An. et vol. CIII 3 Iunii 2011 N. 6 ACTA APOSTOLICAE SEDIS COMMENTARIUM OFFICIALE Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA BENEDICTI PP. XVI CONSTITUTIO APOSTOLICA NAVIRAIENSIS Detractis a dioecesi Auratopolitana nonnullis municipiis nova dioecesis in Brasilia constituitur, Naviraiensis appellanda. BENEDICTUS EPISCOPUS servus servorum dei ad perpetuam rei memoriam Summi Nostri muneris inter gravissima officia, quae Deo iubente suscepimus gerenda, maximi momenti esse arbitramur Ecclesiarum statum aptius disponere atque ordinare: Nos enim non latet hac ratione animarum salutem uberiore fructu comparari, reique catholicae magna incrementa in toto terrarum orbe afferri. Qua de re, cum Venerabilis Frater Redovinus Rizzardo, C.S., Episcopus Auratopolitanus, antea Conferentia Episcoporum Brasiliensi comperta, iam ab Apostolica Sede petierit, ut suae dioecesis dismembrato territorio nova dioecesis conderetur, Nos, audito Venerabili Fratre Laurentio Baldisseri, in ea Natione Nuntio Apostolico atque Archiepiscopo titulo Diocletianensi, item de consilio Congregationis pro Episcopis, Apostolica auctoritate Nostra haec decernimus. A dioecesi Auratopolitana detrahimus hoc territorium, prout in praesens lege civili circumscribitur, municipiorum vulgo nuncupatorum: Naviraı́, Anaurilândia, Angélica, Bataguassu, Batayporã, Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 368 Eldorado, Iguatemi, Itaquiraı́, Ivinhema, Japorã, Jateı́, Juti, Mundo Novo, Nova Andradina, Novo Horizonte do Sul, Paranhos, Sete Quedas, Tacuru et Taguarussu, e quibus novam dioecesim constituimus, quae a nomine urbis Naviraı́ Naviraiensis appellabitur. In hac vero urbe Episcopus sedem collocabit in exstanti ibi paroeciali templo, Deo in honorem « Dominae Nostrae de Fatima » dicato, cui omnia tum iura tum honores facimus templi cathedralis. Novam Ecclesiam Sedi Metropolitanae subicimus Campi Grandis tamquam suffraganeam, cuius Praesuli, pro tempore metropolitico iuri Archiepiscopo, Episcopus Naviraiensis obnoxius erit. Cetera autem omnia secundum praescripta iuris canonici temperentur. Volumus vero ut haec iussa Nostra exsequenda curet Venerabilis Frater Laurentius Baldisseri, quem diximus, vel qui eo tempore, quo haec decreta ad rem adducentur, Apostolicae in Brasilia Nuntiaturae praeerit. Qui autem negotium perfecerit, exactae rei documenta, rite subscripta, cum primum fas erit, ad Congregationem pro Episcopis mittet. Contrariis quibusvis causis neutiquam obsistentibus. Datum Romae, apud S. Petrum, in vigilia Ascensionis Domini, die primo mensis Iunii, anno Domini bis millesimo undecimo, Pontificatus Nostri septimo. e Tharsicius card. Bertone Marcus card. Ouellet Secretarius Status Congr. pro Episcopis Praef. Franciscus Di Felice, Protonot. Apost. Franciscus Piva, Protonot. Apost. s.n. Loco e Plumbi In Secret. Status tab., n. 195.308 Acta Benedicti Pp. XVI 369 HOMILIA In eucharistica celebratione apud Hortos Mestracenses Sancti Iuliani.* Cari fratelli e sorelle! Sono molto lieto di essere oggi in mezzo a voi e celebrare con voi e per voi questa solenne Eucaristia. È significativo che il luogo prescelto per questa Liturgia sia il Parco di San Giuliano: uno spazio dove abitualmente non si celebrano riti religiosi, ma manifestazioni culturali e musicali. Oggi, questo spazio ospita Gesù risorto, realmente presente nella sua Parola, nell’assemblea del Popolo di Dio con i suoi Pastori e, in modo eminente, nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. A voi, venerati Fratelli Vescovi, con i Presbiteri e i Diaconi, a voi religiosi, religiose e laici rivolgo il mio più cordiale saluto, con un pensiero speciale per gli ammalati e gli infermi qui presenti, accompagnati dall’UNITALSI. Grazie per la vostra calorosa accoglienza! Saluto con affetto il Patriarca, Cardinale Angelo Scola, che ringrazio per le toccanti parole che mi ha indirizzato all’inizio della santa Messa. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, al Ministro per i Beni e le Attività Culturali in rappresentanza del Governo, al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ed alle Autorità civili e militari, che con la loro presenza hanno voluto onorare questo nostro incontro. Un ringraziamento sentito a quanti hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la preparazione e lo svolgimento di questa mia Visita Pastorale. Grazie di cuore! Il Vangelo della Terza Domenica di Pasqua — ora ascoltato — presenta l’episodio dei discepoli di Emmaus,1 un racconto che non finisce mai di stupirci e di commuoverci. Questo episodio mostra le conseguenze che Gesù risorto opera nei due discepoli: conversione dalla disperazione alla speranza; conversione dalla tristezza alla gioia; e anche conversione alla vita comunitaria. Talvolta, quando si parla di conversione, si pensa unicamente al suo aspetto faticoso, di distacco e di rinuncia. Invece, la conversione cristiana è anche e soprattutto fonte di gioia, di speranza e di amore. Essa è sempre opera di Cristo risorto, Signore della vita, che ci ha ottenuto questa grazia per mezzo della sua passione e ce la comunica in forza della sua risurrezione. * Die 8 Maii 2011. 1 Cfr. Lc 24, 13-35. 370 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Cari fratelli e sorelle! Sono venuto tra voi come Vescovo di Roma e continuatore del ministero di Pietro, per confermarvi nella fedeltà al Vangelo e nella comunione. Sono venuto per condividere con i Vescovi e i Presbiteri l’ansia dell’annuncio missionario, che tutti ci deve coinvolgere in un serio e ben coordinato servizio alla causa del Regno di Dio. Voi, oggi qui presenti, rappresentate le Comunità ecclesiali nate dalla Chiesa madre di Aquileia. Come in passato, quando quelle Chiese si distinsero per il fervore apostolico e il dinamismo pastorale, cosı̀ anche oggi occorre promuovere e difendere con coraggio la verità e l’unità della fede. Occorre rendere conto della speranza cristiana all’uomo moderno, sopraffatto non di rado da vaste ed inquietanti problematiche che pongono in crisi i fondamenti stessi del suo essere e del suo agire. Voi vivete in un contesto nel quale il Cristianesimo si presenta come la fede che ha accompagnato, nei secoli, il cammino di tanti popoli, anche attraverso persecuzioni e prove molto dure. Di questa fede sono eloquente espressione le molteplici testimonianze disseminate ovunque: le chiese, le opere d’arte, gli ospedali, le biblioteche, le scuole; l’ambiente stesso delle vostre città, come pure delle campagne e delle montagne, tutte costellate di riferimenti a Cristo. Eppure, oggi questo essere di Cristo rischia di svuotarsi della sua verità e dei suoi contenuti più profondi; rischia di diventare un orizzonte che solo superficialmente — e negli aspetti piuttosto sociali e culturali —, abbraccia la vita; rischia di ridursi ad un cristianesimo nel quale l’esperienza di fede in Gesù crocifisso e risorto non illumina il cammino dell’esistenza, come abbiamo ascoltato nel Vangelo odierno a proposito dei due discepoli di Emmaus, i quali, dopo la crocifissione di Gesù, facevano ritorno a casa immersi nel dubbio, nella tristezza e nella delusione. Tale atteggiamento tende, purtroppo, a diffondersi anche nel vostro territorio: questo avviene quando i discepoli di oggi si allontanano dalla Gerusalemme del Crocifisso e del Risorto, non credendo più nella potenza e nella presenza viva del Signore. Il problema del male, del dolore e della sofferenza, il problema dell’ingiustizia e della sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani che giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi siamo, portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: noi speravamo che il Signore ci liberasse dal male, dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura, dall’ingiustizia. È necessario, allora, per ciascuno di noi, come è avvenuto ai due discepoli di Emmaus, lasciarsi istruire da Gesù: innanzitutto, ascoltando e amando la Parola di Dio, letta nella luce del Mistero Pasquale, perché riscaldi il nostro Acta Benedicti Pp. XVI 371 cuore e illumini la nostra mente, e ci aiuti ad interpretare gli avvenimenti della vita e dare loro un senso. Poi, occorre sedersi a tavola con il Signore, diventare suoi commensali, affinché la sua presenza umile nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue ci restituisca lo sguardo della fede, per guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio, nella luce del suo amore. Rimanere con Gesù che è rimasto con noi, assimilare il suo stile di vita donata, scegliere con lui la logica della comunione tra di noi, della solidarietà e della condivisione. L’Eucaristia è la massima espressione del dono che Gesù fa di se stesso ed è un invito costante a vivere la nostra esistenza nella logica eucaristica, come un dono a Dio e agli altri. Il Vangelo riferisce anche che i due discepoli, dopo aver riconosciuto Gesù nello spezzare il pane, « partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme ».2 Essi sentono il bisogno di ritornare a Gerusalemme e raccontare la straordinaria esperienza vissuta: l’incontro con il Signore risorto. C’è un grande sforzo da compiere perché ogni cristiano, qui nel Nord-est come in ogni altra parte del mondo, si trasformi in testimone, pronto ad annunciare con vigore e con gioia l’evento della morte e della risurrezione di Cristo. Conosco la cura che, come Chiese del Triveneto, ponete nel cercare di comprendere le ragioni del cuore dell’uomo moderno e come, richiamandovi alle antiche tradizioni cristiane, vi preoccupate di tracciare le linee programmatiche della nuova evangelizzazione, guardando con attenzione alle numerose sfide del tempo presente e ripensando il futuro di questa regione. Desidero, con la mia presenza, sostenere la vostra opera e infondere in tutti fiducia nell’intenso programma pastorale avviato dai vostri Pastori, auspicando un fruttuoso impegno da parte di tutte le componenti della Comunità ecclesiale. Anche un popolo tradizionalmente cattolico può, tuttavia, avvertire in senso negativo, o assimilare quasi inconsciamente, i contraccolpi di una cultura che finisce per insinuare un modo di pensare nel quale viene apertamente rifiutato, o nascostamente ostacolato, il messaggio evangelico. So quanto sia stato e quanto continui ad essere grande il vostro impegno nel difendere i perenni valori della fede cristiana. Vi incoraggio a non cedere mai alle ricorrenti tentazioni della cultura edonistica ed ai richiami del consumismo materialista. Accogliete l’invito dell’Apostolo Pietro, contenuto nella seconda Lettura odierna, a comportarvi « con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri »; 3 invito che si concretizza in una vita vissuta inten2 3 Lc 24, 33. 1 Pt 1, 17. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 372 samente nelle strade del nostro mondo, nella consapevolezza della meta da raggiungere: l’unità con Dio, nel Cristo crocifisso e risorto. Infatti, la nostra fede e la nostra speranza sono rivolte a Dio: 4 rivolte a Dio perché radicate in Lui, fondate sul suo amore e sulla sua fedeltà. Nei secoli passati, le vostre Chiese hanno conosciuto una ricca tradizione di santità e di generoso servizio ai fratelli, grazie all’opera di zelanti sacerdoti e religiosi e religiose di vita attiva e contemplativa. Se vogliamo metterci in ascolto del loro insegnamento spirituale, non ci è difficile riconoscere l’appello personale e inconfondibile che essi ci rivolgono: Siate santi! Ponete al centro della vostra vita Cristo! Costruite su di Lui l’edificio della vostra esistenza. In Gesù troverete la forza per aprirvi agli altri e per fare di voi stessi, sul suo esempio, un dono per l’intera umanità. Attorno ad Aquileia si ritrovarono uniti popoli di lingue e culture diverse, fatti convergere non solo da esigenze politiche ma, soprattutto, dalla fede in Cristo e dalla civiltà ispirata dall’insegnamento evangelico, la Civiltà dell’Amore. Le Chiese generate da Aquileia sono chiamate oggi a rinsaldare quell’antica unità spirituale, in particolare alla luce del fenomeno dell’immigrazione e delle nuove circostanze geopolitiche in atto. La fede cristiana può sicuramente contribuire alla concretezza di un tale programma, che interessa l’armonico ed integrale sviluppo dell’uomo e della società in cui egli vive. La mia presenza tra voi vuole essere, perciò, anche un vivo sostegno agli sforzi che vengono dispiegati per favorire la solidarietà fra le vostre Diocesi del Nord-est. Vuole essere, inoltre, un incoraggiamento per ogni iniziativa tendente al superamento di quelle divisioni che potrebbero vanificare le concrete aspirazioni alla giustizia e alla pace. Questo, fratelli, è il mio auspicio, questa è la preghiera che rivolgo a Dio per tutti voi, invocando la celeste intercessione della Vergine Maria e dei tanti Santi e Beati, tra i quali mi è caro ricordare san Pio X e il beato Giovanni XXIII, ma anche il Venerabile Giuseppe Toniolo, la cui beatificazione è ormai prossima. Questi luminosi testimoni del Vangelo sono la più grande ricchezza del vostro territorio: seguite i loro esempi e i loro insegnamenti, coniugandoli con le esigenze attuali. Abbiate fiducia: il Signore risorto cammina con voi, ieri, oggi e sempre. Amen. 4 Cfr. 1 Pt 1, 21. Acta Benedicti Pp. XVI 373 ALLOCUTIONES I Aquileiae dum Summus Pontifex cives convenit in area « Capitolo ».* Cari fratelli e sorelle! Con grande gioia giungo a voi, figli ed eredi dell’illustre Chiesa di Aquileia, e inizio da qui la mia visita alle Chiese di queste Terre. A tutti voi, Pastori e Autorità civili, fedeli delle Diocesi del Triveneto, come pure di quelle di Slovenia, Croazia, Austria e Baviera, rivolgo il mio cordiale saluto. Ringrazio il Sindaco di Aquileia per le sue cortesi parole. I resti archeologici e le mirabili vestigia artistiche, che rendono Aquileia ovunque ben nota, mi invitano in questo momento a riandare alle origini di questa Città, che sorse nel 181 e prosperò nei secoli successivi, come canta il Vescovo poeta Paolino: « ... bella, illustre, splendida di palazzi, famosa per le mura e più ancora per le innumerevoli folle dei tuoi cittadini. Tutte le città della Venezia ti erano soggette e ti avevano fatto loro capitale e metropoli, essendo tu fiorente per il tuo clero, e splendida per le chiese, che avevi dedicato a Cristo ».1 Aquileia nacque e si sviluppò nel pieno della potenza dell’Impero, porta tra Oriente e Occidente, luogo di presidio e di scambi economici e culturali. Ma era altra la gloria di Aquileia! Infatti, ci dice san Paolo, Dio non ha scelto ciò che è nobile e potente, ma ciò che per il mondo è debole e stolto.2 Nella lontana provincia di Siria, al tempo di Cesare Augusto, era sorto Colui che veniva a rischiarare gli uomini con la luce della Verità, Gesù, figlio di Maria, Figlio consostanziale ed eterno del Padre, rivelatore dell’intramontabile impero di Dio sugli uomini, del suo disegno di comunione per tutti i popoli; Colui che con la sua morte di croce, subita per mano dell’Impero, instaurerà il vero regno di giustizia, d’amore e di pace, dando agli uomini che lo accolgono « il potere di diventare figli di Dio ».3 Da Gerusalemme, attraverso la Chiesa di Alessandria, giunse anche qui il lieto Annuncio della salvezza di Cristo. Giunse in questa Regione romana il seme della grande * Die 7 Maii 2011. 1 2 3 Poetae Latini aevi Carolini, in M.G.H., 1881, p. 142. Cfr. 1 Cor 1, 27-28. Gv 1, 12. