad perpetuam rei memoriam Domini verbum cunctis gentibus diligenter nuntiantes et interpretantes, apostolica sollicitudine cupimus ubique terrarum opus evangelizationis fovere, aptis etiam providentes ecclesiasticis constituendis structuris. Cum vero Praefectura Apostolica Donkorkromensis, in Ghana, haud parum habuerit incrementum, visa est Nobis illa circumscriptio ecclesiastica ita maturavisse ut in praesens ad superiorem gradum evehi possit. Quo proposito congruenter perpenso, de consilio Congregationis pro Gentium Evangelizatione, habito quorum interest favorabili voto, statuimus et decernimus novum Vicariatum Apostolicum Donkorkromensem appellandum condere, qui eodem constet territorio ac prior Praefectura Apostolica eiusdem nominis. Quae ad christifidelium bonum pertinent novi Vicariatus Apostolici, sollicitis curis Societatis Verbi Divini, quae ibidem fructuosam navat operam, libenter ac fiduciose concredimus. Haec omnia diligenter ad expedienda Venerabilem Fratrem Leonem Kalenga Badikibele, Archiepiscopum titulo Magnetensem et 74 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale Nuntium Apostolicum in Ghana, uti de more, delegamus, qui re acta, curabit documenta conficienda sincerisque exemplis ad eandem Congregationem cito mittenda. Contrariis rebus quibusvis non obstantibus. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die undevicesimo mensis Ianuarii, anno Domini bismillesimo decimo, Pontificatus Nostri quinto. e Tharsicius card. Bertone Ivan card. Dias Secretarius Status Congr. pro Gentium Evangelizatione Praef. Marcellus Rossetti, Protonot. Apost. Franciscus Bruno, Protonot. Apost. Loco e Plumbi In Secret. Status tab., n. 134.813 HOMILIAE I In Sollemnitate Epiphaniae Domini.* Cari fratelli e sorelle! Oggi, Solennità dell’Epifania, la grande luce che irradia dalla Grotta di Betlemme, attraverso i Magi provenienti da Oriente, inonda l’intera umanità. La prima lettura, tratta dal Libro del profeta Isaia, e il brano del Vangelo di Matteo, che abbiamo poc’anzi ascoltato, pongono l’una accanto all’altro la promessa e il suo adempimento, in quella particolare tensione che si riscontra quando si leggono di seguito brani dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ecco apparire davanti a noi la splendida visione del profeta Isaia il quale, dopo le umiliazioni subite dal popolo di Israele da parte delle potenze di questo mondo, vede il momento in cui la grande luce di Dio, apparentemente senza potere e incapace di proteggere il suo popolo, sorgerà su tutta la terra, cosı̀ che i re delle nazioni si inchineranno di fronte a lui, verranno da tutti i confini * Die 6 Ianuarii 2010. Acta Benedicti Pp. XVI 75 della terra e deporranno ai suoi piedi i loro tesori più preziosi. E il cuore del popolo fremerà di gioia. Rispetto a tale visione, quella che ci presenta l’evangelista Matteo appare povera e dimessa: ci sembra impossibile riconoscervi l’adempimento delle parole del profeta Isaia. Infatti, arrivano a Betlemme non i potenti e i re della terra, ma dei Magi, personaggi sconosciuti, forse visti con sospetto, in ogni caso non degni di particolare attenzione. Gli abitanti di Gerusalemme sono informati dell’accaduto, ma non ritengono necessario scomodarsi, e neppure a Betlemme sembra che ci sia qualcuno che si curi della nascita di questo Bambino, chiamato dai Magi Re dei Giudei, o di questi uomini venuti dall’Oriente che vanno a farGli visita. Poco dopo, infatti, quando il re Erode farà capire chi effettivamente detiene il potere costringendo la Sacra Famiglia a fuggire in Egitto e offrendo una prova della sua crudeltà con la strage degli innocenti,1 l’episodio dei Magi sembra essere cancellato e dimenticato. È, quindi, comprensibile che il cuore e l’anima dei credenti di tutti i secoli siano attratti più dalla visione del profeta che non dal sobrio racconto dell’evangelista, come attestano anche le rappresentazioni di questa visita nei nostri presepi, dove appaiono i cammelli, i dromedari, i re potenti di questo mondo che si inginocchiano davanti al Bambino e depongono ai suoi piedi i loro doni in scrigni preziosi. Ma occorre prestare maggiore attenzione a ciò che i due testi ci comunicano. In realtà, che cosa ha visto Isaia con il suo sguardo profetico? In un solo momento, egli scorge una realtà destinata a segnare tutta la storia. Ma anche l’evento che Matteo ci narra non è un breve episodio trascurabile, che si chiude con il ritorno frettoloso dei Magi nelle proprie terre. Al contrario, è un inizio. Quei personaggi provenienti dall’Oriente non sono gli ultimi, ma i primi della grande processione di coloro che, attraverso tutte le epoche della storia, sanno riconoscere il messaggio della stella, sanno camminare sulle strade indicate dalla Sacra Scrittura e sanno trovare, cosı̀, Colui che apparentemente è debole e fragile, ma che, invece, ha il potere di donare la gioia più grande e più profonda al cuore dell’uomo. In Lui, infatti, si manifesta la realtà stupenda che Dio ci conosce e ci è vicino, che la sua grandezza e potenza non si esprimono nella logica del mondo, ma nella logica di un bambino inerme, la cui forza è solo quella dell’amore che si affida a noi. Nel cammino della storia, ci sono sempre persone che vengono illuminate dalla 1 Cfr. Mt 2, 13-18. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 76 luce della stella, che trovano la strada e giungono a Lui. Tutte vivono, ciascuna a proprio modo, l’esperienza stessa dei Magi. Essi hanno portato oro, incenso e mirra. Non sono certamente doni che rispondono a necessità primarie o quotidiane. In quel momento la Sacra Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa di diverso dall’incenso e dalla mirra, e neppure l’oro poteva esserle immediatamente utile. Ma questi doni hanno un significato profondo: sono un atto di giustizia. Infatti, secondo la mentalità vigente a quel tempo in Oriente, rappresentano il riconoscimento di una persona come Dio e Re: sono, cioè, un atto di sottomissione. Vogliono dire che da quel momento i donatori appartengono al sovrano e riconoscono la sua autorità. La conseguenza che ne deriva è immediata. I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell’amore che solo può trasformare il mondo. Non soltanto, quindi, i Magi si sono messi in cammino, ma da quel loro atto ha avuto inizio qualcosa di nuovo, è stata tracciata una nuova strada, è scesa sul mondo una nuova luce che non si è spenta. La visione del profeta si realizza: quella luce non può più essere ignorata nel mondo: gli uomini si muoveranno verso quel Bambino e saranno illuminati dalla gioia che solo Lui sa donare. La luce di Betlemme continua a risplendere in tutto il mondo. A quanti l’hanno accolta Sant’Agostino ricorda: « Anche noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo abbiamo onorato come se avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo prendendo una via diversa da quella per la quale siamo venuti ».2 Se dunque leggiamo assieme la promessa del profeta Isaia e il suo compimento nel Vangelo di Matteo nel grande contesto di tutta la storia, appare evidente che ciò che ci viene detto, e che nel presepio cerchiamo di riprodurre, non è un sogno e neppure un vano gioco di sensazioni e di emozioni, prive di vigore e di realtà, ma è la Verità che s’irradia nel mondo, anche se Erode sembra sempre essere più forte e quel Bambino sembra poter essere ricacciato tra coloro che non hanno importanza, o addirittura calpestato. Ma solamente in quel Bambino si manifesta la forza di Dio, che raduna gli 2 Sermo 202. In Epiphania Domini, 3, 4. Acta Benedicti Pp. XVI 77 uomini di tutti i secoli, perché sotto la sua signoria percorrano la strada dell’amore, che trasfigura il mondo. Tuttavia, anche se i pochi di Betlemme sono diventati molti, i credenti in Gesù Cristo sembrano essere sempre pochi. Molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio. Gli studiosi della Scrittura del tempo di Gesù conoscevano perfettamente la parola di Dio. Erano in grado di dire senza alcuna difficoltà che cosa si poteva trovare in essa circa il luogo in cui il Messia sarebbe nato, ma, come dice sant’Agostino: « è successo loro come le pietre miliari (che indicano la strada): mentre hanno dato indicazioni ai viandanti in cammino, essi sono rimasti inerti e immobili ».3 Possiamo allora chiederci: qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti, a coloro che indicano la strada ma non si muovono? Possiamo rispondere: la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio. Sono sicuri dell’idea che si sono fatti del mondo e non si lasciano più sconvolgere nell’intimo dall’avventura di un Dio che li vuole incontrare. Ripongono la loro fiducia più in se stessi che in Lui e non ritengono possibile che Dio sia tanto grande da potersi fare piccolo, da potersi davvero avvicinare a noi. Alla fine, quello che manca è l’umiltà autentica, che sa sottomettersi a ciò che è più grande, ma anche il coraggio autentico, che porta a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme. Manca la capacità evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e di uscire da sé per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio. Il Signore però ha il potere di renderci capaci di vedere e di salvarci. Vogliamo, allora, chiedere a Lui di darci un cuore saggio e innocente, che ci consenta di vedere la stella della sua misericordia, di incamminarci sulla sua strada, per trovarlo ed essere inondati dalla grande luce e dalla vera gioia che egli ha portato in questo mondo. Amen! 3 Sermo 199. In Epiphania Domini, 1, 2. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 78 II In administratione Sancti Baptismi apud Sacellum Sixtinum.* Cari fratelli e sorelle! Nella festa del Battesimo del Signore, anche quest’anno ho la gioia di amministrare il sacramento del Battesimo ad alcuni neonati, che i genitori presentano alla Chiesa. Siate i benvenuti, cari papà e mamme di questi piccoli, e voi padrini e madrine, amici e parenti, che fate loro corona. Rendiamo grazie a Dio, che oggi chiama queste sette bambine e questi sette bambini a diventare suoi figli in Cristo. Li circondiamo con la preghiera e con l’affetto e li accogliamo con gioia nella Comunità cristiana, che da oggi diventa anche la loro famiglia. Con la festa del Battesimo di Gesù continua il ciclo delle manifestazioni del Signore, che è iniziato a Natale con la nascita a Betlemme del Verbo incarnato, contemplato da Maria, Giuseppe e i pastori nell’umiltà del presepe, e che ha avuto una tappa importante nell’Epifania, quando il Messia, attraverso i Magi, si è manifestato a tutte le genti. Oggi Gesù si rivela, sulle rive del Giordano, a Giovanni e al popolo d’Israele. È la prima occasione in cui egli, da uomo maturo, entra nella scena pubblica, dopo aver lasciato Nazaret. Lo troviamo presso il Battista, da cui si reca un gran numero di gente, in una scena inconsueta. Nel brano evangelico, poc’anzi proclamato, san Luca osserva anzitutto che il popolo « era in attesa ».1 Egli sottolinea, cosı̀, l’attesa di Israele, coglie, in quelle persone che avevano lasciato le loro case e gli impegni abituali, il profondo desiderio di un mondo diverso e di parole nuove, che sembrano trovare risposta proprio nelle parole severe, impegnative, ma colme di speranza del Precursore. Il suo è un battesimo di penitenza, un segno che invita alla conversione, a cambiare vita, perché si avvicina Colui che « battezzerà in Spirito santo e fuoco ».2 Infatti, non si può aspirare ad un mondo nuovo rimanendo immersi nell’egoismo e nelle abitudini legate al peccato. Anche Gesù abbandona la casa e le consuete occupazioni per raggiungere il Giordano. Arriva in mezzo alla folla che sta ascoltando il Battista e si mette in fila come tutti, in attesa di essere battezzato. Giovanni, non appena lo vede * Die 10 Ianuarii 2010. 1 2 3, 15. 3, 16. Acta Benedicti Pp. XVI 79 avvicinarsi, intuisce che in quell’Uomo c’è qualcosa di unico, che è il misterioso Altro che attendeva e verso il quale era orientata tutta la sua vita. Comprende di trovarsi di fronte a Qualcuno di più grande di lui e di non essere degno neppure di sciogliergli i lacci dei sandali. Presso il Giordano, Gesù si manifesta con una straordinaria umiltà, che richiama la povertà e la semplicità del Bambino deposto nella mangiatoia, e anticipa i sentimenti con i quali, al termine dei suoi giorni terreni, giungerà a lavare i piedi dei discepoli e subirà l’umiliazione terribile della croce. Il Figlio di Dio, Colui che è senza peccato, si pone tra i peccatori, mostra la vicinanza di Dio al cammino di conversione dell’uomo. Gesù prende sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, inizia la sua missione mettendosi al nostro posto, al posto dei peccatori, nella prospettiva della croce. Mentre, raccolto in preghiera, dopo il battesimo, esce dall’acqua, si aprono i cieli. È il momento atteso da schiere di profeti. « Se tu squarciassi i cieli e scendessi! », aveva invocato Isaia.3 In questo momento, sembra suggerire san Luca, tale preghiera viene esaudita. Infatti, « Il cielo si aprı̀ e discese sopra di lui lo Spirito Santo »; 4 si udirono parole mai ascoltate prima: « Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento ».5 Gesù salendo dalle acque, come afferma san Gregorio Nazianzeno, « vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza ».6 Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo scendono tra gli uomini e ci rivelano il loro amore che salva. Se sono gli angeli a recare ai pastori l’annuncio della nascita del Salvatore, e la stella ai Magi venuti dall’Oriente, ora è la voce stessa del Padre che indica agli uomini la presenza nel mondo del suo Figlio e che invita a guardare alla risurrezione, alla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Il lieto annuncio del Vangelo è l’eco di questa voce che scende dall’alto. A ragione, perciò, Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, scrive a Tito: « Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini ».7 Il Vangelo, infatti, è per noi grazia che dà gioia e senso alla vita. Essa, prosegue l’Apostolo, « ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà »; 8 ci conduce, cioè, ad una vita più felice, più bella, più solidale, ad una vita 3 4 5 6 7 8 63, 19. 3, 21-22. v. 22. Discorso 39 per il Battesimo del Signore, PG 36. 2, 11. v. 12. 80 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale secondo Dio. Possiamo dire che anche per questi bambini oggi si aprono i cieli. Essi riceveranno in dono la grazia del Battesimo e lo Spirito Santo abiterà in loro come in un tempio, trasformando in profondità il loro cuore. Da questo momento, la voce del Padre chiamerà anche loro ad essere suoi figli in Cristo e, nella sua famiglia che è la Chiesa, donerà a ciascuno il dono sublime della fede. Tale dono, ora che non hanno la possibilità di intendere pienamente, sarà deposto nel loro cuore come un seme pieno di vita, che attende di svilupparsi e portare frutto. Oggi vengono battezzati nella fede della Chiesa, professata dai genitori, dai padrini e dalle madrine e dai cristiani presenti, che poi li condurranno per mano nella sequela di Cristo. Il rito del Battesimo richiama con insistenza il tema della fede già all’inizio, quando il Celebrante ricorda ai genitori che chiedendo il battesimo per i propri figli, essi assumono l’impegno ad « educarli nella fede ». Questo compito è richiamato in modo ancora più forte a genitori e padrini nella terza parte della celebrazione, che inizia con le parole loro rivolte: « A voi il compito di educarli nella fede perché la vita divina che ricevono in dono sia preservata dal peccato e cresca di giorno in giorno. Se dunque, in forza della vostra fede, siete pronti ad assumervi questo impegno... fate la vostra professione in Cristo Gesù. È la fede della Chiesa nella quale i vostri figli vengono battezzati ». Queste parole del rito suggeriscono che, in qualche modo, la professione di fede e la rinuncia al peccato di genitori, padrini e madrine rappresentano la premessa necessaria perché la Chiesa conferisca il Battesimo ai loro bambini. Immediatamente prima dell’infusione dell’acqua sul capo del neonato vi è, poi, un ulteriore richiamo alla fede. Il celebrante rivolge un’ultima domanda: « Volete che il vostro bambino riceva il Battesimo nella fede della Chiesa, che tutti insieme abbiamo professato? ». E solo dopo la loro risposta affermativa viene amministrato il Sacramento. Anche nei riti esplicativi — unzione con il crisma, consegna della veste bianca e del cero accesso, gesto dell’« effeta » — la fede rappresenta il tema centrale. « Abbiate cura — dice la formula che accompagna la consegna del cero — che i vostri bambini... vivano sempre come figli della luce; e perseverando nella fede, vadano incontro al Signore che viene »; « Il Signore Gesù — afferma ancora il Celebrante nel rito dell’ “effeta” » — ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre ». Tutto poi è coronato dalla benedizione finale che ricorda ancora ai genitori il loro impegno di essere per i figli « i primi testimoni della fede ». Cari amici, oggi per questi bambini è un grande giorno. Con il Battesimo, essi, divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo, iniziano con lui Acta Benedicti Pp. XVI 81 l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo. La liturgia la presenta come un’esperienza di luce. Infatti, consegnando a ciascuno la candela accesa al cero pasquale, la Chiesa afferma: « Ricevete la luce di Cristo! ». È del Battesimo illuminare con la luce di Cristo, aprire gli occhi al suo splendore e introdurre al mistero di Dio attraverso il lume divino della fede. In questa luce i bambini che stanno per essere battezzati dovranno camminare per tutta la vita, aiutati dalle parole e dall’esempio dei genitori, dei padrini e delle madrine. Questi dovranno impegnarsi ad alimentare con le parole e la testimonianza della loro vita le fiaccole della fede dei bambini, perché possa risplendere in questo nostro mondo, che brancola spesso nelle tenebre del dubbio, e recare la luce del Vangelo che è vita e speranza. Solo cosı̀, da adulti potranno pronunciare con piena consapevolezza la formula collocata al termine della professione di fede presente nel rito: « Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore ». Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare. Con questa celebrazione del Battesimo, il Signore conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani, perché possiamo introdurre i bambini battezzati alla pienezza dell’adesione a Cristo. Affidiamo questi piccoli alla materna intercessione della Vergine Maria. Chiediamo a Lei che, rivestiti della veste bianca, segno della loro nuova dignità di figli di Dio, siano per tutta la loro vita fedeli discepoli di Cristo e coraggiosi testimoni del Vangelo. Amen. III In celebratione Vesperarum occurrente Festo Conversionis Sancti Pauli Apostoli.* Cari fratelli e sorelle, riuniti in fraterna assemblea liturgica, nella festa della conversione dell’apostolo Paolo, concludiamo oggi l’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Vorrei salutare voi tutti con affetto e, in particolare, il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e l’Arciprete di questa Basilica, Mons. Francesco Monterisi, con l’Abate e la Comunità dei monaci, che ci ospitano. * Die 25 Ianuarii 2010. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 82 Rivolgo, altresı̀, il mio cordiale pensiero ai Signori Cardinali presenti, ai Vescovi ed a tutti i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali della Città, qui convenuti. Non sono passati molti mesi da quando si è concluso l’Anno dedicato a San Paolo, che ci ha offerto la possibilità di approfondire la sua straordinaria opera di predicatore del Vangelo, e, come ci ha ricordato il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani — « Di questo voi siete testimoni » (Lc 24, 48) —, la nostra chiamata ad essere missionari del Vangelo. Paolo, pur serbando viva ed intensa memoria del proprio passato di persecutore dei cristiani, non esita a chiamarsi Apostolo. A fondamento di tale titolo, vi è per lui l’incontro con il Risorto sulla via di Damasco, che diventa anche l’inizio di una instancabile attività missionaria, in cui spenderà ogni sua energia per annunciare a tutte le genti quel Cristo che aveva personalmente incontrato. Cosı̀ Paolo, da persecutore della Chiesa, diventerà egli stesso vittima di persecuzione a causa del Vangelo a cui dava testimonianza: « Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato... Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese ».1 La testimonianza di Paolo raggiungerà il culmine nel suo martirio quando, proprio non lontano da qui, darà prova della sua fede nel Cristo che vince la morte. La dinamica presente nell’esperienza di Paolo è la stessa che troviamo nella pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato. I discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto il Signore risorto, tornano a Gerusalemme e trovano gli Undici riuniti insieme con gli altri. Il Cristo risorto appare loro, li conforta, vince il loro timore, i loro dubbi, si fa loro commensale e apre il loro cuore all’intelligenza delle Scritture, ricordando quanto doveva accadere e che costituirà il nucleo centrale dell’annuncio cristiano. Gesù afferma: « Cosı̀ sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme ».2 Questi sono gli eventi dei quali renderanno testimonianza innanzitutto i discepoli della prima ora e, in seguito, i credenti 1 2 2 Cor 11, 24-25. 26-28. Lc 24, 46-47. Acta Benedicti Pp. XVI 83 in Cristo di ogni tempo e di ogni luogo. È importante, però, sottolineare che questa testimonianza, allora come oggi, nasce dall’incontro col Risorto, si nutre del rapporto costante con Lui, è animata dall’amore profondo verso di Lui. Solo chi ha fatto esperienza di sentire il Cristo presente e vivo — « Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! » 3 —, di sedersi a mensa con Lui, di ascoltarlo perché faccia ardere il cuore, può essere Suo testimone! Per questo, Gesù promette ai discepoli e a ciascuno di noi una potente assistenza dall’alto, una nuova presenza, quella dello Spirito Santo, dono del Cristo risorto, che ci guida alla verità tutta intera: « Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso ».4 Gli Undici spenderanno tutta la vita per annunciare la buona notizia della morte e risurrezione del Signore e quasi tutti sigilleranno la loro testimonianza con il sangue del martirio, seme fecondo che ha prodotto un raccolto abbondante. La scelta del tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, l’invito, cioè, ad una testimonianza comune del Cristo risorto secondo il mandato che Egli ha affidato ai discepoli, è legata al ricordo del centesimo anniversario della Conferenza missionaria di Edimburgo in Scozia, che viene considerato da molti come un evento determinante per la nascita del movimento ecumenico moderno. Nell’estate del 1910, nella capitale scozzese si incontrarono oltre mille missionari, appartenenti a diversi rami del Protestantesimo e dell’Anglicanesimo, a cui si unı̀ un ospite ortodosso, per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità per annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù Cristo. Infatti, è proprio il desiderio di annunciare agli altri il Cristo e di portare al mondo il suo messaggio di riconciliazione che fa sperimentare la contraddizione della divisione dei cristiani. Come potranno, infatti, gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra loro? Del resto, come sappiamo, lo stesso Maestro, al termine dell’Ultima Cena, aveva pregato il Padre per i suoi discepoli: « Che tutti siano una sola cosa... perché il mondo creda ».5 La comunione e l’unità dei discepoli di Cristo è, dunque, condizione particolarmente importante per una maggiore credibilità ed efficacia della loro testimonianza. Ad un secolo di distanza dall’evento di Edimburgo, l’intuizione di quei coraggiosi precursori è ancora attualissima. In un mondo segnato dall’indif3 4 5 Lc 24, 39. Lc 24, 49. Gv 17, 21. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 84 ferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia. Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito. Mentre siamo in cammino verso la piena comunione, siamo chiamati ad offrire una testimonianza comune di fronte alle sfide sempre più complesse del nostro tempo, quali la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose. Vi sono poi ulteriori campi nei quali dobbiamo sin da ora dare una comune testimonianza: la salvaguardia del Creato, la promozione del bene comune e della pace, la difesa della centralità della persona umana, l’impegno per sconfiggere le miserie del nostro tempo, quali la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni. L’impegno per l’unità dei cristiani non è compito solo di alcuni, né attività accessoria per la vita della Chiesa. Ciascuno è chiamato a dare il suo apporto per compiere quei passi che portino verso la comunione piena tra tutti i discepoli di Cristo, senza mai dimenticare che essa è innanzitutto dono di Dio da invocare costantemente. Infatti, la forza che promuove l’unità e la missione sgorga dall’incontro fecondo e appassionante col Risorto, come avvenne per San Paolo sulla via di Damasco e per gli Undici e gli altri discepoli riuniti a Gerusalemme. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, faccia sı̀ che quanto prima possa realizzarsi il desiderio del Suo Figlio: « Che tutti siano una sola cosa... perché il mondo creda ».6 6 Gv 17, 21. Acta Benedicti Pp. XVI 85 IV In Festo Praesentationis Domini.* Cari fratelli e sorelle! Nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio celebriamo un mistero della vita di Cristo, legato al precetto della legge mosaica che prescriveva ai genitori, quaranta giorni dopo la nascita del primogenito, di salire al Tempio di Gerusalemme per offrire il loro figlio al Signore e per la purificazione rituale della madre.1 Anche Maria e Giuseppe compiono questo rito, offrendo — secondo la legge — una coppia di tortore o di colombi. Leggendo le cose più in profondità, comprendiamo che in quel momento è Dio stesso a presentare il suo Figlio Unigenito agli uomini, mediante le parole del vecchio Simeone e della profetessa Anna. Simeone, infatti, proclama Gesù come « salvezza » dell’umanità, come « luce » di tutti i popoli e « segno di contraddizione », perché svelerà i pensieri dei cuori.2 In Oriente questa festa veniva chiamata Hypapante, festa dell’incontro: infatti, Simeone ed Anna, che incontrano Gesù nel Tempio e riconoscono in Lui il Messia tanto atteso, rappresentano l’umanità che incontra il suo Signore nella Chiesa. Successivamente questa festa si estese anche in Occidente, sviluppando soprattutto il simbolo della luce, e la processione con le candele, che diede origine al termine « Candelora ». Con questo segno visibile si vuole significare che la Chiesa incontra nella fede Colui che è « la luce degli uomini » e lo accoglie con tutto lo slancio della sua fede per portare questa « luce » al mondo. In concomitanza con questa festa liturgica, il Venerabile Giovanni Paolo II, a partire dal 1997, volle che fosse celebrata in tutta la Chiesa una speciale Giornata della Vita Consacrata. Infatti, l’oblazione del Figlio di Dio — simboleggiata dalla sua presentazione al Tempio — è modello per ogni uomo e donna che consacra tutta la propria vita al Signore. Triplice è lo scopo di questa Giornata: innanzitutto lodare e ringraziare il Signore per il dono della vita consacrata; in secondo luogo, promuoverne la conoscenza e la stima da parte di tutto il Popolo di Dio; infine, invitare quanti hanno dedicato pienamente la propria vita alla causa del Vangelo a celebrare le meraviglie * Die 2 Februarii 2010. 1 2 Cfr. Es 13, 1-2.11-16; Lv 12, 1-8. Cfr. Lc 2, 29-35. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 86 che il Signore ha operato in loro. Nel ringraziarvi per essere convenuti cosı̀ numerosi, in questa giornata a voi particolarmente dedicata, desidero salutare con grande affetto ciascuno di voi: religiosi, religiose e persone consacrate, esprimendovi cordiale vicinanza e vivo apprezzamento per il bene che realizzate a servizio del Popolo di Dio. La breve lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei, che poco fa è stata proclamata, unisce bene i motivi che stanno all’origine di questa significativa e bella ricorrenza e ci offre alcuni spunti di riflessione. Questo testo — si tratta di due versetti, ma molto densi — apre la seconda parte della Lettera agli Ebrei, introducendo il tema centrale di Cristo sommo sacerdote. Veramente bisognerebbe considerare anche il versetto immediatamente precedente, che dice: « Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede ».3 Questo versetto mostra Gesù che ascende al Padre; quello successivo lo presenta mentre discende verso gli uomini. Cristo è presentato come il Mediatore: è vero Dio e vero uomo, perciò appartiene realmente al mondo divino e a quello umano. In realtà, è proprio e solamente a partire da questa fede, da questa professione di fede in Gesù Cristo, il Mediatore unico e definitivo, che nella Chiesa ha senso una vita consacrata, una vita consacrata a Dio mediante Cristo. Ha senso solo se Lui è veramente mediatore tra Dio e noi, altrimenti si tratterebbe solo di una forma di sublimazione o di evasione. Se Cristo non fosse veramente Dio, e non fosse, al tempo stesso, pienamente uomo, verrebbe meno il fondamento della vita cristiana in quanto tale, ma, in modo del tutto particolare, verrebbe meno il fondamento di ogni consacrazione cristiana dell’uomo e della donna. La vita consacrata, infatti, testimonia ed esprime in modo « forte » proprio il cercarsi reciproco di Dio e dell’uomo, l’amore che li attrae; la persona consacrata, per il fatto stesso di esserci, rappresenta come un « ponte » verso Dio per tutti coloro che la incontrano, un richiamo, un rinvio. E tutto questo in forza della mediazione di Gesù Cristo, il Consacrato del Padre. Il fondamento è Lui! Lui, che ha condiviso la nostra fragilità, perché noi potessimo partecipare della sua natura divina. Il nostro testo insiste, più che sulla fede, sulla « fiducia » con cui possiamo accostarci al « trono della grazia », dal momento che il nostro sommo sacerdote è stato Lui stesso « messo alla prova in ogni cosa come noi ». Possiamo acco3 Eb 4, 14. Acta Benedicti Pp. XVI 87 starci per « ricevere misericordia », « trovare grazia », e per « essere aiutati al momento opportuno ». Mi sembra che queste parole contengano una grande verità e insieme un grande conforto per noi che abbiamo ricevuto il dono e l’impegno di una speciale consacrazione nella Chiesa. Penso in particolare a voi, care sorelle e fratelli. Voi vi siete accostati con piena fiducia al « trono della grazia » che è Cristo, alla sua Croce, al suo Cuore, alla sua divina presenza nell’Eucaristia. Ognuno di voi si è avvicinato a Lui come alla fonte dell’Amore puro e fedele, un Amore cosı̀ grande e bello da meritare tutto, anzi, più del nostro tutto, perché non basta una vita intera a ricambiare ciò che Cristo è e ciò che ha fatto per noi. Ma voi vi siete accostati, e ogni giorno vi accostate a Lui, anche per essere aiutati al momento opportuno e nell’ora della prova. Le persone consacrate sono chiamate in modo particolare ad essere testimoni di questa misericordia del Signore, nella quale l’uomo trova la propria salvezza. Esse tengono viva l’esperienza del perdono di Dio, perché hanno la consapevolezza di essere persone salvate, di essere grandi quando si riconoscono piccole, di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità di Dio quando riconoscono il proprio peccato. Per questo, anche per l’uomo di oggi, la vita consacrata rimane una scuola privilegiata della « compunzione del cuore », del riconoscimento umile della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona. In realtà, più ci si avvicina a Dio, più si è vicini a Lui, più si è utili agli altri. Le persone consacrate sperimentano la grazia, la misericordia e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio. In particolare, le comunità che vivono nella clausura, con il loro specifico impegno di fedeltà nello « stare con il Signore », nello « stare sotto la croce », svolgono sovente questo ruolo vicario, unite al Cristo della Passione, prendendo su di sé le sofferenze e le prove degli altri ed offrendo con gioia ogni cosa per la salvezza del mondo. Infine, cari amici, vogliamo elevare al Signore un inno di ringraziamento e di lode per la stessa vita consacrata. Se essa non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo! Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile.4 La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbon4 Cfr. Esort. ap. post-sinod. Vita consecrata, 105. 88 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale danza d’amore che spinge a « perdere » la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha « perduto » la sua vita per noi. In questo momento penso alle persone consacrate che sentono il peso della fatica quotidiana scarsa di gratificazioni umane, penso ai religiosi e alle religiose anziani, ammalati, a quanti si sentono in difficoltà nel loro apostolato... Nessuno di essi è inutile, perché il Signore li associa al « trono della grazia ». Sono invece un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, assetato di Dio e della sua Parola. Pieni di fiducia e di riconoscenza, rinnoviamo dunque anche noi il gesto dell’offerta totale di noi stessi presentandoci al Tempio. L’Anno Sacerdotale sia un’ulteriore occasione, per i religiosi presbiteri, ad intensificare il cammino di santificazione e, per tutti i consacrati e le consacrate, uno stimolo ad accompagnare e sostenere il loro ministero con fervente preghiera. Quest’anno di grazia avrà un momento culminante a Roma, il prossimo giugno, nell’incontro internazionale dei sacerdoti, al quale invito quanti esercitano il Sacro Ministero. Ci accostiamo al Dio tre volte Santo, per offrire la nostra vita e la nostra missione, personale e comunitaria, di uomini e donne consacrati al Regno di Dio. Compiamo questo gesto interiore in intima comunione spirituale con la Vergine Maria: mentre la contempliamo nell’atto di presentare Gesù Bambino al Tempio, la veneriamo quale prima e perfetta consacrata, portata da quel Dio che porta in braccio; Vergine, povera e obbediente, tutta dedita a noi, perché tutta di Dio. Alla sua scuola, e col suo materno aiuto, rinnoviamo il nostro « eccomi » e il nostro « fiat ». Amen. ALLOCUTIONES I Ad Pontificium Collegium Nordamericanum occasione CL anniversariae memoriae ab illius fundatione.