An. et vol. CV 4 Octobris 2013 N. 10 ACTA APOSTOLICAE SEDIS COMMENTARIUM OFFICIALE Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA FRANCISCI PP. CHIROGRAPHUM Quo instituitur Consilium Cardinalium ad adiuvandum Romanum Pontificem in Universali Ecclesia gubernanda adque suscipiendum consilium emendationis Constitutionis Apostolicae « Pastor Bonus » de Curia Romana.* Tra i suggerimenti emersi nel corso delle Congregazioni Generali di Cardinali precedenti al Conclave, figurava la convenienza di istituire un ristretto gruppo di Membri dell’Episcopato, provenienti dalle diverse parti del mondo, che il Santo Padre potesse consultare, singolarmente o in forma collettiva, su questioni particolari. Una volta eletto alla Sede romana, ho avuto occasione di riflettere più volte su questo argomento, ritenendo che una tale iniziativa sarebbe stata di notevole aiuto per svolgere il ministero pastorale di Successore di Pietro che i fratelli Cardinali avevano voluto affidarmi. Per questo motivo, il 13 aprile scorso ho annunciato la costituzione del menzionato gruppo, indicando, in pari tempo, i nominativi di coloro che erano stati chiamati a farne parte. Ora, dopo matura riflessione, ritengo opportuno che tale gruppo, mediante il presente Chirografo, sia istituito come un « Consiglio di Cardinali », con il compito di aiutarmi nel governo della Chiesa universale e di studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana. Esso sarà composto dalle medesime persone precedentemente indicate, le quali potranno essere * Die 28 Septembris 2013. 876 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale interpellate, sia come Consiglio sia singolarmente, sulle questioni che di volta in volta riterrò degne di attenzione. Detto Consiglio, che rispetto al numero dei componenti mi riservo di configurare nel modo che risulterà più adeguato, sarà un’ulteriore espressione della comunione episcopale e dell’ausilio al munus petrinum che l’Episcopato sparso per il mondo può offrire. Dato a Roma, presso San Pietro il 28 settembre dell’anno 2013, primo di Pontificato. FRANCESCO Acta Francisci Pp. 877 HOMILIAE I Iter pastorale in Carales. Apud Sanctuarium vulgo « nostra Signora di Bonaria » nuncupatum.* Sa paghe ’e Nostru Segnore siat sempre chin bois. Oggi si realizza quel desiderio che avevo annunciato in Piazza San Pietro, prima dell’estate, di poter visitare il Santuario di Nostra Signora di Bonaria. 1. Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni della vostra Isola, e per confermarvi nella fede. Anche qui a Cagliari, come in tutta la Sardegna, non mancano difficoltà, – ce ne sono tante – problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, alla mancanza del lavoro e alla sua precarietà, e quindi all’incertezza per il futuro. La Sardegna, questa vostra bella Regione, soffre da lungo tempo molte situazioni di povertà, accentuate anche dalla sua condizione insulare. È necessaria la collaborazione leale di tutti, con l’impegno dei responsabili delle istituzioni – anche la Chiesa – per assicurare alle persone e alle famiglie i diritti fondamentali, e far crescere una società più fraterna e solidale. Assicurare il diritto al lavoro, il diritto a portare pane a casa, pane guadagnato col lavoro! Vi sono vicino! Vi sono vicino, vi ricordo nella preghiera, e vi incoraggio a perseverare nella testimonianza dei valori umani e cristiani così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della popolazione. Mantenete sempre accesa la luce della speranza! 2. Sono venuto in mezzo a voi per mettermi con voi ai piedi della Madonna che ci dona il suo Figlio. So bene che Maria, nostra Madre, è nel vostro cuore, come testimonia questo Santuario, dove molte generazioni di Sardi sono salite – e continueranno a salire! – per invocare la protezione della Madonna di Bonaria, Patrona Massima dell’Isola. Qui voi portate le gioie e le sofferenze di questa terra, delle sue famiglie, e anche di quei figli che vivono lontani, spesso partiti con grande dolore e nostalgia per cercare * Die 22 Septembris 2013 878 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale un lavoro e un futuro per sé e per i loro cari. Oggi, noi tutti qui riuniti, vogliamo ringraziare Maria perché ci è sempre vicina, vogliamo rinnovare a Lei la nostra fiducia e il nostro amore. La prima Lettura che abbiamo ascoltato ci mostra Maria in preghiera, nel Cenacolo, insieme agli Apostoli. Maria prega, prega insieme alla comunità dei discepoli, e ci insegna ad avere piena fiducia in Dio, nella sua misericordia. Questa è la potenza della preghiera! Non stanchiamoci di bussare alla porta di Dio. Portiamo al cuore di Dio, attraverso Maria, tutta la nostra vita, ogni giorno! Bussare alla porta del cuore di Dio! Nel Vangelo invece cogliamo soprattutto l’ultimo sguardo di Gesù verso sua Madre.1 Dalla croce Gesù guarda sua Madre e le affida l’apostolo Giovanni, dicendo: Questo è tuo figlio. In Giovanni ci siamo tutti, anche noi, e lo sguardo di amore di Gesù ci affida alla custodia materna della Madre. Maria avrà ricordato un altro sguardo di amore, quando era una ragazza: lo sguardo di Dio Padre, che aveva guardato la sua umiltà, la sua piccolezza. Maria ci insegna che Dio non ci abbandona, può fare cose grandi anche con la nostra debolezza. Abbiamo fiducia in Lui! Bussiamo alla porta del suo cuore! 3. E il terzo pensiero: oggi sono venuto in mezzo a voi, anzi siamo venuti tutti insieme per incontrare lo sguardo di Maria, perché lì è come riflesso lo sguardo del Padre, che la fece Madre di Dio, e lo sguardo del Figlio dalla croce, che la fece Madre nostra. E con quello sguardo oggi Maria ci guarda. Abbiamo bisogno del suo sguardo di tenerezza, del suo sguardo materno che ci conosce meglio che chiunque altro, del suo sguardo pieno di compassione e di cura. Maria, oggi vogliamo dirti: Madre, donaci il tuo sguardo! Il tuo sguardo ci porta a Dio, il tuo sguardo è un dono del Padre buono, che ci attende ad ogni svolta del nostro cammino, è un dono di Gesù Cristo in croce, che carica su di sé le nostre sofferenze, le nostre fatiche, il nostro peccato. E per incontrare questo Padre pieno di amore, oggi le diciamo: Madre, donaci il tuo sguardo! Lo diciamo tutti insieme: « Madre, donaci il tuo sguardo! ». « Madre, donaci il tuo sguardo! ». Nel cammino, spesso difficile, non siamo soli, siamo in tanti, siamo un popolo, e lo sguardo della Madonna ci aiuta a guardarci tra noi in modo fraterno. Guardiamoci in modo più fraterno! Maria ci insegna ad avere quello sguardo che cerca di accogliere, di accompagnare, di proteggere. 1 Cfr Gv 19, 25-27. Acta Francisci Pp. 879 Impariamo a guardarci gli uni gli altri sotto lo sguardo materno di Maria! Ci sono persone che istintivamente consideriamo di meno e che invece ne hanno più bisogno: i più abbandonati, i malati, coloro che non hanno di che vivere, coloro che non conoscono Gesù, i giovani che sono in difficoltà, i giovani che non trovano lavoro. Non abbiamo paura di uscire e guardare i nostri fratelli e sorelle con lo sguardo della Madonna, Lei ci invita ad essere veri fratelli. E non permettiamo che qualcosa o qualcuno si frapponga tra noi e lo sguardo della Madonna. Madre, donaci il tuo sguardo! Nessuno ce lo nasconda! Il nostro cuore di figli sappia difenderlo da tanti parolai che promettono illusioni; da coloro che hanno uno sguardo avido di vita facile, di promesse che non si possono compiere. Non ci rubino lo sguardo di Maria, che è pieno di tenerezza, che ci dà forza, che ci rende solidali tra noi. Tutti diciamo: Madre, donaci il tuo sguardo! Madre, donaci il tuo sguardo! Madre, donaci il tuo sguardo! Nostra Segnora ’e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida. 880 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale II Dum Dies Catechistarum occasione Anni Fidei celebratur.* 1. « Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri, … distesi su letti d’avorio »,1 mangiano, bevono, cantano, si divertono e non si curano dei problemi degli altri. Parole dure queste del profeta Amos, ma che ci mettono in guardia da un pericolo che tutti corriamo. Che cosa denuncia questo messaggero di Dio, che cosa mette davanti agli occhi dei suoi contemporanei e anche davanti ai nostri occhi oggi? Il rischio di adagiarsi, della comodità, della mondanità nella vita e nel cuore, di avere come centro il nostro benessere. È la stessa esperienza del ricco del Vangelo, che indossava vestiti di lusso e ogni giorno si dava ad abbondanti banchetti; questo era importante per lui. E il povero che era alla sua porta e non aveva di che sfamarsi? Non era affare suo, non lo riguardava. Se le cose, il denaro, la mondanità diventano centro della vita ci afferrano, ci possiedono e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini: guardate bene, il ricco del Vangelo non ha nome, è semplicemente « un ricco ». Le cose, ciò che possiede sono il suo volto, non ne ha altri. Ma proviamo a domandarci: come mai succede questo? Come mai gli uomini, forse anche noi, cadiamo nel pericolo di chiuderci, di mettere la nostra sicurezza nelle cose, che alla fine ci rubano il volto, il nostro volto umano? Questo succede quando perdiamo la memoria di Dio. « Guai agli spensierati di Sion », diceva il profeta. Se manca la memoria di Dio, tutto si appiattisce, tutto va sull’io, sul mio benessere. La vita, il mondo, gli altri, perdono la consistenza, non contano più nulla, tutto si riduce a una sola dimensione: l’avere. Se perdiamo la memoria di Dio, anche noi stessi perdiamo consistenza, anche noi ci svuotiamo, perdiamo il nostro volto come il ricco del Vangelo! Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità – dice un altro grande profeta, Geremia.2 Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, non a immagine e somiglianza delle cose, degli idoli! 2. Allora, guardandovi, mi chiedo: chi è il catechista? È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa * Die 29 Septembris 2013 1 Am 6, 1.4. 2 Cfr Ger 2, 5. Acta Francisci Pp. 881 risvegliare negli altri. È bello questo: fare memoria di Dio, come la Vergine Maria che, davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stessa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Parte, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incinta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo atto è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dio nella sua vita, nella storia del suo popolo, nella nostra storia: « L’anima mia magnifica il Signore … perché ha guardato l’umiltà della sua serva … di generazione in generazione la sua misericordia ».3 Maria ha memoria di Dio. In questo cantico di Maria c’è anche la memoria della sua storia personale, la storia di Dio con lei, la sua stessa esperienza di fede. Ed è così per ognuno di noi, per ogni cristiano: la fede contiene proprio la memoria della storia di Dio con noi, la memoria dell’incontro con Dio che si muove per primo, che crea e salva, che ci trasforma; la fede è memoria della sua Parola che scalda il cuore, delle sue azioni di salvezza con cui ci dona vita, ci purifica, ci cura, ci nutre. Il catechista è proprio un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio; non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà. Parlare e trasmettere tutto quello che Dio ha rivelato, cioè la dottrina nella sua totalità, senza tagliare né aggiungere. San Paolo raccomanda al suo discepolo e collaboratore Timoteo soprattutto una cosa: Ricordati, ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, che io annuncio e per il quale soffro.4 Ma l’Apostolo può dire questo perché lui per primo si è ricordato di Cristo, che lo ha chiamato quando era persecutore dei cristiani, lo ha toccato e trasformato con la sua Grazia. Il catechista allora è un cristiano che porta in sé la memoria di Dio, si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita, e la sa risvegliare nel cuore degli altri. È impegnativo questo! Impegna tutta la vita! Lo stesso Catechismo che cos’è se non memoria di Dio, memoria della sua azione nella storia, del suo essersi fatto vicino a noi in Cristo, presente nella sua Parola, nei Sacramenti, nella sua Chiesa, nel suo amore? Cari catechisti, vi domando: siamo noi memoria di Dio? Siamo veramente come sentinelle che risvegliano negli altri la memoria di Dio, che scalda il cuore? 3 4 Lc 1, 46.48.50. Cfr 2 Tm 2, 8-9. 882 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale 3. « Guai agli spensierati di Sion », dice il profeta. Quale strada percorrere per non essere persone « spensierate », che pongono la loro sicurezza in se stessi e nelle cose, ma uomini e donne della memoria di Dio? Nella seconda Lettura san Paolo, scrivendo sempre a Timoteo, dà alcune indicazioni che possono segnare anche il cammino del catechista, il nostro cammino: tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. 5 Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di « hypomoné », di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia. Preghiamo il Signore perché siamo tutti uomini e donne che custodiscono e alimentano la memoria di Dio nella propria vita e la sanno risvegliare nel cuore degli altri. Amen. 5 Cfr 1 Tm 6, 11. Acta Francisci Pp. 883 III Iter pastorale in Asisium. Dum Sacra Synaxis apud Plateam vulgo « S. Francesco » celebratur.* « Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli ».1 Pace e bene a tutti! Con questo saluto francescano vi ringrazio per essere venuti qui, in questa Piazza, carica di storia e di fede, a pregare insieme. Oggi anch’io, come tanti pellegrini, sono venuto per rendere lode al Padre di tutto ciò che ha voluto rivelare a uno di questi « piccoli » di cui ci parla il Vangelo: Francesco, figlio di un ricco commerciante di Assisi. L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita agiata e spensierata, per sposare « Madonna Povertà » e vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli. Questa scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un modo radicale di imitare Cristo, di rivestirsi di Colui che, da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi per mezzo della sua povertà.2 In tutta la vita di Francesco l’amore per i poveri e l’imitazione di Cristo povero sono due elementi uniti in modo inscindibile, le due facce di una stessa medaglia. Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita? 1. La prima cosa che ci dice, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui. Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte * Die 4 Octobris 2013 1 Mt 11, 25. 2 Cfr 2 Cor 8, 9. 