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 374 speranza. Quella di Aquileia divenne ben presto, nella Decima Regio dell’Impero, una Comunità di martiri, di eroici testimoni della fede nel Risorto, seme di altri discepoli e di altre comunità. La grandezza di Aquileia, allora, non fu solo di essere la nona città dell’Impero e la quarta dell’Italia, ma anche quella di essere una Chiesa viva, esemplare, capace di autentico annuncio evangelico, coraggiosamente diffuso nelle regioni circostanti e per secoli conservato e alimentato. Pertanto, io rendo omaggio a questa terra benedetta, irrorata dal sangue e dal sacrificio di tanti testimoni, e prego i santi Martiri aquileiesi di suscitare anche oggi nella Chiesa discepoli di Cristo coraggiosi e fedeli, votati solo a Lui e perciò convinti e convincenti. La libertà di culto concessa nel IV secolo al cristianesimo non fece altro che estendere il raggio d’azione della Chiesa di Aquileia, allargandolo oltre i naturali confini della Venetia et Histria fino alla Retia, al Norico, alle ampie Regioni danubiane, alla Pannonia, alla Savia. Andò cosı̀ formandosi la provincia ecclesiastica metropolitana di Aquileia, a cui Vescovi di Chiese assai lontane offrivano la loro obbedienza, ne accoglievano la professione di fede, si stringevano ad essa nei vincoli indissolubili della comunione ecclesiale, liturgica, disciplinare e perfino architettonica. Aquileia era il cuore pulsante in questa Regione, sotto la guida dotta ed intrepida di santi Pastori, che la difesero contro il dilagare dell’arianesimo. Fra tutti, ricordo Cromazio — sul quale già mi soffermai nella Catechesi del 5 dicembre 2007 —, Vescovo premuroso ed operoso come Agostino ad Ippona, come Ambrogio a Milano, « santissimo e dottissimo fra i Vescovi », come lo definı̀ Girolamo. Ciò che fece grande la Chiesa che Cromazio amò e servı̀, fu la sua professione di fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Commentando il racconto evangelico della donna che profuma dapprima i piedi, quindi il capo di Gesù, egli afferma: « I piedi di Cristo indicano il mistero della sua incarnazione per cui si è degnato di nascere da una vergine in questi ultimi tempi; il capo, al contrario indica la gloria della sua divinità nella quale procede dal Padre prima di tutti i tempi... Ciò significa che dobbiamo credere due cose di Cristo: che è Dio e che è uomo, Dio generato dal Padre, uomo nato da una vergine... Non possiamo essere salvati altrimenti, se non crediamo queste due cose di Cristo ».4 Cari fratelli, figli ed eredi della gloriosa Chiesa di Aquileia, oggi sono in mezzo a voi per ammirare questa ricca e antica tradizione, ma soprattutto per confermarvi nella fede profonda dei vostri Padri: in quest’ora della storia 4 Cromazio di Aquileia, Catechesi al popolo, Città Nuova, 1989, p. 93. Acta Benedicti Pp. XVI 375 riscoprite, difendete, professate con calore spirituale questa verità fondamentale. Solo da Cristo, infatti, l’umanità può ricevere speranza e futuro; solo da Lui può attingere il significato e la forza del perdono, della giustizia, della pace. Tenete sempre vive, con coraggio, la fede e le opere delle vostre origini! Siate nelle vostre Chiese e in seno alla società « quasi beatorum chorus », come affermava Girolamo del clero di Aquileia, per l’unità della fede, lo studio della Parola, l’amore fraterno, l’armonia gioiosa e pluriforme della testimonianza ecclesiale. Vi invito a farvi sempre di nuovo discepoli del Vangelo, per tradurlo in fervore spirituale, chiarezza di fede, sincera carità, pronta sensibilità per i poveri: possiate plasmare la vostra vita secondo quel « sermo rusticus », di cui ancora parlava Girolamo riferendosi alla qualità evangelica della comunità Aquileiese. Siate assidui alla « mangiatoia », come diceva Cromazio, cioè all’altare, dove il nutrimento è Cristo stesso, Pane di vita, forza nelle persecuzioni, alimento che rincuora in ogni sfiducia e debolezza, cibo del coraggio e dell’ardore cristiano. Il ricordo della santa Madre Chiesa di Aquileia vi sorregga, vi sproni a nuovi traguardi missionari in questo travagliato periodo storico, vi renda artefici di unità e di comprensione fra i popoli delle vostre terre. Vi protegga sempre nel cammino la Vergine Maria e vi accompagni la mia Benedizione. Cjârs fradis e sûrs, il Signôr us benedissi e us dedi pâs e prosperitât! Von Herzen grüße ich die Gläubigen deutscher Sprache. Aus den angestammten christlichen Wurzeln eurer Heimat mögen in euren Gemeinden weiterhin reiche Früchte hervorgehen. Gott segne euch! Lepo pozdravljam vse slovenske vernike! Bog blagoslovi vas in vaše družine! Braćo i sestre Hrvati, hvala vam što ste došli! Za mjesec dana se vidimo u Zagrebu. Bog vas blagoslovio! Grazie per la vostra accoglienza, grazie per la vostra gioia. Grazie. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 376 II Aquileiae ad Sessionem II Congressus ecclesialis apud Basilicam illius urbis.* Signor Cardinale Patriarca, Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Cari fratelli e sorelle! Nella magnifica cornice di questa storica Basilica che in modo solenne ci accoglie, rivolgo il mio più cordiale saluto a tutti voi, che rappresentate le 15 Diocesi del Triveneto. Sono molto lieto di incontrarvi mentre vi preparate a celebrare, l’anno prossimo, il secondo Convegno ecclesiale di Aquileia. Saluto con affetto il Cardinale Patriarca di Venezia e i Confratelli nell’Episcopato, in particolare l’Arcivescovo di Gorizia, che ringrazio per le espressioni con cui mi ha accolto, e l’Arcivescovo-Vescovo di Padova, che ci ha offerto uno sguardo sul cammino verso il Convegno. Saluto, con altrettanto affetto, i presbiteri, i religiosi e le religiose e i numerosi fedeli laici. Con l’Apostolo Giovanni, anch’io vi ripeto: « Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene ».1 Attraverso il « convenire sinodale » lo Spirito Santo parla alle vostre amate Chiese e a tutti voi singolarmente, sostenendovi per una più matura crescita nella comunione e nella reciproca collaborazione. Questo « convenire ecclesiale » permette a tutte le comunità cristiane, che qui voi rappresentate, di condividere anzitutto l’esperienza originaria del Cristianesimo, quella dell’incontro personale con Gesù, che svela pienamente ad ogni uomo e ad ogni donna il significato e la direzione del cammino nella vita e nella storia. Opportunamente avete voluto che anche il vostro Convegno ecclesiale avesse luogo nella Chiesa madre di Aquileia, da cui sono germinate le Chiese del Nord-est dell’Italia, ma anche le Chiese della Slovenia e dell’Austria e alcune Chiese della Croazia e della Baviera e persino dell’Ungheria. Riunirsi ad Aquileia costituisce perciò un significativo ritorno alle « radici » per riscoprirsi « pietre » vive dell’edificio spirituale che ha le sue fondamenta in Cristo e il suo prolungamento nei testimoni più eloquenti della Chiesa aquileiese: i santi Ermagora e Fortunato, Ilario e Taziano, Crisogono, Valeriano e Cromazio. Ritornare ad Aquileia significa soprattutto imparare dalla gloriosa Chiesa che vi ha generato come impegnarsi oggi, in un mondo radicalmente * Die 7 Maii 2011. 1 Ap 1, 4. Acta Benedicti Pp. XVI 377 cambiato, per una nuova evangelizzazione del vostro territorio e per consegnare alle generazioni future l’eredità preziosa della fede cristiana. « Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese ».2 I vostri Pastori hanno ripetuto questo invito dell’Apocalisse a tutte le vostre singole Chiese e alle diverse realtà ecclesiali. Vi hanno cosı̀ sollecitato a scoprire e a « narrare » ciò che lo Spirito Santo ha operato e sta operando nelle vostre comunità; a leggere con gli occhi della fede le profonde trasformazioni in atto, le nuove sfide, le domande emergenti. Come annunciare Gesù Cristo, come comunicare il Vangelo e come educare alla fede oggi? Avete scelto di prepararvi, in modo capillare, diocesi per diocesi, in vista del Convegno del 2012, per affrontare anche le sfide che superano i confini delle singole realtà diocesane, in una nuova evangelizzazione radicata nella fede di secoli e rinnovata nel vigore. La presenza oggi, in questa splendida Basilica, delle diocesi nate da Aquileia sembra indicare la missione del Nord-est del futuro che si apre anche ai territori circostanti e a quelli che, per diverse ragioni, entrano in contatto con essi. Il Nord-est dell’Italia è testimone ed erede di una storia ricca di fede, di cultura e di arte, i cui segni sono ancora ben visibili anche nell’odierna società secolarizzata. L’esperienza cristiana ha forgiato un popolo affabile, laborioso, tenace, solidale. Esso è segnato in profondità dal Vangelo di Cristo, pur nella pluralità delle sue identità culturali. Lo dimostrano la vitalità delle vostre comunità parrocchiali, la vivacità delle aggregazioni, l’impegno responsabile degli operatori pastorali. L’orizzonte della fede e le motivazioni cristiane hanno dato e continuano ad offrire nuovo impulso alla vita sociale, ispirano le intenzioni e guidano i costumi. Ne sono segni evidenti l’apertura alla dimensione trascendente della vita, nonostante il materialismo diffuso; un senso religioso di fondo, condiviso dalla quasi totalità della popolazione; l’attaccamento alle tradizioni religiose; il rinnovamento dei percorsi di iniziazione cristiana; le molteplici espressioni di fede, di carità e di cultura; le manifestazioni della religiosità popolare; il senso della solidarietà e il volontariato. Custodite, rafforzate, vivete questa preziosa eredità. Siate gelosi di ciò che ha fatto grandi e rende tuttora grandi queste Terre! La missione prioritaria che il Signore vi affida oggi, rinnovati dall’incontro personale con Lui, è quella di testimoniare l’amore di Dio per l’uomo. Siete chiamati a farlo prima di tutto con le opere dell’amore e le scelte di vita in favore delle persone concrete, a partire da quelle più deboli, fragili, indi2 Ap 2, 7. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 378 fese, non autosufficienti, come i poveri, gli anziani, i malati, i disabili, quelle che san Paolo chiama le parti più deboli del corpo ecclesiale.3 Le idee e le realizzazioni nell’approccio alla longevità, preziosa risorsa per le relazioni umane, sono una bella e innovativa testimonianza della carità evangelica proiettata in dimensione sociale. Abbiate cura di mettere al centro della vostra attenzione la famiglia, culla dell’amore e della vita, cellula fondamentale della società e della comunità ecclesiale; questo impegno pastorale è reso più urgente dalla crisi sempre più diffusa della vita coniugale e dal crollo della natalità. In tutta la vostra azione pastorale sappiate riservare una cura tutta speciale per i giovani: essi, che guardano oggi al futuro con grande incertezza, vivono spesso in una condizione di disagio, di insicurezza e di fragilità, ma portano nel cuore una grande fame e sete di Dio, che chiede costante attenzione e risposta! Anche in questo vostro contesto la fede cristiana deve affrontare oggi nuove sfide: la ricerca spesso esasperata del benessere economico, in una fase di grave crisi economica e finanziaria, il materialismo pratico, il soggettivismo dominante. Nella complessità di tali situazioni siete chiamati a promuovere il senso cristiano della vita, mediante l’annuncio esplicito del Vangelo, portato con delicata fierezza e con profonda gioia nei vari ambiti dell’esistenza quotidiana. Dalla fede vissuta con coraggio scaturisce, anche oggi come in passato, una feconda cultura fatta di amore alla vita, dal concepimento fino al suo termine naturale, di promozione della dignità della persona, di esaltazione dell’importanza della famiglia, fondata sul matrimonio fedele e aperto alla vita, di impegno per la giustizia e la solidarietà. I cambiamenti culturali in atto vi chiedono di essere cristiani convinti, « pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi »,4 capaci di affrontare le nuove sfide culturali, in rispettoso confronto costruttivo e consapevole con tutti i soggetti che vivono in questa società. La collocazione geografica del Nord-est, non più solo crocevia tra l’Est e l’Ovest dell’Europa, ma anche tra il Nord e il Sud (l’Adriatico porta il Mediterraneo nel cuore dell’Europa), il massiccio fenomeno del turismo e dell’immigrazione, la mobilità territoriale, il processo di omologazione provocato dall’azione pervasiva dei mass-media, hanno accentuato il pluralismo culturale e religioso. In questo contesto, che in ogni caso è quello che la Provvidenza ci dona, è necessario che i cristiani, sostenuti da una « speranza affida3 4 Cfr. 1 Cor 12, 15-27. 1 Pt 3, 15. Acta Benedicti Pp. XVI 379 bile », propongano la bellezza dell’avvenimento di Gesù Cristo, Via, Verità e Vita, ad ogni uomo e ad ogni donna, in un rapporto franco e sincero con i non praticanti, con i non credenti e con i credenti di altre religioni. Siete chiamati a vivere con quell’atteggiamento carico di fede che viene descritto dalla Lettera a Diogneto: non rinnegate nulla del Vangelo in cui credete, ma state in mezzo agli altri uomini con simpatia, comunicando nel vostro stesso stile di vita quell’umanesimo che affonda le sue radici nel Cristianesimo, tesi a costruire insieme a tutti gli uomini di buona volontà una « città » più umana, più giusta e solidale. Come attesta la lunga tradizione del cattolicesimo in queste regioni, continuate con energia a testimoniare l’amore di Dio anche con la promozione del « bene comune »: il bene di tutti e di ciascuno. Le vostre comunità ecclesiali hanno in genere un rapporto positivo con la società civile e con le diverse Istituzioni. Continuate ad offrire il vostro contributo per umanizzare gli spazi della convivenza civile. Da ultimo, raccomando anche a voi, come alle altre Chiese che sono in Italia, l’impegno a suscitare una nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico. Esso ha più che mai bisogno di vedere persone, soprattutto giovani, capaci di edificare una « vita buona » a favore e al servizio di tutti. A questo impegno infatti non possono sottrarsi i cristiani, che sono certo pellegrini verso il Cielo, ma che già vivono quaggiù un anticipo di eternità. Cari fratelli e sorelle! Ringrazio Dio che mi ha concesso di condividere questo momento cosı̀ significativo con voi. Vi affido alla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, e ai vostri Santi Patroni, e imparto con grande affetto la Benedizione Apostolica a tutti voi e ai vostri cari. Grazie per la vostra attenzione. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 380 III Venetiis ad omnes adstantes in Area Sancti Marci.* Signor Cardinale Patriarca, Confratelli nell’Episcopato, Signor Sindaco e distinte Autorità, Cari fratelli e sorelle! Rivolgo un cordiale saluto a ciascuno di voi, che dalle varie « calli » e dai « campi » di questa meravigliosa Città siete confluiti su questo Molo, per esprimere il vostro affetto al Successore di Pietro, venuto in pellegrinaggio nelle terre di San Marco. La vostra presenza, accompagnata da vibrante entusiasmo, esprime la vostra fede e la vostra devozione, e questo è per me motivo di grande gioia. In particolare, ringrazio il Signor Sindaco per le nobili espressioni che, anche a nome dell’intera Città, mi ha rivolto e per i sentimenti che mi ha manifestato; con lui, saluto e ringrazio tutte le altre Autorità civili e militari, che sono venute ad accogliermi. Oggi ho la gioia di poter incontrare la gente di questa laguna. Vengo in mezzo a voi per rinsaldare quel profondo vincolo di comunione che storicamente vi unisce al Vescovo di Roma e di cui sono testimoni anzitutto i venerati Pastori che da questa Sede patriarcale sono passati a quella di san Pietro: molti di voi conservano vivo il ricordo del Patriarca Albino Luciani, figlio di queste terre venete, che divenne Papa con il nome di Giovanni Paolo I; e come non ricordare il Patriarca Angelo Giuseppe Roncalli, che, divenuto Papa Giovanni XXIII, è stato elevato dalla Chiesa alla gloria degli altari e proclamato beato? Ricordiamo infine il Patriarca Giuseppe Sarto, il futuro san Pio X, che con il suo esempio di santità continua a vivificare questa Chiesa particolare e tutta la Chiesa universale. Testimonianza della sollecitudine pastorale dei Papi per la vostra Città sono anche le visite pastorali compiute dal Servo di Dio Paolo VI e dal Beato Giovanni Paolo II. Anch’io, sulle orme di questi miei Predecessori, ho voluto venire oggi in mezzo a voi, per portarvi una parola di amore e di speranza, e confermarvi nella fede della Chiesa, che il Signore Gesù ha voluto fondare sulla roccia che è Pietro e ha affidato alla guida degli Apostoli e dei loro successori, nella comunione con la Chiesa di Roma « che presiede alla carità » (S. Ignazio). * Die 7 Maii 2011. Acta Benedicti Pp. XVI 381 Cari amici, secondo le tradizioni veneziane avete voluto accogliermi in questo luogo suggestivo, che è come la porta di accesso al cuore della Città. Da qui lo sguardo abbraccia il sereno bacino di San Marco, l’elegante Palazzo Ducale, la meravigliosa mole della Basilica marciana, l’inconfondibile profilo della città, giustamente detta « la perla dell’Adriatico ». Da questo molo si può cogliere quell’aspetto di singolare apertura che da sempre caratterizza Venezia, crocevia di persone e comunità di ogni provenienza, cultura, lingua e religione. Punto di approdo e di incontro per gli uomini di tutti i continenti, per la sua bellezza, la sua storia, le sue tradizioni civili, questa Città ha corrisposto nei secoli alla speciale vocazione di essere ponte tra Occidente ed Oriente. Anche in questa nostra epoca, con le sue nuove prospettive e le sue sfide complesse, essa è chiamata ad assumere importanti responsabilità in ordine alla promozione di una cultura di accoglienza e di condivisione, capace di gettare ponti di dialogo tra i popoli e le nazioni; una cultura della concordia e dell’amore, che ha le sue solide fondamenta nel Vangelo. Lo splendore dei monumenti e la fama delle istituzioni secolari manifestano la storia gloriosa e il carattere delle genti venete, oneste e laboriose, dotate di grande sensibilità, di capacità organizzative e di quello che nel linguaggio quotidiano viene detto « buon senso ». Tale patrimonio di tradizioni civili, culturali ed artistiche ha trovato un fecondo sviluppo anche grazie all’accoglienza della fede cristiana, che affonda le sue radici molto lontano, già dalla nascita dei primi insediamenti di questa laguna. Con il passare dei secoli, la fede trasmessa dai primi evangelizzatori si è radicata sempre più profondamente nel tessuto sociale, fino a diventarne parte essenziale. Ne sono visibile testimonianza le splendide Chiese e le tante edicole devozionali disseminate tra calli, canali e ponti. Vorrei ricordare, in particolare, i due importanti Santuari che, in tempi diversi, vennero edificati dai veneziani in ottemperanza ad un voto, per ottenere dalla Provvidenza divina la liberazione dalla piaga della peste: eccoli di fronte a questo Molo, sono la Basilica del Redentore e il Santuario della Madonna della Salute, entrambi mete di numerosi pellegrini nelle rispettive ricorrenze annuali. I vostri padri ben sapevano che la vita umana è nelle mani di Dio e che senza la sua benedizione l’uomo costruisce invano. Perciò, visitando la vostra Città, chiedo al Signore che doni a tutti voi una fede sincera e fruttuosa, capace di alimentare una grande speranza e una paziente ricerca del bene comune. Cari amici, la mia preghiera si eleva a Dio per implorare che effonda le sue benedizioni su Venezia e il suo territorio. Invito tutti voi, cari Veneziani, a Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 382 ricercare e custodire sempre l’armonia tra lo sguardo della fede e della ragione che permette alla coscienza di percepire il vero bene, in modo che le scelte della comunità civile siano sempre ispirate ai principi etici corrispondenti alla profonda verità della natura umana. L’uomo non può rinunciare alla verità su di sé, senza che ne soffrano il senso della responsabilità personale, la solidarietà verso gli altri, l’onestà nei rapporti economici e di lavoro. Mentre, al crepuscolo di questo giorno ci introduciamo nella festa domenicale, disponiamoci a celebrare la Pasqua settimanale del Signore con la gioia che caratterizza il tempo pasquale e con la certezza che Gesù ha vinto la morte con la sua risurrezione e ci vuole far partecipi della sua stessa vita. Affidandovi alla materna protezione di Maria Santissima, invoco su questa Città, su quanti la abitano, su chi la governa, su chi si prodiga a renderla sempre più degna di Dio e dell’uomo la Benedizione del Signore. Grazie a tutti voi, buona domenica. IV Venetiis apud Basilicam Sancti Marci in Sessione qua concluditur Pastoralis Visitatio Dioecesana.