* Your Eminences, Dear Brother Bishops and Priests, I am pleased to welcome the alumni of the Pontifical North American College, together with the Rector, faculty and students of the seminary on * Die 9 Ianuarii 2010. Acta Benedicti Pp. XVI 89 the Janiculum hill, and the student priests of the Casa Santa Maria dell’Umiltà. Our meeting comes at the conclusion of the celebrations marking the one hundred and fiftieth anniversary of the College’s establishment by my predecessor, Blessed Pius IX. On this happy occasion I willingly join you in thanking the Lord for the many ways in which the College has remained faithful to its founding vision by training generations of worthy preachers of the Gospel and ministers of the sacraments, devoted to the Successor of Peter and committed to the building up of the Church in the United States of America. It is appropriate, in this Year for Priests, that you have returned to the College and this Eternal City in order to give thanks for the academic and spiritual formation which has nourished your priestly ministry over the years. The present Reunion is an opportunity not only to remember with gratitude the time of your studies, but also to reaffirm your filial affection for the Church of Rome, to recall the apostolic labors of the countless alumni who have gone before you, and to recommit yourselves to the high ideals of holiness, fidelity and pastoral zeal which you embraced on the day of your ordination. It is likewise an occasion to renew your love for the College and your appreciation of its distinctive mission to the Church in your country. During my Pastoral Visit to the United States, I expressed my conviction that the Church in America is called to cultivate “an intellectual ‘culture’ which is genuinely Catholic, confident in the profound harmony of faith and reason, and prepared to bring the richness of faith’s vision to bear on the pressing issues which affect the future of American society.” 1 As Blessed Pius IX rightly foresaw, the Pontifical North American College in Rome is uniquely prepared to help meet this perennial challenge. In the century and a half since its foundation, the College has offered its students an exceptional experience of the universality of the Church, the breadth of her intellectual and spiritual tradition, and the urgency of her mandate to bring Christ’s saving truth to the men and women of every time and place. I am confident that, by emphasizing these hallmarks of a Roman education in every aspect of its program of formation, the College will continue to produce wise and generous pastors capable of transmitting the Catholic faith in its integrity, bringing Christ’s infinite mercy to the weak and the lost, and enabling Amer1 Homily at Nationals Stadium, Washington, 17 April 2008. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 90 ica’s Catholics to be a leaven of the Gospel in the social, political and cultural life of their nation. Dear brothers, I pray that in these days you will be renewed in the gift of the Holy Spirit which you received on the day of your ordination. In the College chapel, dedicated to the Blessed Virgin Mary under the title of the Immaculate Conception, Our Lady is portrayed in the company of four outstanding models and patrons of priestly life and ministry: Saint Gregory the Great, Saint Pius X, Saint John Mary Vianney and Saint Vincent de Paul. During this Year for Priests, may these great saints continue to watch over the students who daily pray in their midst; may they guide and sustain your own ministry, and intercede for the priests of the United States. With cordial good wishes for the spiritual fruitfulness of the coming days, and with great affection in the Lord, I impart to you my Apostolic Blessing, which I willingly extend to all the alumni and friends of the Pontifical North American College. II Ad Corpus Legatorum apud Apostolicam Sedem.* Excellences, Mesdames et Messieurs, Cette rencontre traditionnelle du début de l’année, deux semaines après la célébration de la naissance du Verbe incarné, est pour moi une grande joie. Comme nous l’avons proclamé dans la liturgie : « Dans le mystère de la Nativité, celui qui par nature est invisible se rend visible à nos yeux ; engendré avant le temps, Il entre dans le cours du temps. Faisant renaı̂tre en Lui la création déchue, Il restaure toute chose ».1 A Noël, nous avons donc contemplé le mystère de Dieu et celui de la création : par l’annonce des anges aux bergers, nous est parvenue la bonne nouvelle du salut de l’homme et du renouvellement de tout l’univers. C’est pourquoi, dans le Message pour la célébration de la Journée Mondiale de la Paix de cette année, j’ai invité toutes les personnes de bonne volonté, à qui les anges ont promis justement la paix, à protéger la création. Et c’est dans le même esprit que je suis * Die 11 Ianuarii 2010. 1 2ème préface de la Nativité. Acta Benedicti Pp. XVI 91 heureux de saluer chacun d’entre vous, en particulier ceux qui sont présents pour la première fois à cette cérémonie. Je vous remercie vivement pour les vœux dont s’est fait l’interprète votre doyen, Monsieur l’Ambassadeur Alejandro Valladares Lanza, et vous redis combien j’apprécie la mission que vous accomplissez près le Saint-Siège. Par votre entremise, je désire faire parvenir de cordiales salutations et des souhaits de paix et de bonheur aux Autorités et à tous les habitants des pays que vous représentez dignement. Ma pensée s’étend aussi à toutes les autres nations de la terre : le Successeur de Pierre tient sa porte ouverte à tous et désire entretenir avec tous des relations qui contribuent au progrès de la famille humaine. Depuis quelques semaines, de pleines relations diplomatiques ont été établies entre le SaintSiège et la Fédération de Russie, c’est là un motif de profonde satisfaction. De même, a été très significative la visite que m’a faite récemment le Président de la République Socialiste du Vietnam, pays cher à mon cœur, où l’Eglise célèbre sa présence multiséculaire par une Année jubilaire. Dans cet esprit d’ouverture, au cours de l’année 2009, j’ai reçu de nombreuses personnalités politiques venant de divers pays ; j’ai aussi visité certains d’entre eux et je me propose à l’avenir, dans la mesure du possible, de continuer à le faire. L’Eglise est ouverte à tous parce que, en Dieu, elle existe pour les autres ! Elle participe donc intensément au sort de l’humanité qui, en cette année à peine commencée, apparaı̂t encore marquée par la crise dramatique qui a frappé l’économie mondiale, provoquant une instabilité sociale grave et diffuse. Dans l’Encyclique « Caritas in veritate », j’ai invité à rechercher les racines profondes de cette situation : en dernière analyse, elles résident dans une mentalité courante égoı̈ste et matérialiste, oublieuse des limites inhérentes à toute créature. Aujourd’hui, je voudrais souligner que cette même mentalité menace également la création. Chacun de nous pourrait citer, probablement, un exemple des dommages qu’elle provoque à l’environnement, partout dans le monde. J’en cite un, parmi tant d’autres, dans l’histoire récente de l’Europe : il y a vingt ans, quand tomba le mur de Berlin et quand s’écroulèrent les régimes matérialistes et athées qui avaient dominé pendant plusieurs décennies une partie de ce continent, n’a-t-on pas pu prendre la mesure des profondes blessures qu’un système économique privé de références fondées sur la vérité de l’homme avait infligé non seulement à la dignité et à la liberté des personnes et des peuples, mais aussi à la nature, avec la pollution du sol, des eaux et de l’air ? La négation de Dieu défigure la liberté de la personne humaine, mais dévaste aussi la création. Il s’ensuit que la sauve- Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 92 garde de la création ne répond pas principalement à une exigence esthétique, mais bien davantage à une exigence morale, car la nature exprime un dessein d’amour et de vérité qui nous précède et qui vient de Dieu. C’est pourquoi je partage la préoccupation majeure que causent les résistances d’ordre économique et politique à la lutte contre la dégradation de l’environnement. Il s’agit de difficultés qui ont pu être constatées encore dernièrement, lors de la XVème Session de la Conférence des Etats parties à la Convention-cadre des Nations Unies sur les changements climatiques, qui s’est tenue à Copenhague du 7 au 18 décembre dernier. Je souhaite que dans le courant de cette année, d’abord à Bonn, et puis à Mexico, il soit possible de parvenir à un accord pour affronter cette question de façon efficace. Il s’agit d’un enjeu d’autant plus important qu’il en va du destin même de certaines nations, en particulier certains Etats insulaires. Il convient, toutefois, que cette attention et cet engagement pour l’environnement soient bien ordonnés dans l’ensemble des grands défis qui se posent à l’humanité. Si l’on veut construire une vraie paix, comment serait-il possible de séparer, ou même d’opposer, la protection de l’environnement et celle de la vie humaine, y compris la vie avant la naissance ? C’est dans le respect que la personne humaine a d’elle-même que se manifeste son sens de la responsabilité pour la création. Car, comme saint Thomas d’Aquin l’enseigne, l’homme représente ce qu’il y a de plus noble dans l’univers.2 En outre, et je l’ai rappelé lors du récent Sommet mondial de la FAO sur la Sécurité alimentaire, « la terre est en mesure de nourrir tous ses habitants »,3 pourvu que l’égoı̈sme ne conduise pas à l’accaparement par quelques-uns des biens destinés à tous ! Je voudrais souligner encore que la sauvegarde de la création implique une gestion correcte des ressources naturelles des pays et, en premier lieu, de ceux qui sont économiquement défavorisés. Ma pensée va au continent africain, que j’ai eu la joie de visiter au mois de mars dernier, lors de mon voyage au Cameroun et en Angola, et auquel ont été consacrés les travaux de la récente Assemblée spéciale du Synode des Evêques. Les Pères synodaux ont signalé avec préoccupation l’érosion et la désertification de grandes étendues de terre cultivable, à cause de la surexploitation et de la pollution de l’environnement.4 En Afrique, comme ailleurs, il est nécessaire d’adopter des 2 3 4 Cf. Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3. Discours du 16 novembre 2009, n. 2. Cf. Propositio 22. Acta Benedicti Pp. XVI 93 choix politiques et économiques qui assurent « des formes de production agricole et industrielle respectueuses de l’ordre de la création et satisfaisantes pour les besoins essentiels de tous ».5 Comment oublier, d’autre part, que la lutte pour l’accès aux ressources naturelles est l’une des causes de plusieurs conflits, entre autres en Afrique, ainsi que la source d’un risque permanent dans d’autres cas ? C’est aussi pour cette raison que je répète avec force que, pour cultiver la paix, il faut protéger la création ! Par ailleurs, il y a encore de vastes étendues, par exemple en Afghanistan ou en certains pays de l’Amérique Latine, où malheureusement l’agriculture est encore liée à la production de drogue, et où elle constitue une source non négligeable d’emploi et de subsistance. Si on veut la paix, il faut préserver la création par la reconversion de telles activités et je voudrais demander, une fois encore, à la communauté internationale de ne pas se résigner au trafic de la drogue et aux graves problèmes moraux et sociaux que celle-ci engendre. Oui, Mesdames et Messieurs, la protection de la création est un facteur important de paix et de justice ! Parmi les nombreux défis qu’elle lance, l’un des plus graves est celui de l’augmentation des dépenses militaires ainsi que du maintien et du développement des arsenaux nucléaires. D’énormes ressources économiques sont absorbées à ces fins, alors qu’elles pourraient être destinées au développement des peuples, surtout des plus pauvres. C’est pourquoi j’espère fermement que, lors de la Conférence d’examen du Traité de non prolifération des armes nucléaires, qui se tiendra au mois de mai prochain à New York, soient prises des décisions efficaces en vue d’un désarmement progressif, visant à libérer la planète des armes nucléaires. Plus généralement, je déplore que la production et l’exportation des armes contribuent à perpétuer conflits et violences, comme au Darfour, en Somalie ou en République Démocratique du Congo. A l’incapacité des parties directement impliquées à s’extraire de la spirale de violence et de douleur engendrée par ces conflits, s’ajoute l’apparente impuissance des autres pays et des Organisations internationales à ramener la paix, sans compter l’indifférence quasi résignée de l’opinion publique mondiale. Il n’est pas besoin de souligner combien de tels conflits endommagent et dégradent l’environnement. Comment, enfin, ne pas mentionner le terrorisme, qui met en danger tant de vies innocentes et provoque une anxiété diffuse ? En cette circonstance 5 Message pour la célébration de la Journée Mondiale de la Paix 2010, n. 10. 94 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale solennelle, je voudrais renouveler l’appel que j’ai lancé le 1er janvier, lors de la prière de l’Angelus, à ceux qui font partie de groupes armés, quels qu’ils soient, afin qu’ils abandonnent la voie de la violence et ouvrent leur cœur à la joie de la paix. Les graves violences que je viens d’évoquer, associées aux fléaux de la pauvreté et de la faim, ainsi qu’aux catastrophes naturelles et à la destruction de l’environnement, contribuent à grossir les rangs de ceux qui abandonnent leur propre terre. Face à un tel exode, je désire exhorter les Autorités civiles, intéressées à divers titres, à œuvrer avec justice, solidarité et clairvoyance. En particulier, je voudrais mentionner ici les Chrétiens du MoyenOrient. Assaillis de diverses manières, jusque dans l’exercice de leur liberté religieuse, ils quittent la terre de leurs pères, où se développa l’Eglise des premiers siècles. C’est pour leur apporter un soutien et pour leur faire sentir la proximité de leurs frères dans la foi que j’ai convoqué pour l’automne prochain l’Assemblée spéciale du Synode des Evêques sur le Moyen-Orient. Mesdames et Messieurs les Ambassadeurs, je n’ai évoqué jusqu’ici que quelques aspects liés à la problématique de l’environnement. Cependant, les racines de la situation qui est sous les yeux de tous, sont d’ordre moral et la question doit être affrontée dans le cadre d’un grand effort d’éducation, afin de promouvoir un changement effectif des mentalités et d’établir de nouveaux modes de vie. La communauté des croyants peut et veut y participer, mais, pour ce faire, il faut que son rôle public soit reconnu. Malheureusement, dans certains pays, surtout occidentaux, se diffuse parmi les milieux politiques et culturels, ainsi que dans les médias, un sentiment de peu de considération et parfois d’hostilité, pour ne pas dire de mépris, envers la religion, en particulier la religion chrétienne. Il est clair que si le relativisme est considéré comme un élément constitutif essentiel de la démocratie, on risque de ne concevoir la laı̈cité qu’en termes d’exclusion ou, plus exactement, de refus de l’importance sociale du fait religieux. Une telle approche, cependant, crée confrontation et division, blesse la paix, perturbe l’écologie humaine et, en rejetant par principe les attitudes différentes de la sienne, devient une voie sans issue. Il est donc urgent de définir une laı̈cité positive, ouverte, qui, fondée sur une juste autonomie de l’ordre temporel et de l’ordre spirituel, favorise une saine collaboration et un esprit de responsabilité partagée. Dans cette perspective, je pense à l’Europe, qui, avec l’entrée en vigueur du Traité de Lisbonne, a ouvert une nouvelle phase de son processus d’intégration, que le Saint-Siège continuera à suivre avec respect et avec une Acta Benedicti Pp. XVI 95 attention bienveillante. Notant avec satisfaction que le Traité prévoit que l’Union européenne maintienne avec les Eglises un dialogue « ouvert, transparent et régulier » (art. 17), je forme des vœux afin que, dans la construction de son avenir, l’Europe sache toujours puiser aux sources de sa propre identité chrétienne. Comme je l’ai dit, durant mon voyage apostolique en République Tchèque, au mois de septembre dernier, celle-ci a un rôle irremplaçable « pour la formation de la conscience de chaque génération et la promotion d’un consensus éthique de base qui est utile à toute personne qui appelle ce continent ‘ma maison’ ! ».6 Poursuivant notre réflexion, il est nécessaire de relever que la problématique de l’environnement est complexe ; on pourrait dire qu’il s’agit d’un prisme aux facettes multiples. Les créatures sont différentes les unes des autres et peuvent être protégées, ou au contraire mises en danger de diverses manières, comme nous le montre l’expérience quotidienne. Une de ces attaques provient des lois ou des projets qui, au nom de la lutte contre la discrimination, attentent au fondement biologique de la différence entre les sexes. Je me réfère, par exemple, à des pays européens ou du continent américain. « Si tu enlèves la liberté, tu enlèves la dignité », dit saint Colomban.7 Toutefois la liberté ne peut être absolue, parce que l’homme n’est pas Dieu, mais image de Dieu, sa créature. Pour l’homme, le chemin à suivre ne peut être fixé par l’arbitraire ou le désir, mais doit consister, plutôt, à correspondre à la structure voulue par le Créateur. La sauvegarde de la création comporte aussi d’autres défis, auxquels on ne peut répondre que par la solidarité internationale. Je pense aux catastrophes naturelles, qui, durant l’année passée, ont semé morts, souffrances et destructions aux Philippines, au Vietnam, au Laos, au Cambodge et dans l’Ile de Taiwan. Comment ne pas rappeler aussi l’Indonésie et, plus près de nous, la région des Abruzzes frappées par des tremblements de terre dévastateurs ? Face à de tels événements, une généreuse assistance ne doit jamais manquer, parce que la vie même des créatures de Dieu est en jeu. Mais la sauvegarde de la création, en plus de la solidarité, a besoin aussi de la concorde et de la stabilité des Etats. Quand surgissent des divergences et des hostilités entre ces derniers, pour défendre la paix, ils doivent poursuivre avec ténacité la voie d’un dialogue constructif. C’est ce qui advint, il y a vingt-cinq ans, avec 6 Rencontre avec les Autorités politiques et civiles et avec le Corps diplomatique, 26 septembre 2009. 7 Epist. N. 4 ad Attela, in S. Columbani Opera, Dublin, 1957, p. 34. 