884 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una « nuova creatura ». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: « Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo ».3 Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore. 2. Nel Vangelo abbiamo ascoltato queste parole: « Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore ».4 Questa è la seconda cosa che Francesco ci testimonia: chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità. Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e ci trasmette? Quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. È la pace che Gesù Risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro.5 La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi « prende su di sé » il suo « giogo », cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato.6 E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore. Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci ad essere « strumenti della pace », della pace che ha la sua sorgente in Dio, la pace che ci ha portato il Signore Gesù. 3 4 5 6 Gal 6, 14. Mt 11, 28-29. Cfr Gv 20, 19,20. Cfr Gv 13,34; 15,12. Acta Francisci Pp. 885 3. Francesco inizia il Cantico così: « Altissimo, onnipotente, bon Signore… Laudato sie… cun tutte le tue creature ».7 L’amore per tutta la creazione, per la sua armonia! Il Santo d’Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e come Lui lo ha creato, senza sperimentare sul creato per distruggerlo; aiutarlo a crescere, a essere più bello e più simile a quello che Dio ha creato. E soprattutto san Francesco testimonia il rispetto per tutto, testimonia che l’uomo è chiamato a custodire l’uomo, che l’uomo sia al centro della creazione, al posto dove Dio – il Creatore – lo ha voluto. Non strumento degli idoli che noi creiamo! L’armonia e la pace! Francesco è stato uomo di armonia, uomo di pace. Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo. Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: ottienici da Dio il dono che in questo nostro mondo ci sia armonia, pace e rispetto per il Creato! Non posso dimenticare, infine, che oggi l’Italia celebra san Francesco quale suo Patrono. E do gli auguri a tutti gli italiani, nella persona del Capo del governo, qui presente. Lo esprime anche il tradizionale gesto dell’offerta dell’olio per la lampada votiva, che quest’anno spetta proprio alla Regione Umbria. Preghiamo per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide. Faccio mia la preghiera di san Francesco per Assisi, per l’Italia, per il mondo: « Ti prego dunque, o Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti sempre della sovrabbondante pietà che in [questa città] hai mostrato, affinché sia sempre il luogo e la dimora di quelli che veramente ti conoscono e glorificano il tuo nome benedetto e gloriosissimo nei secoli dei secoli. Amen ».8 7 8 FF, 1820. Specchio di perfezione, 124: FF, 1824. 886 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale ALLOCUTIONES I Dum Summus Pontifex salutat Sedem profugis ministrandis Romae vulgo « Centro Astalli ».* Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio! Saluto prima di tutto voi rifugiati e rifugiate. Abbiamo ascoltato Adam e Carol: grazie per le vostre testimonianze forti, sofferte. Ognuno di voi, cari amici, porta una storia di vita che ci parla di drammi di guerre, di conflitti, spesso legati alle politiche internazionali. Ma ognuno di voi porta soprattutto una ricchezza umana e religiosa, una ricchezza da accogliere, non da temere. Molti di voi siete musulmani, di altre religioni; venite da vari Paesi, da situazioni diverse. Non dobbiamo avere paura delle differenze! La fraternità ci fa scoprire che sono una ricchezza, un dono per tutti! Viviamo la fraternità! Roma! Dopo Lampedusa e gli altri luoghi di arrivo, per molte persone la nostra città è la seconda tappa. Spesso – come abbiamo sentito – è un viaggio difficile, estenuante, anche violento quello che si è affrontato – penso soprattutto alle donne, alle mamme, che sopportano questo pur di assicurare un futuro ai loro figli e una speranza di vita diversa per se stesse e per la famiglia. Roma dovrebbe essere la città che permette di ritrovare una dimensione umana, di ricominciare a sorridere. Quante volte, invece, qui, come in altre parti, tante persone che portano scritto « protezione internazionale » sul loro permesso di soggiorno, sono costrette a vivere in situazioni disagiate, a volte degradanti, senza la possibilità di iniziare una vita dignitosa, di pensare a un nuovo futuro! Grazie allora a quanti, come questo Centro e altri servizi, ecclesiali, pubblici e privati, si danno da fare per accogliere queste persone con un progetto. Grazie a Padre Giovanni e ai Confratelli; a voi, operatori, volontari, benefattori, che non donate solo qualcosa o del tempo, ma che cercate di * Die 10 Septembris 2013 Acta Francisci Pp. 887 entrare in relazione con i richiedenti asilo e i rifugiati riconoscendoli come persone, impegnandovi a trovare risposte concrete ai loro bisogni. Tenere sempre viva la speranza! Aiutare a recuperare la fiducia! Mostrare che con l’accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro, più che una finestra, una porta, e più si può avere ancora un futuro! Ed è bello che a lavorare per i rifugiati, insieme con i Gesuiti, siano uomini e donne cristiani e anche non credenti o di altre religioni, uniti nel nome del bene comune, che per noi cristiani è espressione dell’amore del Padre in Cristo Gesù. Sant’Ignazio di Loyola volle che ci fosse uno spazio per accogliere i più poveri nei locali dove aveva la sua residenza a Roma, e il Padre Arrupe, nel 1981, fondò il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, e volle che la sede romana fosse in quei locali, nel cuore della città. E penso a quel congedo spirituale del padre Arrupe in Thailandia, proprio in un centro per i rifugiati. Servire, accompagnare, difendere: le tre parole che sono il programma di lavoro per i Gesuiti e i loro collaboratori. Servire. Che cosa significa? Servire significa accogliere la persona che arriva, con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione, come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli. Servire significa lavorare a fianco dei più bisognosi, stabilire con loro prima di tutto relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà. Solidarietà, questa parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. È quasi una parolaccia per loro. Ma è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione. I poveri sono anche maestri privilegiati della nostra conoscenza di Dio; la loro fragilità e semplicità smascherano i nostri egoismi, le nostre false sicurezze, le nostre pretese di autosufficienza e ci guidano all’esperienza della vicinanza e della tenerezza di Dio, a ricevere nella nostra vita il suo amore, la sua misericordia di Padre che, con discrezione e paziente fiducia, si prende cura di noi, di tutti noi. Da questo luogo di accoglienza, di incontro e di servizio vorrei allora che partisse una domanda per tutti, per tutte le persone che abitano qui in questa diocesi di Roma: mi chino su chi è in difficoltà oppure ho paura di sporcarmi le mani? Sono chiuso in me stesso, nelle mie cose, o mi accorgo di chi ha bisogno di aiuto? Servo solo me stesso o so servire gli altri come Cristo che è venuto per servire fino a donare la sua vita? Guardo negli 888 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale occhi di coloro che chiedono giustizia o indirizzo lo sguardo verso l’altro lato? Per non guardare gli occhi? Accompagnare. In questi anni, il Centro Astalli ha fatto un cammino. All’inizio offriva servizi di prima accoglienza: una mensa, un posto-letto, un aiuto legale. Poi ha imparato ad accompagnare le persone nella ricerca del lavoro e nell’inserimento sociale. E quindi ha proposto anche attività culturali, per contribuire a far crescere una cultura dell’accoglienza, una cultura dell’incontro e della solidarietà, a partire dalla tutela dei diritti umani. La sola accoglienza non basta. Non basta dare un panino se non è accompagnato dalla possibilità di imparare a camminare con le proprie gambe. La carità che lascia il povero così com’è non è sufficiente. La misericordia vera, quella che Dio ci dona e ci insegna, chiede la giustizia, chiede che il povero trovi la strada per non essere più tale. Chiede – e lo chiede a noi Chiesa, a noi città di Roma, alle istituzioni – chiede che nessuno debba più avere bisogno di una mensa, di un alloggio di fortuna, di un servizio di assistenza legale per vedere riconosciuto il proprio diritto a vivere e a lavorare, a essere pienamente persona. Adam ha detto: « Noi rifugiati abbiamo il dovere di fare del nostro meglio per essere integrati in Italia ». E questo è un diritto: l’integrazione! E Carol ha detto: « I Siriani in Europa sentono la grande responsabilità di non essere un peso, vogliamo sentirci parte attiva di una nuova società ». Anche questo è un diritto! Ecco, questa responsabilità è la base etica, è la forza per costruire insieme. Mi domando: noi accompagniamo questo cammino? Difendere. Servire, accompagnare vuol dire anche difendere, vuol dire mettersi dalla parte di chi è più debole. Quante volte leviamo la voce per difendere i nostri diritti, ma quante volte siamo indifferenti verso i diritti degli altri! Quante volte non sappiamo o non vogliamo dare voce alla voce di chi – come voi – ha sofferto e soffre, di chi ha visto calpestare i propri diritti, di chi ha vissuto tanta violenza che ha soffocato anche il desiderio di avere giustizia! Per tutta la Chiesa è importante che l’accoglienza del povero e la promozione della giustizia non vengano affidate solo a degli « specialisti », ma siano un’attenzione di tutta la pastorale, della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi, dell’impegno normale di tutte le parrocchie, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali. In particolare – e questo è importante e lo dico dal cuore – in particolare vorrei invitare anche gli Istituti religiosi a leggere seriamente e con responsabilità questo segno dei tempi. Il Signore chiama Acta Francisci Pp. 889 a vivere con più coraggio e generosità l’accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti… Carissimi religiosi e religiose, i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio la accoglienza nei conventi vuoti. Certo non è qualcosa di semplice, ci vogliono criterio, responsabilità, ma ci vuole anche coraggio. Facciamo tanto, forse siamo chiamati a fare di più, accogliendo e condividendo con decisione ciò che la Provvidenza ci ha donato per servire. Superare la tentazione della mondanità spirituale per essere vicini alle persone semplici e soprattutto agli ultimi. Abbiamo bisogno di comunità solidali che vivano l’amore in modo concreto! Ogni giorno, qui e in altri centri, tante persone, in prevalenza giovani, si mettono in fila per un pasto caldo. Queste persone ci ricordano sofferenze e drammi dell’umanità. Ma quella fila ci dice anche che fare qualcosa, adesso, tutti, è possibile. Basta bussare alla porta, e provare a dire: « Io ci sono. Come posso dare una mano? ». Vi ringrazio per l’accoglienza in questa Casa. Grazie! Grazie per la testimonianza, grazie per l’aiuto, grazie per le vostre preghiere, grazie per il desiderio, la voglia di andare avanti, di lottare e andare avanti. Grazie per difendere la vostra, la nostra dignità umana. Grazie tante. Che Dio vi benedica, a tutti! 890 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale II Ad Participes conventus Episcopis nuper consecratis.* Il Salmo ci dice: « Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme ».1 Penso abbiate sperimentato la verità di queste parole nei giorni trascorsi qui a Roma vivendo un’esperienza di fraternità; fraternità che è favorita dall’amicizia, dal conoscersi, dallo stare insieme, ma che è data soprattutto dai vincoli sacramentali della comunione nel Collegio episcopale e con il Vescovo di Roma. Questo formare un « unico corpo » vi orienti nel vostro lavoro quotidiano e vi spinga a chiedervi: come vivere lo spirito di collegialità e collaborazione nell’Episcopato? Come essere costruttori di comunione e di unità nella Chiesa che il Signore mi ha affidato? Il Vescovo è uomo di comunione, è uomo di unità, « visibile principio e fondamento di unità »!2 Cari Fratelli nell’Episcopato, vi saluto uno ad uno, Vescovi latini e orientali: voi mostrate la grande ricchezza e varietà della Chiesa! Ringrazio il Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, per il saluto che mi ha rivolto anche a nome vostro e per aver organizzato queste giornate, in cui siete pellegrini presso la Tomba di Pietro per rafforzare la comunione e per pregare e riflettere sul vostro ministero. Con lui saluto il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ed il Cardinale Luis Antonio Tagle, Arcivescovo di Manila, e Monsignor Lorenzo Baldisseri, infaticabile lavoratore per queste cose. « Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio, non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge ».3 Queste parole di san Pietro siano scolpite nel cuore! Siamo chiamati e costituiti Pastori, non Pastori da noi stessi, ma dal Signore e non per servire noi stessi, ma il gregge che ci è stato affidato, servirlo fino a dare la vita come Cristo, il Buon Pastore.4 * Die 19 Septembris 2013 1 Sal 132, 1. 2 Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 23. 3 1 Pt 5, 2. 4 Cfr Gv 10, 11. Acta Francisci Pp. 891 Che cosa significa pascere, avere « abituale e quotidiana cura del gregge »?5 Tre brevi pensieri. Pascere significa: accogliere con magnanimità, camminare con il gregge, rimanere con il gregge. Accogliere, camminare, rimanere. 