* « Magnificat anima mea Dominum ». Cari fratelli e sorelle! Con le parole della Vergine Maria desidero innalzare insieme a voi l’inno di lode e di ringraziamento al Signore per il dono della Visita pastorale, iniziata nel Patriarcato di Venezia nel 2005 e giunta oggi alla sua provvida conclusione in questa Assemblea generale. A Dio, datore di ogni bene, rivolgiamo la nostra lode per aver sostenuto i vostri propositi spirituali e i vostri sforzi apostolici durante questo tempo della Visita pastorale, compiuta dal vostro Pastore, il Cardinale Angelo Scola, che saluto e ringrazio per le gentili parole rivoltemi a nome di tutti voi. Con lui saluto il Vescovo Ausiliare e Vescovo eletto di Vicenza, i Vicari episcopali e quanti lo hanno coadiuvato in questo lungo e articolato impegno pastorale, evento di grazia e di forte esperienza ecclesiale, nel quale l’intero popolo cristiano si è rigenerato nella fede, protendendosi con rinnovato slancio alla missione. Ed è pertanto specialmente a voi, cari sacerdoti, religiosi, e fedeli laici, che rivolgo il mio * Die 8 Maii 2011. Acta Benedicti Pp. XVI 383 affettuoso saluto e il sincero apprezzamento per il vostro servizio, in particolare nello svolgimento delle Assemblee ecclesiali. Sono lieto di salutare la storica Comunità armena di Venezia con l’Abate e i monaci mechitaristi. Un pensiero va al Metropolita greco-ortodosso d’Italia Ghennadios e al Vescovo della Chiesa Ortodossa Russa Nestor, come pure ai Rappresentanti delle Comunità luterana ed anglicana. Gratitudine e gioia sono perciò i sentimenti che caratterizzano questo nostro incontro. Esso si svolge nello spazio sacro, colmo di arte e di memoria, della Basilica di San Marco, dove la fede e la creatività umana hanno dato origine ad una eloquente catechesi per immagini. Il Servo di Dio Albino Luciani, che fu vostro indimenticabile Patriarca, cosı̀ descrisse la sua prima visita in questa Basilica, da giovane sacerdote: « Mi trovai immerso in un fiume di luce ... Finalmente potevo vedere e godere con i miei occhi tutto lo splendore di un mondo di arte e di bellezza unico e irripetibile, il cui fascino ti penetra nel profondo ».1 Questo tempio è immagine e simbolo della Chiesa di pietre vive, che siete voi, cristiani di Venezia. « Oggi devo fermarmi a casa tua. In fretta scese e l’accolse ».2 Quante volte, durante la Visita pastorale, avete ascoltato e meditato queste parole, rivolte da Gesù a Zaccheo! Esse sono state il motivo conduttore dei vostri incontri comunitari, offrendovi uno stimolo efficace ad accogliere Gesù Risorto, via sicura per trovare pienezza di vita e felicità. Infatti, l’autentica realizzazione dell’uomo e la sua vera gioia non si trovano nel potere, nel successo, nel denaro, ma soltanto in Dio, che Gesù Cristo ci fa conoscere e ci rende vicino. È questa l’esperienza di Zaccheo. Egli, secondo la mentalità corrente, ha tutto: potere e denaro. Può dirsi un « uomo arrivato »: ha fatto carriera, ha raggiunto ciò che voleva e potrebbe dire, come il ricco stolto della parabola evangelica, « anima mia hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divertiti ».3 Per questo il suo desiderio di vedere Gesù è sorprendente. Che cosa lo spinge a ricercare l’incontro con Lui? Zaccheo si rende conto che quanto possiede non gli basta, sente il desiderio di andare oltre. Ed ecco che Gesù, il profeta di Nazaret, passa da Gerico, la sua città. Di Lui gli è giunta l’eco di alcune parole inconsuete: beati i poveri, i miti, gli afflitti, gli affamati di giustizia. Parole per lui strane, ma forse proprio per questo affascinanti e nuove. Vuole vedere questo Gesù. Ma Zaccheo, seppure ricco e 1 2 3 Io sono il ragazzo del mio Signore, Venezia-Quarto d’Altino, 1998. Lc 19, 5-6. Lc 12, 19. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 384 potente, è piccolo di statura. Perciò corre avanti, sale su un albero, un sicomoro. Non gli importa di esporsi al ridicolo: ha trovato un modo per rendere possibile l’incontro. E Gesù arriva, alza lo sguardo verso di lui, lo chiama per nome: « Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua ».4 Nulla è impossibile a Dio! Da questo incontro scaturisce per Zaccheo una vita nuova: accoglie Gesù con gioia, scoprendo finalmente la realtà che può riempire veramente e pienamente la sua vita. Ha toccato con mano la salvezza, ormai non è più quello di prima e come segno di conversione si impegna a donare metà dei suoi beni ai poveri e a restituire il quadruplo a chi aveva derubato. Ha trovato il vero tesoro, perché il Tesoro, che è Gesù, ha trovato lui! Amata Chiesa che sei in Venezia! Imita l’esempio di Zaccheo e vai oltre! Supera e aiuta l’uomo di oggi a superare gli ostacoli dell’individualismo, del relativismo; non lasciarti mai trarre verso il basso dalle mancanze che possono segnare le comunità cristiane. Sforzati di vedere da vicino la persona di Cristo, che ha detto: « Io sono la via, la verità e la vita ».5 Come successore dell’Apostolo Pietro, visitando in questi giorni la vostra terra, ripeto a ciascuno di voi: non abbiate paura di andare controcorrente per incontrare Gesù, di puntare verso l’alto per incrociare il suo sguardo. Nel « logo » di questa mia Visita pastorale è rappresentata la scena di Marco che consegna il Vangelo a Pietro, tratta da un mosaico di questa Basilica. Oggi, simbolicamente, vengo a riconsegnare il Vangelo a voi, figli spirituali di san Marco, per confermarvi nella fede e incoraggiarvi dinanzi alle sfide del momento presente. Avanzate fiduciosi nel sentiero della nuova evangelizzazione, nel servizio amorevole dei poveri e nella testimonianza coraggiosa all’interno delle varie realtà sociali. Siate consapevoli d’essere portatori di un messaggio che è per ogni uomo e per tutto l’uomo; un messaggio di fede, di speranza e di carità. Quest’invito è, in primo luogo, per voi, cari sacerdoti, configurati con il sacramento dell’Ordine a Cristo « Capo e Pastore » e posti a guida del suo popolo. Riconoscenti per l’immenso dono ricevuto, continuate a svolgere con generosità e dedizione il vostro ministero, cercando sostegno sia nella fraternità presbiterale vissuta come corresponsabilità e collaborazione, sia nella preghiera intensa e in un approfondito aggiornamento teologico e pastorale. Un pensiero affettuoso ai sacerdoti ammalati e anziani, uniti a noi 4 5 Lc 19, 5. Gv 14, 6. Acta Benedicti Pp. XVI 385 spiritualmente. L’invito è poi rivolto a voi, persone consacrate, che costituite una preziosa risorsa spirituale per l’intero popolo cristiano e indicate in modo speciale, con la professione dei voti, l’importanza e la possibilità del dono totale di sé a Dio. Infine questo invito è rivolto a tutti voi, cari fedeli laici. Sappiate rendere sempre e dappertutto ragione della speranza che è in voi.6 La Chiesa ha bisogno dei vostri doni e del vostro entusiasmo. Sappiate dire « sı̀ » a Cristo che vi chiama ad essere suoi discepoli, ad essere santi. Vorrei ricordare, ancora una volta, che la « santità » non vuol dire fare cose straordinarie, ma seguire ogni giorno la volontà di Dio, vivere veramente bene la propria vocazione, con l’aiuto della preghiera, della Parola di Dio, dei Sacramenti e con lo sforzo quotidiano della coerenza. Sı̀, ci vogliono fedeli laici affascinati dall’ideale della « santità », per costruire una società degna dell’uomo, una civiltà dell’amore. Nel corso della Visita pastorale avete dedicato speciale cura alla testimonianza che le vostre comunità cristiane sono chiamate a rendere, a partire dai fedeli più motivati e consapevoli. A tale proposito, vi siete giustamente preoccupati di rilanciare l’evangelizzazione e la catechesi degli adulti e delle nuove generazioni proprio a partire da piccole comunità di adulti e di genitori, che, costituendo quasi dei cenacoli domestici, possano vivere la logica dell’evento cristiano anzitutto nella testimonianza della comunione e della carità. Vi esorto a non risparmiare energie nell’annuncio del Vangelo e nell’educazione cristiana, promuovendo sia la catechesi ad ogni livello, sia quelle offerte formative e culturali che costituiscono un vostro rilevante patrimonio spirituale. Sappiate dedicare particolare cura alla formazione cristiana dei bambini, degli adolescenti e dei giovani. Essi hanno bisogno di validi punti di riferimento: siate per loro esempi di coerenza umana e cristiana. Lungo il percorso della Visita pastorale è emersa anche la necessità di un sempre maggiore impegno nella carità quale esperienza del dono generoso e gratuito di sé, come pure l’esigenza di manifestare con chiarezza il volto missionario della parrocchia, fino a creare realtà pastorali che, senza rinunciare alla capillarità, siano più capaci di slancio apostolico. Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola 6 Cfr. 1 Pt 3, 15. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 386 con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri. Per questo la nostra vita spirituale dipende essenzialmente dall’Eucaristia. Senza di essa la fede e la speranza si spengono, la carità si raffredda. Vi esorto pertanto a curare sempre più la qualità delle celebrazioni eucaristiche, specialmente di quelle domenicali, affinché il Giorno del Signore sia vissuto pienamente e illumini le vicende e le attività di tutti i giorni. Dall’Eucaristia, fonte inesauribile di amore divino, potrete attingere l’energia necessaria per portare Cristo agli altri e per portare gli altri a Cristo, per essere quotidianamente testimoni di carità e di solidarietà e per condividere i beni che la Provvidenza vi concede con i fratelli privi del necessario. Cari amici, vi assicuro la mia preghiera, affinché l’impegnativo cammino di crescita nella comunione, che avete compiuto in questi anni della Visita pastorale, rinnovi la vita di fede dell’intera vostra Chiesa particolare e, al tempo stesso, susciti una sempre più generosa dedizione al servizio di Dio e dei fratelli. Maria Santissima, che voi venerate con il titolo di Vergine Nicopeja, la cui suggestiva immagine splende in questa Basilica, ottenga in dono per tutti voi e per l’intera Comunità diocesana la piena fedeltà a Cristo. All’intercessione della celeste Madre del Redentore e al sostegno dei Santi e Beati della vostra Terra affido il cammino che vi attende, mentre con affetto imparto a voi e all’intera Chiesa di San Marco una speciale Benedizione Apostolica, estendendola ai malati, ai carcerati e a quanti soffrono nel corpo e nello spirito. Amen. V Ad Congressum Pontificii Instituti « Giovanni Paolo II » pro studiis de matrimonio et familia, trigesima occurrente anniversaria memoria ab eodem condito Instituto.* Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari Fratelli e Sorelle, con gioia vi accolgo oggi, a pochi giorni dalla beatificazione del Papa Giovanni Paolo II, che trent’anni fa, come abbiamo sentito, volle fondare * Die 13 Maii 2011. Acta Benedicti Pp. XVI 387 contemporaneamente il Pontificio Consiglio per la Famiglia e il vostro Pontificio Istituto; due Organismi che mostrano come egli fosse fermamente persuaso dell’importanza decisiva della famiglia per la Chiesa e per la Società. Saluto i rappresentanti della vostra grande comunità sparsa ormai in tutti i Continenti, come pure la benemerita Fondazione per matrimonio e famiglia che ho creato per sostenere la vostra missione. Ringrazio il Preside, Mons. Melina, per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Il nuovo Beato Giovanni Paolo II, che, come è stato ricordato, proprio trent’anni fa subı̀ il terribile attentato in Piazza San Pietro, vi ha affidato, in particolare, per lo studio, la ricerca e la diffusione, le sue « Catechesi sull’amore umano », che contengono una profonda riflessione sul corpo umano. Coniugare la teologia del corpo con quella dell’amore per trovare l’unità del cammino dell’uomo: ecco il tema che vorrei indicarvi come orizzonte per il vostro lavoro. Poco dopo la morte di Michelangelo, Paolo Veronese fu chiamato davanti all’Inquisizione, con l’accusa di aver dipinto figure inappropriate intorno all’Ultima Cena. Il pittore rispose che anche nella Cappella Sistina i corpi erano rappresentati nudi, con poca riverenza. Fu proprio l’inquisitore che prese la difesa di Michelangelo con una risposta diventata famosa: « Non sai che in queste figure non vi è cosa se non di spirito? ». Da moderni facciamo fatica a capire queste parole, perché il corpo ci appare come materia inerte, pesante, opposta alla conoscenza e alla libertà proprie dello spirito. Ma i corpi dipinti da Michelangelo sono abitati da luce, vita, splendore. Voleva mostrare cosı̀ che i nostri corpi nascondono un mistero. In essi lo spirito si manifesta e opera. Sono chiamati ad essere corpi spirituali, come dice san Paolo.1 Ci possiamo allora chiedere: può questo destino del corpo illuminare le tappe del suo cammino? Se il nostro corpo è chiamato ad essere spirituale, non dovrà essere la sua storia quella dell’alleanza tra corpo e spirito? Infatti, lungi dall’opporsi allo spirito, il corpo è il luogo dove lo spirito può abitare. Alla luce di questo è possibile capire che i nostri corpi non sono materia inerte, pesante, ma parlano, se sappiamo ascoltare, il linguaggio dell’amore vero. La prima parola di questo linguaggio si trova nella creazione dell’uomo. Il corpo ci parla di un’origine che noi non abbiamo conferito a noi stessi. « Mi hai tessuto nel seno di mia madre », dice il Salmista al Signore.2 Possiamo affermare che il corpo, nel rivelarci l’Origine, porta in sé un significato filiale, 1 2 Cfr. 1 Cor 15, 44. Sal 139, 13. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 388 perché ci ricorda la nostra generazione, che attinge, tramite i nostri genitori che ci hanno trasmesso la vita, a Dio Creatore. Solo quando riconosce l’amore originario che gli ha dato la vita, l’uomo può accettare se stesso, può riconciliarsi con la natura e con il mondo. Alla creazione di Adamo segue quella di Eva. La carne, ricevuta da Dio, è chiamata a rendere possibile l’unione di amore tra l’uomo e la donna e trasmettere la vita. I corpi di Adamo ed Eva appaiono, prima della Caduta, in perfetta armonia. C’è in essi un linguaggio che non hanno creato, un eros radicato nella loro natura, che li invita a riceversi mutuamente dal Creatore, per potersi cosı̀ donare. Comprendiamo allora che, nell’amore, l’uomo è « ricreato ». Incipit vita nova, diceva Dante,3 la vita della nuova unità dei due in una carne. Il vero fascino della sessualità nasce dalla grandezza di questo orizzonte che schiude: la bellezza integrale, l’universo dell’altra persona e del « noi » che nasce nell’unione, la promessa di comunione che vi si nasconde, la fecondità nuova, il cammino che l’amore apre verso Dio, fonte dell’amore. L’unione in una sola carne si fa allora unione di tutta la vita, finché uomo e donna diventano anche un solo spirito. Si apre cosı̀ un cammino in cui il corpo ci insegna il valore del tempo, della lenta maturazione nell’amore. In questa luce, la virtù della castità riceve nuovo senso. Non è un « no » ai piaceri e alla gioia della vita, ma il grande « sı̀ » all’amore come comunicazione profonda tra le persone, che richiede il tempo e il rispetto, come cammino insieme verso la pienezza e come amore che diventa capace di generare vita e di accogliere generosamente la vita nuova che nasce. È certo che il corpo contiene anche un linguaggio negativo: ci parla di oppressione dell’altro, del desiderio di possedere e sfruttare. Tuttavia, sappiamo che questo linguaggio non appartiene al disegno originario di Dio, ma è frutto del peccato. Quando lo si stacca dal suo senso filiale, dalla sua connessione con il Creatore, il corpo si ribella contro l’uomo, perde la sua capacità di far trasparire la comunione e diventa terreno di appropriazione dell’altro. Non è forse questo il dramma della sessualità, che oggi rimane rinchiusa nel cerchio ristretto del proprio corpo e nell’emotività, ma che in realtà può compiersi solo nella chiamata a qualcosa di più grande? A questo riguardo Giovanni Paolo II parlava dell’umiltà del corpo. Un personaggio di Claudel dice al suo amato: « la promessa che il mio corpo ti fece, io sono incapace di compiere »; a cui segue la risposta: « il corpo si rompe, ma non la promessa... ».4 3 4 Vita Nuova I, 1. Le soulier de satin, Giorno III, Scena XIII. Acta Benedicti Pp. XVI 389 La forza di questa promessa spiega come la Caduta non sia l’ultima parola sul corpo nella storia della salvezza. Dio offre all’uomo anche un cammino di redenzione del corpo, il cui linguaggio viene preservato nella famiglia. Se dopo la Caduta Eva riceve questo nome, Madre dei viventi, ciò testimonia che la forza del peccato non riesce a cancellare il linguaggio originario del corpo, la benedizione di vita che Dio continua a offrire quando uomo e donna si uniscono in una sola carne. La famiglia, ecco il luogo dove la teologia del corpo e la teologia dell’amore si intrecciano. Qui si impara la bontà del corpo, la sua testimonianza di un’origine buona, nell’esperienza di amore che riceviamo dai genitori. Qui si vive il dono di sé in una sola carne, nella carità coniugale che congiunge gli sposi. Qui si sperimenta la fecondità dell’amore, e la vita s’intreccia a quella di altre generazioni. È nella famiglia che l’uomo scopre la sua relazionalità, non come individuo autonomo che si autorealizza, ma come figlio, sposo, genitore, la cui identità si fonda nell’essere chiamato all’amore, a riceversi da altri e a donarsi ad altri. Questo cammino dalla creazione trova la sua pienezza con l’Incarnazione, con la venuta di Cristo. Dio ha assunto il corpo, si è rivelato in esso. Il movimento del corpo verso l’alto viene qui integrato in un altro movimento più originario, il movimento umile di Dio che si abbassa verso il corpo, per poi elevarlo verso di sé. Come Figlio, ha ricevuto il corpo filiale nella gratitudine e nell’ascolto del Padre e ha donato questo corpo per noi, per generare cosı̀ il corpo nuovo della Chiesa. La liturgia dell’Ascensione canta questa storia della carne, peccatrice in Adamo, assunta e redenta da Cristo. È una carne che diventa sempre più piena di luce e di Spirito, piena di Dio. Appare cosı̀ la profondità della teologia del corpo. Questa, quando viene letta nell’insieme della tradizione, evita il rischio di superficialità e consente di cogliere la grandezza della vocazione all’amore, che è una chiamata alla comunione delle persone nella duplice forma di vita della verginità e del matrimonio. Cari amici, il vostro Istituto è posto sotto la protezione della Madonna. Di Maria disse Dante parole illuminanti per una teologia del corpo: « nel ventre tuo si raccese l’amore ».5 Nel suo corpo di donna ha preso corpo quell’Amore che genera la Chiesa. La Madre del Signore continui a proteggere il vostro cammino e a rendere fecondo il vostro studio e insegnamento, a servizio della missione della Chiesa per la famiglia e la società. Vi accompagni la Benedizione Apostolica, che imparto di cuore a tutti voi. Grazie. 5 Paradiso XXXIII, 7. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 390 VI Ad Superius Pontificalium Operum Missionalium Consilium.* Signor Cardinale, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle, desidero anzitutto rivolgere il mio cordiale saluto al nuovo Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Mons. Fernando Filoni, che ringrazio di cuore per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti. A questo aggiungo un fervido augurio di fruttuoso ministero. Allo stesso tempo, esprimo viva gratitudine al Cardinale Ivan Dias per il generoso ed esemplare servizio che ha reso al Dicastero missionario e alla Chiesa universale in questi anni. Il Signore continui a guidare con la sua luce questi due fedeli operai della sua vigna. Saluto il Segretario Mons. Savio Hon Tai-Fai, il Segretario Aggiunto Mons. Piergiuseppe Vacchelli, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, i collaboratori della Congregazione e i Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, convenuti a Roma dalle varie Chiese particolari per l’annuale Assemblea Ordinaria del Consiglio Superiore. Un affettuoso benvenuto a tutti. Cari amici, con la vostra preziosa opera di animazione e cooperazione missionaria richiamate al Popolo di Dio « la necessità per il nostro tempo di un impegno deciso nella missio ad gentes »,1 per annunciare la « grande Speranza », « quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme ».2 Nuovi problemi e nuove schiavitù, infatti, emergono nel nostro tempo, sia nel cosiddetto primo mondo, benestante e ricco ma incerto circa il suo futuro, sia nei Paesi emergenti, dove, anche a causa di una globalizzazione caratterizzata spesso dal profitto, finiscono per aumentare le masse dei poveri, degli emigranti, degli oppressi, in cui si affievolisce la luce della speranza. La Chiesa deve rinnovare costantemente il suo impegno di portare Cristo, di prolungare la sua missione messianica per l’avvento del Regno di Dio, Regno di giustizia, di pace, di libertà, di amore. Trasformare il mondo secondo il progetto di Dio con la forza rinno* Die 14 Maii 2011. 1 2 Esort. ap. Verbum Domini, 95. Enc. Spe salvi, 31. Acta Benedicti Pp. XVI 391 vatrice del Vangelo, « perché Dio sia tutto in tutti » 3 è compito dell’intero Popolo di Dio. È necessario pertanto continuare con rinnovato entusiasmo l’opera di evangelizzazione, l’annuncio gioioso del Regno di Dio, venuto in Cristo nella potenza dello Spirito Santo, per condurre gli uomini alla vera libertà dei figli di Dio contro ogni forma di schiavitù. È necessario gettare le reti del Vangelo nel mare della storia per portare gli uomini verso la terra di Dio. « La missione di annunciare la Parola di Dio è compito di tutti i discepoli di Cristo, come conseguenza del loro battesimo ».4 Ma perché vi sia un deciso impegno nell’evangelizzazione, è necessario che i singoli cristiani come le comunità credano veramente che « la Parola di Dio è la verità salvifica di cui ogni uomo in ogni tempo ha bisogno ».5 Se questa convinzione di fede non è profondamente radicata nella nostra vita, non potremo sentire la passione e la bellezza di annunciarla. In realtà, ogni cristiano dovrebbe fare propria l’urgenza di lavorare per l’edificazione del Regno di Dio. Tutto nella Chiesa è al servizio dell’evangelizzazione: ogni settore della sua attività e anche ogni persona, nei vari compiti che è chiamata a svolgere. Tutti devono essere coinvolti nella missio ad gentes: Vescovi, presbiteri, religiosi e religiose, laici. « Nessun credente in Cristo può sentirsi estraneo a questa responsabilità che proviene dall’appartenere sacramentalmente al Corpo di Cristo ».6 Occorre, pertanto, prestare particolare cura affinché tutti i settori della pastorale, della catechesi, della carità siano caratterizzati dalla dimensione missionaria: la Chiesa è missione. Condizione fondamentale per l’annuncio è lasciarsi afferrare completamente da Cristo, Parola di Dio incarnata, perché solo chi è in attento ascolto del Verbo incarnato, chi è intimamente unito a Lui, può diventarne annunciatore.7 Il messaggero del Vangelo deve rimanere sotto il dominio della Parola e deve alimentarsi dei Sacramenti: è da questa linfa vitale che dipendono la sua esistenza e il suo ministero missionario. Solo radicati profondamente in Cristo e nella sua Parola si è capaci di non cedere alla tentazione di ridurre l’evangelizzazione ad un progetto solo umano, sociale, nascondendo o tacendo la dimensione trascendente della salvezza offerta da Dio in Cristo. 3 4 5 6 7 1 Cor 15, 28. Esort. ap. Verbum Domini, 94. Ibid., 95. Ibid., 94. Cfr. ibid., 51; 91. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 392 È una Parola che deve essere testimoniata e proclamata esplicitamente, perché senza una testimonianza coerente essa risulta meno comprensibile e credibile. Anche se spesso ci sentiamo inadeguati, poveri, incapaci, conserviamo sempre la certezza nella potenza di Dio, che mette il suo tesoro « in vasi di creta » proprio perché appaia che è Lui ad agire per mezzo nostro. Il ministero dell’evangelizzazione è affascinante ed esigente: richiede amore per l’annuncio e la testimonianza, un amore cosı̀ totale che può essere segnato anche dal martirio. La Chiesa non può venire meno alla sua missione di portare la luce di Cristo, di proclamare il lieto annuncio del Vangelo, anche se ciò comporta la persecuzione.8 È parte della sua stessa vita, come lo è stato per Gesù. I cristiani non devono avere timore, anche se « sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede ».9 San Paolo afferma che « né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore ».10 Cari amici, vi ringrazio per il lavoro di animazione e formazione missionaria che, come direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, svolgete nelle vostre Chiese locali. Le Pontificie Opere Missionarie, che i miei Predecessori e il Concilio Vaticano II hanno promosso e incoraggiato 11 restano uno strumento privilegiato per la cooperazione missionaria e per una proficua condivisione del personale e delle risorse finanziarie tra le Chiese. Non va inoltre dimenticato il supporto che le Pontificie Opere Missionarie offrono ai Collegi Pontifici, qui a Roma, dove, scelti e inviati dai loro Vescovi, si formano preti, religiosi e laici per le Chiese locali dei territori di missione. La vostra opera è preziosa per la edificazione della Chiesa, destinata a diventare la « casa comune » di tutta l’umanità. Lo Spirito Santo, il protagonista della Missione, ci guidi e ci sostenga sempre, per l’intercessione di Maria, Stella dell’evangelizzazione e Regina degli Apostoli. A tutti voi e ai vostri collaboratori imparto di cuore la mia Apostolica Benedizione. 8 9 10 11 Cfr. Esort. ap. Verbum Domini, 95. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, 1. Rm 8, 38-39. Cfr. Ad Gentes, 38. Acta Benedicti Pp. XVI 393 VII Ad Congressum Internationalem Pontificii Consilii de Iustitia et Pace, quinquagesima incidente anniversaria memoria a datis Litteris Encyclicis « Mater et magistra ».* Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, illustri Signore e Signori, sono lieto di accogliervi e di salutarvi in occasione del 50º anniversario dell’Enciclica Mater et magistra del beato Giovanni XXIII; un documento che conserva grande attualità anche nel mondo globalizzato. Saluto il Cardinale Presidente, che ringrazio per le sue cortesi parole, come pure Mons. Segretario, i Collaboratori del Dicastero e tutti voi, convenuti dai vari Continenti per questo importante Congresso. Nella Mater et magistra Papa Roncalli, con una visione di Chiesa posta al servizio della famiglia umana soprattutto mediante la sua specifica missione evangelizzatrice, ha pensato alla Dottrina sociale — anticipando il beato Giovanni Paolo II — come ad un elemento essenziale di questa missione, perché « parte integrante della concezione cristiana della vita ».1 Giovanni XXIII è all’origine delle affermazioni dei suoi Successori anche quando ha indicato nella Chiesa il soggetto comunitario e plurale della Dottrina sociale. I christifideles laici, in particolare, non possono esserne soltanto fruitori ed esecutori passivi, ma ne sono protagonisti nel momento vitale della sua attuazione, come anche collaboratori preziosi dei Pastori nella sua formulazione, grazie all’esperienza acquisita sul campo e alle proprie specifiche competenze. Per il beato Giovanni XXIII, la Dottrina sociale della Chiesa ha come luce la Verità, come forza propulsiva l’Amore, come obiettivo la Giustizia,2 una visione della Dottrina sociale, che ho ripreso nell’Enciclica Caritas in veritate, a testimonianza di quella continuità che tiene unito l’intero corpus delle Encicliche sociali. La verità, l’amore, la giustizia, additati dalla Mater et magistra, assieme al principio della destinazione universale dei beni, quali criteri fondamentali per superare gli squilibri sociali e culturali, rimangono * Die 16 Maii 2011. 1 2 N. 206. Cfr. n. 209. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 394 i pilastri per interpretare ed avviare a soluzione anche gli squilibri interni all’odierna globalizzazione. A fronte di questi squilibri c’è bisogno del ripristino di una ragione integrale che faccia rinascere il pensiero e l’etica. Senza un pensiero morale che superi l’impostazione delle etiche secolari, come quelle neoutilitaristiche e neocontrattualiste, che si fondano su un sostanziale scetticismo e su una visione prevalentemente immanentista della storia, diviene arduo per l’uomo d’oggi accedere alla conoscenza del vero bene umano. Occorre sviluppare sintesi culturali umanistiche aperte alla Trascendenza mediante una nuova evangelizzazione — radicata nella legge nuova del Vangelo, la legge dello Spirito — a cui più volte ci ha sollecitati il beato Giovanni Paolo II. Solo nella comunione personale con il Nuovo Adamo, Gesù Cristo, la ragione umana viene guarita e potenziata ed è possibile accedere ad una visione più adeguata dello sviluppo, dell’economia e della politica secondo la loro dimensione antropologica e le nuove condizioni storiche. Ed è grazie ad una ragione ripristinata nella sua capacità speculativa e pratica che si può disporre di criteri fondamentali per superare gli squilibri globali, alla luce del bene comune. Infatti, senza la conoscenza del vero bene umano, la carità scivola nel sentimentalismo; 3 la giustizia perde la sua « misura » fondamentale; il principio della destinazione universale dei beni viene delegittimato. Dai vari squilibri globali, che caratterizzano la nostra epoca, vengono alimentate disparità, differenze di ricchezza, ineguaglianze, che creano problemi di giustizia e di equa distribuzione delle risorse e delle opportunità, specie nei confronti dei più poveri. Ma non sono meno preoccupanti i fenomeni legati ad una finanza che, dopo la fase più acuta della crisi, è tornata a praticare con frenesia dei contratti di credito che spesso consentono una speculazione senza limiti. Fenomeni di speculazione dannosa si verificano anche con riferimento alle derrate alimentari, all’acqua, alla terra, finendo per impoverire ancor di più coloro che già vivono in situazioni di grave precarietà. Analogamente, l’aumento dei prezzi delle risorse energetiche primarie, con la conseguente ricerca di energie alternative guidata, talvolta, da interessi esclusivamente economici di corto termine, finiscono per avere conseguenze negative sull’ambiente, nonché sull’uomo stesso. La questione sociale odierna è senza dubbio questione di giustizia sociale mondiale, come peraltro già ricordava la Mater et magistra cinquant’anni fa, 3 Cfr. n. 3. Acta Benedicti Pp. XVI 395 sia pure con riferimento ad un altro contesto. È, inoltre, questione di distribuzione equa delle risorse materiali ed immateriali, di globalizzazione della democrazia sostanziale, sociale e partecipativa. Per questo, in un contesto ove si vive una progressiva unificazione dell’umanità, è indispensabile che la nuova evangelizzazione del sociale evidenzi le implicanze di una giustizia che va realizzata a livello universale. Con riferimento alla fondazione di tale giustizia va sottolineato che non è possibile realizzarla poggiandosi sul mero consenso sociale, senza riconoscere che questo, per essere duraturo, deve essere radicato nel bene umano universale. Per quanto concerne il piano della realizzazione, la giustizia sociale va attuata nella società civile, nell’economia di mercato,4 ma anche da un’autorità politica onesta e trasparente ad essa proporzionata, pure a livello internazionale.5 Rispetto alle grandi sfide odierne, la Chiesa, mentre confida in primo luogo nel Signore Gesù e nel suo Spirito, che la conducono attraverso le vicende del mondo, per la diffusione della Dottrina sociale conta anche sull’attività delle sue istituzioni culturali, sui programmi di istruzione religiosa e di catechesi sociale delle parrocchie, sui mass media e sull’opera di annuncio e di testimonianza dei christifideles laici.6 Questi debbono essere preparati spiritualmente, professionalmente ed eticamente. La Mater et magistra insisteva non solo sulla formazione, ma soprattutto sull’educazione che forma cristianamente la coscienza ed avvia ad un’azione concreta, secondo un discernimento sapientemente guidato. Il beato Giovanni XXIII affermava: « L’educazione ad operare cristianamente anche in campo economico e sociale difficilmente riesce efficace se i soggetti medesimi non prendono parte attiva nell’educare se stessi, e se l’educazione non viene svolta anche attraverso l’azione ».7 Ancora valide, inoltre, sono le indicazioni offerte da Papa Roncalli a proposito di un legittimo pluralismo tra i cattolici nella concretizzazione della Dottrina sociale. Scriveva, infatti, che in questo ambito « [...] possono sorgere anche tra cattolici, retti e sinceri, delle divergenze. Quando ciò si verifichi non vengano mai meno la vicendevole considerazione, il reciproco rispetto e la buona disposizione a individuare i punti di incontro per un’azione tempestiva ed efficace: non ci si logori in discussioni interminabili e, sotto il pretesto del 4 5 6 7 Cfr. Cfr. Cfr. Nn. Caritas in veritate n. 35. ibid., n. 67. Mater et magistra, 206-207. 