96 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale le Traité de Paix et d’Amitié entre l’Argentine et le Chili, conclu grâce à la médiation du Siège Apostolique. Il a porté d’abondants fruits de collaboration et de prospérité, qui ont profité, d’une certaine façon, à toute l’Amérique Latine. Dans cette même région du monde, je suis heureux du rapprochement que la Colombie et l’Equateur ont entrepris après plusieurs mois de tension. Plus près de nous, je me réjouis de l’entente conclue entre la Croatie et la Slovénie à propos de l’arbitrage relatif à leur frontière maritime et terrestre. Je me félicite également de l’Accord entre l’Arménie et la Turquie en vue de la reprise de relations diplomatiques, et je souhaite aussi qu’à travers le dialogue, les relations entre tous les pays du Caucase méridional s’améliorent. Durant mon pèlerinage en Terre Sainte, j’ai appelé de façon pressante les Israéliens et les Palestiniens à dialoguer et à respecter les droits de l’autre. Encore une fois, j’élève ma voix, afin que soit universellement reconnu le droit de l’Etat d’Israël à exister et à jouir de la paix et de la sécurité dans des frontières internationalement reconnues. Et que, de même, soit reconnu le droit du Peuple palestinien à une patrie souveraine et indépendante, à vivre avec dignité et à se déplacer librement. Je voudrais, en outre, demander le soutien de tous, afin que soient protégés l’identité et le caractère sacré de Jérusalem, son héritage culturel et religieux, dont la valeur est universelle. Seulement ainsi, cette ville unique, sainte et tourmentée, pourra être signe et anticipation de la paix que Dieu désire pour toute la famille humaine. Par amour du dialogue et de la paix, qui sauvegardent la création, j’exhorte les gouvernants et les citoyens de l’Iraq à dépasser les divisions, la tentation de la violence et l’intolérance, pour construire ensemble l’avenir de leur pays. Les communautés chrétiennes veulent elles aussi y apporter leur contribution, mais pour cela il faut que leur soient assurés respect, sécurité et liberté. Ces derniers mois, le Pakistan a été aussi durement frappé par la violence et certains épisodes ont visé directement la minorité chrétienne. Je demande que tout soit fait afin que de telles agressions ne se renouvellent plus et que les chrétiens puissent se sentir pleinement intégrés dans la vie de leur pays. S’agissant des violences contre les chrétiens, je ne puis omettre de mentionner, par ailleurs, le déplorable attentat dont vient d’être victime la communauté copte égyptienne ces derniers jours, alors même qu’elle fêtait Noël. Concernant l’Iran, je souhaite qu’à travers le dialogue et la collaboration, soient trouvées des solutions communes, aussi bien au niveau national qu’au plan international. Au Liban, qui a surmonté une longue crise politique, je souhaite de continuer sur la voie de la concorde. J’espère que le Honduras, Acta Benedicti Pp. XVI 97 après un temps d’incertitude et d’agitation, s’achemine vers une normalité politique et sociale retrouvée. Et je souhaite qu’il en aille de même pour la Guinée et pour Madagascar, avec l’aide effective et désintéressée de la communauté internationale. Mesdames et Messieurs les Ambassadeurs, au terme de ce rapide tour d’horizon, qui, à cause de sa brièveté, ne peut mentionner toutes les situations qui mériteraient de l’être, me reviennent à l’esprit les mots de l’Apôtre Paul, pour qui « la création tout entière crie sa souffrance » et « nous aussi, nous crions en nous-mêmes notre souffrance ».8 Oui, il y a tant de souffrances dans l’humanité et l’égoı̈sme humain blesse la création de bien des façons. C’est pour cela que l’attente du salut, qui concerne toute la création, est encore plus intense et qu’elle est présente dans le cœur de tous, croyants et incroyants. L’Eglise indique que la réponse à cette aspiration est le Christ « premier-né par rapport à toute créature, car c’est en lui que tout a été créé dans les cieux et sur la terre ».9 Fixant sur Lui mon regard, j’exhorte toute personne de bonne volonté à œuvrer avec confiance et générosité pour la dignité et la liberté de l’homme. Que la lumière et la force de Jésus nous aident à respecter l’écologie humaine, conscients que l’écologie environnementale en trouvera aussi un bénéfice, car le livre de la nature est unique et indivisible ! C’est ainsi que nous pourrons consolider la paix, aujourd’hui et pour les générations à venir. Bonne année à tous ! III Ad Plenariam Sessionem Congregationis pro Doctrina Fidei.* Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Carissimi fedeli collaboratori, è per me motivo di grande gioia incontrarvi in occasione della Sessione Plenaria e manifestarvi i sentimenti di profonda riconoscenza e di cordiale 8 Rm 8, 22-23. Col 1, 15-16. ——————— 9 * Die 16 Ianuarii 2010. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 98 apprezzamento per il lavoro che svolgete al servizio del Successore di Pietro nel suo ministero di confermare i fratelli nella fede.1 Ringrazio il Signor Cardinale William Joseph Levada per il suo indirizzo di saluto, nel quale ha richiamato le tematiche che impegnano attualmente la Congregazione, nonché le nuove responsabilità che il Motu Proprio « Ecclesiae Unitatem » le ha affidato, unendo in modo stretto al Dicastero la Pontificia Commissione Ecclesia Dei. Vorrei ora brevemente soffermarmi su alcuni aspetti che Ella, Signor Cardinale, ha esposto. Anzitutto, desidero sottolineare come la Vostra Congregazione partecipi del ministero di unità, che è affidato, in special modo, al Romano Pontefice, mediante il suo impegno per la fedeltà dottrinale. L’unità è infatti primariamente unità di fede, sostenuta dal sacro deposito, di cui il Successore di Pietro è il primo custode e difensore. Confermare i fratelli nella fede, tenendoli uniti nella confessione del Cristo crocifisso e risorto costituisce per colui che siede sulla Cattedra di Pietro il primo e fondamentale compito conferitogli da Gesù. È un inderogabile servizio dal quale dipende l’efficacia dell’azione evangelizzatrice della Chiesa fino alla fine dei secoli. Il Vescovo di Roma, della cui potestas docendi partecipa la Vostra Congregazione, è tenuto costantemente a proclamare: « Dominus Iesus » — « Gesù è il Signore ». La potestas docendi, infatti, comporta l’obbedienza alla fede, affinché la Verità che è Cristo continui a risplendere nella sua grandezza e a risuonare per tutti gli uomini nella sua integrità e purezza, cosı̀ che vi sia un unico gregge, radunato attorno all’unico Pastore. Il raggiungimento della comune testimonianza di fede di tutti i cristiani costituisce pertanto la priorità della Chiesa di ogni tempo, al fine di condurre tutti gli uomini all’incontro con Dio. In questo spirito confido in particolare nell’impegno del Dicastero perché vengano superati i problemi dottrinali che ancora permangono per il raggiungimento della piena comunione con la Chiesa da parte della Fraternità S. Pio X. Desidero inoltre rallegrarmi per l’impegno in favore della piena integrazione di gruppi di fedeli e di singoli, già appartenenti all’Anglicanesimo, nella vita della Chiesa Cattolica, secondo quanto stabilito nella Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus. La fedele adesione di questi gruppi alla verità ricevuta da Cristo e proposta dal Magistero della Chiesa non è in alcun modo 1 Cfr. Lc 22, 32. Acta Benedicti Pp. XVI 99 contraria al movimento ecumenico, ma mostra, invece, il suo ultimo scopo che consiste nel giungere alla piena e visibile comunione dei discepoli del Signore. Nel prezioso servizio che rendete al Vicario di Cristo, mi preme ricordare anche come la Congregazione per la Dottrina della Fede nel settembre 2008 ha pubblicato l’Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica. Dopo l’Enciclica Evangelium vitae del Servo di Dio Giovanni Paolo II nel marzo 1995, questo documento dottrinale, centrato sul tema della dignità della persona, creata in Cristo e per Cristo, rappresenta un nuovo punto fermo nell’annuncio del Vangelo, in piena continuità con l’Istruzione Donum vitae, pubblicata da codesto Dicastero nel febbraio 1987. In temi tanto delicati ed attuali, quali quelli riguardanti la procreazione e le nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione e del patrimonio genetico umano, l’Istruzione ha ricordato che « il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita ».2 In tal modo il Magistero della Chiesa intende offrire il proprio contributo alla formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti cercano la verità e intendono dare ascolto ad argomentazioni che vengono dalla fede ma anche dalla stessa ragione. La Chiesa, nel proporre valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge infatti alla luce sia della ragione che della fede,3 in quanto è sua convinzione che « ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato ».4 In questo contesto viene altresı̀ data una risposta alla mentalità diffusa, secondo cui la fede è presentata come ostacolo alla libertà e alla ricerca scientifica, perché sarebbe costituita da un insieme di pregiudizi che vizierebbero la comprensione oggettiva della realtà. Di fronte a tale atteggiamento, che tende a sostituire la verità con il consenso, fragile e facilmente manipolabile, la fede cristiana offre invece un contributo veritativo anche nell’ambito etico-filosofico, non fornendo soluzioni precostituite a problemi concreti, come la ricerca e la sperimentazione biomedica, ma proponendo prospettive 2 3 4 Istr. Dignitas personae, n. 10. Cfr. ibid., n. 3. Ibid., n. 7. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 100 morali affidabili all’interno delle quali la ragione umana può ricercare e trovare valide soluzioni. Vi sono, infatti, determinati contenuti della rivelazione cristiana che gettano luce sulle problematiche bioetiche: il valore della vita umana, la dimensione relazionale e sociale della persona, la connessione tra l’aspetto unitivo e quello procreativo della sessualità, la centralità della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. Questi contenuti, iscritti nel cuore dell’uomo, sono comprensibili anche razionalmente come elementi della legge morale naturale e possono riscuotere accoglienza anche da coloro che non si riconoscono nella fede cristiana. La legge morale naturale non è esclusivamente o prevalentemente confessionale, anche se la Rivelazione cristiana e il compimento dell’uomo nel mistero di Cristo ne illumina e sviluppa in pienezza la dottrina. Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, essa « indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale ».5 Fondata nella stessa natura umana e accessibile ad ogni creatura razionale, la legge morale naturale costituisce cosı̀ la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini che cercano la verità e, più in generale, con la società civile e secolare. Questa legge, iscritta nel cuore di ogni uomo, tocca uno dei nodi essenziali della stessa riflessione sul diritto e interpella ugualmente la coscienza e la responsabilità dei legislatori. Nell’incoraggiarvi a proseguire nel Vostro impegnativo e importante servizio, desidero esprimervi anche in questa circostanza la mia spirituale vicinanza, impartendo di cuore a voi tutti, in pegno di affetto e di gratitudine, la Benedizione Apostolica. IV Dum Summus Pontifex Hebraicam Communitatem in Urbe invisit.* « Il Signore ha fatto grandi cose per loro. Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia » (Sal 126) 5 N. 1955. ——————— * Die 17 Ianuarii 2010. Acta Benedicti Pp. XVI 101 « Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme! » (Sal 133) Signor Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, Signor Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Signor Presidente della Comunità Ebraica di Roma Signori Rabbini, Distinte Autorità, Cari amici e fratelli, 1. All’inizio dell’incontro nel Tempio Maggiore degli Ebrei di Roma, i Salmi che abbiamo ascoltato ci suggeriscono l’atteggiamento spirituale più autentico per vivere questo particolare e lieto momento di grazia: la lode al Signore, che ha fatto grandi cose per noi, ci ha qui raccolti con il suo Hèsed, l’amore misericordioso, e il ringraziamento per averci fatto il dono di ritrovarci assieme a rendere più saldi i legami che ci uniscono e continuare a percorrere la strada della riconciliazione e della fraternità. Desidero esprimere innanzitutto viva gratitudine a Lei, Rabbino Capo, Dottor Riccardo Di Segni, per l’invito rivoltomi e per le significative parole che mi ha indirizzato. Ringrazio poi i Presidenti dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Avvocato Renzo Gattegna, e della Comunità Ebraica di Roma, Signor Riccardo Pacifici, per le espressioni cortesi che hanno voluto rivolgermi. Il mio pensiero va alle Autorità e a tutti i presenti e si estende, in modo particolare, alla Comunità ebraica romana e a quanti hanno collaborato per rendere possibile il momento di incontro e di amicizia, che stiamo vivendo. Venendo tra voi per la prima volta da cristiano e da Papa, il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, quasi ventiquattro anni fa, intese offrire un deciso contributo al consolidamento dei buoni rapporti tra le nostre comunità, per superare ogni incomprensione e pregiudizio. Questa mia visita si inserisce nel cammino tracciato, per confermarlo e rafforzarlo. Con sentimenti di viva cordialità mi trovo in mezzo a voi per manifestarvi la stima e l’affetto che il Vescovo e la Chiesa di Roma, come pure l’intera Chiesa Cattolica, nutrono verso questa Comunità e le Comunità ebraiche sparse nel mondo. 2. La dottrina del Concilio Vaticano II ha rappresentato per i Cattolici un punto fermo a cui riferirsi costantemente nell’atteggiamento e nei rapporti con il popolo ebraico, segnando una nuova e significativa tappa. L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 102 irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia, cammino che si è approfondito e sviluppato in questi quarant’anni con passi e gesti importanti e significativi, tra i quali desidero menzionare nuovamente la storica visita in questo luogo del mio Venerabile Predecessore, il 13 aprile 1986, i numerosi incontri che egli ha avuto con Esponenti ebrei, anche durante i Viaggi Apostolici internazionali, il pellegrinaggio giubilare in Terra Santa nell’anno 2000, i documenti della Santa Sede che, dopo la Dichiarazione Nostra Aetate, hanno offerto preziosi orientamenti per un positivo sviluppo nei rapporti tra Cattolici ed Ebrei. Anche io, in questi anni di Pontificato, ho voluto mostrare la mia vicinanza e il mio affetto verso il popolo dell’Alleanza. Conservo ben vivo nel mio cuore tutti i momenti del pellegrinaggio che ho avuto la gioia di realizzare in Terra Santa, nel maggio dello scorso anno, come pure i tanti incontri con Comunità e Organizzazioni ebraiche, in particolare quelli nelle Sinagoghe a Colonia e a New York. Inoltre, la Chiesa non ha mancato di deplorare le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo.1 Possano queste piaghe essere sanate per sempre! Torna alla mente l’accorata preghiera al Muro del Tempio in Gerusalemme del Papa Giovanni Paolo II, il 26 marzo 2000, che risuona vera e sincera nel profondo del nostro cuore: « Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome sia portato ai popoli: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti, nel corso della storia, li hanno fatti soffrire, essi che sono tuoi figli, e domandandotene perdono, vogliamo impegnarci a vivere una fraternità autentica con il popolo dell’Alleanza ». 3. Il passare del tempo ci permette di riconoscere nel ventesimo secolo un’epoca davvero tragica per l’umanità: guerre sanguinose che hanno seminato distruzione, morte e dolore come mai era avvenuto prima; ideologie terribili che hanno avuto alla loro radice l’idolatria dell’uomo, della razza, dello stato e che hanno portato ancora una volta il fratello ad uccidere il fratello. Il dramma singolare e sconvolgente della Shoah rappresenta, in qualche modo, il vertice di un cammino di odio che nasce quando l’uomo dimentica il suo Creatore e mette se stesso al centro dell’universo. Come dissi nella visita del 28 maggio 2006 al campo di concentramento di Auschwitz, ancora 1 Cfr. Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, Noi Ricordiamo: una riflessione sulla Shoah, 16 marzo 1998. Acta Benedicti Pp. XVI 103 profondamente impressa nella mia memoria, « i potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità » e, in fondo, « con l’annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilı̀ i criteri orientativi dell’umanità che restano validi in eterno ».2 In questo luogo, come non ricordare gli Ebrei romani che vennero strappati da queste case, davanti a questi muri, e con orrendo strazio vennero uccisi ad Auschwitz? Come è possibile dimenticare i loro volti, i loro nomi, le lacrime, la disperazione di uomini, donne e bambini? Lo sterminio del popolo dell’Alleanza di Mosè, prima annunciato, poi sistematicamente programmato e realizzato nell’Europa sotto il dominio nazista, raggiunse in quel giorno tragicamente anche Roma. Purtroppo, molti rimasero indifferenti, ma molti, anche fra i Cattolici italiani, sostenuti dalla fede e dall’insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per soccorrere gli Ebrei braccati e fuggiaschi, a rischio spesso della propria vita, e meritando una gratitudine perenne. Anche la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso, spesso nascosta e discreta. La memoria di questi avvenimenti deve spingerci a rafforzare i legami che ci uniscono perché crescano sempre di più la comprensione, il rispetto e l’accoglienza. 