1. Accogliere con magnanimità. Il vostro cuore sia così grande da saper accogliere tutti gli uomini e le donne che incontrerete lungo le vostre giornate e che andrete a cercare quando vi metterete in cammino nelle vostre parrocchie ed in ogni comunità. Fin d’ora chiedetevi: coloro che busseranno alla porta della mia casa, come la troveranno? Se la troveranno aperta, attraverso la vostra bontà, la vostra disponibilità, sperimenteranno la paternità di Dio e capiranno come la Chiesa sia una buona madre che sempre accoglie e ama. 2. Camminare con il gregge. Accogliere con magnanimità, camminare. Accogliere tutti per camminare con tutti. Il Vescovo è in cammino con e nel suo gregge. Questo vuol dire mettersi in cammino con i propri fedeli e con tutti coloro che si rivolgeranno a voi, condividendone gioie e speranze, difficoltà e sofferenze, come fratelli e amici, ma ancora di più come padri, che sono capaci di ascoltare, comprendere, aiutare, orientare. Il camminare insieme richiede amore, e il nostro è un servizio di amore, amoris officium diceva sant’Agostino.6 a. E nel camminare vorrei richiamare l’affetto verso i vostri sacerdoti. I vostri sacerdoti sono il primo prossimo; il sacerdote è il primo prossimo del Vescovo – amate il prossimo, ma il primo prossimo è quello –, indispensabili collaboratori di cui ricercare il consiglio e l’aiuto, di cui prendersi cura come padri, fratelli e amici. Tra i primi compiti che avete c’è la cura spirituale del presbiterio, ma non dimenticate le necessità umane di ciascun sacerdote, soprattutto nei momenti più delicati ed importanti del loro ministero e della loro vita. Non è mai tempo perso quello passato con i sacerdoti! Riceverli quando lo chiedono; non lasciare senza risposta una chiamata telefonica. Io ho sentito – non so se è vero, ma l’ho sentito tante volte nella mia vita – da preti, quando davo esercizi a preti: « Mah! Ho chiamato il Vescovo e il segretario mi dice che non ha tempo per ricevermi ». E così per mesi e mesi e mesi. Non so se è vero. Ma se un prete chiama il Vescovo, lo stesso giorno, o almeno il giorno seguente, la telefonata: « Ho sentito, 5 6 Conc. Ecum Vat. II, Lumen gentium, 27. In Io. Ev. tract. 123, 5: PL 35, 1967. 892 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale cosa vuoi? Adesso non posso riceverti, ma vediamo di cercare insieme la data ». Che senta che il padre risponde, per favore. Al contrario, il prete può pensare: « Ma a questo non importa; questo non è padre, è capo di un ufficio! ». Pensate bene a questo. Sarebbe un bel proposito questo: davanti ad una chiamata di un prete, se non posso questo giorno, almeno il giorno seguente rispondere. E poi vedere quando è possibile incontrarlo. Essere in continua vicinanza, in contatto continuo con loro. b. Poi la presenza nella diocesi. Nell’omelia della Messa Crismale di quest’anno dicevo che i Pastori devono avere « l’odore delle pecore ». Siate Pastori con l’odore delle pecore, presenti in mezzo al vostro popolo come Gesù Buon Pastore. La vostra presenza non è secondaria, è indispensabile. La presenza! La chiede il popolo stesso, che vuole vedere il proprio Vescovo camminare con lui, essere vicino a lui. Ne ha bisogno per vivere e per respirare! Non chiudetevi! Scendete in mezzo ai vostri fedeli, anche nelle periferie delle vostre diocesi e in tutte quelle « periferie esistenziali » dove c’è sofferenza, solitudine, degrado umano. Presenza pastorale significa camminare con il Popolo di Dio: camminare davanti, indicando il cammino, indicando la via; camminare in mezzo, per rafforzarlo nell’unità; camminare dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il Popolo di Dio per trovare nuove strade. Un Vescovo che vive in mezzo ai suoi fedeli ha le orecchie aperte per ascoltare « ciò che lo Spirito dice alle Chiese »7 e la « voce delle pecore », anche attraverso quegli organismi diocesani che hanno il compito di consigliare il Vescovo, promuovendo un dialogo leale e costruttivo. Non si può pensare a un Vescovo che non abbia questi organismi diocesani: consiglio presbiterale, i consultori, consiglio pastorale, consiglio degli affari economici. Questo significa essere proprio col popolo. Questa presenza pastorale vi consentirà di conoscere a fondo anche la cultura, le usanze, i costumi del territorio, la ricchezza di santità che vi è presente. Immergersi nel proprio gregge! c. E qui vorrei aggiungere: lo stile di servizio al gregge sia quello dell’umiltà, direi anche dell’austerità e dell’essenzialità. Per favore, noi Pastori non siamo uomini con la « psicologia da principi » – per favore – uomini ambiziosi, che sono sposi di questa Chiesa, nell’attesa di un’altra più bella o più ricca. Ma questo è uno scandalo! Se viene un penitente e ti dice: « Io sono sposato, vivo con mia moglie, ma guardo continuamente a quella donna 7 Ap 2, 7. Acta Francisci Pp. 893 che è più bella della mia: è peccato, Padre? » Il Vangelo dice: è peccato di adulterio. C’è un « adulterio spirituale »? Non so, pensate voi. Non essere nell’attesa di un’altra più bella, più importante, più ricca. State bene attenti di non cadere nello spirito del carrierismo! È un cancro, quello! Non è solo con la parola, ma anche e soprattutto con la testimonianza concreta di vita che siamo maestri ed educatori del nostro popolo. L’annuncio della fede chiede di conformare la vita a ciò che si insegna. Missione e vita sono inseparabili.8 È una domanda da farci ogni giorno: ciò che vivo corrisponde a ciò che insegno? 3. Accogliere, camminare. E il terzo e ultimo elemento: rimanere con il gregge. Mi riferisco alla stabilità, che ha due aspetti precisi: « rimanere » nella diocesi, e rimanere in « questa » diocesi, come ho detto, senza cercare cambi o promozioni. Non si può conoscere veramente come pastori il proprio gregge, camminare davanti, in mezzo e dietro ad esso, curarlo con l’insegnamento, l’amministrazione dei Sacramenti e la testimonianza di vita, se non si rimane in diocesi. In questo, Trento è attualissimo: residenza. Il nostro è un tempo in cui si può viaggiare, muoversi da un punto all’altro con facilità, un tempo in cui i rapporti sono veloci, l’epoca di internet. Ma l’antica legge della residenza non è passata di moda! È necessaria per il buon governo pastorale.9 Certo c’è una sollecitudine per le altre Chiese e per quella universale che possono chiedere di assentarsi dalla diocesi, ma sia per lo stretto tempo necessario e non abitualmente. Vedete, la residenza non è richiesta solo per una buona organizzazione, non è un elemento funzionale; ha una radice teologica! Siete sposi della vostra comunità, legati profondamente ad essa! Vi chiedo, per favore, di rimanere in mezzo al vostro popolo. Rimanere, rimanere… Evitate lo scandalo di essere « Vescovi di aeroporto »! Siate Pastori accoglienti, in cammino con il vostro popolo, con affetto, con misericordia, con dolcezza del tratto e fermezza paterna, con umiltà e discrezione, capaci di guardare anche ai vostri limiti e di avere una dose di buon umorismo. Questa è una grazia che dobbiamo chiedere, noi Vescovi. Tutti noi dobbiamo chiedere questa grazia: Signore, dammi il senso dell’umorismo. Trovare la strada di ridere di se stessi, prima, e un po’ delle cose. E rimanete con il vostro gregge! 8 9 Cfr Giovanni Paolo II, Pastores gregis, 31. Direttorio Apostolorum Successores, 161. 894 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Cari Confratelli, ritornando nelle vostre diocesi portate il mio saluto a tutti, in particolare ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, ai seminaristi, a tutti i fedeli, e a coloro che hanno più bisogno della vicinanza del Signore. La presenza – come ha detto il Cardinale Ouellet – di due Vescovi siriani ci spinge ancora una volta a chiedere insieme a Dio il dono della pace. Pace per la Siria, pace per il Medio Oriente, pace per il mondo! Per favore, ricordatevi di pregare per me; io lo faccio per voi. A ciascuno e alle vostre Comunità di cuore do la mia benedizione. Grazie. III Ad Sessionem plenariam Pontificii Consilii de Communicationibus socialibus.* Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Vi saluto tutti e vi ringrazio per il servizio che svolgete in un settore importante, quello della comunicazione, ma dopo aver sentito mons. Celli devo cancellare « settore »… una « dimensione esistenziale » importante… Ringrazio Mons. Claudio Maria Celli per il saluto che mi ha rivolto anche a nome vostro. Vorrei condividere con voi alcuni pensieri. 1. Primo: l’importanza della comunicazione per la Chiesa. Quest’anno ricorrono i 50 anni dell’approvazione del Decreto Conciliare Inter mirifica. Non si tratta solo di un ricordo; quel Documento esprime l’attenzione della Chiesa alla comunicazione e ai suoi strumenti, importanti anche in una dimensione evangelizzatrice. Ma agli strumenti della comunicazione; la comunicazione non è uno strumento! È un’altra cosa… Negli ultimi decenni i mezzi di comunicazione si sono molto evoluti, ma questa sollecitudine rimane, assumendo nuove sensibilità e forme. Il panorama comunicativo è diventato a poco a poco per molti un « ambiente di vita », una rete dove le persone comunicano, dilatano i confini delle proprie conoscenze e delle proprie relazioni.1 Sottolineo soprattutto questi aspetti positivi, nonostante siamo tutti consapevoli dei limiti e dei fattori nocivi che pure esistono. 2. In questo contesto – ed ecco il secondo pensiero – ci dobbiamo domandare: che ruolo deve avere la Chiesa con le sue realtà operative e * Die 21 Septembris 2013 1 Cfr Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2013. Acta Francisci Pp. 895 comunicative? In ogni situazione, al di là delle tecnologie, credo che l’obiettivo sia quello di sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi. Sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze. Sono uomini e donne a volte un po’ delusi da un cristianesimo che a loro sembra sterile, in difficoltà proprio nel comunicare in modo incisivo il senso profondo che dona la fede. In effetti, noi assistiamo, proprio oggi, nell’era della globalizzazione, ad una crescita del disorientamento, della solitudine; vediamo diffondersi lo smarrimento circa il senso della vita, l’incapacità di fare riferimento ad una « casa », la fatica di intessere legami profondi. È importante, allora, saper dialogare, entrando, con discernimento, anche negli ambiti creati dalle nuove tecnologie, nelle reti sociali, per far emergere una presenza, una presenza che ascolta, dialoga, incoraggia. Non abbiate timore di essere questa presenza, portando la vostra identità cristiana nel farvi cittadini di questo ambiente. Una Chiesa che accompagna il cammino, sa mettersi in cammino con tutti! E anche c’è un’antica regola dei pellegrini, che Sant’Ignazio assume, per questo io la conosco! In una delle sue regole dice che quello che accompagna un pellegrino e che va col pellegrino, deve andare al passo del pellegrino, non più avanti e non ritardare. E questo è quello che voglio dire: una Chiesa che accompagna il cammino e che sappia mettersi in cammino, come cammina oggi. Questa regola del pellegrino ci aiuterà a ispirare le cose. 3. Il terzo: è una sfida quella che tutti noi affrontiamo insieme, in questo contesto comunicativo, e la problematica non è principalmente tecnologica. Ci dobbiamo domandare: siamo capaci, anche in questo campo, di portare Cristo, o meglio di portare all’incontro di Cristo? Di camminare col pellegrino esistenziale, ma come camminava Gesù con quelli di Emmaus, riscaldando il cuore, facendo trovare loro il Signore? Siamo capaci di comunicare il volto di una Chiesa che sia la « casa » per tutti? Noi parliamo della Chiesa con le porte chiuse. Ma questo è più che una Chiesa con le porte aperte, è più! Trovare insieme, fare « casa », fare Chiesa, fare « casa ». Chiesa con le porte chiuse, Chiesa con le porte aperte. È questo: in cammino fare Chiesa. Una sfida! Far riscoprire, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, oltre che nell’incontro personale, la bellezza di tutto ciò che è alla base del nostro cammino e della nostra vita, la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore. La nostra presenza, le nostre 896 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale iniziative sanno rispondere a questa esigenza o rimaniamo tecnici? Abbiamo un tesoro prezioso da trasmettere, un tesoro che porta luce e speranza. Ce n’è tanto bisogno! Ma tutto ciò esige un’attenta e qualificata formazione, di sacerdoti, di religiosi, di religiose, laici, anche in questo settore. Il grande continente digitale non è semplicemente tecnologia, ma è formato da uomini e donne reali che portano con sé ciò che hanno dentro, le proprie speranze, le proprie sofferenze, le proprie ansie, la ricerca del vero, del bello e del buono. C’è bisogno di saper indicare e portare Cristo, condividendo queste gioie e speranze, come Maria che ha portato Cristo al cuore dell’uomo; c’è bisogno di saper entrare nella nebbia dell’indifferenza senza perdersi; c’è bisogno di scendere anche nella notte più buia senza essere invasi dal buio e smarrirsi; c’è bisogno di ascoltare le illusioni di tanti, senza lasciarsi sedurre; c’è bisogno di accogliere le delusioni, senza cadere nell’amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi sciogliere e scomporsi nella propria identità.2 Questo è il cammino. Questa è la sfida. È importante cari amici, l’attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro con Cristo, ma l’incontro con Cristo è un incontro personale. Non si può manipolare. In questo tempo noi abbiamo una grande tentazione nella Chiesa, che è l’« acoso » [molestia] spirituale: manipolare le coscienze; un lavaggio di cervello teologale, che alla fine ti porta a un incontro con Cristo puramente nominalistico, non con la Persona di Cristo Vivo. Nell’incontro di una persona con Cristo, c’entra Cristo e la persona! Non quello che vuole l’ingegnere spirituale che vuol manipolare. Questa è la sfida. Portarlo all’incontro con Cristo nella consapevolezza, però, che noi siamo mezzi e che il problema di fondo non è l’acquisizione di sofisticate tecnologie, anche se necessarie ad una presenza attuale e valida. Sia sempre ben chiaro in noi che il Dio in cui crediamo, un Dio appassionato per l’uomo, vuole manifestarsi attraverso i nostri mezzi, anche se sono poveri, perché è Lui che opera, è Lui che trasforma, è Lui che salva la vita dell’uomo. E la nostra preghiera, di tutti, perché il Signore riscaldi il nostro cuore e ci sostenga nell’affascinante missione di portarlo al mondo. Mi raccomando alle vostre preghiere, perché anche io ho questa missione, e volentieri vi do la mia Benedizione. 2 Cfr Discorso all’Episcopato del Brasile, 27 luglio 2013, 4. Acta Francisci Pp. 897 IV Iter Pastorale in Carales. Ad orbem culturae.