212-213. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 396 meglio e dell’ottimo, non si trascuri di compiere il bene che è possibile e perciò doveroso ».8 Importanti istituzioni a servizio della nuova evangelizzazione del sociale sono, oltre alle associazioni di volontariato e alle organizzazioni non governative cristiane o di ispirazione cristiana, le Commissioni Giustizia e Pace, gli Uffici per i problemi sociali e il lavoro, i Centri e gli Istituti di Dottrina sociale, molti dei quali non si limitano allo studio e alla diffusione, ma anche all’accompagnamento di varie iniziative di sperimentazione dei contenuti del magistero sociale, come nel caso di cooperative sociali di sviluppo, di esperienze di microcredito e di un’economia animata dalla logica della comunione e della fraternità. Il beato Giovanni XXIII, nella Mater et magistra, rammentava che si possono cogliere meglio le esigenze fondamentali della giustizia quando si vive come figli della luce.9 Auguro, pertanto, a tutti voi che il Signore Risorto riscaldi i vostri cuori e vi aiuti a diffondere il frutto della redenzione, mediante una nuova evangelizzazione del sociale e la testimonianza della vita buona secondo il Vangelo. Tale evangelizzazione sia sorretta da un’adeguata pastorale sociale, attivata sistematicamente nelle varie Chiese particolari. In un mondo, non di rado ripiegato su se stesso, privo di speranza, la Chiesa si attende che voi siate lievito, seminatori instancabili di veritiero e responsabile pensiero e di generosa progettualità sociale, sostenuti dall’amore pieno di verità che abita in Gesù Cristo, Verbo di Dio fattosi uomo. Nel ringraziarvi per la vostra opera, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica. VIII Ad Generalem Sessionem Confoederationis « Caritas Internationalis ».* Your Eminences, Brother Bishops and Priests, Dear Friends, I am pleased to have this opportunity to join you on the occasion of your General Assembly. I thank Cardinal Oscar Rodrı́guez Maradiaga, President 8 N. 219. Cfr. n. 235. ——————— 9 * Die 27 Maii 2011. Acta Benedicti Pp. XVI 397 of Caritas Internationalis, for his kind words on your behalf, and I offer a cordial greeting to all of you and to the entire Caritas family. I also assure you of my gratitude and my prayerful good wishes for the works of Christian charity which you accomplish in countries throughout the world. The primary reason for our meeting today is to thank God for the many graces poured out on the Church in the sixty years which have passed since the foundation of Caritas Internationalis. Following the horrors and devastation of the Second World War, Venerable Pius XII wanted to demonstrate the solidarity and concern of the entire Church in the face of so many situations of conflict and emergency in the world. He did this by creating an agency which, at the level of the universal Church, would promote greater communication, coordination and cooperation among the Church’s numerous charitable agencies in the various countries.1 Blessed John Paul II further strengthened the bonds linking the individual national Caritas agencies to one another and to the Holy See by granting public canonical juridical personality to Caritas Internationalis.2 As a result, the international agency took on a particular role in the heart of the ecclesial community and was called to share, in collaboration with the ecclesiastical hierarchy, in the Church’s mission of making manifest, through practical charity, that love which is God himself. Within the limits of the proper ends assigned to it, Caritas Internationalis thus carries out in the name of the Church a specific task for the common good.3 Being in the heart of the Church, being able in a certain way to speak and act in her name for the common good, entails particular responsibilities in terms of the Christian life, both personal and in community. Only on the basis of a daily commitment to accept and to live fully the love of God can one promote the dignity of each and every human being. In my first Encyclical, Deus Caritas Est, I reaffirmed how critical the witness of charity is for the Church in our day. Through such witness, seen in the daily lives of her members, the Church reaches out to millions of persons and makes it possible for them to recognize and sense the love of God, who is always close to every man and woman in need. For us Christians, God himself is the source of charity; and charity is understood not merely as generic benevolence but as self-giving, even to the sacrifice of one’s life for others in imitation of 1 2 3 Cfr. John Paul II, Chirograph Durante l’Ultima Cena, 16 September 2004, No. 1. Ibid., 3. Cfr. Code of Canon Law, can. 116 § 1. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 398 the example of Jesus Christ. The Church prolongs Christ’s saving mission in time and space: she wishes to reach out to every human being, moved by a concern that every individual come to know that nothing can separate us from the love of Christ.4 Caritas Internationalis differs from other social agencies in that it is ecclesial; it shares in the mission of the Church. This is what the Popes have always wanted and this is what your General Assembly is called forcefully to re-affirm. It should be noted that Caritas Internationalis is basically made up of the various national Caritas agencies. In comparison with many Church institutions and associations devoted to charity, Caritas is distinctive; despite the variety of canonical forms taken by the national agencies, all of them offer an outstanding aid to Bishops in their pastoral exercise of charity. This entails a particular ecclesial responsibility: that of letting oneself be guided by the Church’s Pastors. Since Caritas Internationalis has a universal profile and is canonically a public juridical person, the Holy See is also responsible for following its activity and exercising oversight to ensure that its humanitarian and charitable activity, and the content of its documents, are completely in accord with the Apostolic See and the Church’s Magisterium, and that it is administered in a competent and transparent manner. This distinctive identity remains the strength of Caritas Internationalis, and is what makes it uniquely effective. I would also like to emphasize that your mission enables you to play an important role on the international level. The experience you have garnered in these years has taught you to be advocates within the international community of a sound anthropological vision, one nourished by Catholic teaching and committed to defending the dignity of all human life. Without a transcendent foundation, without a reference to God the Creator, without an appreciation of our eternal destiny, we risk falling prey to harmful ideologies. All that you say and do, the witness of your lives and activities, remains important and contributes to the advancement of the integral good of the human person. Caritas Internationalis is an organization charged with fostering communion between the universal Church and the particular Churches, as well as communion between all the faithful in the exercise of charity; at the same time it is called to help bring the Church’s message to political and social life internationally. In the political sphere — and in all those areas 4 Cfr. Rom 8:35. Acta Benedicti Pp. XVI 399 directly affecting the lives of the poor — the faithful, especially the laity, enjoy broad freedom of activity. No one can claim to speak “officially” in the name of the entire lay faithful, or of all Catholics, in matters freely open to discussion.5 On the other hand, all Catholics, and indeed all men and women, are called to act with purified consciences and generous hearts in resolutely promoting those values which I have often referred to as “non-negotiable”. Caritas Internationalis, then, is called to work in converting people’s hearts in openness towards all our brothers and sisters, so that everyone, in full respect for his or her freedom and in the full acceptance of his or her personal responsibilities, may always and everywhere act for the common good, generously giving the best of himself or herself in the service of his or her brothers and sisters, particularly those in greatest need. It is within this greater horizon, then, and in close collaboration with the Church’s Pastors who are ultimately responsible for her witness of charity,6 that the national Caritas agencies are called to continue their vital witness to the mystery of God’s healing and transforming love made manifest in Jesus Christ. The same holds true for Caritas Internationalis, which can rest assured that it will enjoy the assistance and support of the Holy See — particularly through the competent dicastery, the Pontifical Council Cor Unum — as it strives to carry out its mission. Dear friends, as I entrust these thoughts to your reflection, I once more thank you for your generous efforts in the service of our brothers and sisters in need. To you, to your co-workers and to all engaged in the vast network of Catholic charities, I cordially impart my Apostolic Blessing as a pledge of strength and peace in the Lord. 5 6 Cfr. Gaudium et Spes, 43; 88. Cfr. Deus Caritas Est, 32. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 400 IX Ad Plenariam Sessionem Pontificii Consilii de nova evangelizatione promovenda.* Signori Cardinali, Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Cari Fratelli e Sorelle, quando lo scorso 28 giugno, ai Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo annunciai di voler istituire un Dicastero per la promozione della nuova evangelizzazione, davo uno sbocco operativo alla riflessione che avevo condotto da lungo tempo sulla necessità di offrire una risposta particolare al momento di crisi della vita cristiana, che si sta verificando in tanti Paesi, soprattutto di antica tradizione cristiana. Oggi, con questo incontro, posso costatare con piacere che il nuovo Pontificio Consiglio è diventato una realtà. Ringrazio Mons. Salvatore Fisichella per le parole che mi ha rivolto, introducendomi ai lavori della vostra prima Plenaria. Un saluto cordiale a tutti voi con l’incoraggiamento per il contributo che darete al lavoro del nuovo Dicastero, soprattutto in vista della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che, nell’ottobre 2012, affronterà proprio il tema Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana. Il termine « nuova evangelizzazione » richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana. Il Vangelo è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla ad un futuro di speranza affidabile e forte. Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore. Il Concilio Vaticano II ricordava che « i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, cosı̀ che possono scaturire situazioni del tutto nuove ».1 Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile. Proprio questa mutata situazione, che ha creato una condizione * Die 30 Maii 2011. 1 Decr. Ad Gentes, 6. Acta Benedicti Pp. XVI 401 inaspettata per i credenti, richiede una particolare attenzione per l’annuncio del Vangelo, per rendere ragione della propria fede in situazioni differenti dal passato. La crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell’esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica. Nei decenni passati era ancora possibile ritrovare un generale senso cristiano che unificava il comune sentire di intere generazioni, cresciute all’ombra della fede che aveva plasmato la cultura. Oggi, purtroppo, si assiste al dramma della frammentarietà che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede. Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato; ma il nostro compito permane identico come agli albori della nostra storia. La missione non è mutata, cosı̀ come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori,2 è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo. Sant’Agostino afferma che non si deve pensare che la grazia dell’evangelizzazione si sia estesa fino agli Apostoli e con loro quella sorgente di grazia si sia esaurita, ma « questa sorgente si palesa quando fluisce, non quando cessa di versare. E fu in tal modo che la grazia tramite gli Apostoli raggiunse anche altri, che vennero inviati ad annunciare il Vangelo... Anzi, ha continuato a chiamare fino a questi ultimi giorni l’intero corpo del suo Figlio Unigenito, cioè la sua Chiesa diffusa su tutta la terra ».3 La grazia della missione ha sempre bisogno di nuovi evangelizzatori capaci di accoglierla, perché l’annuncio salvifico della Parola di Dio non venga mai meno, nelle mutevoli condizioni della storia. Esiste una continuità dinamica tra l’annuncio dei primi discepoli e il nostro. Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai smesso di proclamare il mistero salvifico della morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma quello stesso annuncio ha bisogno oggi di un rinnovato vigore per convincere l’uomo contemporaneo, spesso distratto e insensibile. La nuova evangelizzazione, per questo, dovrà farsi carico di trovare le vie per rendere maggiormente efficace l’annuncio della salvezza, senza del quale l’esistenza personale permane nella 2 3 Cfr. At 2, 1-4. Sermo 239, 1. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 402 sua contraddittorietà e priva dell’essenziale. Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità. Mi auguro che nel lavoro di questi giorni possiate delineare un progetto in grado di aiutare tutta la Chiesa e le differenti Chiese particolari, nell’impegno della nuova evangelizzazione; un progetto dove l’urgenza per un rinnovato annuncio si faccia carico della formazione, in particolare per le nuove generazioni, e sia coniugato con la proposta di segni concreti in grado di rendere evidente la risposta che la Chiesa intende offrire in questo peculiare momento. Se, da una parte, l’intera comunità è chiamata a rinvigorire lo spirito missionario per dare l’annuncio nuovo che gli uomini del nostro tempo attendono, non si potrà dimenticare che lo stile di vita dei credenti ha bisogno di una genuina credibilità, tanto più convincente quanto più drammatica è la condizione di coloro a cui si rivolgono. È per questo che vogliamo fare nostre le parole del Servo di Dio Papa Paolo VI, quando, a proposito dell’evangelizzazione, affermava: « È mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità ».4 Cari amici, invocando l’intercessione di Maria, Stella dell’evangelizzazione, perché accompagni i portatori del Vangelo e apra i cuori di coloro che ascoltano, vi assicuro la mia preghiera per il vostro servizio ecclesiale e imparto su tutti voi la Benedizione Apostolica. 4 Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41. Acta Benedicti Pp. XVI 403 NUNTIUS Ad Magnum Cancellarium Pontificii Instituti de Musica Sacra, dum primum celebratur expletum saeculum fundationis. Al venerato Fratello il Cardinale Zenon Grocholewski Gran Cancelliere del Pontificio Istituto di Musica Sacra Cento anni sono trascorsi da quando il mio santo predecessore Pio X fondò la Scuola Superiore di Musica Sacra, elevata a Pontificio Istituto dopo un ventennio dal Papa Pio XI. Questa importante ricorrenza è motivo di gioia per tutti i cultori della musica sacra, ma più in generale per quanti, a partire naturalmente dai Pastori della Chiesa, hanno a cuore la dignità della Liturgia, di cui il canto sacro è parte integrante.1 Sono dunque particolarmente lieto di esprimere le mie vive felicitazioni per tale traguardo e di formulare a Lei, venerato Fratello, al Preside e all’intera comunità del Pontificio Istituto di Musica Sacra i miei voti cordiali. Codesto Istituto, che dipende dalla Santa Sede, fa parte della singolare realtà accademica costituita dalle Università Pontificie romane. In modo speciale esso è legato all’Ateneo Sant’Anselmo e all’Ordine benedettino, come attesta anche il fatto che la sua sede didattica sia stata posta, a partire dal 1983, nell’abbazia di San Girolamo in Urbe, mentre la sede legale e storica rimane presso Sant’Apollinare. Al compiersi del centenario, il pensiero va a tutti coloro — e solo il Signore li conosce perfettamente — che hanno in qualsiasi modo cooperato all’attività della Scuola Superiore, prima, e quindi del Pontificio Istituto di Musica Sacra: dai Superiori che si sono succeduti alla sua guida, agli illustri Docenti, alle generazioni di allievi. Al rendimento di grazie a Dio, per i molteplici doni elargiti, si accompagna la riconoscenza per quanto ciascuno ha dato alla Chiesa, coltivando l’arte musicale al servizio del culto divino. Per cogliere chiaramente l’identità e la missione del Pontificio Istituto di Musica Sacra, occorre ricordare che il Papa san Pio X lo fondò otto anni dopo aver emanato il Motu proprio Tra le sollecitudini, del 22 novembre 1903, col quale operò una profonda riforma nel campo della musica sacra, rifacendosi 1 Cfr. Conc. Ecum. Vat II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 112. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 404 alla grande tradizione della Chiesa contro gli influssi esercitati dalla musica profana, specie operistica. Tale intervento magisteriale aveva bisogno, per la sua attuazione nella Chiesa universale, di un centro di studio e di insegnamento che potesse trasmettere in modo fedele e qualificato le linee indicate dal Sommo Pontefice, secondo l’autentica e gloriosa tradizione risalente a san Gregorio Magno. Nell’arco degli ultimi cento anni, codesta Istituzione ha pertanto assimilato, elaborato e trasmesso i contenuti dottrinali e pastorali dei Documenti pontifici, come pure del Concilio Vaticano II, concernenti la musica sacra, affinché possano illuminare e guidare l’opera dei compositori, dei maestri di cappella, dei liturgisti, dei musicisti e di tutti i formatori in questo campo. Un aspetto fondamentale, a me particolarmente caro, desidero mettere in rilievo a tale proposito: come, cioè, da san Pio X fino ad oggi si riscontri, pur nella naturale evoluzione, la sostanziale continuità del Magistero sulla musica sacra nella Liturgia. In particolare, i Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, alla luce della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, hanno voluto ribadire il fine della musica sacra, cioè « la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli »,2 e i criteri fondamentali della tradizione, che mi limito a richiamare: il senso della preghiera, della dignità e della bellezza; la piena aderenza ai testi e ai gesti liturgici; il coinvolgimento dell’assemblea e, quindi, il legittimo adattamento alla cultura locale, conservando, al tempo stesso, l’universalità del linguaggio; il primato del canto gregoriano, quale supremo modello di musica sacra, e la sapiente valorizzazione delle altre forme espressive, che fanno parte del patrimonio storico-liturgico della Chiesa, specialmente, ma non solo, la polifonia; l’importanza della schola cantorum, in particolare nelle chiese cattedrali. Sono criteri importanti, da considerare attentamente anche oggi. A volte, infatti, tali elementi, che si ritrovano nella Sacrosanctum Concilium, quali, appunto, il valore del grande patrimonio ecclesiale della musica sacra o l’universalità che è caratteristica del canto gregoriano, sono stati ritenuti espressione di una concezione rispondente ad un passato da superare e da trascurare, perché limitativo della libertà e della creatività del singolo e delle comunità. Ma dobbiamo sempre chiederci nuovamente: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua 2 N. 112. Acta Benedicti Pp. XVI 405 creatività. La Liturgia, e di conseguenza la musica sacra, « vive di un corretto e costante rapporto tra sana traditio e legitima progressio », tenendo sempre ben presente che questi due concetti — che i Padri conciliari chiaramente sottolineavano — si integrano a vicenda perché « la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso ».3 Tutto questo, venerato Fratello, forma, per cosı̀ dire, il « pane quotidiano » della vita e del lavoro nel Pontificio Istituto di Musica Sacra. Sulla base di questi solidi e sicuri elementi, a cui si aggiunge un’esperienza ormai secolare, vi incoraggio a portare avanti con rinnovato slancio e impegno il vostro servizio nella formazione professionale degli studenti, perché acquisiscano una seria e profonda competenza nelle varie discipline della musica sacra. Cosı̀, codesto Pontificio Istituto continuerà ad offrire un valido contributo per la formazione, in questo campo, dei Pastori e dei fedeli laici nelle varie Chiese particolari, favorendo, anche, un adeguato discernimento della qualità delle composizioni musicali utilizzate nelle celebrazioni liturgiche. Per queste importanti finalità potete contare sulla mia costante sollecitudine, accompagnata dal particolare ricordo nella preghiera, che affido alla celeste intercessione della Beata Vergine Maria e di santa Cecilia, mentre, auspicando copiosi frutti dalle celebrazioni centenarie, di cuore imparto a ei, al Preside, ai Docenti, al personale e a tutti gli allievi dell’Istituto, una speciale Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 13 maggio 2011. BENEDICTUS PP. XVI 3 Discorso al Pontificio Istituto Liturgico, 6 maggio 2011. 406 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI LETTERA CIRCOLARE per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici Tra le importanti responsabilità del Vescovo diocesano al fine di assicurare il bene comune dei fedeli e, specialmente, la protezione dei bambini e dei giovani, c’è il dovere di dare una risposta adeguata ai casi eventuali di abuso sessuale su minori commesso da chierici nella sua diocesi. Tale risposta comporta l’istituzione di procedure adatte ad assistere le vittime di tali abusi, nonché la formazione della comunità ecclesiale in vista della protezione dei minori. Detta risposta dovrà provvedere all’applicazione del diritto canonico in materia, e, allo stesso tempo, tener conto delle disposizioni delle leggi civili. I. Aspetti generali a) Le vittime dell’abuso sessuale La Chiesa, nella persona del Vescovo o di un suo delegato, deve mostrarsi pronta ad ascoltare le vittime ed i loro familiari e ad impegnarsi per la loro assistenza spirituale e psicologica. Nel corso dei suoi viaggi apostolici, il Santo Padre Benedetto XVI ha dato un esempio particolarmente importante con la sua disponibilità ad incontrare ed ascoltare le vittime di abuso sessuale. In occasione di questi incontri, il Santo Padre ha voluto rivolgersi alle vittime con parole di compassione e di sostegno, come quelle contenute nella sua Congregatio pro Doctrina Fidei 407 Lettera Pastorale ai Cattolici d’Irlanda: « Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. È stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata ».1 b) La protezione dei minori In alcune nazioni sono stati iniziati in ambito ecclesiale programmi educativi di prevenzione, per assicurare « ambienti sicuri » per i minori. Tali programmi cercano di aiutare i genitori, nonché gli operatori pastorali o scolastici, a riconoscere i segni dell’abuso sessuale e ad adottare le misure adeguate. I suddetti programmi spesso hanno meritato un riconoscimento come modelli nell’impegno per eliminare i casi di abuso sessuale nei confronti di minori nelle società odierne. c) La formazione di futuri sacerdoti e religiosi Nel 2002, Papa Giovanni Paolo II disse: « Non c’è posto nel sacerdozio e nella vita religiosa per chi potrebbe far male ai giovani ».2 Queste parole richiamano alla specifica responsabilità dei Vescovi, dei Superiori Maggiori e di coloro che sono responsabili della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi. Le indicazioni fornite nell’Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, nonché le istruzioni dei Dicasteri competenti della Santa Sede, acquistano una crescente importanza in vista di un corretto discernimento vocazionale e di una sana formazione umana e spirituale dei candidati. In particolare si farà in modo che essi apprezzino la castità e il celibato e le responsabilità della paternità spirituale da parte del chierico e possano approfondire la conoscenza della disciplina della Chiesa sull’argomento. Indicazioni più specifiche possono essere integrate nei programmi formativi dei seminari e delle case di formazione previste nella rispettiva Ratio institutionis sacerdotalis di ciascun nazione e Istituto di vita consacrata e Società di vita apostolica. Inoltre, una diligenza particolare dev’essere riservata al doveroso scambio d’informazioni in merito a quei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa che si trasferiscono da un seminario all’altro, tra diocesi diverse o tra Istituti religiosi e diocesi. 1 2 N. 6. N. 3, Discorso ai Cardinali Americani, 23 aprile 2002. 408 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale d) L’accompagnamento dei sacerdoti 1. Il vescovo ha il dovere di trattare tutti i suoi sacerdoti come padre e fratello. Il vescovo curi, inoltre, con speciale attenzione la formazione permanente del clero, soprattutto nei primi anni dopo la sacra Ordinazione, valorizzando l’importanza della preghiera e del mutuo sostegno nella fraternità sacerdotale. Siano edotti i sacerdoti sul danno recato da un chierico alla vittima di abuso sessuale e sulla propria responsabilità di fronte alla normativa canonica e civile, come anche a riconoscere quelli che potrebbero essere i segni di eventuali abusi da chiunque compiuti nei confronti dei minori; 2. I vescovi assicurino ogni impegno nel trattare gli eventuali casi di abuso che fossero loro denunciati secondo la disciplina canonica e civile, nel rispetto dei diritti di tutte le parti; 3. Il chierico accusato gode della presunzione di innocenza, fino a prova contraria, anche se il vescovo può cautelativamente limitarne l’esercizio del ministero, in attesa che le accuse siano chiarite. Se del caso, si faccia di tutto per riabilitare la buona fama del chierico che sia stato accusato ingiustamente. e) La cooperazione con le autorità civili L’abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall’autorità civile. Sebbene i rapporti con le autorità civili differiscano nei diversi paesi, tuttavia è importante cooperare con esse nell’ambito delle rispettive competenze. In particolare, va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale. Naturalmente, questa collaborazione non riguarda solo i casi di abusi commessi dai chierici, ma riguarda anche quei casi di abuso che coinvolgono il personale religioso o laico che opera nelle strutture ecclesiastiche. II. Breve resoconto della legislazione canonica in vigore concernente il delitto di abuso sessuale di minori compiuto da un chierico Il 30 aprile 2001, Papa Giovanni Paolo II promulgò il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela [SST], con il quale l’abuso sessuale di un Congregatio pro Doctrina Fidei 409 minore di 18 anni commesso da un chierico venne inserito nell’elenco dei delicta graviora riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede [CDF]. La prescrizione per questo delitto venne fissata in 10 anni a partire dal compimento del 18º anno di età della vittima. La normativa del motu proprio vale sia per i chierici Latini che per i chierici Orientali, sia per il clero diocesano che per il clero religioso. Nel 2003, l’allora Prefetto della CDF, il Card. Ratzinger, ottenne da Giovanni Paolo II la concessione di alcune facoltà speciali per offrire maggiore flessibilità nelle procedure penali per i delicta graviora, fra cui l’uso del processo penale amministrativo e la richiesta della dimissione ex officio nei casi più gravi. Queste facoltà vennero integrate nella revisione del motu proprio approvata dal Santo Padre Benedetto XVI il 21 maggio 2010. Nelle nuove norme, la prescrizione è di 20 anni, che nel caso di abuso su minore, si calcolano a partire dal compimento del 18º anno di età della vittima. La CDF può eventualmente derogare alla prescrizione in casi particolari. Venne anche specificato il delitto canonico dell’acquisto, detenzione o divulgazione di materiale pedopornografico. La responsabilità nel trattare i casi di abuso sessuale nei confronti di minori spetta in un primo momento ai Vescovi o ai Superiori Maggiori. Se l’accusa appare verosimile, il Vescovo, il Superiore Maggiore o il loro delegato devono condurre un’indagine preliminare secondo il can. 1717 CIC, il can. 1468 CCEO e l’art. 16 SST. Se l’accusa è ritenuta credibile, si richiede che il caso venga deferito alla CDF. Una volta studiato il caso, la CDF indicherà al Vescovo o al Superiore Maggiore i passi ulteriori da compiere. Al contempo, la CDF offrirà una guida per assicurare le misure appropriate, sia garantendo una procedura giusta nei confronti dei chierici accusati, nel rispetto del loro diritto fondamentale per la difesa, sia tutelando il bene della Chiesa, incluso il bene delle vittime. È utile ricordare che normalmente l’imposizione di una pena perpetua, come la dimissio dallo stato clericale, richiede un processo penale giudiziale. Secondo il diritto canonico 3 gli Ordinari non possono decretare pene perpetue per mezzo di decreti extragiudiziali; a questo scopo devono rivolgersi alla CDF, alla quale spetterà il giudizio definitivo circa la colpevolezza e l’eventuale inidoneità del chierico per il ministero, nonché la conseguente imposizione della pena perpetua.4 3 4 Cfr. can. 1342 CIC. SST Art. 21, § 2. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 410 Le misure canoniche applicate nei confronti di un chierico riconosciuto colpevole dell’abuso sessuale di un minorenne sono generalmente di due tipi: 1) misure che restringono il ministero pubblico in modo completo o almeno escludendo i contatti con minori. Tali misure possono essere accompagnate da un precetto penale; 2) le pene ecclesiastiche, fra cui la più grave è la dimissio dallo stato clericale. In taluni casi, dietro richiesta dello stesso chierico, può essere concessa pro bono Ecclesiae la dispensa dagli obblighi inerenti allo stato clericale, incluso il celibato. L’indagine preliminare e l’intero processo debbono essere svolti con il dovuto rispetto nel proteggere la riservatezza delle persone coinvolte e con la debita attenzione alla loro reputazione. A meno che ci siano gravi ragioni in contrario, il chierico accusato deve essere informato dell’accusa presentata, per dargli la possibilità di rispondere ad essa, prima di deferire un caso alla CDF. La prudenza del Vescovo o del Superiore Maggiore deciderà quale informazione debba essere comunicata all’accusato durante l’indagine preliminare. Compete al Vescovo o al Superiore Maggiore il dovere di provvedere al bene comune determinando quali misure precauzionali previste dal can. 1722 CIC e dal can. 1473 CCEO debbano essere imposte. Secondo l’art. 19 SST, ciò deve essere fatto una volta iniziata l’indagine preliminare. Va infine ricordato che, qualora una Conferenza Episcopale, salva l’approvazione della Santa Sede, intenda darsi norme specifiche, tale normativa particolare deve essere intesa come complemento alla legislazione universale e non come sostituzione di quest’ultima. La normativa particolare deve perciò essere in armonia con il CIC / CCEO nonché con il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela (30 aprile 2001) cosı̀ come aggiornato il 21 maggio 2010. Nel caso in cui la Conferenza decidesse di stabilire norme vincolanti sarà necessario richiedere la recognitio ai competenti Dicasteri della Curia Romana. III. Indicazioni agli Ordinari sul modo di procedere Le linee guida preparate dalla Conferenza Episcopale dovrebbero fornire orientamenti ai Vescovi diocesani e ai Superiori Maggiori nel caso fossero informati di presunti abusi sessuali nei confronti di minori, compiuti da Congregatio pro Doctrina Fidei 411 chierici presenti sul territorio di loro giurisdizione. Tali linee guida tengano comunque conto delle seguenti osservazioni: a) il concetto di « abuso sessuale su minori » deve coincidere con la definizione del motu proprio SST art. 6 (« il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni »), nonché con la prassi interpretativa e la giurisprudenza della Congregazione per la Dottrina della Fede, tenendo conto delle leggi civili del Paese; b) la persona che denuncia il delitto deve essere trattata con rispetto. Nei casi in cui l’abuso sessuale sia collegato con un altro delitto contro la dignità del sacramento della Penitenza,5 il denunciante ha diritto di esigere che il suo nome non sia comunicato al sacerdote denunciato; 6 c) le autorità ecclesiastiche si impegnino ad offrire assistenza spirituale e psicologica alle vittime; d) l’indagine sulle accuse sia fatta con il dovuto rispetto al principio della privacy e della buona fama delle persone; e) a meno che ci siano gravi ragioni in contrario, già in fase di indagine previa, il chierico accusato sia informato delle accuse con l’opportunità di rispondere alle medesime; f) gli organi consultivi di sorveglianza e di discernimento dei singoli casi, previsti in qualche luogo, non devono sostituire il discernimento e la potestas regiminis dei singoli vescovi; g) le linee guida devono tener conto della legislazione del Paese della Conferenza, in particolare per quanto attiene all’eventuale obbligo di avvisare le autorità civili; h) in ogni momento delle procedure disciplinari o penali sia assicurato al chierico accusato un sostentamento giusto e degno; i) si escluda il ritorno del chierico al ministero pubblico se detto ministero è di pericolo per i minori o di scandalo per la comunità. 