4. La nostra vicinanza e fraternità spirituali trovano nella Sacra Bibbia — in ebraico Sifre Qodesh o « Libri di Santità » — il fondamento più solido e perenne, in base al quale veniamo costantemente posti davanti alle nostre radici comuni, alla storia e al ricco patrimonio spirituale che condividiamo. È scrutando il suo stesso mistero che la Chiesa, Popolo di Dio della Nuova Alleanza, scopre il proprio profondo legame con gli Ebrei, scelti dal Signore primi fra tutti ad accogliere la sua parola.3 « A differenza delle altre religioni non cristiane, la fede ebraica è già risposta alla rivelazione di Dio nella Antica Alleanza. È al popolo ebraico che appartengono “l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne” (Rm 9, 4-5) perché “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!” (Rm 11, 29) ».4 2 Discorso al campo di Auschwitz-Birkenau: Insegnamenti di Benedetto XVI, II, 1[2006], p. 727. 3 Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 839. 4 Ibid. 104 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 5. Numerose possono essere le implicazioni che derivano dalla comune eredità tratta dalla Legge e dai Profeti. Vorrei ricordarne alcune: innanzitutto, la solidarietà che lega la Chiesa e il popolo ebraico « a livello della loro stessa identità » spirituale e che offre ai Cristiani l’opportunità di promuovere « un rinnovato rispetto per l’interpretazione ebraica dell’Antico Testamento »; 5 la centralità del Decalogo come comune messaggio etico di valore perenne per Israele, la Chiesa, i non credenti e l’intera umanità; l’impegno per preparare o realizzare il Regno dell’Altissimo nella « cura del creato » affidato da Dio all’uomo perché lo coltivi e lo custodisca responsabilmente.6 6. In particolare il Decalogo — le « Dieci Parole » o Dieci Comandamenti 7 — che proviene dalla Torah di Mosè, costituisce la fiaccola dell’etica, della speranza e del dialogo, stella polare della fede e della morale del popolo di Dio, e illumina e guida anche il cammino dei Cristiani. Esso costituisce un faro e una norma di vita nella giustizia e nell’amore, un « grande codice » etico per tutta l’umanità. Le « Dieci Parole » gettano luce sul bene e il male, sul vero e il falso, sul giusto e l’ingiusto, anche secondo i criteri della coscienza retta di ogni persona umana. Gesù stesso lo ha ripetuto più volte, sottolineando che è necessario un impegno operoso sulla via dei Comandamenti: « Se vuoi entrare nella vita, osserva i Comandamenti ».8 In questa prospettiva, sono vari i campi di collaborazione e di testimonianza. Vorrei ricordarne tre particolarmente importanti per il nostro tempo. Le « Dieci Parole » chiedono di riconoscere l’unico Signore, contro la tentazione di costruirsi altri idoli, di farsi vitelli d’oro. Nel nostro mondo molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo, senza rilevanza per la vita; sono stati fabbricati cosı̀ altri e nuovi dei a cui l’uomo si inchina. Risvegliare nella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente, testimoniare l’unico Dio è un servizio prezioso che Ebrei e Cristiani possono e devono offrire assieme. Le « Dieci Parole » chiedono il rispetto, la protezione della vita, contro ogni ingiustizia e sopruso, riconoscendo il valore di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio. Quante volte, in ogni parte della terra, vicina e lontana, vengono ancora calpestati la dignità, la libertà, i diritti dell’essere 5 Cfr. Pontificia Commissione Biblica, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana, 2001, pp. 12 e 55. 6 Cfr. Gen 2, 15. 7 Cfr. Es 20, 1-17; Dt 5, 1-21. 8 Mt 19, 17. Acta Benedicti Pp. XVI 105 umano! Testimoniare insieme il valore supremo della vita contro ogni egoismo, è offrire un importante apporto per un mondo in cui regni la giustizia e la pace, lo « shalom » auspicato dai legislatori, dai profeti e dai sapienti di Israele. Le « Dieci Parole » chiedono di conservare e promuovere la santità della famiglia, in cui il « sı̀ » personale e reciproco, fedele e definitivo dell’uomo e della donna, dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e si apre, al tempo stesso, al dono di una nuova vita. Testimoniare che la famiglia continua ad essere la cellula essenziale della società e il contesto di base in cui si imparano e si esercitano le virtù umane è un prezioso servizio da offrire per la costruzione di un mondo dal volto più umano. 7. Come insegna Mosè nello Shemà 9 — e Gesù riafferma nel Vangelo,10 tutti i comandamenti si riassumono nell’amore di Dio e nella misericordia verso il prossimo. Tale Regola impegna Ebrei e Cristiani ad esercitare, nel nostro tempo, una generosità speciale verso i poveri, le donne, i bambini, gli stranieri, i malati, i deboli, i bisognosi. Nella tradizione ebraica c’è un mirabile detto dei Padri d’Israele: « Simone il Giusto era solito dire: Il mondo si fonda su tre cose: la Torah, il culto e gli atti di misericordia ».11 Con l’esercizio della giustizia e della misericordia, Ebrei e Cristiani sono chiamati ad annunciare e a dare testimonianza al Regno dell’Altissimo che viene, e per il quale preghiamo e operiamo ogni giorno nella speranza. 8. In questa direzione possiamo compiere passi insieme, consapevoli delle differenze che vi sono tra noi, ma anche del fatto che se riusciremo ad unire i nostri cuori e le nostre mani per rispondere alla chiamata del Signore, la sua luce si farà più vicina per illuminare tutti i popoli della terra. I passi compiuti in questi quarant’anni dal Comitato Internazionale congiunto cattolicoebraico e, in anni più recenti, dalla Commissione Mista della Santa Sede e del Gran Rabbinato d’Israele, sono un segno della comune volontà di continuare un dialogo aperto e sincero. Proprio domani la Commissione Mista terrà qui a Roma il suo IX incontro su « L’insegnamento cattolico ed ebraico sul creato e l’ambiente »; auguriamo loro un proficuo dialogo su un tema tanto importante e attuale. 9 Cfr. Dt 6, 5; Lv 19, 34. Cfr. Mc 12, 19-31. 11 Aboth 1, 2. 10 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 106 9. Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore, hanno le stesse radici, ma rimangono spesso sconosciuti l’uno all’altro. Spetta a noi, in risposta alla chiamata di Dio, lavorare affinché rimanga sempre aperto lo spazio del dialogo, del reciproco rispetto, della crescita nell’amicizia, della comune testimonianza di fronte alle sfide del nostro tempo, che ci invitano a collaborare per il bene dell’umanità in questo mondo creato da Dio, l’Onnipotente e il Misericordioso. 10. Infine un pensiero particolare per questa nostra Città di Roma, dove, da circa due millenni, convivono, come disse il Papa Giovanni Paolo II, la Comunità cattolica con il suo Vescovo e la Comunità ebraica con il suo Rabbino Capo; questo vivere assieme possa essere animato da un crescente amore fraterno, che si esprima anche in una cooperazione sempre più stretta per offrire un valido contributo nella soluzione dei problemi e delle difficoltà da affrontare. Invoco dal Signore il dono prezioso della pace in tutto il mondo, soprattutto in Terra Santa. Nel mio pellegrinaggio del maggio scorso, a Gerusalemme, presso il Muro del Tempio, ho chiesto a Colui che può tutto: « manda la tua pace in Terra Santa, nel Medio Oriente, in tutta la famiglia umana; muovi i cuori di quanti invocano il tuo nome, perché percorrano umilmente il cammino della giustizia e della compassione ».12 Nuovamente elevo a Lui il ringraziamento e la lode per questo nostro incontro, chiedendo che Egli rafforzi la nostra fraternità e renda più salda la nostra intesa. « Genti tutte, lodate il Signore, popoli tutti, cantate la sua lode, perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre. Alleluia » (Sal 117). 12 Preghiera al Muro Occidentale di Gerusalemme, 12 maggio 2009. Acta Benedicti Pp. XVI 107 V Ad Pontificias Academias.* Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, illustri Presidenti e Accademici, Signore e Signori! Sono lieto di accogliervi e di incontrarvi, in occasione della Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, momento culminante delle molteplici attività dell’anno. Saluto Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto. Estendo il mio saluto ai Presidenti delle Pontificie Accademie, agli Accademici e ai Sodali presenti. L’odierna Seduta Pubblica, nel corso della quale è stato consegnato, a mio nome, il Premio delle Pontificie Accademie, tocca un tema che, nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, riveste particolare importanza: « La formazione teologica del presbitero ». Oggi, memoria di San Tommaso d’Aquino, grande Dottore della Chiesa, desidero proporvi alcune riflessioni sulle finalità e sulla missione specifica delle benemerite Istituzioni culturali della Santa Sede di cui fate parte e che vantano una variegata e ricca tradizione di ricerca e di impegno in diversi settori. Gli anni 2009-2010, infatti, per alcune di esse, sono segnati da una specifica ricorrenza, che costituisce ulteriore motivo per rendere grazie al Signore. In particolare, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia ricorda la Fondazione avvenuta due secoli fa, nel 1810, e la trasformazione in Accademia Pontificia, nel 1829. La Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino e la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum hanno ricordato il loro 130º anno di vita, essendo state fondate entrambe nel 1879. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale ha celebrato, poi, il 50º della propria trasformazione in Accademia Pontificia. Le Pontificie Accademie di San Tommaso d’Aquino e di Teologia hanno ricordato, infine, il decennale del loro rinnovamento istituzionale, avvenuto nel 1999 con il Motu proprio Inter munera Academiarum, che reca proprio la data del 28 gennaio. Tante occasioni, dunque, per rivisitare il passato, attraverso la lettura attenta dei pensieri e delle azioni dei Fondatori e di quanti si sono prodigati * Die 28 Ianuarii 2010. 108 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale per il progresso di queste Istituzioni. Ma lo sguardo retrospettivo e la memoria del glorioso passato non possono costituire l’unico approccio a tali eventi, che richiamano soprattutto il compito e la responsabilità delle Accademie Pontificie di servire fedelmente la Chiesa e la Santa Sede, rinnovando nel presente il ricco e diversificato impegno, che già ha prodotto preziosi frutti anche nel recente passato. La cultura contemporanea, e ancor più gli stessi credenti, infatti, sollecitano continuamente la riflessione e l’azione della Chiesa nei vari ambiti in cui emergono nuove problematiche e che costituiscono anche settori in cui operate, come la ricerca filosofica e teologica; la riflessione sulla figura della Vergine Maria; lo studio della storia, dei monumenti, delle testimonianze ricevute in eredità dai fedeli delle prime generazioni cristiane, a cominciare dai Martiri; il delicato ed importante dialogo tra la fede cristiana e la creatività artistica, a cui ho voluto dedicare l’Incontro con personalità del mondo dell’arte e della cultura, svoltosi nella Cappella Sistina lo scorso 21 novembre. In questi delicati spazi di ricerca e di impegno, siete chiamati a offrire un contributo qualificato, competente e appassionato, affinché tutta la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, possa disporre di occasioni, di linguaggi e di mezzi adeguati per dialogare con le culture contemporanee e rispondere efficacemente alle domande e alle sfide che l’interpellano nei vari ambiti del sapere e dell’esperienza umana. Come ho più volte affermato, l’odierna cultura risente fortemente sia di una visione dominata dal relativismo e dal soggettivismo, sia di metodi e atteggiamenti talora superficiali e perfino banali, che danneggiano la serietà della ricerca e della riflessione e, di conseguenza, anche del dialogo, del confronto e della comunicazione interpersonale. Appare, pertanto, urgente e necessario ricreare le condizioni essenziali di una reale capacità di approfondimento nello studio e nella ricerca, perché ragionevolmente si dialoghi ed efficacemente ci si confronti sulle diverse problematiche, nella prospettiva di una crescita comune e di una formazione che promuova l’uomo nella sua integralità e completezza. Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani. Tale impegno deve essere particolarmente cogente nell’ambito della formazione dei candidati al ministero ordinato, come esige l’Anno Sacerdotale e come conferma la felice scelta di dedicargli la vostra annuale Seduta Pubblica. Acta Benedicti Pp. XVI 109 Una delle Pontificie Accademie è intitolata a San Tommaso d’Aquino, il Doctor Angelicus et communis, un modello sempre attuale a cui ispirare l’azione e il dialogo delle Accademie Pontificie con le diverse culture. Egli, infatti, riuscı̀ ad instaurare un confronto fruttuoso sia con il pensiero arabo, sia con quello ebraico del suo tempo, e, facendo tesoro della tradizione filosofica greca, produsse una straordinaria sintesi teologica, armonizzando pienamente la ragione e la fede. Egli lasciò già nei suoi contemporanei un ricordo profondo e indelebile, proprio per la straordinaria finezza e acutezza della sua intelligenza e la grandezza e originalità del suo genio, oltre che per la luminosa santità della vita. Il suo primo biografo, Guglielmo da Tocco, sottolinea la straordinaria e pervasiva originalità pedagogica di San Tommaso, con espressioni che possono ispirare anche le vostre azioni: Frà Tommaso — egli scrive — « nelle sue lezioni introduceva nuovi articoli, risolveva le questioni in un modo nuovo e più chiaro con nuovi argomenti. Di conseguenza, coloro che lo ascoltavano insegnare tesi nuove e trattarle con metodo nuovo, non potevano dubitare che Dio l’avesse illuminato con una luce nuova: infatti, si possono mai insegnare o scrivere opinioni nuove, se non si è ricevuta da Dio una ispirazione nuova? ».1 Il pensiero e la testimonianza di San Tommaso d’Aquino ci suggeriscono di studiare con grande attenzione i problemi emergenti per offrire risposte adeguate e creative. Fiduciosi nella possibilità della « ragione umana », nella piena fedeltà all’immutabile depositum fidei, occorre — come fece il « Doctor Communis » — attingere sempre alle ricchezze della Tradizione, nella costante ricerca della « verità delle cose ». Per questo, è necessario che le Pontificie Accademie siano oggi più che mai Istituzioni vitali e vivaci, capaci di percepire acutamente sia le domande della società e delle culture, sia i bisogni e le attese della Chiesa, per offrire un adeguato e valido contributo e cosı̀ promuovere, con tutte le energie ed i mezzi a disposizione, un autentico umanesimo cristiano. Ringraziando, dunque, le Pontificie Accademie per la generosa dedizione e per l’impegno profuso, auguro a ciascuna di arricchire le singole storie e tradizioni di nuovi, significativi progetti attraverso cui proseguire, con rinnovato slancio, la propria missione. Vi assicuro un ricordo nella preghiera e, nell’invocare su di voi e sulle Istituzioni a cui appartenete l’intercessione della Madre di Dio, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d’Aquino, di cuore imparto la Benedizione Apostolica. 1 Vita Sancti Thomae Aquinatis, in Fontes Vitae S. Thomae Aquinatis notis historicis et criticis illustrati, ed. D. Prümmer M.-H. Laurent, Tolosa, s.d., fasc. 2, p. 81. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 110 VI Ad sodales Tribunalis Romanae Rotae.* Cari Componenti del Tribunale della Rota Romana! Sono lieto di incontrarvi ancora una volta per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario. Saluto cordialmente il Collegio dei Prelati Uditori, ad iniziare dal Decano, Mons. Antoni Stankiewicz, che ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome dei presenti. Estendo il mio saluto ai Promotori di Giustizia, ai Difensori del Vincolo, agli altri Officiali, agli Avvocati e a tutti i Collaboratori di codesto Tribunale Apostolico, come pure ai Membri dello Studio Rotale. Colgo volentieri l’occasione per rinnovarvi l’espressione della mia profonda stima e della mia sincera gratitudine per il vostro ministero ecclesiale, ribadendo, allo stesso tempo, la necessità della vostra attività giudiziaria. Il prezioso lavoro che i Prelati Uditori sono chiamati a svolgere con diligenza, a nome e per mandato di questa Sede Apostolica, è sostenuto dalle autorevoli e consolidate tradizioni di codesto Tribunale, al cui rispetto ciascuno di voi deve sentirsi personalmente impegnato. Oggi desidero soffermarmi sul nucleo essenziale del vostro ministero, cercando di approfondirne i rapporti con la giustizia, la carità e la verità. Farò riferimento soprattutto ad alcune considerazioni esposte nell’Enciclica Caritas in veritate, le quali, pur essendo considerate nel contesto della dottrina sociale della Chiesa, possono illuminare anche altri ambiti ecclesiali. Occorre prendere atto della diffusa e radicata tendenza, anche se non sempre manifesta, che porta a contrapporre la giustizia alla carità, quasi che una escluda l’altra. In questa linea, riferendosi più specificamente alla vita della Chiesa, alcuni ritengono che la carità pastorale potrebbe giustificare ogni passo verso la dichiarazione della nullità del vincolo matrimoniale per venire incontro alle persone che si trovano in situazione matrimoniale irregolare. La stessa verità, pur invocata a parole, tenderebbe cosı̀ ad essere vista in un’ottica strumentale, che l’adatterebbe di volta in volta alle diverse esigenze che si presentano. Partendo dall’espressione « amministrazione della giustizia », vorrei ricordare innanzitutto che il vostro ministero è essenzialmente opera di giustizia: una virtù — « che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto » 1 — della quale è quanto mai importante * Die 29 Ianuarii 2010. 