* Cari amici, buon pomeriggio! Rivolgo a tutti il mio saluto cordiale. Ringrazio il Padre Preside e i Rettori Magnifici per le loro parole di accoglienza, e auguro ogni bene per il lavoro delle tre Istituzioni. Mi piace aver sentito che lavorano insieme, come amici: e questo è buono! Ringrazio e incoraggio la Pontificia Facoltà Teologica, che ci ospita, in particolare i Padri Gesuiti, che vi svolgono con generosità il loro prezioso servizio, e l’intero Corpo Accademico. La preparazione dei candidati al sacerdozio rimane un obiettivo primario, ma anche la formazione dei laici è molto importante. Non voglio fare una lezione accademica, anche se il contesto e voi che siete un gruppo qualificato forse lo richiederebbero. Preferisco offrire alcune riflessioni a voce alta che partono dalla mia esperienza di uomo e di Pastore della Chiesa. E per questo mi lascio guidare da un brano del Vangelo, facendone una lettura « esistenziale », quello dei discepoli di Emmaus: due discepoli di Gesù che, dopo la sua morte, se ne vanno da Gerusalemme e tornano al paese. Ho scelto tre parole chiave: disillusione, rassegnazione, speranza. 1. Questi due discepoli portano nel cuore la sofferenza e il disorientamento per la morte di Gesù, sono delusi per come sono andate a finire le cose. Un sentimento analogo lo ritroviamo anche nella nostra situazione attuale: la delusione, la disillusione, a causa di una crisi economico-finanziaria, ma anche ecologica, educativa, morale, umana. È una crisi che riguarda il presente e il futuro storico, esistenziale dell’uomo in questa nostra civiltà occidentale, e che finisce poi per interessare il mondo intero. E quando dico crisi, non penso ad una tragedia. I cinesi, quando vogliono scrivere la parola crisi, la scrivono con due caratteri: il carattere del pericolo e il carattere dell’opportunità. Quando parliamo di crisi, parliamo di pericoli, ma anche di opportunità. Questo è il senso in cui io utilizzo la parola. Certo, ogni epoca della storia porta in sé elementi critici, ma, almeno negli ultimi quattro secoli, non si sono viste così scosse le certezze fondamentali * Die 22 Septembris 2013 898 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale che costituiscono la vita degli esseri umani come nella nostra epoca. Penso al deterioramento dell’ambiente: questo è pericoloso, pensiamo un po’ avanti, alla guerra dell’acqua che viene; agli squilibri sociali; alla terribile potenza delle armi – ne abbiamo parlato tanto, in questi giorni; al sistema economico-finanziario, il quale ha al centro non l’uomo, ma il denaro, il dio denaro; allo sviluppo e al peso dei mezzi di informazione, con tutta la loro positività, di comunicazione, di trasporto. È un cambiamento che riguarda il modo stesso in cui l’umanità porta avanti la sua esistenza nel mondo. 2. Di fronte a questa realtà quali sono le reazioni? Ritorniamo ai due discepoli di Emmaus: delusi di fronte alla morte di Gesù, si mostrano rassegnati e cercano di fuggire dalla realtà, lasciano Gerusalemme. Gli stessi atteggiamenti li possiamo leggere anche in questo momento storico. Di fronte alla crisi ci può essere la rassegnazione, il pessimismo verso ogni possibilità di efficace intervento. In un certo senso è un « chiamarsi fuori » dalla stessa dinamica dell’attuale tornante storico, denunciandone gli aspetti più negativi con una mentalità simile a quel movimento spirituale e teologico del II secolo dopo Cristo che viene chiamato « apocalittico ». Noi ne abbiamo la tentazione, pensare in chiave apocalittica. Questa concezione pessimistica della libertà umana e dei processi storici porta ad una sorta di paralisi dell’intelligenza e della volontà. La disillusione porta anche ad una sorta di fuga, a ricercare « isole » o momenti di tregua. È qualcosa di simile all’atteggiamento di Pilato, il « lavarsi le mani ». Un atteggiamento che appare « pragmatico », ma che di fatto ignora il grido di giustizia, di umanità e di responsabilità sociale e porta all’individualismo, all’ipocrisia, se non ad una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione. 3. A questo punto ci chiediamo: c’è una via da percorrere in questa nostra situazione? Dobbiamo rassegnarci? Dobbiamo lasciarci oscurare la speranza? Dobbiamo fuggire dalla realtà? Dobbiamo « lavarci le mani » e chiuderci in noi stessi? Penso non solo che ci sia una strada da percorrere, ma che proprio il momento storico che viviamo ci spinga a cercare e trovare vie di speranza, che aprano orizzonti nuovi alla nostra società. E qui è prezioso il ruolo dell’Università. L’Università come luogo di elaborazione e trasmissione del sapere, di formazione alla « sapienza » nel senso più profondo del termine, di educazione integrale della persona. In questa direzione, vorrei offrire alcuni brevi spunti su cui riflettere. Acta Francisci Pp. 899 a. L’Università come luogo del discernimento. È importante leggere la realtà, guardandola in faccia. Le letture ideologiche o parziali non servono, alimentano solamente l’illusione e la disillusione. Leggere la realtà, ma anche vivere questa realtà, senza paure, senza fughe e senza catastrofismi. Ogni crisi, anche quella attuale, è un passaggio, il travaglio di un parto che comporta fatica, difficoltà, sofferenza, ma che porta in sé l’orizzonte della vita, di un rinnovamento, porta la forza della speranza. E questa non è una crisi di « cambio »: è una crisi di « cambio di epoca ». È un’epoca, quella che cambia. Non sono cambiamenti epocali superficiali. La crisi può diventare momento di purificazione e di ripensamento dei nostri modelli economicosociali e di una certa concezione del progresso che ha alimentato illusioni, per recuperare l’umano in tutte le sue dimensioni. Il discernimento non è cieco, né improvvisato: si realizza sulla base di criteri etici e spirituali, implica l’interrogarsi su ciò che è buono, il riferimento ai valori propri di una visione dell’uomo e del mondo, una visione della persona in tutte le sue dimensioni, soprattutto in quella spirituale, trascendente; non si può considerare mai la persona come « materiale umano »! Questa è forse la proposta nascosta del funzionalismo. L’Università come luogo di « sapienza » ha una funzione molto importante nel formare al discernimento per alimentare la speranza. Quando il viandante sconosciuto, che è Gesù Risorto, si accosta ai due discepoli di Emmaus, tristi e sconsolati, non cerca di nascondere la realtà della Crocifissione, dell’apparente sconfitta che ha provocato la loro crisi, al contrario li invita a leggere la realtà per guidarli alla luce della sua Risurrezione: « Stolti e lenti di cuore… Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella gloria? ».1 Fare discernimento significa non fuggire, ma leggere seriamente, senza pregiudizi, la realtà. b. Un altro elemento: l’Università come luogo in cui si elabora la cultura della prossimità, cultura della prossimità. Questa è una proposta: cultura della vicinanza. L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì. L’Università è luogo privilegiato in cui si promuove, si insegna, si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi – uno dei rischi della globalizzazione è questo –, e neppure li estremizza facendoli diven1 Lc 24, 25-26. 900 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale tare motivo di scontro, ma apre al confronto costruttivo. Questo significa comprendere e valorizzare le ricchezze dell’altro, considerandolo non con indifferenza o con timore, ma come fattore di crescita. Le dinamiche che regolano i rapporti tra persone, tra gruppi, tra Nazioni spesso non sono di vicinanza, di incontro, ma di scontro. Mi richiamo ancora al brano evangelico. Quando Gesù si avvicina ai due discepoli di Emmaus, condivide il loro cammino, ascolta la loro lettura della realtà, la loro delusione, e dialoga con loro; proprio in questo modo riaccende nei loro cuori la speranza, apre nuovi orizzonti che erano già presenti, ma che solo l’incontro con il Risorto permette di riconoscere. Non abbiate mai paura dell’incontro, del dialogo, del confronto, anche tra Università. A tutti i livelli. Qui siamo nella sede della Facoltà Teologica. Permettetemi di dirvi: non abbiate timore di aprirvi anche agli orizzonti della trascendenza, all’incontro con Cristo o di approfondire il rapporto con Lui. La fede non riduce mai lo spazio della ragione, ma lo apre ad una visione integrale dell’uomo e della realtà, e difende dal pericolo di ridurre l’uomo a « materiale umano ». c. Un ultimo elemento: l’Università come luogo di formazione alla solidarietà. La parola solidarietà non appartiene solo al vocabolario cristiano, è una parola fondamentale del vocabolario umano. Come ho detto oggi, è una parola che in questa crisi rischia di essere cancellata dal dizionario. Il discernimento della realtà, assumendo il momento di crisi, la promozione di una cultura dell’incontro e del dialogo, orientano verso la solidarietà, come elemento fondamentale per un rinnovamento delle nostre società. L’incontro, il dialogo tra Gesù e i due discepoli di Emmaus, che riaccende la speranza e rinnova il cammino della loro vita, porta alla condivisione: lo riconobbero nello spezzare il pane. È il segno dell’Eucaristia, di Dio che si fa così vicino in Cristo da farsi presenza costante, da condividere la sua stessa vita. E questo dice a tutti, anche a chi non crede, che è proprio in una solidarietà non detta, ma vissuta, che i rapporti passano dal considerare l’altro come « materiale umano » o come « numero », al considerarlo come persona. Non c’è futuro per nessun Paese, per nessuna società, per il nostro mondo, se non sapremo essere tutti più solidali. Solidarietà quindi come modo di fare la storia, come ambito vitale in cui i conflitti, le tensioni, anche gli opposti raggiungono un’armonia che genera vita. In questo, pensando a questa realtà dell’incontro nella crisi, ho trovato nei politici giovani un’altra maniera di pensare la politica. Non dico migliore o non migliore ma un’altra maniera. Acta Francisci Pp. 901 Parlano diversamente, stanno cercando… la musica loro è diversa dalla musica nostra. Non abbiamo paura! Sentiamoli, parliamo con loro. Loro hanno un’intuizione: apriamoci alla loro intuizione. È l’intuizione della vita giovane. Dico i politici giovani perché è quello che ho sentito, ma i giovani in genere cercano questa chiave diversa. Per aiutarci all’incontro, ci aiuterà sentire la musica di questi politici, « scientifici », pensatori giovani. Prima di concludere, permettetemi di sottolineare che a noi cristiani la fede stessa dona una speranza solida che spinge a discernere la realtà, a vivere la vicinanza e la solidarietà, perché Dio stesso è entrato nella nostra storia, diventando uomo in Gesù, si è immerso nella nostra debolezza, facendosi vicino a tutti, mostrando solidarietà concreta, specialmente ai più poveri e bisognosi, aprendoci un orizzonte infinito e sicuro di speranza. Cari amici, grazie per questo incontro e per la vostra attenzione; la speranza sia la luce che illumina sempre il vostro studio e il vostro impegno. E il coraggio sia il tempo musicale per andare avanti! Che il Signore vi benedica! 902 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale V Iter Pastorale in Carales. Dum iuvenes convenit.* Cari giovani di Sardegna! Sembra che ci siano alcuni giovani, no? Alcuni! Alcuni o tanti? Ce ne sono tanti! Grazie di essere venuti in tanti a questo incontro! E grazie ai « portavoce ». Vedervi mi fa pensare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro: alcuni di voi erano là, ma molti sicuramente hanno seguito con la televisione e internet. È stata un’esperienza molto bella, una festa della fede e della fraternità, che riempie di gioia. La stessa gioia che proviamo oggi. Ringraziamo il Signore e la Vergine Maria, Nostra Signora di Bonaria: è lei che ci ha fatti incontrare qui. Pregatela spesso, è una buona mamma, ve lo assicuro! Alcune delle vostre « pregunte », delle domande… ma, anche io parlo un dialetto, qui! Alcune delle vostre domande sono sulla stessa direzione. Io penso al Vangelo sulla riva del lago di Galilea, dove vivevano e lavoravano Simone – che poi Gesù chiamerà Pietro – e suo fratello Andrea, insieme con Giacomo e Giovanni, anch’essi fratelli, tutti pescatori. Gesù è circondato dalla folla che vuole ascoltare la sua parola; vede quei pescatori accanto alle barche mentre ripuliscono le reti. Sale sulla barca di Simone e gli chiede di allontanarsi un po’ dalla riva, e così, stando seduto sulla barca, parla alla gente; Gesù, sulla barca, parla alla gente. Quando ha terminato, dice a Simone di prendere il largo e gettare le reti. Questa richiesta è una prova per Simone – sentite bene la parola: una « prova » – perché lui e gli altri erano appena rientrati da una notte di pesca andata male. Simone è un uomo pratico e sincero, e dice subito a Gesù: « Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla ». Questo è il primo punto: l’esperienza del fallimento. Nelle vostre domande c’era questa esperienza: il Sacramento della Cresima – come si chiama, questo Sacramento? La Cresima …no! È cambiato il nome: « Sacramento dell’addio ». Fanno questo e se ne vanno dalla Chiesa: è vero o no? Questa è un’esperienza di fallimento. L’altra esperienza di fallimento: i giovani che non ci sono nella parrocchia: avete parlato di questo, voi. Questa esperienza del fallimento, qualcosa che va storto, una delusione. Nella giovinezza si è * Die 22 Septembris 2013 Acta Francisci Pp. 903 proiettati in avanti, ma a volte capita di vivere un fallimento, una frustrazione: è una prova, ed è importante! E adesso io voglio fare una domanda a voi, ma non rispondete a voce, ma in silenzio. Ognuno nel suo cuore pensi, pensate alle esperienze di fallimento che voi avete sperimentato, pensate. È certo: tutti noi ne abbiamo, tutti noi ne abbiamo. Nella Chiesa facciamo tante volte questa esperienza: i sacerdoti, i catechisti, gli animatori si affaticano molto, spendono tante energie, ce la mettono tutta, e alla fine non vedono risultati sempre corrispondenti ai loro sforzi. Lo hanno detto anche i vostri « portavoce », nelle prime due domande. Facevano riferimento alle comunità dove la fede appare un po’ sbiadita, non molti fedeli partecipano attivamente alla vita della Chiesa, si vedono dei cristiani a volte stanchi e tristi, e molti ragazzi, dopo aver ricevuto la Cresima, se ne vanno. Il Sacramento del congedo, dell’addio, come ho detto io. È un’esperienza di fallimento, un’esperienza che ci lascia vuoti, ci scoraggia. È vero o no? [Sì, rispondono i giovani] È vero o no? [Sì, rispondono ancora] 2. Di fronte a questa realtà, giustamente voi vi chiedete: che cosa possiamo fare? Certamente una cosa da non fare è quella di lasciarsi vincere dal pessimismo e dalla sfiducia. Cristiani pessimisti: è brutto questo! Voi giovani non potete e non dovete essere senza speranza, la speranza fa parte del vostro essere. Un giovane senza speranza non è giovane, è invecchiato troppo presto! La speranza fa parte della vostra giovinezza! Se voi non avete speranza, pensate seriamente, pensate seriamente… Un giovane senza gioia e senza speranza è preoccupante: non è un giovane. E quando un giovane non ha gioia, quando un giovane sente la sfiducia della vita, quando un giovane perde la speranza, dove va a trovare un po’ di tranquillità, un po’ di pace? Senza fiducia, senza speranza, senza gioia? Voi sapete, questi mercanti di morte, quelli che vendono morte ti offrono una strada per quando voi siete tristi, senza speranza, senza fiducia, senza coraggio! Per favore, non vendere la tua gioventù a questi che vendono morte! Voi mi capite di che cosa sto parlando! Tutti voi lo capite: non vendere! Ritorniamo alla scena del Vangelo: Pietro, in quel momento critico, gioca se stesso. Che cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe potuto cedere alla stanchezza e alla sfiducia, pensando che è inutile e che è meglio ritirarsi e andare a casa. Invece che cosa fa? Con coraggio, esce da se stesso e sceglie di fidarsi di Gesù. Dice: « Mah, sta bene: sulla tua parola getterò le reti ». 