5 6 SST, Art. 4. SST, Art. 24. 412 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Conclusione Le Linee guida preparate dalle Conferenze Episcopali mirano a proteggere i minori e ad aiutare le vittime nel trovare assistenza e riconciliazione. Esse dovranno indicare che la responsabilità nel trattare i delitti di abuso sessuale di minori da parte dei chierici appartiene in primo luogo al Vescovo diocesano. Infine, le Linee guida dovranno portare ad un orientamento comune all’interno di una Conferenza Episcopale aiutando ad armonizzare al meglio gli sforzi dei singoli Vescovi nel salvaguardare i minori. Dal Palazzo del Sant’Uffizio, 3 maggio 2011. William Cardinale Levada Prefetto e Luis F. Ladaria, S. I. Arcivescovo tit. di Thibica a Secretis Congregatio pro Doctrina Fidei 413 PONTIFICIA COMMISSIO ECCLESIA DEI INSTRUCTIO Ad exsequendas Litteras Apostolicas Summorum Pontificum a S. S. BENEDICTO PP. XVI Motu Proprio datas I. Prooemium 1. Universae Ecclesiae Litterae Apostolicae Summorum Pontificum Benedicti PP. XVI, die 7 Iulii a. D. 2007 motu proprio datae atque inde a die 14 Septembris a. D. 2007 vigentes, Romanae Liturgiae divitias reddiderunt propiores. 2. Hisce Litteris Motu Proprio datis Summus Pontifex Benedictus XVI legem universalem Ecclesiae tulit ut regulis nostris temporibus aptioribus quoad usum Romanae Liturgiae anno 1962 vigentem provideret. 3. Sedula Summorum Pontificum sollicitudine hac in Sacrae Liturgiae cura necnon et in recognoscendis liturgicis libris memorata, Sanctitas Sua antiquum principium in mentem revocavit, ab immemorabilibus receptum et in futurum servandum: « unaquaeque Ecclesia particularis concordare debet cum universali Ecclesia non solum quoad fidei doctrinam et signa sacramentalia, sed etiam quoad usus universaliter acceptos ab apostolica et continua traditione, qui servandi sunt non solum ut errores vitentur, verum etiam ad fidei integritatem tradendam, quia Ecclesiae lex orandi eius legi credendi respondet ».1 4. Insuper, Apostolicus Dominus et Romanos Pontifices commemorat, qui hac in cura maximopere meriti sunt, praesertim S. Gregorium Magnum et S. Pium V. Summus Pontifex etiam recolit inter liturgicos libros, Missale Romanum semper eminuisse, prolabentibusque saeculis incrementa novisse, usque ad beatum Papam Ioannem XXIII. Deinde, cum instauratio liturgica post Concilium Vaticanum II ageretur, Paulus VI anno 1970 novum Missale 1 Benedictus XVI, Litterae Apostolicae Summorum Pontificum Motu Proprio datae, I, AAS 99 (2007) 777; cf. Institutio Generalis Missalis Romani, tertia editio 2002, n. 397. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 414 usui Ecclesiae Ritus Latini destinatum adprobavit, quod postea in plures linguas translatum fuit cuiusque editio tertia anno 2000 a Ioanne Paulo II est promulgata. 5. Nonnulli vero Christifideles, spiritu rituum liturgicorum Concilio Vaticano II anteriorum imbuti, desiderium praecipuum patefecerant antiquam servandi traditionem. Quam ob rem Ioannes Paulus II, speciali Indulto a Sacra Congregatione pro Sacramentis et Cultu Divino anno 1984 concesso, « Quattuor abhinc annos », facultatem dedit utendi Missali Romano a beato Papa Ioanne XXIII promulgato, attentis tamen quibusdam condicionibus. Praeterea ipse Ioannes Paulus II Litteris Apostolicis Ecclesia Dei motu proprio anno 1988 datis, Episcopos ad magnanimem liberalitatem huius facultatis concedendae, ad bonum omnium christifidelium id postulantium, adhortatus est. Similiter et Papa Benedictus XVI promulgando Litteras Apostolicas Summorum Pontificum nuncupatas egit, de quibus vero quaedam principia essentialia ad Usum spectantia Antiquiorem Ritus Romani quam maxime heic recolere praestat. 6. Textus Missalis Romani a Paulo VI promulgati, et textus ad ultimam usque editionem Ioannis XXIII pertinentes, duae expressiones Liturgiae Romanae exstant, quae respective ordinaria et extraordinaria nuncupantur: agitur nempe de duobus unius Ritus Romani usibus, qui ad invicem iuxta ponuntur. Nam utraque forma est expressio unicae Ecclesiae legis orandi. Propter venerabilem et antiquum usum forma extraordinaria debito honore est servanda. 7. Litteras Apostolicas Summorum Pontificum motu proprio datas comitatur Epistola ab ipso Summo Pontifice eodem die subsignata (7. VII. 2007), in qua fuse de opportunitate necnon et de necessitate ipsarum Litterarum agitur: leges recentiores erant nempe ferendae, deficientibus regulis quae usum Liturgiae Romanae anno 1962 vigentem plane ordinarent. Insuper recentiore legislatione opus erat quia, edito novo Missali, non est visum cur regulae edendae essent quoad usum Liturgiae anni 1962. Increscentibus magis magisque in dies fidelibus expostulantibus celebrationem formae extraordinariae, leges autem erant ferendae. Inter cetera monet Benedictus XVI: « Inter duas Missalis Romani editiones nulla est contradictio. In historia liturgiae incrementum et progressus inveniuntur, nulla tamen ruptura. Id quod Congregatio pro Doctrina Fidei 415 maioribus nostris sacrum erat, nobis manet sacrum et grande, et non licet ut repente omnino vetitum sit, neque ut plane noxium iudicetur ».2 8. Litterae Apostolicae Summorum Pontificum eminenter exprimunt Magisterium Romani Pontificis eiusque munus regendi atque Sacram Liturgiam ordinandi,3 ipsiusque sollicitudinem utpote Christi Vicarii et Ecclesiae Universae Pastoris.4 Ipsae Litterae intendunt: a) Liturgiam Romanam in Antiquiore Usu, prout pretiosum thesaurum servandum, omnibus largiri fidelibus; b) Usum eiusdem Liturgiae iis re vera certum facere, qui id petunt, considerando ipsum Usum Liturgiae Romanae anno 1962 vigentem esse facultatem ad bonum fidelium datam, ac proinde in favorem fidelium benigne esse interpretandam, quibus praecipue destinatur; c) Reconciliationi in sinu Ecclesiae favere. II. Munera Pontificiae Commissionis Ecclesia Dei 9. Summus Pontifex Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei potestatem ordinariam vicariam dignatus est impertire in omnibus rebus intra eius competentiae fines, praesertim circa sedulam observantiam et vigilantiam ad exsequendas dispositiones in Litteris Apostolicis Summorum Pontificum contentas.5 10. § 1. Praeter facultates olim a Ioanne Paulo II concessas necnon a Benedicto XVI confirmatas,6 Pontificia Commissio huiusmodi potestatem exercet etiam in decernendo de recursibus ei legitime commissis, prout hierarchicus Superior, adversus actum administrativum singularem a quolibet Ordinario emissum, qui Litteris Apostolicis videatur contrarius. § 2. Decreta quae Pontificia Commissio de recursibus emanat, apud Supremum Tribunal Signaturae Apostolicae oppugnari possunt ad normam iuris. 2 Benedictus XVI,, Epistula ad Episcopos ad producendas Litteras Apostolicas Motu Proprio datas, de Usu Liturgiae Romanae Instaurationi anni 1970 praecedentis, AAS 99 (2007) 798. 3 Cfr. CIC, can. 838 § 1 et § 2. 4 Cfr. CIC, can. 331. 5 Cfr. art. 12. 6 Cfr. Litterae Apostolicae Summorum Pontificum, art.11 et art. 12. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 416 11. Pontificiae Commissionis Ecclesia Dei, praevia adprobatione Congregationis de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum, est curare de edendis libris liturgicis ad formam extraordinariam Ritus Romani pertinentibus. III. Normae Praecipuae 12. Pontifı́cia haec Commissio, vigore auctoritatis sibi commissae et facultatum quibus gaudet, peracta inquisitione apud Episcopos totius orbis, rectam interpretationem et fidelem exsecutionem Litterarum Apostolicarum Summorum Pontificum pro certo habere volens, hanc Instructionem edit, ad normam canonis 34 Codicis Iuris Canonici. De Episcoporum Dioecesanorum Competentia 13. Episcoporum Dioecesanorum, iuxta Codicem Iuris Canonici, est vigilare circa rem liturgicam, ut bonum commune servetur et ut omnia digne, pacifice et aequo animo in eorum Dioecesibus fiant,7 iuxta mentem Romani Pontificis in Litteris Apostolicis Summorum Pontificum palam expressam.8 Si quae controversia oriatur vel dubium fundatum quoad celebrationem formae extraordinariae, iudicium Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei reservatur. 14. Episcopo Dioecesano munus incumbit necessaria suppeditandi subsidia ut fidelis erga formam extraordinariam Ritus Romani habeatur observantia, ad normam Litterarum Apostolicarum Summorum Pontificum. De coetu fidelium 9 15. Coetus fidelium dicitur « stabiliter exsistens » ad sensum art. 5 § 1 Litterarum Apostolicarum Summorum Pontificum, quando ab aliquibus personis cuiusdam paroeciae constituitur, etsi post publicationem Litterarum Apostolicarum coniunctis, ratione venerationis Liturgiae in Antiquiore Usu, poscentibus ut in ecclesia paroeciali vel in aliquo oratorio vel sacello Antiquior Usus celebretur: hic coetus constitui potest a personis ex pluribus 7 Cfr. CIC, cann. 223, § 2; 838 § 1 et § 4. Benedictus XVI, Epistula ad Episcopos ad producendas Litteras Apostolicas Motu Proprio datas, de Usu Liturgiae Romanae Instaurationi anni 1970 praecedentis, AAS 99 (2007) 799. 9 Cfr. Litterae Apostolicae Summorum Pontificum, art. 5 § 1. 8 Congregatio pro Doctrina Fidei 417 paroeciis aut dioecesibus convenientibus et qui una concurrunt ad ecclesiam paroecialem aut oratorium ad finem, de quo supra, assequendum. 16. Si quidam sacerdos, obiter in quandam ecclesiam paroecialem vel oratorium cum aliquibus personis incidens, Sacrum in forma extraordinaria facere velit, ad normam artt. 2 et 4 Litterarum Apostolicarum, parochus aut rector ecclesiae, vel sacerdos qui de ea curam gerit, ad celebrandum admittat, attento tamen ordine celebrationum liturgicarum ipsius ecclesiae. 17. § 1. Ut de singulis casibus iudicium feratur, parochus aut rector, aut sacerdos qui ecclesiae curam habet, prudenti mente agat, pastorali zelo, caritate et urbanitate suffultus. § 2. Si coetus paucis constet fidelibus, ad Ordinarium loci adeundum est ut designet ecclesiam in quam ad huiusmodi celebrationes fideles se conferre possint, ita ut actuosa participatio facilior et Sanctae Missae celebratio dignior reddi valeant. 18. In sanctuariis et in peregrinationum locis possibilitas celebrandi secundum extraordinariam formam coetibus peregrinorum id petentibus praebeatur,10 si sacerdos adest idoneus. 19. Christifideles celebrationem secundum formam extraordinariam postulantes, auxilium ne ferant neque nomen dent consociationibus, quae validitatem vel legitimitatem Sanctae Missae Sacrificii et Sacramentorum secundum formam ordinariam impugnent, vel Romano Pontifici, Universae Ecclesiae Pastori quoquo modo sint infensae. De Sacerdotibus idoneis 11 20. Quoad ea quae necessaria sunt ut sacerdos quidam idoneus habeatur ad celebrandum secundum formam extraordinariam, statuitur: a) Quivis sacerdos, ad normam Iuris Canonici,12 non impeditus, idoneus censetur ad celebrandam Sanctam Missam secundum formam extraordinariam; 10 11 12 Cfr. Litterae Apostolicae Summorum Pontificum, art. 5 § 3. Cfr. Litterae Apostolicae Summorum Pontificum, art. 5 § 4. Cfr. CIC, can. 900, § 2. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 418 b) ad usum Latini sermonis quod attinet, necesse est ut sacerdos celebraturus scientia polleat ad verba recte proferenda eorumque intellegendam significationem; c) quoad peritiam vero ritus exsequendi, idonei habentur sacerdotes qui ad Sacrum faciendum secundum extraordinariam formam sponte adeunt et qui antea hoc fecerant. 21. Ordinarii enixe rogantur ut clericis instituendis occasionem praebeant accommodatam artem celebrandi in forma extraordinaria acquirendi, quod potissimum pro Seminariis valet, in quibus providebitur ut sacrorum alumni convenienter instituantur, Latinum discendo sermonem 13 et, adiunctis id postulantibus, ipsam Ritus Romani formam extraordinariam. 22. In Dioecesibus ubi desint sacerdotes idonei, fas est Episcopis dioecesanis iuvamen a sacerdotibus Institutorum a Pontificia Commissione Ecclesia Dei erectorum exposcere, sive ut celebrent, sive ut ipsam artem celebrandi doceant. 23. Facultas celebrandi Missam sine populo seu uno tantum ministro participante, secundum formam extraordinariam Ritus Romani concessa est cuivis presbytero, tum saeculari, cum religioso.14 Ergo, in huiusmodi celebrationibus, sacerdotes, ad normam Litterarum Apostolicarum, nulla speciali licentia Ordinariorum vel superiorum indigent. De disciplina liturgica et ecclesiastica 24. Libri liturgici formae extraordinariae adhibeantur ut prostant. Omnes qui secundum extraordinariam formam Ritus Romani celebrare exoptant, tenentur rubricas relativas scire easque in celebrationibus recte exsequi. 25. In antiquo Missali recentiores sancti et aliquae ex novis praefationibus inseri possunt immo debent,15 secundum quod quam primum statutum erit. 13 Cfr. CIC, can. 249; cf. Conc. Vat. II, Const. Sacrosanctum Concilium, n. 36; Decl. Optatam totius n. 13. 14 Cfr. Litterae Apostolicae Summorum Pontificum, art. 2. 15 Benedictus XVI, Epistula ad Episcopos ad producendas Litteras Apostolicas Motu Proprio datas, de Usu Liturgiae Romanae Instaurationi anni 1970 praecedentis, AAS 99 (2007) 797. Congregatio pro Doctrina Fidei 419 26. Ad ea quae constabilita sunt in Litteris Apostolicis Summorum Pontificum, ad articulum 6, dicendum est quod lectiones Sanctae Missae, quae in Missali anni 1962 continentur, proferri possunt aut solum Latine, aut Latine, vernacula sequente versione, aut in Missis lectis etiam solum vernacule. 27. Quoad regulas disciplinares ad celebrationem formae extraordinariae pertinentes, applicetur disciplina ecclesiastica Codicis Iuris Canonici anno 1983 promulgati. 28. Praeterea, cum sane de lege speciali agitur, quoad materiam propriam, Litterae Apostolicae Summorum Pontificum derogant omnibus legibus liturgicis, sacrorum rituum propriis, exinde ab anno 1962 promulgatis, et cum rubricis librorum liturgicorum anni 1962 non congruentibus. De Confirmatione et de Ordine 29. Facultas adhibendi formulam antiquam ad Confirmationem impertiendam, confirmata est a Litteris Apostolicis Summorum Pontificum,16 proinde non necessario adhibenda est pro forma extraordinaria formula recentior, quae in Ordine Confirmationis Pauli PP. VI invenitur. 30. Quoad primam Tonsuram, Ordines Minores et Subdiaconatum, Litterae Apostolicae Summorum Pontificum nullam obmutationem in disciplina Codicis Iuris Canonici anno 1983 introduxerunt: hac de causa, pro Institutis Vitae Consecratae et Societatibus Vitae Apostolicae Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei subditis, sodalis votis perpetuis professus aut societati clericali vitae apostolicae definitive incorporatus, per receptum diaconatum incardinatur tamquam clericus eidem instituto aut societati, ad normam canonis 266 § 2 Codicis Iuris Canonici. 31. Dumtaxat Institutis Vitae Consecratae et Societatibus Vitae Apostolicae Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei subditis, et his ubi servatur usus librorum liturgicorum formae extraordinariae, licet Pontificali Romano anni 1962 uti ad Ordines maiores et minores conferendos. 16 Cfr. art. 9, § 2. 