1 CCC, n. 1807. Acta Benedicti Pp. XVI 111 riscoprire il valore umano e cristiano, anche all’interno della Chiesa. Il Diritto Canonico, a volte, è sottovalutato, come se esso fosse un mero strumento tecnico al servizio di qualsiasi interesse soggettivo, anche non fondato sulla verità. Occorre invece che tale Diritto venga sempre considerato nel suo rapporto essenziale con la giustizia, nella consapevolezza che nella Chiesa l’attività giuridica ha come fine la salvezza delle anime e « costituisce una peculiare partecipazione alla missione di Cristo Pastore... nell’attualizzare l’ordine voluto dallo stesso Cristo ».2 In questa prospettiva è da tenere presente, qualunque sia la situazione, che il processo e la sentenza sono legati in modo fondamentale alla giustizia e si pongono al suo servizio. Il processo e la sentenza hanno una grande rilevanza sia per le parti, sia per l’intera compagine ecclesiale e ciò acquista un valore del tutto singolare quando si tratta di pronunciarsi sulla nullità di un matrimonio, il quale riguarda direttamente il bene umano e soprannaturale dei coniugi, nonché il bene pubblico della Chiesa. Oltre a questa dimensione che potremmo definire « oggettiva » della giustizia, ne esiste un’altra, inseparabile da essa, che riguarda gli « operatori del diritto », coloro, cioè, che la rendono possibile. Vorrei sottolineare come essi devono essere caratterizzati da un alto esercizio delle virtù umane e cristiane, in particolare della prudenza e della giustizia, ma anche della fortezza. Quest’ultima diventa più rilevante quando l’ingiustizia appare la via più facile da seguire, in quanto implica accondiscendenza ai desideri e alle aspettative delle parti, oppure ai condizionamenti dell’ambiente sociale. In tale contesto, il giudice che desidera essere giusto e vuole adeguarsi al paradigma classico della « giustizia vivente »,3 sperimenta la grave responsabilità davanti a Dio e agli uomini della sua funzione, che include altresı̀ la dovuta tempestività in ogni fase del processo: « quam primum, salva iustitia ».4 Tutti coloro che operano nel campo del Diritto, ognuno secondo la propria funzione, devono essere guidati dalla giustizia. Penso in particolare agli avvocati, i quali devono non soltanto porre ogni attenzione al rispetto della verità delle prove, ma anche evitare con cura di assumere, come legali di fiducia, il patrocinio di cause che, secondo la loro coscienza, non siano oggettivamente sostenibili. L’azione, poi, di chi amministra la giustizia non può prescindere dalla carità. L’amore verso Dio e verso il prossimo deve informare ogni attività, 2 Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 18 gennaio 1990, in AAS 82 [1990], p. 874, n. 4. 3 Cfr. Aristotele, Etica nicomachea, V, 1132a. 4 Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Instr. Dignitas connubii, art. 72. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 112 anche quella apparentemente più tecnica e burocratica. Lo sguardo e la misura della carità aiuterà a non dimenticare che si è sempre davanti a persone segnate da problemi e da sofferenze. Anche nell’ambito specifico del servizio di operatori della giustizia vale il principio secondo cui « la carità eccede la giustizia ».5 Di conseguenza, l’approccio alle persone, pur avendo una sua specifica modalità legata al processo, deve calarsi nel caso concreto per facilitare alle parti, mediante la delicatezza e la sollecitudine, il contatto con il competente tribunale. In pari tempo, è importante adoperarsi fattivamente ogni qualvolta si intraveda una speranza di buon esito, per indurre i coniugi a convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale.6 Non va, inoltre, tralasciato lo sforzo di instaurare tra le parti un clima di disponibilità umana e cristiana, fondata sulla ricerca della verità.7 Tuttavia occorre ribadire che ogni opera di autentica carità comprende il riferimento indispensabile alla giustizia, tanto più nel nostro caso. « L’amore — “caritas” — è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace ».8 « Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è “inseparabile dalla carità”, intrinseca ad essa ».9 La carità senza giustizia non è tale, ma soltanto una contraffazione, perché la stessa carità richiede quella oggettività tipica della giustizia, che non va confusa con disumana freddezza. A tale riguardo, come ebbe ad affermare il mio Predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II, nell’allocuzione dedicata ai rapporti tra pastorale e diritto: « Il giudice [...] deve sempre guardarsi dal rischio di una malintesa compassione che scadrebbe in sentimentalismo, solo apparentemente pastorale ».10 Occorre rifuggire da richiami pseudopastorali che situano le questioni su un piano meramente orizzontale, in cui ciò che conta è soddisfare le richieste soggettive per giungere ad ogni costo alla dichiarazione di nullità, al fine di poter superare, tra l’altro, gli ostacoli alla ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Il bene altissimo della riammissione alla Comunione eucaristica dopo la riconciliazione sacramentale, esige invece di consi5 Enc. Caritas in veritate, n. 6. Cfr. CIC, can. 1676. 7 Cfr. Instr. Dignitas connubii, art. 65 §§ 2-3. 8 Enc. Caritas in veritate, n. 1. 9 Ibid., n. 6. 10 18 gennaio 1990, in AAS, 82 [1990], p. 875, n. 5. 6 Acta Benedicti Pp. XVI 113 derare l’autentico bene delle persone, inscindibile dalla verità della loro situazione canonica. Sarebbe un bene fittizio, e una grave mancanza di giustizia e di amore, spianare loro comunque la strada verso la ricezione dei sacramenti, con il pericolo di farli vivere in contrasto oggettivo con la verità della propria condizione personale. Circa la verità, nelle allocuzioni rivolte a codesto Tribunale Apostolico, nel 2006 e nel 2007, ho ribadito la possibilità di raggiungere la verità sull’essenza del matrimonio e sulla realtà di ogni situazione personale che viene sottoposta al giudizio del tribunale.11 Vorrei oggi sottolineare come sia la giustizia, sia la carità, postulino l’amore alla verità e comportino essenzialmente la ricerca del vero. In particolare, la carità rende il riferimento alla verità ancora più esigente. « Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità. Questa, infatti, “si compiace della verità” 12 ».13 « Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta [...]. Senza verità la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario ».14 Bisogna tener presente che un simile svuotamento può verificarsi non solo nell’attività pratica del giudicare, ma anche nelle impostazioni teoriche, che tanto influiscono poi sui giudizi concreti. Il problema si pone quando viene più o meno oscurata la stessa essenza del matrimonio, radicata nella natura dell’uomo e della donna, che consente di esprimere giudizi oggettivi sul singolo matrimonio. In questo senso, la considerazione esistenziale, personalistica e relazionale dell’unione coniugale non può mai essere fatta a scapito dell’indissolubilità, essenziale proprietà che nel matrimonio cristiano consegue, con l’unità, una peculiare stabilità in ragione del sacramento.15 Non va, altresı̀, dimenticato che il matrimonio gode del favore del diritto. Pertanto, in caso di dubbio, esso si deve intendere valido fino a che non sia stato provato il contrario.16 Altrimenti, si corre il grave rischio di rimanere senza un punto di 11 28 gennaio 2006, in AAS 98 [2006], pp. 135-138; e 27 gennaio 2007, in AAS 99 [2007], pp. 86-91; come pure sulla verità nei processi matrimoniali (cfr. Instr. Dignitas connubii, artt. 65 §§ 1-2, 95 § 1, 167, 177, 178). 12 1 Cor 13, 6. 13 Enc. Caritas in veritate, n. 1. 14 Ibid., n. 3. 15 Cfr. CIC, can. 1056. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 114 riferimento oggettivo per le pronunce circa la nullità, trasformando ogni difficoltà coniugale in un sintomo di mancata attuazione di un’unione il cui nucleo essenziale di giustizia — il vincolo indissolubile — viene di fatto negato. Illustri Prelati Uditori, Officiali ed Avvocati, vi affido queste riflessioni, ben conoscendo lo spirito di fedeltà che vi anima e l’impegno che profondete nel dare attuazione piena alle norme della Chiesa, nella ricerca del vero bene del Popolo di Dio. A conforto della vostra preziosa attività, su ciascuno di voi e sul vostro quotidiano lavoro invoco la materna protezione di Maria Santissima Speculum iustitiae e imparto con affetto la Benedizione Apostolica. NUNTIUS Recurrente XLIV Internationali Die Communicationum Socialium. Cari fratelli e sorelle, il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali « Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola » —, si inserisce felicemente nel cammino dell’Anno sacerdotale, e pone in primo piano la riflessione su un ambito pastorale vasto e delicato come quello della comunicazione e del mondo digitale, nel quale vengono offerte al Sacerdote nuove possibilità di esercitare il proprio servizio alla Parola e della Parola. I moderni mezzi di comunicazione sono entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio, ma la loro recente e pervasiva diffusione e il loro notevole influsso ne rendono sempre più importante ed utile l’uso nel ministero sacerdotale. Compito primario del Sacerdote è quello di annunciare Cristo, la Parola di Dio fatta carne, e comunicare la multiforme grazia divina apportatrice di salvezza mediante i Sacramenti. Convocata dalla Parola, la Chiesa si pone come segno e strumento della comunione che Dio realizza con l’uomo e che ogni Sacerdote è chiamato a edificare in Lui e con Lui. Sta qui l’altissima dignità e bellezza della missione sacerdotale, in cui viene ad attuarsi in maniera privilegiata quanto afferma l’apostolo Paolo: « Dice infatti la Scrittura: 16 Cfr. CIC, can. 1060. Acta Benedicti Pp. XVI 115 Chiunque crede in lui non sarà deluso ... Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? ».1 Per dare risposte adeguate a queste domande all’interno dei grandi cambiamenti culturali, particolarmente avvertiti nel mondo giovanile, le vie di comunicazione aperte dalle conquiste tecnologiche sono ormai uno strumento indispensabile. Infatti, il mondo digitale, ponendo a disposizione mezzi che consentono una capacità di espressione pressoché illimitata, apre notevoli prospettive ed attualizzazioni all’esortazione paolina: « Guai a me se non annuncio il Vangelo! ».2 Con la loro diffusione, pertanto, la responsabilità dell’annuncio non solo aumenta, ma si fa più impellente e reclama un impegno più motivato ed efficace. Al riguardo, il Sacerdote viene a trovarsi come all’inizio di una « storia nuova », perché, quanto più le moderne tecnologie creeranno relazioni sempre più intense e il mondo digitale amplierà i suoi confini, tanto più egli sarà chiamato a occuparsene pastoralmente, moltiplicando il proprio impegno, per porre i media al servizio della Parola. Tuttavia, la diffusa multimedialità e la variegata « tastiera di funzioni » della medesima comunicazione possono comportare il rischio di un’utilizzazione dettata principalmente dalla mera esigenza di rendersi presente, e di considerare erroneamente il web solo come uno spazio da occupare. Ai Presbiteri, invece, è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai, sempre più spesso, attraverso le tante « voci » scaturite dal mondo digitale, ed annunciare il Vangelo avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi. Attraverso i moderni mezzi di comunicazione, il Sacerdote potrà far conoscere la vita della Chiesa e aiutare gli uomini di oggi a scoprire il volto di Cristo, coniugando l’uso opportuno e competente di tali strumenti, acquisito anche nel periodo di formazione, con una solida preparazione teologica e una spiccata spiritualità sacerdotale, alimentata dal continuo colloquio con il 1 2 Rm 10, 11.13-15. 1 Cor 9, 16. 116 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale Signore. Più che la mano dell’operatore dei media, il Presbitero nell’impatto con il mondo digitale deve far trasparire il suo cuore di consacrato, per dare un’anima non solo al proprio impegno pastorale, ma anche all’ininterrotto flusso comunicativo della « rete ». Anche nel mondo digitale deve emergere che l’attenzione amorevole di Dio in Cristo per noi non è una cosa del passato e neppure una teoria erudita, ma una realtà del tutto concreta e attuale. La pastorale nel mondo digitale, infatti, deve poter mostrare agli uomini del nostro tempo, e all’umanità smarrita di oggi, che « Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda ».3 Chi meglio di un uomo di Dio può sviluppare e mettere in pratica, attraverso le proprie competenze nell’ambito dei nuovi mezzi digitali, una pastorale che renda vivo e attuale Dio nella realtà di oggi e presenti la sapienza religiosa del passato come ricchezza cui attingere per vivere degnamente l’oggi e costruire adeguatamente il futuro? Compito di chi, da consacrato, opera nei media è quello di spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo nostro tempo « digitale » i segni necessari per riconoscere il Signore; donando l’opportunità di educarsi all’attesa e alla speranza e di accostarsi alla Parola di Dio, che salva e favorisce lo sviluppo umano integrale. Questa potrà cosı̀ prendere il largo tra gli innumerevoli crocevia creati dal fitto intreccio delle autostrade che solcano il cyberspazio e affermare il diritto di cittadinanza di Dio in ogni epoca, affinché, attraverso le nuove forme di comunicazione, Egli possa avanzare lungo le vie delle città e fermarsi davanti alle soglie delle case e dei cuori per dire ancora: « Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me ».4 Nel Messaggio dello scorso anno ho incoraggiato i responsabili dei processi comunicativi a promuovere una cultura di rispetto per la dignità e il valore della persona umana. È questa una delle strade nelle quali la Chiesa è chiamata ad esercitare una « diaconia della cultura » nell’odierno « continente digitale ». Con il Vangelo nelle mani e nel cuore, occorre ribadire che è tempo anche di continuare a preparare cammini che conducono alla Parola di Dio, senza trascurare di dedicare un’attenzione particolare a chi si trova nella 3 Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi: L’Osservatore Romano, 21-22 dicembre 2009, p. 6. 4 Ap 3, 20. Acta Benedicti Pp. XVI 117 condizione di ricerca, anzi procurando di tenerla desta come primo passo dell’evangelizzazione. Una pastorale nel mondo digitale, infatti, è chiamata a tener conto anche di quanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche, dal momento che i nuovi mezzi consentono di entrare in contatto con credenti di ogni religione, con non credenti e persone di ogni cultura. Come il profeta Isaia arrivò a immaginare una casa di preghiera per tutti i popoli,5 è forse possibile ipotizzare che il web possa fare spazio — come il « cortile dei gentili » del Tempio di Gerusalemme — anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto? Lo sviluppo delle nuove tecnologie e, nella sua dimensione complessiva, tutto il mondo digitale rappresentano una grande risorsa per l’umanità nel suo insieme e per l’uomo nella singolarità del suo essere e uno stimolo per il confronto e il dialogo. Ma essi si pongono, altresı̀, come una grande opportunità per i credenti. Nessuna strada, infatti, può e deve essere preclusa a chi, nel nome del Cristo risorto, si impegna a farsi sempre più prossimo all’uomo. I nuovi media, pertanto, offrono innanzitutto ai Presbiteri prospettive sempre nuove e pastoralmente sconfinate, che li sollecitano a valorizzare la dimensione universale della Chiesa, per una comunione vasta e concreta; ad essere testimoni, nel mondo d’oggi, della vita sempre nuova, generata dall’ascolto del Vangelo di Gesù, il Figlio eterno venuto fra noi per salvarci. Non bisogna dimenticare, però, che la fecondità del ministero sacerdotale deriva innanzitutto dal Cristo incontrato e ascoltato nella preghiera; annunciato con la predicazione e la testimonianza della vita; conosciuto, amato e celebrato nei Sacramenti, soprattutto della Santissima Eucaristia e della Riconciliazione. A voi, carissimi Sacerdoti, rinnovo l’invito a cogliere con saggezza le singolari opportunità offerte dalla moderna comunicazione. Il Signore vi renda annunciatori appassionati della buona novella anche nella nuova « agorà » posta in essere dagli attuali mezzi di comunicazione. Con tali voti, invoco su di voi la protezione della Madre di Dio e del Santo Curato d’Ars e con affetto imparto a ciascuno la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 24 gennaio 2010, Festa di San Francesco di Sales. BENEDICTUS PP. XVI 5 Cfr. Is 56, 7. 