904 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Attenzione! Non dice: sulle mie forze, sui miei calcoli, sulla mia esperienza di esperto pescatore, ma « Sulla tua parola », sulla parola di Gesù! E il risultato è una pesca incredibile, le reti si riempiono, tanto che quasi si rompevano. Questo è il secondo punto: fidarsi di Gesù., fidarsi di Gesù. E quando dico questa cosa, io voglio essere sincero e dirvi: io non vengo qui a vendervi un’illusione. Io vengo qui a dire: c’è una Persona che può portarti avanti: fidati di Lui! È Gesù! Fidati di Gesù! E Gesù non è un’illusione! Fidarsi di Gesù. Il Signore è sempre con noi. Viene sulla riva del mare della nostra vita, si fa vicino ai nostri fallimenti, alla nostra fragilità, ai nostri peccati, per trasformarli. Non smettete mai di rimettervi in gioco, come dei buoni sportivi – alcuni di voi lo sanno bene per esperienza – che sanno affrontare la fatica dell’allenamento per raggiungere dei risultati! Le difficoltà non devono spaventarvi, ma spingervi ad andare oltre. Sentite rivolte a voi le parole di Gesù: Prendete il largo e calate le reti, giovani di Sardegna! Prendete il largo! Siate sempre più docili alla Parola del Signore: è Lui, è la sua Parola, è il seguirlo che rende fruttuoso il vostro impegno di testimonianza. Quando gli sforzi per risvegliare la fede tra i vostri amici sembrano inutili, come la fatica notturna dei pescatori, ricordatevi che con Gesù tutto cambia. La Parola del Signore ha riempito le reti, e la Parola del Signore rende efficace il lavoro missionario dei discepoli. Seguire Gesù è impegnativo, vuol dire non accontentarsi di piccole mete, del piccolo cabotaggio, ma puntare in alto con coraggio! Non è buono – non è buono – fermarsi al « non abbiamo preso nulla », ma andare oltre, andare al « prendi il largo e getta le reti » di nuovo, senza stancarci! Gesù lo ripete a ciascuno di voi. Ed è Lui che darà la forza! C’è la minaccia del lamento, della rassegnazione. Questi li lasciamo a quelli che seguono la « dea lamentela »! E voi, seguite la « dea lamentela »? Vi lamentate continuamente, come in una veglia funebre? No, i giovani non possono fare quello! La « dea lamentela » è un inganno: ti fa prendere la strada sbagliata. Quando tutto sembra fermo e stagnante, quando i problemi personali ci inquietano, i disagi sociali non trovano le dovute risposte, non è buono darsi per vinti. La strada è Gesù: farlo salire sulla nostra « barca » e prendere il largo con Lui! Lui è il Signore! Lui cambia la prospettiva della vita. La fede in Gesù conduce a una speranza che va oltre, a una certezza fondata non soltanto sulle nostre qualità e abilità, ma sulla Parola di Dio, sull’invito che viene da Lui. Senza fare troppi calcoli umani e non preoccuparsi di verificare se la realtà che vi circonda coincide con le vostre sicurezze. Acta Francisci Pp. 905 Prendete il largo, uscite da voi stessi; uscire dal nostro piccolo mondo e aprirci a Dio, per aprirci sempre più anche ai fratelli. Aprirci a Dio ci apre agli altri! Aprirsi a Dio e aprirsi agli altri. Fare qualche passo oltre noi stessi, piccoli passi, ma fateli. Piccoli passi, uscendo da voi stessi verso Dio e verso gli altri, aprendo il cuore alla fraternità, all’amicizia, alla solidarietà. 3. Terzo – e finisco: è un poco lungo! –: « Gettate le vostre reti per la pesca » (v. 4). Cari giovani sardi, la terza cosa che voglio dirvi, e così rispondo alle altre due domande, è che anche voi siete chiamati a diventare « pescatori di uomini ». Non esitate a spendere la vostra vita per testimoniare con gioia il Vangelo, specialmente ai vostri coetanei. Io voglio raccontarvi un’esperienza personale. Ieri ho fatto il 60° anniversario del giorno in cui ho sentito la voce di Gesù nel mio cuore. Ma questo lo dico non perché facciate una torta, qui, no, non lo dico per quello. Ma è un ricordo: 60 anni da quel giorno. Non lo dimentico mai. Il Signore mi ha fatto sentire fortemente che dovevo andare per quella strada. Avevo 17 anni. Sono passati alcuni anni prima che questa decisione, questo invito, fosse concreto e definitivo. Dopo sono passati tanti anni con alcuni successi, di gioia, ma tanti anni di fallimenti, di fragilità, di peccato… 60 anni sulla strada del Signore, dietro a Lui, accanto a Lui, sempre con Lui. Soltanto vi dico questo: non mi sono pentito! Non mi sono pentito! Ma perché? Perché io mi sento Tarzan e sono forte per andare avanti? No, non mi sono pentito perché sempre, anche nei momenti più bui, nei momenti del peccato, nei momenti della fragilità, nei momenti di fallimento, ho guardato Gesù e mi sono fidato di Lui, e Lui non mi ha lasciato da solo. Fidatevi di Gesù: Lui sempre va avanti, Lui va con noi! Ma, sentite, Lui non delude mai. Lui è fedele, è un compagno fedele. Pensate, questa è la mia testimonianza: sono felice di questi 60 anni con il Signore. Ma una cosa di più: andate avanti. Ho parlato troppo a lungo? [No, rispondono i giovani] Restiamo uniti nella preghiera. E andare in questa vita con Gesù: lo hanno fatto i Santi. I Santi sono così: non nascono già perfetti, già santi! Lo diventano perché, come Simon Pietro, si fidano della Parola del Signore e « prendono il largo ». La vostra terra ha dato tante testimonianze, anche recenti: le Beate Antonia Mesina, Gabriella Sagheddu, Giuseppina Nicoli; i Servi di Dio Edvige Carboni, Simonetta Tronci e Don Antonio Loi. Sono persone comuni, che invece di lamentarsi hanno « gettato le reti per la pesca ». Imitate il loro esempio, affidatevi alla loro intercessione, e siate sempre uomini e donne 906 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale di speranza! Niente lamentele! Niente scoraggiamento! Niente buttarsi giù, niente andare a comprare consolazione di morte: niente! Andare avanti con Gesù! Lui non fallisce mai, Lui non delude, Lui è leale! Pregate per me! E la Madonna vi accompagni. Cari giovani, prima di dare la Benedizione io volevo dirvi un’altra cosa. Quando io dicevo di andare avanti con Gesù, è per costruire, per fare cose buone, per portare avanti la vita, aiutare gli altri, per costruire un mondo migliore e di pace. Ma ci sono scelte sbagliate, scelte sbagliate, perché ci sono scelte di distruzione. Oggi, in Pakistan, per una scelta sbagliata, di odio, di guerra, è stato fatto un attentato e sono morte 70 persone. Questa strada non va, non serve. Soltanto la strada della pace, che costruisce un mondo migliore! Ma se non lo fate voi, se non lo fate voi, non lo farà un altro! Questo è il problema, e questa è la domanda che io vi lascio: « Sono disposto, sono disposta a prendere una strada per costruire un mondo migliore? ». Soltanto questo. E preghiamo un Padre Nostro per tutte queste persone che sono morte in questo attentato del Pakistan. Padre Nostro… Che la Madonna ci aiuti sempre a lavorare per un mondo migliore, a prendere la strada della costruzione, la strada della pace, e mai la strada della distruzione e la strada della guerra. Vi benedica Dio Onnipotente, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per favore, pregate per me. E arrivederci! Acta Francisci Pp. 907 VI Ad participes Conventus Internationalis de Catechesi occasione Anni Fidei.* Cari catechisti, buonasera! Mi piace che nell’Anno della fede ci sia questo incontro per voi: la catechesi è un pilastro per l’educazione della fede, e ci vogliono buoni catechisti! Grazie di questo servizio alla Chiesa e nella Chiesa. Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto, ci si impegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello! È forse la migliore eredità che noi possiamo dare: la fede! Educare nella fede, perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a conoscere e ad amare sempre di più il Signore è una delle avventure educative più belle, si costruisce la Chiesa! « Essere » catechisti! Non lavorare da catechisti: questo non serve! Io lavoro da catechista perché mi piace insegnare… Ma se tu non sei catechista, non serve! Non sarai fecondo, non sarai feconda! Catechista è una vocazione: « essere catechista », questa è la vocazione, non lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto « fare » i catechisti, ma « esserlo », perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. Ricordatevi quello che Benedetto XVI ci ha detto: « La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione ». E quello che attrae è la testimonianza. Essere catechista significa dare testimonianza della fede; essere coerente nella propria vita. E questo non è facile. Non è facile! Noi aiutiamo, noi guidiamo all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. A me piace ricordare quello che san Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: « Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole ». Le parole vengono… ma prima la testimonianza: che la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa leggere il Vangelo. Ed « essere » catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E questo amore non si compra nei negozi, non si compra qui a Roma neppure. Questo amore viene da Cristo! È un regalo di Cristo! È un regalo di Cristo! E se viene da Cristo parte da Cristo e noi dobbiamo ripartire da Cristo, da questo amore che Lui ci dà. Che cosa significa questo ripartire da Cristo per un catechista, per voi, anche per me, perché anch’io sono catechista? Cosa significa? * Die 27 Septembris 2013 908 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Io parlerò di tre cose: uno, due e tre, come facevano i vecchi gesuiti… uno, due e tre! 1. Prima di tutto, ripartire da Cristo significa avere familiarità con Lui, avere questa familiarità con Gesù: Gesù lo raccomanda con insistenza ai discepoli nell’Ultima Cena, quando si avvia a vivere il dono più alto di amore, il sacrificio della Croce. Gesù utilizza l’immagine della vite e dei tralci e dice: rimanete nel mio amore, rimanete attaccati a me, come il tralcio è attaccato alla vite. Se siamo uniti a Lui possiamo portare frutto, e questa è la familiarità con Cristo. Rimanere in Gesù! È un rimanere attaccati a Lui, dentro di Lui, con Lui, parlando con Lui: rimanere in Gesù. La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E questo vale sempre, è un cammino che dura tutta la vita. Ricordo, tante volte in diocesi, nell’altra diocesi che avevo prima, di aver visto alla fine dei corsi nel seminario catechistico, i catechisti che uscivano dicendo: « Ho il titolo di catechista! ». Quello non serve, non hai niente, hai fatto una piccola stradina! Chi ti aiuterà? Questo vale sempre! Non è un titolo, è un atteggiamento: stare con Lui; e dura tutta la vita! È uno stare alla presenza del Signore, lasciarsi guardare da Lui. Io vi domando: Come state alla presenza del Signore? Quando vai dal Signore, guardi il Tabernacolo, che cosa fate? Senza parole… Ma io dico, dico, penso, medito, sento… Molto bene! Ma tu ti lasci guardare dal Signore? Lasciarci guardare dal Signore. Lui ci guarda e questa è una maniera di pregare. Ti lasci guardare dal Signore? Ma come si fa? Guardi il Tabernacolo e ti lasci guardare… è semplice! È un po’ noioso, mi addormento... Addormentati, addormentati! Lui ti guarderà lo stesso, Lui ti guarderà lo stesso. Ma sei sicuro che Lui ti guarda! E questo è molto più importante del titolo di catechista: è parte dell’essere catechista. Questo scalda il cuore, tiene acceso il fuoco dell’amicizia col Signore, ti fa sentire che Lui veramente ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. In una delle uscite che ho fatto, qui a Roma, in una Messa, si è avvicinato un signore, relativamente giovane, e mi ha detto: « Padre, piacere di conoscerla, ma io non credo in niente! Non ho il dono della fede! ». Capiva che era un dono. « Non ho il dono della fede! Che cosa mi dice lei? ». « Non ti scoraggiare. Lui ti vuole bene. Lasciati guardare da Lui! Niente di più ». E questo lo dico a voi: lasciatevi guardare dal Signore! Capisco che per voi non è così semplice: specialmente per chi è sposato Acta Francisci Pp. 909 e ha figli, è difficile trovare un tempo lungo di calma. Ma, grazie a Dio, non è necessario fare tutti nello stesso modo; nella Chiesa c’è varietà di vocazioni e varietà di forme spirituali; l’importante è trovare il modo adatto per stare con il Signore; e questo si può, è possibile in ogni stato di vita. In questo momento ognuno può domandarsi: come vivo io questo « stare » con Gesù? Questa è una domanda che vi lascio: « Come vivo io questo stare con Gesù, questo rimanere in Gesù? ». Ho dei momenti in cui rimango alla sua presenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveri peccatori, riscaldare il cuore degli altri? Pensate a questo! 2. Il secondo elemento è questo. Secondo: ripartire da Cristo significa imitarlo nell’uscire da sé e andare incontro all’altro. Questa è un’esperienza bella, e un po’ paradossale. Perché? Perché chi mette al centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri. Questo è il vero dinamismo dell’amore, questo è il movimento di Dio stesso! Dio è il centro, ma è sempre dono di sé, relazione, vita che si comunica… Così diventiamo anche noi se rimaniamo uniti a Cristo, Lui ci fa entrare in questo dinamismo dell’amore. Dove c’è vera vita in Cristo, c’è apertura all’altro, c’è uscita da sé per andare incontro all’altro nel nome di Cristo. E questo è il lavoro del catechista: uscire continuamente da sé per amore, per testimoniare Gesù e parlare di Gesù, predicare Gesù. Questo è importante perché lo fa il Signore: è proprio il Signore che ci spinge a uscire. Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di « sistole – diastole »: unione con Gesù – incontro con l’altro. Sono le due cose: io mi unisco a Gesù ed esco all’incontro con gli altri. Se manca uno di questi due movimenti non batte più, non può vivere. Riceve in dono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono. Questa parolina: dono. Il catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il dono della fede e lo dà in dono agli altri. E questo è bello. E non se ne prende per sé la percentuale! Tutto quello che riceve lo dà! Questo non è un affare! Non è un affare! È puro dono: dono ricevuto e dono trasmesso. E il catechista è lì, in questo incrocio di dono. È così nella natura stessa del kerigma: è un dono che genera missione, che spinge sempre oltre se stessi. San Paolo diceva: « L’amore di Cristo ci 910 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale spinge », ma quel « ci spinge » si può tradurre anche « ci possiede ». È così: l’amore ti attira e ti invia, ti prende e ti dona agli altri. In questa tensione si muove il cuore del cristiano, in particolare il cuore del catechista. Chiediamoci tutti: è così che batte il mio cuore di catechista: unione con Gesù e incontro con l’altro? Con questo movimento di « sistole e diastole »? Si alimenta nel rapporto con Lui, ma per portarlo agli altri e non per ritenerlo? Vi dico una cosa: non capisco come un catechista possa rimanere fermo, senza questo movimento. Non capisco! 3. E il terzo elemento – tre – sta sempre in questa linea: ripartire da Cristo significa non aver paura di andare con Lui nelle periferie. Qui mi viene in mente la storia di Giona, una figura davvero interessante, specialmente nei nostri tempi di cambiamenti e di incertezza. Giona è un uomo pio, con una vita tranquilla e ordinata; questo lo porta ad avere i suoi schemi ben chiari e a giudicare tutto e tutti con questi schemi, in modo rigido. Ha tutto chiaro, la verità è questa. È rigido! Perciò quando il Signore lo chiama e gli dice di andare a predicare a Ninive, la grande città pagana, Giona non se la sente. Andare là! Ma io ho tutta la verità qui!. Non se la sente… Ninive è al di fuori dei suoi schemi, è alla periferia del suo mondo. E allora scappa, se ne va in Spagna, fugge via, si imbarca su una nave che va da quelle parti. Andate a rileggere il Libro di Giona! È breve, ma è una parabola molto istruttiva, specialmente per noi che siamo nella Chiesa. Che cosa ci insegna? Ci insegna a non aver paura di uscire dai nostri schemi per seguire Dio, perché Dio va sempre oltre. Ma sapete una cosa? Dio non ha paura! Sapevate questo voi? Non ha paura! È sempre oltre i nostri schemi! Dio non ha paura delle periferie. Ma se voi andate alle periferie, lo troverete lì. Dio è sempre fedele, è creativo. Ma, per favore, non si capisce un catechista che non sia creativo. E la creatività è come la colonna dell’essere catechista. Dio è creativo, non è chiuso, e per questo non è mai rigido. Dio non è rigido! Ci accoglie, ci viene incontro, ci comprende. Per essere fedeli, per essere creativi, bisogna saper cambiare. Saper cambiare. E perché devo cambiare? È per adeguarmi alle circostanze nelle quali devo annunziare il Vangelo. Per rimanere con Dio bisogna saper uscire, non aver paura di uscire. Se un catechista si lascia prendere dalla paura, è un codardo; se un catechista se ne sta tranquillo, finisce per essere una statua da museo: e ne abbiamo tanti! Ne abbiamo tanti! Per favore, Acta Francisci Pp. 911 niente statue da museo! Se un catechista è rigido diventa incartapecorito e sterile. Vi domando: qualcuno di voi vuole essere codardo, statua da museo o sterile? Qualcuno ha questa voglia? [catechisti: No!] No? Sicuro? Va bene! Quello che dirò adesso lo ho detto tante volte, ma mi viene dal cuore di dirlo. Quando noi cristiani siamo chiusi nel nostro gruppo, nel nostro movimento, nella nostra parrocchia, nel nostro ambiente, rimaniamo chiusi e ci succede quello che accade a tutto quello che è chiuso; quando una stanza è chiusa incomincia l’odore dell’umidità. E se una persona è chiusa in quella stanza, si ammala! Quando un cristiano è chiuso nel suo gruppo, nella sua parrocchia, nel suo movimento, è chiuso, si ammala. Se un cristiano esce per le strade, nelle periferie, può succedergli quello che succede a qualche persona che va per la strada: un incidente. Tante volte abbiamo visto incidenti stradali. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e non una Chiesa ammalata! Una Chiesa, un catechista che abbia il coraggio di correre il rischio per uscire, e non un catechista che studi, sappia tutto, ma chiuso sempre: questo è ammalato. E alle volte è ammalato dalla testa…. Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arrangiatevi. No, non dice quello! Gesù dice: Andate, io sono con voi! Questa è la nostra bellezza e la nostra forza: se noi andiamo, se noi usciamo a portare il suo Vangelo con amore, con vero spirito apostolico, con parresia, Lui cammina con noi, ci precede, – lo dico in spagnolo – ci « primerea ». Il Signore sempre ci « primerea »! Ormai avete imparato il senso di questa parola. E questo lo dice la Bibbia, non lo dico io. La Bibbia dice, il Signore dice nella Bibbia: Io sono come il fior del mandorlo. Perché? Perché è il primo fiore che fiorisce nella primavera. Lui è sempre « primero »! Lui è primo! Questo è fondamentale per noi: Dio sempre ci precede! Quando noi pensiamo di andare lontano, in una estrema periferia, e forse abbiamo un po’ di timore, in realtà Lui è già là: Gesù ci aspetta nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede. Ma voi sapete una delle periferie che mi fa così tanto male che sento dolore – lo avevo visto nella diocesi che avevo prima? È quella dei bambini che non sanno farsi il Segno della Croce. A Buenos Aires ci sono tanti bambini che non sanno farsi il Segno della Croce. Questa è una periferia! Bisogna andare là! E Gesù è là, ti aspetta, per aiutare quel bambino a farsi il Segno della Croce. Lui sempre ci precede. 912 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Cari catechisti, sono finiti i tre punti. Sempre ripartire da Cristo! Vi dico grazie per quello che fate, ma soprattutto perché ci siete nella Chiesa, nel Popolo di Dio in cammino, perché camminate con il Popolo di Dio. Rimaniamo con Cristo – rimanere in Cristo – cerchiamo di essere sempre più una cosa sola con Lui; seguiamolo, imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontro all’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbiamo l’audacia di tracciare strade nuove per l’annuncio del Vangelo. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi accompagni. Grazie! Maria è nostra Madre, Maria sempre ci porta a Gesù! Facciamo una preghiera, uno per l’altro, alla Madonna. Acta Francisci Pp. 913 VII Occasione L anniversarii a Encyclicis Litteris « Pacem in terris » promulgatis.* Cari fratelli e sorelle, buongiorno Condivido oggi con voi la commemorazione della storica Enciclica Pacem in terris, promulgata dal Beato Giovanni XXIII l’11 aprile del 1963. La Provvidenza ha voluto che questo incontro avvenga proprio poco dopo l’annuncio della sua canonizzazione. Saluto tutti, in particolare il Cardinale Turkson, ringraziandolo per le parole che mi ha rivolto anche a nome vostro. I più anziani tra noi ricordiamo bene l’epoca dell’Enciclica Pacem in Terris. Era l’apice della cosiddetta « guerra fredda ». Alla fine del 1962 l’umanità si era trovata sull’orlo di un conflitto atomico mondiale, e il Papa elevò un drammatico e accorato appello di pace, rivolgendosi così a tutti coloro che avevano la responsabilità del potere; diceva: « Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: Pace, pace! » (Radiomessaggio, 25 ottobre 1962). Era un grido agli uomini, ma era anche una supplica rivolta al Cielo. Il dialogo che allora faticosamente iniziò tra i grandi blocchi contrapposti ha portato, durante il Pontificato di un altro Beato, Giovanni Paolo II, al superamento di quella fase e all’apertura di spazi di libertà e di dialogo. I semi di pace gettati dal Beato Giovanni XXIII hanno portato frutti. Eppure, nonostante siano caduti muri e barriere, il mondo continua ad avere bisogno di pace e il richiamo della Pacem in terris rimane fortemente attuale. 1. Ma qual è il fondamento della costruzione della pace? La Pacem in terris lo vuole ricordare a tutti: esso consiste nell’origine divina dell’uomo, della società e dell’autorità stessa, che impegna i singoli, le famiglie, i vari gruppi sociali e gli Stati a vivere rapporti di giustizia e solidarietà. È compito allora di tutti gli uomini costruire la pace, sull’esempio di Gesù Cristo, attraverso queste due strade: promuovere e praticare la giustizia, con verità e amore; contribuire, ognuno secondo le sue possibilità, allo sviluppo umano integrale, secondo la logica della solidarietà. * Die 3 Octobris 2013 914 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Guardando alla nostra realtà attuale, mi chiedo se abbiamo compreso questa lezione della Pacem in terris. Mi chiedo se le parole giustizia e solidarietà sono solo nel nostro dizionario o tutti operiamo perché divengano realtà. L’Enciclica del Beato Giovanni XXIII ci ricorda chiaramente che non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo a tutti i livelli. 2. Andiamo un po’ avanti. Quali conseguenze ha richiamare l’origine divina dell’uomo, della società e della stessa autorità? La Pacem in terris focalizza una conseguenza di base: il valore della persona, la dignità di ogni essere umano, da promuovere, rispettare e tutelare sempre. E non sono solamente i principali diritti civili e politici che devono essere garantiti – afferma il Beato Giovanni XXIII – ma si deve anche offrire ad ognuno la possibilità di accedere effettivamente ai mezzi essenziali di sussistenza, il cibo, l’acqua, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione e la possibilità di formare e sostenere una famiglia. Questi sono gli obiettivi che hanno una priorità inderogabile nell’azione nazionale e internazionale e ne misurano la bontà. Da essi dipende una pace duratura per tutti. Ed è importante anche che abbia spazio quella ricca gamma di associazioni e di corpi intermedi che, nella logica della sussidiarietà e nello spirito della solidarietà, perseguano tali obiettivi. Certo, l’Enciclica afferma obiettivi ed elementi che sono ormai acquisiti dal nostro modo di pensare, ma c’è da chiedersi: lo sono veramente nella realtà? Dopo cinquant’anni, trovano riscontro nello sviluppo delle nostre società? 3. La Pacem in terris non intendeva affermare che sia compito della Chiesa dare indicazioni concrete su temi che, nella loro complessità, devono essere lasciati alla libera discussione. Sulle materie politiche, economiche e sociali non è il dogma a indicare le soluzioni pratiche, ma piuttosto sono il dialogo, l’ascolto, la pazienza, il rispetto dell’altro, la sincerità e anche la disponibilità a rivedere la propria opinione. In fondo, l’appello alla pace di Giovanni XXIII nel 1962 mirava a orientare il dibattito internazionale secondo queste virtù. I principi fondamentali della Pacem in terris possono guidare con frutto lo studio e la discussione sulle « res novae » che interessano il vostro convegno: l’emergenza educativa, l’influsso dei mezzi di comunicazione di massa Acta Francisci Pp. 915 sulle coscienze, l’accesso alle risorse della terra, il buono o cattivo uso dei risultati delle ricerche biologiche, la corsa agli armamenti e le misure di sicurezza nazionali ed internazionali. La crisi economica mondiale, che è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo e per la verità con cui sono state prese decisioni da parte dei Governi e dei cittadini, ce lo dicono con chiarezza. La Pacem in terris traccia una linea che va dalla pace da costruire nel cuore degli uomini ad un ripensamento del nostro modello di sviluppo e di azione a tutti i livelli, perché il nostro mondo sia un mondo di pace. Mi domando se siamo disposti a raccoglierne l’invito. Parlando di pace, parlando della inumana crisi economica mondiale, che è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo, non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi al largo di Lampedusa. Mi viene la parola vergogna! È una vergogna! Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita: uomini, donne, bambini, per i familiari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie! Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle. Cari amici, il Signore, con l’intercessione di Maria Regina della pace, ci aiuti ad accogliere sempre in noi la pace che è dono di Cristo Risorto, e a lavorare sempre con impegno e con creatività per il bene comune. Grazie. 916 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale VIII Iter pastorale in Asisium. Asisii, ad pauperes in aula Episcopii vulgo « della Spoliazione ».* Ha detto il mio fratello Vescovo che è la prima volta, in 800 anni, che un Papa viene qui. In questi giorni, sui giornali, sui mezzi di comunicazione, si facevano fantasie. « Il Papa andrà a spogliare la Chiesa, lì! ». « Di che cosa spoglierà la Chiesa? ». « Spoglierà gli abiti dei Vescovi, dei Cardinali; spoglierà se stesso ». Questa è una buona occasione per fare un invito alla Chiesa a spogliarsi. Ma la Chiesa siamo tutti! Tutti! Dal primo battezzato, tutti siamo Chiesa, e tutti dobbiamo andare per la strada di Gesù, che ha percorso una strada di spogliazione, Lui stesso. È diventato servo, servitore; ha voluto essere umiliato fino alla Croce. E se noi vogliamo essere cristiani, non c’è un’altra strada. Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma non cristiani davvero! Qualcuno dirà: « Ma di che cosa deve spogliarsi la Chiesa? ». Deve spogliarsi oggi di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona nella Chiesa, tutti: il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. È un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte! Quando nei media si parla della Chiesa, credono che la Chiesa siano i preti, le suore, i Vescovi, i Cardinali e il Papa. Ma la Chiesa siamo tutti noi, come ho detto. E tutti noi dobbiamo spogliarci di questa mondanità: lo spirito contrario allo spirito delle beatitudini, lo spirito contrario allo spirito di Gesù. La mondanità ci fa male. È tanto triste trovare un cristiano mondano, sicuro – secondo lui – di quella sicurezza che gli dà la fede e sicuro della sicurezza che gli dà il mondo. Non si può lavorare nelle due parti. La Chiesa – tutti noi – deve spogliarsi della mondanità, che la porta alla vanità, all’orgoglio, che è l’idolatria. Gesù stesso ci diceva: « Non si può servire a due padroni: o servi Dio o servi il denaro ».1 Nel denaro c’era tutto questo spirito mondano; denaro, * Die 4 Octobris 2013 Verba haec Summus Pontifex sua sponte, relinquens cartam scriptam, pronuntiavit. 