420 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale De Breviario Romano 32. Omnibus clericis conceditur facultas recitandi Breviarium Romanum anni 1962, de quo art. 9, § 3 Litterarum Apostolicarum Summorum Pontificum, et quidem integre et Latino sermone. De Triduo Sacro 33. Coetus fidelium, anteriori traditioni liturgicae adhaerens, iure gaudet, si sacerdos idoneus adest, celebrandi et ipsum Sacrum Triduum iuxta extraordinariam formam. Deficiente autem ecclesia vel oratorio ad huiusmodi celebrationes exsequendas exclusive deputatis, parochus aut Ordinarius, communi de consilio cum idoneo sacerdote, favorabiliores praebeant occasiones pro bono animarum assequendo, haud exclusa possibilitate reiterandi Sacri Tridui celebrationes in ipsa ecclesia. De Ritibus Religiosorum Ordinum 34. Sodalibus Ordinum Religiosorum licet uti propriis libris liturgicis anno 1962 vigentibus. De Pontificali Romano et de Rituali Romano 35. Salvo quod sub n. 31 huius Instructionis praescriptum est, ad mentem n. 28 ipsius Instructionis licet Pontificale Romanum, Rituale Romanum et Caeremoniale Episcoporum anno 1962 vigentia adhibere. Summus Pontifex Benedictus PP. XVI, in Audientia die 8 Aprilis A. D. MMXI subscripto Cardinali Praesidi Pontificiae Commissionis « Ecclesia Dei » concessa, hanc Instructionem ratam habuit et publici iuris fieri iussit. Datum Romae, ex Aedibus Pontificiae Commissionis Ecclesia Dei, die 30 Aprilis A. D. MMXI, in memoria S. Pii V. Gulielmus Cardinalis Levada Praeses e Vido Pozzo a Secretis Congregatio de Causis Sanctorum 421 CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM NOVAE URBIS seu LABACEN. Beatificationis seu Declarationis Martyrii Servi Dei Aloisii Grozde, Christifidelis Laici ({ 1943) DECRETUM SUPER MARTYRIO « Spe gaudentes, in tribulatione patientes, orationi instantes, necessitatibus sanctorum communicantes » (Rom 12, 12-13). Hac Beati Pauli Apostoli adhortatione ostenditur vita Aloisii Grozde, Dei Servi, qui verum ac fidele testimonium de Christo perhibuit usque in finem, quique non solummodo vitae devotionem accipere, sed etiam sese, dum Regnum Dei triumpharet, ad eandem promptissimum facere valuit. Aloisius, die 27 mensis Martii, anno 1923, in pago, quem vulgo Gorenje Vodale appellant, prope Labacum, in Slovenia, natus, pauperibus colonis, laboribus agrique culturae studentibus, in pueritia usus est. Mater enim, cum saepe cogeretur mercennario opere victum quaeritare, parvuli curam avis delegare solebat, qui benevoli ac solliciti eum custodierunt. Quibus difficultatibus contemptis, Aloisius tamen summa religione, maxima tum in Deum tum in proximum caritate, firmo denique patriae amore institutus est. Modestus ac verecundus puer fuit, qui ceterum se cum prae primis ad omnia promptum, tum pertinacem exhiberet. Cum autem tertium decimum annum ageret, Labacum, ut Eucharistico ex universa natione Conventui adesset, ductus, talia expertus est adeoque commotus est puer, ut in reliquum tempus summa Eucharistiam pietate prosequeretur. Deinde vero, anno 1935, admissus est Aloisius in Episcopale collegium, quod in oppido vulgo Marijanišče; ibique tum ob egregiam liberalitatem, ad condiscipulos iuvandos adhibitam, tum ob singularem pietatem ac sensum inter omnes eminuit. Quibus vertentibus annis, dum instituebatur, nomen in Marialem Congregationem professus, Immaculatae Deiparae se devovit; praeterea in Catholicae Actionis sodalitate versari coepit, sicque, ut Regno Dei per reliquam aetatem omnibus viribus deserviret, consilium in animo agitavit. Namque ipse non solummodo ut adulescentes ad Christum adduce- 422 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ret curavit, sed etiam ut ii, quoscumque adibat, sancti fierent salutemque adipiscerentur summa ope contendit. In gerendis rebus numquam non preces Deo adhibuit, quippe qui, divina gratia maxime confisus, sibi persuasum haberet ipsam hominis sollertiam ad conata quaelibet perficienda satis non esse. Eodem autem tempore adulescens, qui ceterum sine ulla dubitatione ad varia apostolica negotia suscipienda se inclinabat, in discernendo vitae statu, ad quem divino quodam instinctu vocaretur, cum incertus animi esset utrum sacerdotium an laicalem condicionem eligeret, operam consumpsit. Interea gentes in Europa complures in populorum fere omnium conflictu atque calamitate versabantur. Itaque, anno 1942, Gymnasii sedes, iussu copiarum quae in eos fines irruperant, in oppidum, quod vulgo Rakovnik, translata est. Nec pauci fuere discipuli qui libentissime faverent tectis bellatoribus communistis, in ‘‘Legione patriae liberandae’’ quae fertur coactis, quae in Slovenia, haud secus ac in aliis civitatibus, constituta est. Quibus de rebus Aloisius cum se in dubio esse seseque dissentire indicaret, atheos communistasque tectos quosdam bellatores, ipsam Ecclesiam haud raro petentes, in Christianam rem infesto animo contendere denuntiavit: namque ea tempestate sacerdotes duodecim in locis Labaco finitimis, novem insuper in proxima regione, apud locum, qui vulgo Bela Krajina, caesi sunt. Itaque Servus Dei magis magisque in dies conscius fiebat martyrium semet obire posse. Qui quidem animus in quibusdam scriptis eius patefactus est, in quibus ipse, dum sese ad vitam devovendam pro Christi triumpho paratum profitetur, non pro celeri interitu, sed pro gratia perseverandi usque in finem oravit. Ad suos autem reversus, ut sacra natalicia anno 1942 celebraret, Kalendis Ianuariis anno 1943 ad pagum, quem vulgo Mirna dicunt, haud longe a Labaco, a tectis bellatoribus retentus est. Qui, cum Eucharistici sacrificii libellum illumque librum, qui De imitatione Christi inscribitur, marialem quoque coronam nonnullasque imagines, Deiparae Fatimensis effigiem exprimentes, gestare soleret, falso ut occultus explorator insimulatus est. Eapropter, postquam tormentis atrocibus excruciatus est, indicta causa per ignivomam manuballistam transfossus occubuit. Cuius corpus cum contemptim duos fere menses sepultura caruisset, subsequenti die 23 mensis Februarii, in nemore, quod haud longe a pago illo erat, a quibusdam pueris forte inventum, clandestino funere, prae timore videlicet ne tecti bellatores repugnarent, humatum est. Ideo pro martyrii fama, qua confestim hic Famulus Dei floruit, in Archiepiscopali Curia Labacensi, a die 17 mensis Octobris anno 1992 ad Congregatio de Causis Sanctorum 423 diem 30 mensis Augusti anno 1999, Inquisitio Dioecesana est instructa; cuius vim haec Congregatio de Causis Sanctorum ratam habuit per Decretum die 1 mensis Iunii anno 2001 latum. Positione confecta, more tralaticio disceptatum est num Dei Famuli obitus pro martyrio haberi posset. Die autem 16 mensis Iunii anno 2009, habitus est, favorabili quidem cum exitu, Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum. Amplissimus denique Purpuratorum Patrum et Antistitum coetus, in Sessione Ordinaria quae die 19 mensis Ianuarii hoc anno 2010 gesta est, audita relatione Exc.mi D.ni Xaverii Echevarrı́a Rodrı́guez, Episcopi titulo Cilibiensis, Causae Ponentis, declaravit hunc Dei Servum in odium fidei martyrium tulisse. De hisce omnibus rebus, referente subscripto Archiepiscopo Praefecto, certior factus, Summus Pontifex Benedictus XVI, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de martyrio eiusque causa Servi Dei Aloisii Grozde, Christifidelis laici, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 27 mensis Martii A.D. 2010. e Angelus Amato, S.D.B. Archiep. tit. Silensis, Praefectus L. e S. e Michaël Di Ruberto Archiep. tit. Biccarensis, a Secretis 424 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale CONGREGATIO PRO ECCLESIIS ORIENTALIBUS I. ERECTIO ECCLESIARUM PARTICULARIUM die 15 iulii 2010. — Latis decretis a Congregatione pro Ecclesiis Orientalibus, Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI per Apostolicas sub plumbo Litteras Exarchatum Apostolicum pro christifidelibus Ecclesiae Syro-Malankarensis in Foederatis Civitatibus Americae Septemtrionalis commorantibus erexit. II. PROVISIO ECCLESIARUM Latis decretis a Congregatione pro Ecclesiis Orientalibus, Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI per Apostolicas sub plumbo Litteras iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit Praesules: die 5 Ianuarii 2010. — Titulari episcopali Ecclesiae Matharensi in Numidia, R. D. Lisane-Christos Matthaeum Semahun, hactenus Protosyncellum Archieparchiae Neanthopolitanae, quem nominavit Episcopum Auxiliarem eiusdem Archieparchiae. die 17 Martii. — Cathedrali Ecclesiae Munkacsiensi, Exc.mum P. D. Milan Šašik, C.M., hactenus Episcopum titularis Ecclesiae Bononiensis et Administratorem Apostolicum ad nutum Sanctae Sedis Eparchiae Munkacsiensis. die 31 Martii. — Titulari episcopali Ecclesiae Lyddensi, Exc.mum P. D. Villelmum Hanna Shomali, hactenus Cancellarium Ecclesiae patriarchalis Hierosolymitanae Latinorum, quem nominavit Episcopum Auxiliarem eiusdem Ecclesiae. die 12 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Dominae Nostrae Liberationis Novarcensis Syrorum, R. D. Barnabam Iosephum Habash, hactenus parochum paroeciae Sacri Cordis Iesu in urbe Angelorum in California. Congregatio pro Ecclesiis Orientalibus 425 die 15 Iulii 2010. — Titulari episcopali Ecclesiae Larensi, R. D. Thomam Eusebium Naickamparambil, quem nominavit Exarchum Apostolicum pro christifidelibus Ecclesiae Syro-Malankarensis in Foederatis Civitatibus Americae Septemtrionalis versantibus et simul Visitatorem Apostolicum in Canada atque in Europa pro christifidelibus eiusdem Ecclesiae. die 16 Iulii. — Cathedrali Ecclesiae Raikotensi, R. D. Iosephum Chittooparambil, C.M.I., hactenus Superiorem provincialem Congregationis Fratrum Carmelitarum B. V. Mariae Immaculatae. III. ASSENSUS PONTIFICIUS Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI assensum ad normam canonis 85 § 1 Codicis Canonum Ecclesiarum Orientalium sequentibus eparchiarum erectionibus rite peractis dedit, nempe: In Synodo Episcoporum Ecclesiae Syro-Malabarensis die 18 Ianuarii 2010. — Eparchiae Ramanathapuramensis; Eparchiae Mandiensis. In Synodo Episcoporum Ecclesiae Syro-Malankarensis die 25 Ianuarii 2010. — Eparchiae Pathanamthittensis; Eparchiae Puthurensis. Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI assensum ad normam canonum 182 §§ 3-4 et 185 Codicis Canonum Ecclesiarum Orientalium sequentibus episcopalibus provisionibus rite peractis dedit, nempe: In Synodo Episcoporum Ecclesiae Babylonensis Chaldaeorum die 24 Maii 2010. — Archiepiscopali Ecclesiae Arbilensi Chaldaeorum, R. D. Bashar Warda, C.SS.R. In Synodo Episcoporum Ecclesiae Syro-Malabarensis die 18 Ianuarii 2010. — Cathedrali Ecclesiae Irinialakudensi, R. D. Paulum Kannookadan; Cathedrali Ecclesiae Thamarasserrensi, R. D. Remigiose Inchananiyil; 426 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Cathedrali Ecclesiae Ramanathapuramensi, R. D. Paulum Alappatt; Cathedrali Ecclesiae Mandiensi, R. D. Georgium Njaralakatt; Titulari episcopali Ecclesiae Burunitanae, R. D. Raphaëlem Thattil, quem nominavit Episcopum auxiliarem Archieparchiae Trichuriensis; Titulari episcopali Ecclesiae Foratianensi, R. D. Bosco Puthur, quem nominavit Episcopum Curiae patriarchalis Ecclesiae Archiepiscopalis maioris Ernakulamensis-Angamaliensis. In Synodo Episcoporum Ecclesiae Syro-Malankarensis die 25 Ianuarii 2010. — Cathedrali Ecclesiae Pathanamthittensi, Exc.mum P. D. Yoohanon Chrysostomum Kalloor, quem transtulit a sede eparchiali Marthandomensi; Cathedrali Ecclesiae Marthandomensi, R. D. Vincentium Paulum Kulappuravilai; Cathedrali Ecclesiae Puthurensi, Exc.mum P. D. Geevarghese Divannasios Ottathengil, quem a sede eparchiali Batteriensi; Cathedrali Ecclesiae Batteriensi, Exc.mum P. D. Iosephum Thomam Konnath, hactenus Episcopum auxiliarem Trivandrensem atque Visitatorem Apostolicum in America Septemtrionali et in Europa, quem transtulit a sede titulari Sicilibbensi; Titulari episcopali Ecclesiae Tamallumensi, R. D. Samuelem Kattukallil, quem nominavit Episcopum auxiliarem Archieparchiae Trivandrensis; Titulari episcopali Ecclesiae Sozopolitanae in Haemimonto, R. D. Philippum Stephanum Thottathil, quem nominavit Episcopum auxiliarem Archieparchiae Tiruvallensis; Titulari episcopali Ecclesiae Igilgilitanae, R. D. Thomam Antonium Valiyavilayil, O.I.C., quem nominavit Episcopum Curiae patriarchalis Ecclesiae Archiepiscopalis maioris Trivandrensis Syrorum Malankarensium. In Synodo Episcoporum Ecclesiae Ucrainae die 21 Aprilis 2010. — Cathedrali Ecclesiae Samboriensi-Drohobychiensi, ut Episcopum coadiutorem, Exc.mum P. D. Jaroslav Pryriz, C.SS.R., hactenus Episcopum titularis Ecclesiae Auziensis et Auxiliarem eiusdem Eparchiae; die 3 Augusti. — Titulari episcopali Ecclesiae Germanicianensi, R. D. Benedictum Aleksiychuk, monachum Ordinis Sancti Theodori Studitae in urbe Univ, quem nominavit Episcopum Auxiliarem Archieparchiae Leopolitanae Ucrainorum. Congregatio pro Ecclesiis Orientalibus 427 IV. NOMINATIONES Latis decretis a Congregatione pro Ecclesiis Orientalibus, Sanctissimus Dominus Benedictus Pp. XVI nominavit: die 6 Ianuarii 2010. — Administratorem Apostolicum sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis pro christifidelibus ritus Armeni in Europa Orientali versantibus R. D. Vahan Ohanian, C.A.M. die 20 Ianuarii. — Administratorem Apostolicum ad nutum Sanctae Sedis Eparchiae Striensis, Exc.mum P. D. Taras Senkiv, O.M., Episcopum titularis Ecclesiae Siccennensis et Auxiliarem eiusdem Eparchiae. die 10 Aprilis. — Administratorem Apostolicum sede vacante Eparchiae Sanctae Mariae a Patrocinio Bonaërensis Ucrainorum, Exc.mum P. D. Sviatoslav Shevchuk, Episcopum titularis Ecclesiae Castrensis Galbae et Auxiliarem eiusdem Eparchiae. die 12 Iunii. — Administratorem Apostolicum sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis Vicariatus Apostolici Anatoliensis, Exc.mum P. D. Rogerum Franceschini, O.F.M. Cap., Archiepiscopum Ecclesiae Smyrnensis. die 28 Iulii. — Ordinarium pro christifidelibus ritus orientalis in Brasilia versantibus, qui Hierarcham loci non habent, Exc.mum P. D. Walmor Oliveira de Azevedo, Archiepiscopum Ecclesiae Bellohorizontinae. die 10 Augusti. — Administratorem Apostolicum sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis Eparchiae Lungrensis, Exc.mum P. D. Salvatorem Nunnari, Archiepiscopum Ecclesiae Cosentinae-Bisinianensis. * * * die 10 Februarii 2005. — Romanus Pontifex Ioannes Paulus II Ecclesiam Metropolitanam sui iuris Syro-Malankarensem in Ecclesiam Archiepiscopalem Maiorem Trivandrensem Syrorum Malankarensium titulo convertit, decernens dicionis eius fines eisdem limitibus circumscribi quibus antiqua 428 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Ecclesia Metropolitana Trivandrensis. Idem Summus Pontifex Exc.mum P. D. Cyrillum Basilium Malancharuvil, antehac Archiepiscopum Metropolitam Trivandrensem Syrorum Malankarensium, ad officium Archiepiscopi Maioris Ecclesiae Trivandrensis Syrorum Malankarensium simul evexit atque Archiepiscopi Maioris sedem stabilem in ipsa urbe Trivandrensi constituit. Diarium Romanae Curiae 429 DIARIUM ROMANAE CURIAE Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza Ufficiale: Lunedı̀, 23 maggio, S. E. il Signor Gjorge Ivanov, Presidente della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia; S. E. la Signora Tsetska Tsacheva, Presidente del Parlamento della Bulgaria; Venerdı̀, 27 maggio, S. E. il Sig. Pál Schmitt, Presidente della Repubblica di Ungheria; Lunedı̀, 30 maggio, l’On.le Norbert Ammert, Presidente del Parlamento Federale della Repubblica di Germania; Mercoledı̀, 1º giugno, S. E. la Signora Quentin Bryce, Governatore Generale dell’Australia; Venerdı̀, 3 giugno, S. E. il Signor Mahmoud Abbas (Abu Mazen), Presidente dell’Autorità Palestinese. Il Romano Pontefice ha compiuto una Visita Pastorale ad Aquileia e Venezia sabato 7 maggio e domenica 8 maggio. SEGRETERIA DI STATO NOMINE Con Brevi Apostolici il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato: 10 maggio 2011 S.E.R. Mons. Giuseppe Pinto, Arcivescovo titolare di Anglona, finora Nunzio Apostolico in Cile, Nunzio Apostolico nelle Filippine. 21 » » S.E.R. Mons. Thomas E. Gullickson, Arcivescovo titolare di Bomarzo, finora Nunzio Apostolico in Trinidad e Tobago, Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Dominica, Giamaica, Grenada, Guyana, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, San Vincenzo e Grenadine, Suriname e Delegato Apostolico nelle Antille, Nunzio Apostolico in Ucraina. 28 » » S.E.R. Mons. Diego Causero, Arcivescovo titolare di Grado, finora Nunzio Apostolico nella Repubblica Ceca, Nunzio Apostolico in Svizzera e nel Principato di Liechtenstein. Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 430 Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato: 10 maggio 2011 S.E.R. Mons. Fernando Filoni, Arcivescovo titolare di Volturno, finora Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. » » » S.E.R. Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arcivescovo titolare di Roselle, finora Nunzio Apostolico in Cuba, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. 13 » » S.E.R. Mons. José Octavio Ruiz Arenas, Arcivescovo emerito di Villavicencio, finora Vice Presidente della Pontifı̀cia Commissione per l’America Latina, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; il Rev.do Mons. Graham Bell, finora Coordinatore di Segreteria della Pontificia Accademia per la Vita, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio. 14 » » L’Ill.mo Prof. Guzmán Carriquiry, finora Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina. 16 » 2011 L’Em.mo Signor Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, e l’Ecc.mo Mons. Lorenzo Chiarinelli, Vescovo emerito di Viterbo, Membri della Congregazione per i Vescovi. 18 » » S.E.R. Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arcivescovo titolare di Roselle, Sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Generali, Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede. 28 » » Il Rev.do Mons. Antonio Neri, finora Aiutante di Studio della Congregazione per il Clero, Sotto-Segretario del medesimo Dicastero. NECROLOGIO 8 maggio 2011 Mons. Gheorghe Guţiu, Arcivescovo-Vescovo em. di ClujGherla (Romania). 11 » » Mons. Albert Kanene Obiefuna, Arcivescovo em. di Onitsha (Nigeria). 12 » » Mons. Luigi Del Gallo Roccagiovine, Vescovo tit. di Campli (Italia). 23 » » Mons. Karel Otčenášek, Arcivescovo-Vescovo em. di Hradec Kràlové (Repubblica Ceca). 29 » » Mons. Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo em. di Lecce (Italia).