118 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale SECRETARIA STATUS CONVENTIO INTER SANCTAM SEDEM ET REMPUBLICAM FOEDERATIVAM BRASILIAE ACORDO ACCORDO ENTRE A TRA REPÚBLICA FEDERATIVA LA SANTA SEDE DO BRASIL E A SANTA SÉ E LA REPUBBLICA RELATIVO FEDERATIVA DEL BRASILE AO ESTATUTO JURÍDICO SULLO STATUTO GIURIDICO DA IGREJA CATÓLICA DELLA CHIESA CATTOLICA NO BRASIL IN BRASILE A Santa Sé e a República Federativa do Brasil, doravante denominadas Altas Partes Contratantes; La Santa Sede e la Repubblica Federativa del Brasile, d’ora in avanti denominate Alte Parti Contraenti; Considerando che la Santa Sede è la suprema autorità della Chiesa Cattolica, regolata dal Diritto Canonico; Considerando le relazioni storiche tra la Chiesa Cattolica e il Brasile e le loro rispettive responsabilità al servizio della società e del bene integrale della persona umana; Affermando che le Alte Parti Contraenti sono, ciascuna nel proprio ordine, autonome, indipendenti e sovrane e cooperano per l’edificazione di una società più giusta, pacifica e fraterna; Basandosi la Santa Sede sui documenti del Concilio Vaticano II e Considerando que a Santa Sé é a suprema autoridade da Igreja Católica, regida pelo Direito Canônico; Considerando as relações históricas entre a Igreja Católica e o Brasil e suas respectivas responsabilidades a serviço da sociedade e do bem integral da pessoa humana; Afirmando que as Altas Partes Contratantes são, cada uma na própria ordem, autônomas, independentes e soberanas e cooperam para a construção de uma sociedade mais justa, pacı́fica e fraterna; Baseando-se, a Santa Sé, nos documentos do Concı́lio Vaticano II e Acta Benedicti Pp. XVI 119 no Código de Direito Canônico, e a sul Codice di Diritto Canonico, e la República Federativa do Brasil, no Repubblica Federativa del Brasile seu ordenamento jurı́dico; sul suo ordinamento giuridico; Reafirmando a adesão ao princı́- Riaffermando l’adesione al prin- pio, internacionalmente reconheci- cipio, internazionalmente ricono- do, de liberdade religiosa; sciuto, di libertà religiosa; Reconhecendo que a Constitui- Riconoscendo che la Costituzio- ção brasileira garante o livre exercı́- ne brasiliana garantisce il libero cio dos cultos religiosos; esercizio dei culti religiosi; Animados da intenção de forta- Animati dall’intenzione di raf- lecer e incentivar as mútuas rela- forzare e incrementare le mutue ções já existentes; relazioni già esistenti; Convieram no seguinte: ARTIGO 1º Hanno convenuto quanto segue: ARTICOLO 1 As Altas Partes Contratantes Le Alte Parti Contraenti conti- continuarão a ser representadas, nueranno ad essere rappresentate, em suas relações diplomáticas, por nelle loro relazioni diplomatiche, um Núncio Apostólico acreditado da un Nunzio Apostolico accredita- junto à República Federativa do to presso la Repubblica Federativa Brasil e por um Embaixador(a) do del Brasile e da un Ambasciatore Brasil acreditado(a) junto à Santa del Brasile accreditato presso la Sé, com as imunidades e garantias Santa Sede, con le immunità e ga- asseguradas pela Convenção de Vie- ranzie assicurate dalla Convenzione na sobre Relações Diplomáticas, de di Vienna sulle Relazioni Diploma- 18 de abril de 1961, e demais regras tiche, del 18 aprile 1961, e dalle al- internacionais. tre norme internazionali. ARTIGO 2º ARTICOLO 2 A República Federativa do Bra- La Repubblica Federativa del sil, com fundamento no direito de Brasile, sulla base del diritto di li- liberdade religiosa, reconhece à bertà religiosa, riconosce alla Chiesa Igreja Católica o direito de desem- Cattolica il diritto di svolgere la sua penhar a sua missão apostólica, ga- missione apostolica, garantendo l’e- rantindo o exercı́cio público de suas sercizio pubblico delle sue attività, 120 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale atividades, observado o ordenamento jurı́dico brasileiro. in conformità con l’ordinamento giuridico brasiliano. ARTIGO 3º ARTICOLO 3 A República Federativa do Brasil reafirma a personalidade jurı́dica da Igreja Católica e de todas as Instituições Eclesiásticas que possuem tal personalidade em conformidade com o direito canônico, desde que não contrarie o sistema constitucional e as leis brasileiras, tais como Conferência Episcopal, Provı́ncias Eclesiásticas, Arquidioceses, Dioceses, Prelazias Territoriais ou Pessoais, Vicariatos e Prefeituras Apostólicas, Administrações Apostólicas, Administrações Apostólicas Pessoais, Missões Sui Iuris, Ordinariado Militar e Ordinariados para os Fiéis de Outros Ritos, Paróquias, Institutos de Vida Consagrada e Sociedades de Vida Apostólica. La Repubblica Federativa del Brasile riafferma la personalità giuridica della Chiesa Cattolica e di tutte le Istituzioni Ecclesiastiche che posseggono tale personalità secondo il diritto canonico, a condizione che non contrasti con il sistema costituzionale e le leggi brasiliane, quali: Conferenza Episcopale, Province Ecclesiastiche, Arcidiocesi, Diocesi, Prelature Territoriali o Personali, Vicariati e Prefetture Apostoliche, Amministrazioni Apostoliche, Amministrazioni Apostoliche Personali, Missioni Sui Iuris, Ordinariato Militare e Ordinariati per i Fedeli di Altri Riti, Parrocchie, Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica. § 1º. A Igreja Católica pode livremente criar, modificar ou extinguir todas as Instituições Eclesiásticas mencionadas no caput deste artigo. § 1º. La Chiesa Cattolica può liberamente creare, modificare o estinguere tutte le Istituzioni Ecclesiastiche menzionate nel caput di questo articolo. § 2º. A personalidade jurı́dica das Instituições Eclesiásticas será reconhecida pela República Federativa do Brasil mediante a inscrição no respectivo registro do ato de criação, nos termos da legislação brasileira, vedado ao poder público negar-lhes reconhecimento ou registro § 2º. La personalità giuridica delle Istituzioni Ecclesiastiche sarà riconosciuta dalla Repubblica Federativa del Brasile mediante l’iscrizione nel rispettivo registro dell’atto di creazione, nei termini della legislazione brasiliana; è vietato all’autorità pubblica di negare il rico- Acta Benedicti Pp. XVI 121 do ato de criação, devendo também ser averbadas todas as alterações por que passar o ato. noscimento o la registrazione dell’atto di creazione. Devono essere annotate anche tutte le eventuali modifiche che tale atto dovesse successivamente ricevere. ARTIGO 4º ARTICOLO 4 A Santa Sé declara que nenhuma circunscrição eclesiástica do Brasil dependerá de Bispo cuja sede esteja fixada em território estrangeiro. La Santa Sede dichiara che nessuna circoscrizione ecclesiastica del Brasile dipenderà da un Vescovo la cui sede sia fissata in territorio straniero. ARTIGO 5º ARTICOLO 5 As pessoas jurı́dicas eclesiásticas, reconhecidas nos termos do Artigo 3º, que, além de fins religiosos, persigam fins de assistência e solidariedade social, desenvolverão a própria atividade e gozarão de todos os direitos, imunidades, isenções e benefı́cios atribuı́dos às entidades com fins de natureza semelhante previstos no ordenamento jurı́dico brasileiro, desde que observados os requisitos e obrigações exigidos pela legislação brasileira. Le persone giuridiche ecclesiastiche, riconosciute nei termini dell’articolo 3, che, oltre ai fini religiosi, perseguano finalità di assistenza e solidarietà sociale, svolgeranno la propria attività e godranno di tutti i diritti, immunità, esenzioni e benefici attribuiti agli enti con fini di analoga natura previsti nell’ordinamento giuridico brasiliano, a condizione che siano osservati i requisiti e gli obblighi previsti dalla legislazione brasiliana. ARTIGO 6º ARTICOLO 6 As Altas Partes reconhecem que o patrimônio histórico, artı́stico e cultural da Igreja Católica, assim como os documentos custodiados nos seus arquivos e bibliotecas, Le Alte Parti riconoscono che il patrimonio storico, artistico e culturale della Chiesa Cattolica, cosı̀ come i documenti custoditi nei suoi archivi e biblioteche, costituiscono 122 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale constituem parte relevante do patrimônio cultural brasileiro, e continuarão a cooperar para salvaguardar, valorizar e promover a fruição dos bens, móveis e imóveis, de propriedade da Igreja Católica ou de outras pessoas jurı́dicas eclesiásticas, que sejam considerados pelo Brasil como parte de seu patrimônio cultural e artı́stico. parte rilevante del patrimonio culturale brasiliano, e continueranno a cooperare per salvaguardare, valorizzare e promuovere la fruizione dei beni, mobili e immobili, di proprietà della Chiesa Cattolica o di altre persone giuridiche ecclesiastiche, che siano considerati dal Brasile come parte del patrimonio culturale e artistico. § 1º. A República Federativa do Brasil, em atenção ao princı́pio da cooperação, reconhece que a finalidade própria dos bens eclesiásticos mencionados no caput deste artigo deve ser salvaguardada pelo ordenamento jurı́dico brasileiro, sem prejuı́zo de outras finalidades que possam surgir da sua natureza cultural. § 1º. La Repubblica Federativa del Brasile, nel rispetto del principio di cooperazione, riconosce che la finalità propria dei beni ecclesiastici menzionati nel caput di questo articolo deve essere salvaguardata dall’ordinamento giuridico brasiliano, senza pregiudizio di altre finalità, che possano scaturire dalla loro natura culturale. § 2º. A Igreja Católica, ciente do valor do seu patrimônio cultural, compromete-se a facilitar o acesso a ele para todos os que o queiram conhecer e estudar, salvaguardadas as suas finalidades religiosas e as exigências de sua proteção e da tutela dos arquivos. § 2º. La Chiesa Cattolica, consapevole del valore del suo patrimonio culturale, si impegna a facilitare l’accesso al medesimo per tutti coloro che vogliano conoscerlo e studiarlo, salvaguardate le sue finalità religiose e le esigenze della sua protezione e di tutela degli archivi. ARTIGO 7º ARTICOLO 7 A República Federativa do Brasil assegura, nos termos do seu ordenamento jurı́dico, as medidas necessárias para garantir a proteção dos lugares de culto da Igreja Católica e de suas liturgias, sı́mbolos, La Repubblica Federativa del Brasile assicura, nei termini del suo ordinamento giuridico, le misure necessarie per garantire la protezione dei luoghi di culto della Chiesa Cattolica e delle sue liturgie, Acta Benedicti Pp. XVI 123 imagens e objetos cultuais, contra simboli, immagini e oggetti cultua- toda forma de violação, desrespeito li, contro ogni forma di violazione, e uso ilegı́timo. disprezzo e uso illegittimo. § 1º. Nenhum edifı́cio, depen- § 1º. Nessun edificio, dipenden- dência ou objeto afeto ao culto ca- za o oggetto adibito al culto catto- tólico, observada a função social da lico, nel rispetto della funzione so- propriedade e a legislação, pode ser ciale demolido, ocupado, transportado, legislazione, può essere demolito, sujeito a obras ou destinado pelo occupato, trasportato, ristrutturato Estado e entidades públicas a outro o destinato dallo Stato e da enti fim, salvo por necessidade ou utili- pubblici ad altro fine, se non per dade pública, ou por interesse soci- necessità o utilità pubblica, o per al, nos termos da Constituição bra- interesse sociale, nei termini della sileira. Costituzione brasiliana. della ARTIGO 8º proprietà e della ARTICOLO 8 A Igreja Católica, em vista do La Chiesa Cattolica, in vista del bem comum da sociedade brasileira, bene comune della società brasilia- especialmente dos cidadãos mais na, specialmente dei cittadini più necessitados, compromete-se, ob- bisognosi, si impegna, osservate le servadas as exigências da lei, a dar esigenze di legge, a dare assistenza assistência espiritual aos fiéis inter- spirituale ai fedeli accolti in strut- nados em estabelecimentos de saú- ture sanitarie, di assistenza sociale, de, de assistência social, de educa- di educazione e similari, o detenuti ção ou similar, ou detidos em in istituti penitenziari e similari, os- estabelecimento prisional ou simi- servate le norme di ciascuna strut- lar, observadas as normas de cada tura, e che, per tale ragione, siano estabelecimento, e que, por essa ra- impediti di esercitare in condizioni zão, estejam impedidos de exercer normali la pratica religiosa e lo ri- em condições normais a prática re- chiedano. La Repubblica Federati- ligiosa e a requeiram. A República va del Brasile garantisce alla Chiesa Federativa do Brasil garante à Cattolica il diritto di svolgere que- Igreja Católica o direito de exercer sto servizio, inerente alla sua stessa este serviço, inerente à sua própria missione. missão. 124 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale ARTIGO 9º ARTICOLO 9 O reconhecimento recı́proco de tı́tulos e qualificações em nı́vel de Graduação e Pós-Graduação estará sujeito, respectivamente, às exigências dos ordenamentos jurı́dicos brasileiro e da Santa Sé. Il riconoscimento reciproco di titoli e qualificazioni di livello universitario dipenderà dai requisiti degli ordinamenti giuridici, rispettivamente della Santa Sede e del Brasile. ARTIGO 10 ARTICOLO 10 A Igreja Católica, em atenção ao princı́pio de cooperação com o Estado, continuará a colocar suas instituições de ensino, em todos os nı́veis, a serviço da sociedade, em conformidade com seus fins e com as exigências do ordenamento jurı́dico brasileiro. La Chiesa Cattolica, attenta al principio di cooperazione con lo Stato, continuerà a porre le sue istituzioni di insegnamento, a tutti i livelli, a servizio della società, in conformità con i suoi propri fini e con le esigenze dell’ordinamento giuridico brasiliano. § 1º. A República Federativa do Brasil reconhece à Igreja Católica o direito de constituir e administrar Seminários e outros Institutos eclesiásticos de formação e cultura. § 1º. La Repubblica Federativa del Brasile riconosce alla Chiesa Cattolica il diritto di costituire e dirigere Seminari e altri Istituti ecclesiastici di formazione e cultura. § 2º. O reconhecimento dos efeitos civis dos estudos, graus e tı́tulos obtidos nos Seminários e Institutos antes mencionados é regulado pelo ordenamento jurı́dico brasileiro, em condição de paridade com estudos de idêntica natureza. § 2º. Il riconoscimento degli effetti civili degli studi, gradi e titoli ottenuti nei Seminari e negli Istituti precedentemente menzionati è regolato dall’ordinamento giuridico brasiliano, in condizioni di parità con studi di identica natura. ARTIGO 11 ARTICOLO 11 A República Federativa do Brasil, em observância ao direito de liberdade religiosa, da diversidade cultural e da pluralidade confessi- La Repubblica Federativa del Brasile, nel rispetto del diritto di libertà religiosa, della diversità culturale e della pluralità confessionale Acta Benedicti Pp. XVI 125 onal do Paı́s, respeita a importância do ensino religioso em vista da formação integral da pessoa. del Paese, rispetta l’importanza dell’insegnamento religioso in vista della formazione integrale della persona umana. § 1º. O ensino religioso, católico e de outras confissões religiosas, de matrı́cula facultativa, constitui disciplina dos horários normais das escolas públicas de ensino fundamental, assegurado o respeito à diversidade cultural religiosa do Brasil, em conformidade com a Constituição e as outras leis vigentes, sem qualquer forma de discriminação. § 1º. L’insegnamento religioso, sia quello cattolico sia quello di altre confessioni religiose, di carattere facoltativo, costituisce disciplina dell’orario normale delle scuole pubbliche di insegnamento di base, nel rispetto della diversità culturale religiosa del Brasile, in conformità con la Costituzione e le altre leggi vigenti, senza alcun tipo di discriminazione. ARTIGO 12 ARTICOLO 12 O casamento celebrado em conformidade com as leis canônicas, que atender também às exigências estabelecidas pelo direito brasileiro para contrair o casamento, produz os efeitos civis, desde que registrado no registro próprio, produzindo efeitos a partir da data da sua celebração. Il matrimonio celebrato in conformità con il diritto canonico, che rispetti anche le esigenze fissate dal diritto brasiliano per contrarre matrimonio, produce gli effetti civili, mediante la registrazione nell’apposito registro civile, a decorrere dalla data della sua celebrazione. § 1º. A homologação das sentenças eclesiásticas em matéria matrimonial, confirmadas pelo órgão de controle superior da Santa Sé, será efetuada nos termos da legislação brasileira sobre homologação de sentenças estrangeiras. § 1º. La delibazione delle sentenze ecclesiastiche in materia matrimoniale, confermate dall’organo di controllo superiore della Santa Sede, sarà effettuata nei termini della legislazione brasiliana relativa alla delibazione delle sentenze straniere. Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 126 ARTIGO 13 É garantido o segredo do oficio ARTICOLO 13 È garantito il segreto dell’ufficio sacerdotal, especialmente o da con- sacerdotale, fissão sacramental. della confessione sacramentale. ARTIGO 14 specialmente quello ARTICOLO 14 A República Federativa do Bra- La Repubblica Federativa del sil declara o seu empenho na desti- Brasile dichiara il suo impegno nel- nação de espaços a fins religiosos, la destinazione di spazi a fini reli- que deverão ser previstos nos ins- giosi, che dovranno essere previsti trumentos de planejamento urbano negli strumenti di pianificazione ur- a serem estabelecidos no respectivo bana, da stabilirsi nei rispettivi pia- Plano Diretor. ni urbanistici. ARTIGO 15 ARTICOLO 15 Às pessoas jurı́dicas eclesiásti- Alle persone giuridiche ecclesia- cas, assim como ao patrimônio, ren- stiche, cosı̀ come al patrimonio, ren- da e serviços relacionados com as dite e servizi collegati alle loro fina- suas finalidades essenciais, é reco- lità essenziali, è riconosciuta la nhecida a garantia de imunidade garanzia dell’immunità tributaria tributária referente aos impostos, relativa alle imposte, in conformità em conformidade com a Constitui- con la Costituzione brasiliana. ção brasileira. § 1º. Para fins tributários, as § 1º. Ai fini tributari, le perso- pessoas jurı́dicas da Igreja Católica ne giuridiche della Chiesa Cattolica que exerçam atividade social e edu- che svolgano attività sociale ed cacional sem finalidade lucrativa educativa senza fini di lucro, riceve- receberão o mesmo tratamento e ranno lo stesso trattamento e i be- benefı́cios outorgados às entidades nefici attribuiti agli enti filantropici filantrópicas reconhecidas pelo or- riconosciuti dall’ordinamento giuri- denamento jurı́dico brasileiro, in- dico brasiliano, anche per quanto clusive, em termos de requisitos e riguarda i requisiti e gli obblighi ri- obrigações exigidos para fins de chiesti ai fini dell’immunità e delle imunidade e isenção. esenzioni. Acta Benedicti Pp. XVI 127 ARTIGO 16 ARTICOLO 16 Dado o caráter peculiar religioso e beneficente da Igreja Católica e de suas instituições: Dato il carattere peculiare religioso e beneficente della Chiesa Cattolica e delle sue istituzioni: I. O vı́nculo entre os ministros ordenados ou fiéis consagrados mediante votos e as Dioceses ou Institutos Religiosos e equiparados é de caráter religioso e portanto, observado o disposto na legislação trabalhista brasileira, não gera, por si mesmo, vı́nculo empregatı́cio, a não ser que seja provado o desvirtuamento da instituição eclesiástica. I. Il vincolo tra i ministri ordinati o i fedeli consacrati mediante voti e le Diocesi o gli Istituti Religiosi e equiparati è di carattere religioso e pertanto, osservato quanto disposto nella legislazione del lavoro brasiliana, non genera, per se stesso, vincolo di impiego, a meno che non risulti provato lo snaturamento dell’istituzione ecclesiastica. II. As tarefas de ı́ndole apostólica, pastoral, litúrgica, catequética, assistencial, de promoção humana e semelhantes poderão ser realizadas a tı́tulo voluntário, observado o disposto na legislação trabalhista brasileira. II. Compiti di indole apostolica, pastorale, liturgica, catechetica, assistenziale, di promozione umana, e simili, potranno essere realizzati a titolo volontario, osservato ciò che prescrive la legislazione del lavoro brasiliana. ARTIGO 17 ARTICOLO 17 Os Bispos, no exercı́cio de seu ministério pastoral, poderão convidar sacerdotes, membros de institutos religiosos e leigos, que não tenham nacionalidade brasileira, para servir no território de suas dioceses, e pedir às autoridades brasileiras, em nome deles, a concessão do visto para exercer atividade pastoral no Brasil. I Vescovi, nell’esercizio del loro ministero pastorale, potranno invitare sacerdoti, membri di istituti religiosi e laici, che non abbiano nazionalità brasiliana, per prestare servizio nel territorio delle loro Diocesi, e chiedere alle autorità brasiliane, in loro nome, la concessione del visto per svolgere attività pastorale in Brasile. § 1º. Em conseqüência do pedido formal do Bispo, de acordo com § 1º. A seguito della richiesta formale del Vescovo, in conformità Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale 128 ordenamento jurı́dico brasileiro, po- con l’ordinamento giuridico brasi- derá ser concedido o visto perma- liano, potrà essere concesso il visto nente ou temporário, conforme o permanente o temporaneo, secondo caso, pelos motivos acima expostos. il caso, per i motivi sopra esposti. ARTIGO 18 ARTICOLO 18 O presente Acordo poderá ser Il presente Accordo potrà essere complementado por ajustes concluı́- integrato attraverso la stipulazione dos entre as Altas Partes Contra- di accordi complementari tra le Al- tantes. te Parti Contraenti. § 1º. Órgãos do Governo brasi- § 1º. Organi del Governo brasi- leiro, no âmbito de suas respectivas liano, nell’ambito delle rispettive competências, e a Conferência Na- competenze, e la Conferenza Nazio- cional dos Bispos do Brasil, devida- nale dei Vescovi del Brasile, debita- mente autorizada pela Santa Sé, mente autorizzata dalla Santa Se- poderão celebrar convênios sobre de, potranno concludere intese su matérias especı́ficas, para imple- materie specifiche, per la piena ese- mentação do presente Acordo. cuzione del presente Accordo. ARTIGO 19 ARTICOLO 19 Quaisquer divergências na apli- Qualunque divergenza nell’ap- cação ou interpretação do presente plicazione o interpretazione del pre- Acordo serão resolvidas por nego- sente Accordo sarà risolta mediante ciações diplomáticas diretas. trattative diplomatiche dirette. ARTIGO 20 ARTICOLO 20 O presente Acordo entrará em Il presente Accordo entrerà in vigor na data da troca dos instru- vigore al momento dello scambio mentos de ratificação, ressalvadas degli strumenti di ratifica, fatte sal- as situações jurı́dicas existentes e ve le situazioni giuridiche esistenti e constituı́das ao abrigo do Decreto costituite in forza del Decreto n. n.º 119-A, de 07 de janeiro de 1890 119-A, del 7 gennaio 1890, e del- e do Acordo entre a Santa Sé e a l’Accordo tra la Santa Sede e la Re- República Federativa do Brasil so- pubblica Federativa del Brasile sul- Acta Benedicti Pp. XVI 129 bre Assistência Religiosa às Forças Armadas, de 23 de outubro de 1989. l’Assistenza Religiosa alle Forze Armate, del 23 ottobre 1989. Feito na Cidade do Vaticano, aos 13 dias do mês de novembro do ano de 2008, em dois originais, nos idiomas português e italiano, sendo ambos os textos igualmente autênticos. Fatto nella Città del Vaticano, nel giorno 13 del mese di novembre dell’anno 2008, in due originali, nelle lingue italiana e portoghese, essendo entrambi i testi ugualmente autentici. C. Amorim c D. Mamberti S.E. Sr. Celso Amorim Ministro das Relações Exteriores S.E.R. Mons. Dominique Mamberti Segretario per i Rapporti con gli Stati Nos autem eandem Conventionem, quam diligenter inspeximus ac voluntati Nostrae conformem invenimus, ratam habemus et confirmamus. In quorum fidem sollemne hoc Ratihabitionis Documentum Nostra Subscriptione munimus eique Signum Nostrum apponi iubemus. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die MMIX, Pontificatus Nostri quinto. X BENEDICTUS PP. XVI mensis Decembris anno 130 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO PRO EPISCOPIS PROVISIO ECCLESIARUM Latis decretis a Congregatione pro Episcopis, Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI, per Apostolicas sub plumbo Litteras, iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit praesules: die 5 Ianuarii 2010. — Titulari episcopali Ecclesiae Nebbitanae, R. D. Volfgangum Bischof, e clero Monacensi et Frisingensi, ibique hactenus capituli cathedralis vicarium atque pro regione pastorali septemtrionali archidioecesis Monacensis et Frisingensis curionem regionalem, quem deputavit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. die 6 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Coroatensi Episcopum Coadiutorem Exc.mum P. D. Sebastianum Bandeira Coêlho, hactenus Episcopum titularem Thubursicensem et Auxiliarem Manaënsem. die 8 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Parramattensis, Exc.mum P. D. Antonium C. Fisher, O.P., hactenus Episcopum titularem Burunitanum et Auxiliarem archidioecesis Sydneyensis. die 9 Ianuarii. — Titulari episcopali Ecclesiae Ammeniensi, R. D. Lucium Lemmo, e clero archidioecesis Neapolitanae, hactenus ibidem paroeciae vulgo « Santa Maria della Libera al Vomero » dictae Parochum et Decanum Decanatus V, quem constituit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. die 18 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Corporis Christi, R. D. Villelmum Michaelem Mulvey e clero dioecesis Austiniensis, hactenus eiusdem Administratorem dioecesanum. — Metropolitanae Ecclesiae Mechliniensi-Bruxellensi, Exc.mum P. D. Andream Léonard, hactenus Episcopum Namurcensem. Congregatio pro Episcopis 131 die 20 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Neo-Friburgensi, Exc.mum P. D. Edney Gouvêa Mattoso, hactenus Episcopum titularem Tunnunensem et Auxiliarem Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii. die 23 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Uritanae, R. D. Vincentium Pisanello, e clero archidioecesis Hydruntinae, hactenus ibidem Vicarium Episcopalem de re oeconomica et Parochum Paroeciae Sanctorum Petri et Pauli in civitate vulgo Galatina. die 26 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Austiniensi, Exc.mum P. D. Josephum Stephanum Vasquez, hactenus Episcopum titularem Coviensem et Auxiliarem archidioecesis Galvestoniensis-Houstoniensis. die 27 Ianuarii. — Metropolitanae Ecclesiae Mutinensi-Nonantulanae, Exc.mum P. D. Antonium Lanfranchi, hactenus Episcopum Caesenatensem-Sarsinatensem. die 28 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Tudensi-Vicensi, Exc.mum P. D. Aloisium Quinteiro Fiuza, hactenus Auriensem Episcopum. die 30 Ianuarii. — Cathedrali Ecclesiae Calatayeronensi, R. D. Calogerum Peri, O.F.M. Cap., hactenus Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum Ministrum Provincialem et Pontificiae Facultatis « Sancti Ioannis Evangelistae » in urbe Panhormo, Praesidis vices gerentem. die 2 Februarii. — Cathedrali Ecclesiae Tehuantepecensi, Exc.mum P. D. Ansgarium Campos Contreras, hactenus Episcopum titularem Summensem et Auxiliarem archidioecesis Antequerensis. — Cathedrali Ecclesiae Succursensi et Sancti Aegidii, Exc.mum P. D. Carolum Germanum Mesa Ruiz, hactenus Episcopum Araucensem. — Cathedrali Ecclesiae Girardotanensi, Exc.mum P. D. Villelmum Orozco Montoya, hactenus Episcopum Sancti Iosephi a Guaviare. die 5 Februarii. — Titulari episcopali Ecclesiae Sinnensi, R. D. Arūnas Poniškaitis, e clero dioecesis Vilkaviskensis, hactenus ibidem Vicarium Generalem, quem deputavit Auxiliarem archidioecesis Vilnensis. 132 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale CONGREGATIO PRO GENTIUM EVANGELIZATIONE PROVISIO ECCLESIARUM Benedictus divina Providentia Pp. XVI, latis decretis a Congregatione pro Gentium Evangelizatione, singulis quae sequuntur Ecclesiis sacros Pastores dignatus est assignare. Nimirum per Apostolicas sub plumbo Litteras praefecit: die 6 Novembris 2009. — Cathedrali Ecclesiae Vitbankensi, R. D. Iosephum Sandri, M.C.C.J., hactenus Superiorem provincialem Missionariorum Combonianorum Cordis Iesu in Africa Australi. — R. P. Vladimirum Fekete, Societatis S. Francisci Salesii sodalem, constituit Superiorem Ecclesiasticum Missionis “sui iuris” Bacuensis. die 7 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Rutengensi, R. D. Hubertum Letang, e clero eiusdem dioecesis, hactenus Seminarii Maioris Interdioecesani l.v. Ritapiret, Maumerensi in dioecesi, Rectorem. die 10 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Vasaiensi, Exc.mum P. D. Felicem Antonium Machado, hactenus Archiepiscopum-Episcopum dioecesis Nashikensis. die 13 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Antsirabensi, Exc.mum P. D. Philippum Ranaivomanana, hactenus Episcopum dioecesis Ihosiensis. — Episcopum Coadiutorem Ndolaënsem Exc.mum P. D. Alick Banda, hactenus Episcopum dioecesis Solveziensis. die 14 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Udonthaniensi, R. D. Iosephum Luechai Thatwisai, e clero eiusdem dioecesis, hactenus Seminarii Maioris Nationalis “Lux Mundi” l.v. Sampran, Bangkokensi in archidioecesi, Professorem et Secretarium Commissionis Biblicae Conferentiae Episcopalis. die 15 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Molegbensi, Exc.mum P. D. Dominicum Bulamatari, hactenus Episcopum titularem Elephantariensem in Mauretania et Auxiliarem archidioecesis Kinshasanae. Congregatio pro Gentium Evangelizatione 133 die 18 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Portus Vilensis, Exc.mum R. D. Ioannem Bosco Baremes, S.M., hactenus Definitorem generalem Societatis Mariae. die 19 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Nakurensi, R. D. Mauricium Muhatia Makumba, e clero dioecesis Kakamegaënsis, hactenus Rectorem Seminarii Maioris nationalis “Sancti Thomae” Nairobiae. die 21 Novembris. — Cathedrali Ecclesiae Kaohsiungensi, Exc.mum P. D. Petrum Liu Cheng-chung, quem nominavit Archiepiscopum ad personam. die 3 Decembris. — Metropolitanae Ecclesiae Bertuanae, Exc.mum P. D. Iosephum Atanga, S.I., hactenus Episcopum dioecesis Bafussamensis. — Cathedrali Ecclesiae Obalanae, R. D. Sosthenem Leopoldum Bayemi Matjei, e clero dioecesis Esekanensis, hactenus philosophiae Professorem apud Universitatem Africae Mediae Iaundensi in urbe et Cooperatorem Nuntiaturae in Camarunia. — Cathedrali Ecclesiae Baturiensi, R. D. Faustinum Ambassa Ndjodo, C.I.C.M., hactenus Moderatorem provincialem Congregationis Immaculati Cordis Mariae atque Praesidem Conferentiae Moderatorum Maiorum Camaruniae et illius Africae et Madagascariae (C.O.S.M.A.M.). die 5 Decembris. — Titulari episcopali Ecclesiae Strumnitzensi, Exc.mum P. D. Methodium Kilaini, hactenus Auxiliarem archidioecesis Daressalaamensis, quem constituit Auxiliarem dioecesis Bukobaënsis. — Titulari episcopali Ecclesiae Elephantariensi in Mauretania, R. D. Angelum Moreschi, S.D.B., Praefectum Apostolicum Gambellensem, quem constituit Primum Vicarium Apostolicum eiusdem circumscriptionis ecclesiasticae. — Titulari episcopali Ecclesiae Gummitanae in Proconsulari, R. D. Marcum Ghebremedhin, C.M., hactenus Moderatorem provincialem Congregationis Missionis in Aethiopia, quem constituit primum Vicarium Apostolicum Gimmaënsem-Bonganum. die 15 Decembris. — Cathedrali Ecclesiae Buganvillensi, Exc.mum P. D. Bernardum Unabali, hactenus Episcopum titularem Cuiculitanum et Auxiliarem eiusdem dioecesis. die 18 Decembris. — Metropolitanae Ecclesiae Civitatis Capitis, Exc.mum P. D. Stephanum Brislin, hactenus Episcopum dioecesis Kroonstadensis. 134 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale die 22 Decembris. — Cathedrali Ecclesiae Iashpurensi, R.D. Emmanuelem Kerketta, hactenus Administratorem dioecesanum eiusdem sedis episcopalis. die 24 Decembris. — Titulari episcopali Ecclesiae Catabitanae, R. D. Olivarium Schmitthaeusler, M.E.P., hactenus Vicarium generalem Vicariatus Apostolici de Phnom-Penh et Secretarium Conferentiae Episcopalis Cambogiae, quem constituit Coadiutorem Vicariatus Apostolici de Phnom-Penh. die 31 Decembris. — Episcopum Coadiutorem Quinhonensem R. D. Matthaeum Nguyên Van Khôi, hactenus templi cathedralis parochum et Professorem in Seminario Maiore “Maris Stella” in dioecesi Nhatrangensi. NOMINATIONES Peculiaribus datis decretis, Congregatio pro Gentium Evangelizatione ad suum beneplacitum renuntiavit: die 9 Octobris 2009. — R.D. Renatum Comastri, S.C.I., Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Guruensis. die 27 Octobris. — Exc.mum P. D. Matthiam Kobena Nketsiah, Episcopum titularem Abaradirensem et Auxiliarem archidioecesis a Litore Aureo, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem archidioecesis. die 29 Octobris. — Exc.mum P. D. Lourdnada Daniel, Episcopum Amravatensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Nashikensis. die 30 Octobris. — Exc.mum P. D. Paulum Darmanin, O.F.M. Cap., Episcopum Garissaënsem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Malindiensis. — Exc.mum R. P. Dominicum Lumon, Archiepiscopum Imphalensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Kohimaënsis. die 13 Novembris. — Exc.mum P. D. Lambertum Bainomugisha, Episcopum titularem Taciamontanensem et Auxiliarem archidioecesis Mbararaënsis, Administratorem Apostolicum “sede plena” dioecesis Hoimanae. die 16 Novembris. — Exc.mum P. D. Michaelem Wustenberg, Episcopum Alivalensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Civitatis Reginae seu Queenstovnensis. Diarium Romanae Curiae 135 die 17 Novembris. — Exc.mum P. D. Tharsicium Isao Kikuchi, S.V.D., Episcopum Niigataënsem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Sapporensis. die 15 Decembris. — Exc.mum P. D. Jabulani Nxumalo, O.M.I., Archiepiscopum Bloemfonteinensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Kimberleyensis. — R. D. Abelem Gabuza, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Praetoriensis. DIARIUM ROMANAE CURIAE Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza Ufficiale per la presentazione delle Lettere Credenziali: Giovedı̀, 7 gennaio, S. E. il Signor Kenan Gürsoy, Ambasciatore di Turchia. Ha, altresı̀, ricevuto in Udienza: Giovedı̀, 14 gennaio, On. Gianni Alemanno, Sindaco di Roma; On. Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma; On. Esterino Montino, Vice Presidente della Regione Lazio. Il Sommo Pontefice Benedetto XVI si è recato in visita alla Comunità Ebraica di Roma domenica 17 gennaio. SEGRETERIA DI STATO NOMINE Con Brevi Apostolici il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato: 25 gennaio 2010 Il Rev.do Mons. Piero Pioppo, finora Consigliere di Nunziatura e Prelato dell’Istituto per le Opere di Religione, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Torcello, con dignità di Arcivescovo, Nunzio Apostolico in Camerun e in Guinea Equatoriale. 2 febbraio » S.E.R. Mons. Augustine Kasujja, Arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia, finora Nunzio Apostolico in Madagascar, in Maurizio e nelle Seychelles e Delegato Apostolico nelle Isole Comore e a La Réunion, Nunzio Apostolico in Nigeria. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 136 Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato: 12 gennaio 2010 Il Rev.do P. Zdzisław Józef Kijas, O.F.M. Conv., finora Preside della Pontificia Facoltà Teologica « San Bonaventura » in Roma, tra i Relatori della Congregazione delle Cause dei Santi « ad quinquennium ». » » » L’Em.mo Signor Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris (Francia), Membro della Congregazione per il Clero. 19 » » L’Ill.mo Prof. Gerhard Ertl, Docente di chimica fisica presso il Fritz-Haber-Institut der Max-Planck-Gesellschaft di Berlino (Repubblica Federale di Germania), Membro Ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze. 21 » » L’Ill.ma Dott.ssa Flaminia Giovanelli, finora Aiutante di Studio nel medesimo Dicastero, Sotto-Segretario del Pontifı̀cio Consiglio della Giustizia e della Pace. 28 » » Il Rev.do Sac. Paolo Mancini, al presente Parroco della Parrocchia del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo in Roma, Prelato Segretario del Vicariato di Roma. NECROLOGIO 7 gennaio 2010 Mons. Donald E. Pelotte, S,S,S., Vescovo em. di Gallup (Stati Uniti d’America). 9 » » S.E. il Sig. Card. Armand Gaétan Razafindratandra, del Tit. dei Santi Silvestro e Martino ai Monti. 10 » » Mons. Christopher Shaman Abba, Vescovo di Yola (Nigeria). 14 » » Mons. Antonio Vilaplana Molina, Vescovo em. di León (Spagna). 18 » » Mons. Josef Tethool, M.S.C., Vescovo tit. di Apisa maggiore, Ausiliare em. di Amboina (Indonesia). 20 » » Mons. John Moore, S.M.A., Vescovo di Bauchi (Nigeria). 25 » » Mons. Lawrence Aloysius Burke, S.I., Arcivescovo em. di Kingston in Jamaica (Jamaica). » » » Mons. Ivan Prendja, Arcivescovo di Zadar (Croazia). 27 » » Mons. Paul Verdzekov, Arcivescovo em. di Bamenda (Camerun). 4 febbraio » Mons. Joseph Ignace Randrianasolo, Vescovo em. di Mahajanga (Madagascar).