1 Cfr Mt 6, 24. Acta Francisci Pp. 917 vanità, orgoglio, quella strada… noi non possiamo… è triste cancellare con una mano quello che scriviamo con l’altra. Il Vangelo è il Vangelo! Dio è unico! E Gesù si è fatto servitore per noi e lo spirito del mondo non c’entra qui. Oggi sono qui con voi. Tanti di voi sono stati spogliati da questo mondo selvaggio, che non dà lavoro, che non aiuta; a cui non importa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo; non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa; non importa che tanta gente debba fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà. Con quanto dolore, tante volte, vediamo che trovano la morte, come è successo ieri a Lampedusa: oggi è un giorno di pianto! Queste cose le fa lo spirito del mondo. È proprio ridicolo che un cristiano – un cristiano vero – che un prete, che una suora, che un Vescovo, che un Cardinale, che un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità, che è un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide! Uccide l’anima! Uccide le persone! Uccide la Chiesa! Quando Francesco, qui, ha fatto quel gesto di spogliarsi era un ragazzo giovane, non aveva forza per questo. È stata la forza di Dio che lo ha spinto a fare questo, la forza di Dio che voleva ricordarci quello che Gesù ci diceva sullo spirito del mondo, quello che Gesù ha pregato al Padre, perché il Padre ci salvasse dallo spirito del mondo. Oggi, qui, chiediamo la grazia per tutti i cristiani. Che il Signore dia a tutti noi il coraggio di spogliarci, ma non di 20 lire, spogliarci dello spirito del mondo, che è la lebbra, è il cancro della società! È il cancro della rivelazione di Dio! Lo spirito del mondo è il nemico di Gesù! Chiedo al Signore che, a tutti noi, dia questa grazia di spogliarci. Grazie! Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me, che ne ho bisogno…. Tutti! Grazie! Cari fratelli e sorelle,* grazie per la vostra accoglienza! Questo luogo è un luogo speciale, e per questo ho voluto fare una tappa qui, anche se la giornata è molto piena. Qui Francesco si spogliò di tutto, davanti a suo padre, al Vescovo, e alla gente di Assisi. Fu un gesto profetico, e fu anche un atto di preghiera, un atto di amore e di affidamento al Padre che è nei cieli. * Verba haec sunt textus scriptus paratus sed non prolatus. 918 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Con quel gesto Francesco fece la sua scelta: la scelta di essere povero. Non è una scelta sociologica, ideologica, è la scelta di essere come Gesù, di imitare Lui, di seguirlo fino in fondo. Gesù è Dio che si spoglia della sua gloria. Lo leggiamo in san Paolo: Cristo Gesù, che era Dio, spogliò se stesso, svuotò se stesso, e si fece come noi, e in questo abbassamento arrivò fino alla morte di croce.2 Gesù è Dio, ma è nato nudo, è stato posto in una mangiatoia, ed è morto nudo e crocifisso. Francesco si è spogliato di ogni cosa, della sua vita mondana, di se stesso, per seguire il suo Signore, Gesù, per essere come Lui. Il Vescovo Guido comprese quel gesto e subito si alzò, abbracciò Francesco e lo coprì col suo mantello, e fu sempre suo aiuto e protettore.3 La spogliazione di san Francesco ci dice semplicemente quello che insegna il Vangelo: seguire Gesù vuol dire metterlo al primo posto, spogliarci delle tante cose che abbiamo e che soffocano il nostro cuore, rinunciare a noi stessi, prendere la croce e portarla con Gesù. Spogliarsi dell’io orgoglioso e distaccarsi dalla brama di avere, dal denaro, che è un idolo che possiede. Tutti siamo chiamati ad essere poveri, spogliarci di noi stessi; e per questo dobbiamo imparare a stare con i poveri, condividere con chi è privo del necessario, toccare la carne di Cristo! Il cristiano non è uno che si riempie la bocca coi poveri, no! È uno che li incontra, che li guarda negli occhi, che li tocca. Sono qui non per « fare notizia », ma per indicare che questa è la via cristiana, quella che ha percorso san Francesco. San Bonaventura, parlando della spogliazione di san Francesco, scrive: « Così, dunque, il servitore del Re altissimo fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore ». E aggiunge che così Francesco si salvò dal « naufragio del mondo ».4 Ma vorrei, come Pastore, anche chiedermi: di che cosa deve spogliarsi la Chiesa? Spogliarsi di ogni mondanità spirituale, che è una tentazione per tutti; spogliarsi di ogni azione che non è per Dio, non è di Dio; dalla paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti, specialmente dei più poveri, bisognosi, lontani, senza aspettare; certo non per perdersi nel naufragio del mondo, ma per portare con coraggio la luce di Cristo, la luce del Van2 3 4 Cfr Fil 2, 6-8. Cfr Vita Prima, FF, 344. FF 1043. Acta Francisci Pp. 919 gelo, anche nel buio, dove non si vede, dove può succedere di inciampare; spogliarsi della tranquillità apparente che danno le strutture, certamente necessarie e importanti, ma che non devono oscurare mai l’unica vera forza che porta in sé: quella di Dio. Lui è la nostra forza! Spogliarsi di ciò che non è essenziale, perché il riferimento è Cristo; la Chiesa è di Cristo! Tanti passi, soprattutto in questi decenni, sono stati fatti. Continuiamo su questa strada che è quella di Cristo, quella dei Santi. Per tutti, anche per la nostra società che dà segni di stanchezza, se vogliamo salvarci dal naufragio, è necessario seguire la via della povertà, che non è la miseria – questa è da combattere –, ma è il saper condividere, l’essere più solidali con chi è bisognoso, il fidarci più di Dio e meno delle nostre forze umane. Mons. Sorrentino ha ricordato l’opera di solidarietà del vescovo Nicolini, che ha aiutato centinaia di ebrei nascondendoli nei conventi, e il centro di smistamento segreto era proprio qui, nel vescovado. Anche questa è spogliazione, che parte sempre dall’amore, dalla misericordia di Dio! In questo luogo che ci interpella, vorrei pregare perché ogni cristiano, la Chiesa, ogni uomo e donna di buona volontà, sappia spogliarsi di ciò che non è essenziale per andare incontro a chi è povero e chiede di essere amato. Grazie a tutti! 920 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale IX Asisii, dum iuvenes apud Basilicam S. Mariae Angelorum convenit.* Domande dei Giovani al Santo Padre 1. FAMIGLIA: Nicola e Chiara Volpi (Perugia-Città della Pieve) Noi giovani viviamo in una società dove al centro c’è lo star bene, il divertirsi, il pensare a se stessi. Vivere un matrimonio da giovani cristiani è complesso, aprirsi alla vita è una sfida e un timore frequente. Come coppia giovane sentiamo la gioia di vivere il nostro matrimonio, ma ne sperimentiamo la fatica e le sfide quotidiane. Come la Chiesa ci può aiutare, come i nostri pastori possono sostenerci, quali passi anche noi siamo chiamati a compiere? 2. LAVORO: Danilo Zampolini (Spoleto-Norcia) e David Girolami (Foligno) Anche in Umbria la crisi economica generale di questi ultimi anni ha provocato situazioni di disagio e povertà. Il futuro si presenta incerto e minaccioso. Il rischio è di perdere, insieme con la sicurezza economica, anche la speranza. Come deve guardare al futuro un giovane cristiano? Su quali strade impegnarsi per l’edificazione di una società degna di Dio e degna dell’uomo? 3. VOCAZIONE: Benedetto Fattorini (Orvieto-Todi) e Maria Chiaroli (Terni-Narni-Amelia) Che cosa fare nella vita? Come e dove spendere i talenti che il Signore mi ha dato? A volte ci affascina l’idea del sacerdozio o della vita consacrata. Ma subito nasce la paura. E poi, un impegno così: « per sempre »? Come riconoscere la chiamata di Dio? Che cosa consiglia a chi vorrebbe dedicare la vita al servizio di Dio e dei fratelli? 4. MISSIONE: Luca Nassuato (Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino), Mirko Pierli (Città di Castello) e Petra Sannipoli (Gubbio) È bello per noi stare qui insieme con Lei e sentire le Sue parole che ci incoraggiano e ci riscaldano il cuore. L’anno della fede che si conclude fra * Die 4 Octobris 2013 Acta Francisci Pp. 921 qualche settimana ha riproposto a tutti i credenti l’urgenza dell’annuncio della buona novella. Anche noi vorremmo partecipare a questa avventura entusiasmante. Ma come? Quale può essere il nostro contributo? Che cosa dobbiamo fare? Risposte del Santo Padre Cari giovani dell’Umbria, buona sera! Grazie di essere venuti, grazie di questa festa! Davvero, questa è una festa! E grazie per le vostre domande. Sono contento che la prima domanda sia stata da una giovane coppia. Una bella testimonianza! Due giovani che hanno scelto, hanno deciso, con gioia e con coraggio di formare una famiglia. Sì, perché è proprio vero, ci vuole coraggio per formare una famiglia! Ci vuole coraggio! E la domanda di voi, giovani sposi, si collega a quella sulla vocazione. Che cos’è il matrimonio? È una vera e propria vocazione, come lo sono il sacerdozio e la vita religiosa. Due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia di amore la chiamata del Signore, la vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il Sacramento del matrimonio avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono, con la certezza di questa chiamata, si può partire sicuri, non si ha paura di nulla, si può affrontare tutto, insieme! Pensiamo ai nostri genitori, ai nostri nonni o bisnonni: si sono sposati in condizioni molto più povere delle nostre, alcuni in tempo di guerra, o di dopoguerra; alcuni sono emigrati, come i miei genitori. Dove trovavano la forza? La trovavano nella certezza che il Signore era con loro, che la famiglia è benedetta da Dio col Sacramento del matrimonio, e che benedetta è la missione di mettere al mondo i figli e di educarli. Con queste certezze hanno superato anche le prove più dure. Erano certezze semplici, ma vere, formavano delle colonne che sostenevano il loro amore. Non è stata facile, la vita loro; c’erano problemi, tanti problemi. Ma queste certezze semplici li aiutavano ad andare avanti. E sono riusciti a fare una bella famiglia, a dare vita, a fare crescere i figli. Cari amici, ci vuole questa base morale e spirituale per costruire bene, in modo solido! Oggi, questa base non è più garantita dalle famiglie e dalla tradizione sociale. Anzi, la società in cui voi siete nati privilegia i diritti 922 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale individuali piuttosto che la famiglia – questi diritti individuali –, privilegia le relazioni che durano finché non sorgono difficoltà, e per questo a volte parla di rapporto di coppia, di famiglia e di matrimonio in modo superficiale ed equivoco. Basterebbe guardare certi programmi televisivi e si vedono questi valori! Quante volte i parroci – anch’io, alcune volte l’ho sentito – sentono una coppia che viene a sposarsi: « Ma voi sapete che il matrimonio è per tutta la vita? ». « Ah, noi ci amiamo tanto, ma… rimarremo insieme finché dura l’amore. Quando finisce, uno da una parte e l’altro dall’altra ». È l’egoismo: quando io non sento, taglio il matrimonio e mi dimentico di quell’« una sola carne », che non può dividersi. È rischioso sposarsi: è rischioso! È quell’egoismo che ci minaccia, perché dentro di noi tutti abbiamo la possibilità di una doppia personalità: quella che dice: « Io, libero, io voglio questo… », e l’altra che dice: « Io, me, mi, con me, per me … ». L’egoismo sempre, che torna e non sa aprirsi agli altri. L’altra difficoltà è questa cultura del provvisorio: sembra che niente sia definitivo. Tutto è provvisorio. Come ho detto prima: mah, l’amore, finché dura. Una volta ho sentito un seminarista – bravo – che diceva: « Io voglio diventare prete, ma per dieci anni. Dopo ci ripenso ». È la cultura del provvisorio, e Gesù non ci ha salvato provvisoriamente: ci ha salvati definitivamente! Ma lo Spirito Santo suscita sempre risposte nuove alle nuove esigenze! E così si sono moltiplicati nella Chiesa i cammini per fidanzati, i corsi di preparazione al Matrimonio, i gruppi di giovani coppie nelle parrocchie, i movimenti familiari… Sono una ricchezza immensa! Sono punti di riferimento per tutti: giovani in ricerca, coppie in crisi, genitori in difficoltà con i figli e viceversa. Ci aiutano tutti! E poi ci sono le diverse forme di accoglienza: l’affido, l’adozione, le case-famiglia di vari tipi… La fantasia – mi permetto la parola – la fantasia dello Spirito Santo è infinita, ma è anche molto concreta! Allora vorrei dirvi di non avere paura di fare passi definitivi: non avere paura di farli. Quante volte ho sentito mamme che mi dicono: « Ma, Padre, io ho un figlio di 30 anni e non si sposa: non so cosa fare! Ha una bella fidanzata, ma non si decide ». Ma, signora, non gli stiri più le camicie! È così! Non avere paura di fare passi definitivi, come quello del matrimonio: approfondite il vostro amore, rispettandone i tempi e le espressioni, pregate, preparatevi bene, ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lascia soli! Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia, Lui vi sosterrà sempre. Acta Francisci Pp. 923 La famiglia è la vocazione che Dio ha scritto nella natura dell’uomo e della donna, ma c’è un’altra vocazione complementare al matrimonio: la chiamata al celibato e alla verginità per il Regno dei cieli. È la vocazione che Gesù stesso ha vissuto. Come riconoscerla? Come seguirla? È la terza domanda che mi avete fatto. Ma qualcuno di voi può pensare: ma questo vescovo, che bravo! Abbiamo fatto la domanda e ha le risposte tutte pronte, scritte! Io ho ricevuto le domande alcuni giorni fa. Per questo le conosco. E vi rispondo con due elementi essenziali su come riconoscere questa vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata. Pregare e camminare nella Chiesa. Queste due cose vanno insieme, sono intrecciate. All’origine di ogni vocazione alla vita consacrata c’è sempre un’esperienza forte di Dio, un’esperienza che non si dimentica, la si ricorda per tutta la vita! È quella che ha avuto Francesco. E questo noi non lo possiamo calcolare o programmare. Dio ci sorprende sempre! È Dio che chiama; però è importante avere un rapporto quotidiano con Lui, ascoltarlo in silenzio davanti al Tabernacolo e nell’intimo di noi stessi, parlargli, accostarsi ai Sacramenti. Avere questo rapporto familiare con il Signore è come tenere aperta la finestra della nostra vita perché Lui ci faccia sentire la sua voce, che cosa vuole da noi. Sarebbe bello sentire voi, sentire qui i preti presenti, le suore… Sarebbe bellissimo, perché ogni storia è unica, ma tutte partono da un incontro che illumina nel profondo, che tocca il cuore e coinvolge tutta la persona: affetto, intelletto, sensi, tutto. Il rapporto con Dio non riguarda solo una parte di noi stessi, riguarda tutto. È un amore così grande, così bello, così vero, che merita tutto e merita tutta la nostra fiducia. E una cosa vorrei dirla con forza, specialmente oggi: la verginità per il Regno di Dio non è un « no », è un « sì »! Certo, comporta la rinuncia a un legame coniugale e ad una propria famiglia, ma alla base c’è il « sì », come risposta al « sì » totale di Cristo verso di noi, e questo « sì » rende fecondi. Ma qui ad Assisi non c’è bisogno di parole! C’è Francesco, c’è Chiara, parlano loro! Il loro carisma continua a parlare a tanti giovani nel mondo intero: ragazzi e ragazze che lasciano tutto per seguire Gesù sulla via del Vangelo. Ecco, Vangelo. Vorrei prendere la parola « Vangelo » per rispondere alle altre due domande che mi avete fatto, la seconda e la quarta. Una riguarda l’impegno sociale, in questo periodo di crisi che minaccia la speranza; e l’altra riguarda l’evangelizzazione, il portare l’annuncio di Gesù agli altri. Mi avete chiesto: che cosa possiamo fare? Quale può essere il nostro contributo? 924 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Qui ad Assisi, qui vicino alla Porziuncola, mi sembra di sentire la voce di san Francesco che ci ripete: « Vangelo, Vangelo! ». Lo dice anche a me, anzi, prima a me: Papa Francesco, sii servitore del Vangelo! Se io non riesco ad essere un servitore del Vangelo, la mia vita non vale niente! Ma il Vangelo, cari amici, non riguarda solo la religione, riguarda l’uomo, tutto l’uomo, riguarda il mondo, la società, la civiltà umana. Il Vangelo è il messaggio di salvezza di Dio per l’umanità. Ma quando diciamo « messaggio di salvezza », non è un modo di dire, non sono semplici parole o parole vuote come ce ne sono tante oggi! L’umanità ha veramente bisogno di essere salvata! Lo vediamo ogni giorno quando sfogliamo il giornale, o sentiamo le notizie alla televisione; ma lo vediamo anche intorno a noi, nelle persone, nelle situazioni; e lo vediamo in noi stessi! Ognuno di noi ha bisogno di salvezza! Soli non ce la facciamo! Abbiamo bisogno di salvezza! Salvezza da che cosa? Dal male. Il male opera, fa il suo lavoro. Ma il male non è invincibile e il cristiano non si rassegna di fronte al male. E voi giovani, volete rassegnarvi di fronte al male, alle ingiustizie, alle difficoltà? Volete o non volete? [I giovani rispondono: No!] Ah, va bene. Questo piace! Il nostro segreto è che Dio è più grande del male: ma questo è vero! Dio è più grande del male. Dio è amore infinito, misericordia senza limiti, e questo Amore ha vinto il male alla radice nella morte e risurrezione di Cristo. Questo è il Vangelo, la Buona Notizia: l’amore di Dio ha vinto! Cristo è morto sulla croce per i nostri peccati ed è risorto. Con Lui noi possiamo lottare contro il male e vincerlo ogni giorno. Ci crediamo o no? [I giovani rispondono: Sì!] Ma questo ’sì’ deve andare nella vita! Se io credo che Gesù ha vinto il male e mi salva, devo seguire Gesù, devo andare sulla strada di Gesù per tutta la vita. Allora il Vangelo, questo messaggio di salvezza, ha due destinazioni che sono legate: la prima, suscitare la fede, e questa è l’evangelizzazione; la seconda, trasformare il mondo secondo il disegno di Dio, e questa è l’animazione cristiana della società. Ma non sono due cose separate, sono un’unica missione: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita trasforma il mondo! Questa è la via: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita. Guardiamo Francesco: lui ha fatto tutt’e due queste cose, con la forza dell’unico Vangelo. Francesco ha fatto crescere la fede, ha rinnovato la Chiesa; e nello stesso tempo ha rinnovato la società, l’ha resa più fraterna, Acta Francisci Pp. 925 ma sempre col Vangelo, con la testimonianza. Sapete che cosa ha detto Francesco una volta ai suoi fratelli? « Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole! ». Ma, come? Si può predicare il Vangelo senza le parole? Sì! Con la testimonianza! Prima la testimonianza, dopo le parole! Ma la testimonianza! Giovani dell’Umbria: fate così anche voi! Oggi, nel nome di san Francesco, vi dico: non ho né oro, né argento da darvi, ma qualcosa di molto più prezioso, il Vangelo di Gesù. Andate con coraggio! Con il Vangelo nel cuore e tra le mani, siate testimoni della fede con la vostra vita: portate Cristo nelle vostre case, annunciatelo tra i vostri amici, accoglietelo e servitelo nei poveri. Giovani, date all’Umbria un messaggio di vita, di pace e di speranza! Potete farlo! 926 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale NUNTIUS Occasione Diei Mundialis Migrantis atque Profugi.* « Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore » Cari fratelli e sorelle! Le nostre società stanno sperimentando, come mai è avvenuto prima nella storia, processi di mutua interdipendenza e interazione a livello globale, che, se comprendono anche elementi problematici o negativi, hanno l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della famiglia umana, non solo negli aspetti economici, ma anche in quelli politici e culturali. Ogni persona, del resto, appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli. Da questa constatazione nasce il tema che ho scelto per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno: « Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore ». Tra i risultati dei mutamenti moderni, il crescente fenomeno della mobilità umana emerge come un « segno dei tempi »; così l’ha definito il Papa Benedetto XVI.1 Se da una parte, infatti, le migrazioni denunciano spesso carenze e lacune degli Stati e della Comunità internazionale, dall’altra rivelano anche l’aspirazione dell’umanità a vivere l’unità nel rispetto delle differenze, l’accoglienza e l’ospitalità che permettano l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la promozione della dignità e della centralità di ogni essere umano. Dal punto di vista cristiano, anche nei fenomeni migratori, come in altre realtà umane, si verifica la tensione tra la bellezza della creazione, segnata dalla Grazia e dalla Redenzione, e il mistero del peccato. Alla solidarietà e all’accoglienza, ai gesti fraterni e di comprensione, si contrappongono il rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte. A destare preoccupazione sono soprattutto le situazioni in cui la migrazione non è solo forzata, ma addirittura realizzata attraverso varie modalità di tratta delle persone e di riduzione in schiavitù. Il « lavoro schiavo » oggi è moneta corrente! Tuttavia, nonostante i problemi, i rischi e le difficoltà * Die 5 Augusti 2013 1 Cfr Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2006. Acta Francisci Pp. 927 da affrontare, ciò che anima tanti migranti e rifugiati è il binomio fiducia e speranza; essi portano nel cuore il desiderio di un futuro migliore non solo per se stessi, ma anche per le proprie famiglie e per le persone care. Che cosa comporta la creazione di un « mondo migliore »? Questa espressione non allude ingenuamente a concezioni astratte o a realtà irraggiungibili, ma orienta piuttosto alla ricerca di uno sviluppo autentico e integrale, a operare perché vi siano condizioni di vita dignitose per tutti, perché trovino giuste risposte le esigenze delle persone e delle famiglie, perché sia rispettata, custodita e coltivata la creazione che Dio ci ha donato. Il Venerabile Paolo VI descriveva con queste parole le aspirazioni degli uomini di oggi: « essere affrancati dalla miseria, garantire in maniera più sicura la propria sussistenza, la salute, un’occupazione stabile; una partecipazione più piena alle responsabilità, al di fuori da ogni oppressione, al riparo da situazioni che offendono la dignità umana; godere di una maggiore istruzione; in una parola, fare conoscere e avere di più, per essere di più ».2 Il nostro cuore desidera un « di più » che non è semplicemente un conoscere di più o un avere di più, ma è soprattutto un essere di più. Non si può ridurre lo sviluppo alla mera crescita economica, conseguita, spesso, senza guardare alle persone più deboli e indifese. Il mondo può migliorare soltanto se l’attenzione primaria è rivolta alla persona, se la promozione della persona è integrale, in tutte le sue dimensioni, inclusa quella spirituale; se non viene trascurato nessuno, compresi i poveri, i malati, i carcerati, i bisognosi, i forestieri;3 se si è capaci di passare da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e dell’accoglienza. Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più. È impressionante il numero di persone che migra da un continente all’altro, così come di coloro che si spostano all’interno dei propri Paesi e delle proprie aree geografiche. I flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi. In cammino con migranti e rifugiati, la Chiesa si impegna a comprendere le cause che 2 3 Lett. enc. Populorum progressio, 26 marzo 1967, 6. Cfr Mt 25, 31-46. 928 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale sono alle origini delle migrazioni, ma anche a lavorare per superare gli effetti negativi e a valorizzare le ricadute positive sulle comunità di origine, di transito e di destinazione dei movimenti migratori. Purtroppo, mentre incoraggiamo lo sviluppo verso un mondo migliore, non possiamo tacere lo scandalo della povertà nelle sue varie dimensioni. Violenza, sfruttamento, discriminazione, emarginazione, approcci restrittivi alle libertà fondamentali, sia di individui che di collettività, sono alcuni dei principali elementi della povertà da superare. Molte volte proprio questi aspetti caratterizzano gli spostamenti migratori, legando migrazioni e povertà. In fuga da situazioni di miseria o di persecuzione verso migliori prospettive o per avere salva la vita, milioni di persone intraprendono il viaggio migratorio e, mentre sperano di trovare compimento alle attese, incontrano spesso diffidenza, chiusura ed esclusione e sono colpiti da altre sventure, spesso anche più gravi e che feriscono la loro dignità umana. La realtà delle migrazioni, con le dimensioni che assume nella nostra epoca della globalizzazione, chiede di essere affrontata e gestita in modo nuovo, equo ed efficace, che esige anzitutto una cooperazione internazionale e uno spirito di profonda solidarietà e compassione. È importante la collaborazione ai vari livelli, con l’adozione corale degli strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana. Papa Benedetto XVI ne ha tracciato le coordinate affermando che « tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati ».4 Lavorare insieme per un mondo migliore richiede il reciproco aiuto tra Paesi, con disponibilità e fiducia, senza sollevare barriere insormontabili. Una buona sinergia può essere di incoraggiamento ai governanti per affrontare gli squilibri socio-economici e una globalizzazione senza regole, che sono tra le cause di migrazioni in cui le persone sono più vittime che protagonisti. Nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno, che è così ampio da interessare ormai tutti i Continenti nel duplice movimento di immigrazione e di emigrazione. 4 Lett. enc. Caritas in veritate, 29 giugno 2009, 62. Acta Francisci Pp. 929 È importante poi sottolineare come questa collaborazione inizi già con lo sforzo che ogni Paese dovrebbe fare per creare migliori condizioni economiche e sociali in patria, di modo che l’emigrazione non sia l’unica opzione per chi cerca pace, giustizia, sicurezza e pieno rispetto della dignità umana. Creare opportunità di lavoro nelle economie locali, eviterà inoltre la separazione delle famiglie e garantirà condizioni di stabilità e di serenità ai singoli e alle collettività. Infine, guardando alla realtà dei migranti e rifugiati, vi è un terzo elemento che vorrei evidenziare nel cammino di costruzione di un mondo migliore, ed è quello del superamento di pregiudizi e precomprensioni nel considerare le migrazioni. Non di rado, infatti, l’arrivo di migranti, profughi, richiedenti asilo e rifugiati suscita nelle popolazioni locali sospetti e ostilità. Nasce la paura che si producano sconvolgimenti nella sicurezza sociale, che si corra il rischio di perdere identità e cultura, che si alimenti la concorrenza sul mercato del lavoro o, addirittura, che si introducano nuovi fattori di criminalità. I mezzi di comunicazione sociale, in questo campo, hanno un ruolo di grande responsabilità: tocca a loro, infatti, smascherare stereotipi e offrire corrette informazioni, dove capiterà di denunciare l’errore di alcuni, ma anche di descrivere l’onestà, la rettitudine e la grandezza d’animo dei più. In questo, è necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione – che, alla fine, corrisponde proprio alla « cultura dello scarto » – ad un atteggiamento che abbia alla base la « cultura dell’incontro », l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore. Anche i mezzi di comunicazione sono chiamati ad entrare in questa « conversione di atteggiamenti » e a favorire questo cambio di comportamento verso i migranti e i rifugiati. Penso a come anche la Santa Famiglia di Nazaret abbia vissuto l’esperienza del rifiuto all’inizio del suo cammino: Maria « diede alla luce il suo primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio ».5 Anzi, Gesù, Maria e Giuseppe hanno sperimentato che cosa significhi lasciare la propria terra ed essere migranti: minacciati dalla sete di potere di Erode, furono costretti a fuggire e a 5 Lc 2, 7. 930 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale rifugiarsi in Egitto.6 Ma il cuore materno di Maria e il cuore premuroso di Giuseppe, Custode della Santa Famiglia, hanno conservato sempre la fiducia che Dio mai abbandona. Per la loro intercessione, sia sempre salda nel cuore del migrante e del rifugiato questa stessa certezza. La Chiesa, rispondendo al mandato di Cristo « Andate e fate discepoli tutti i popoli », è chiamata ad essere il Popolo di Dio che abbraccia tutti i popoli, e porta a tutti i popoli l’annuncio del Vangelo, poiché nel volto di ogni persona è impresso il volto di Cristo! Qui si trova la radice più profonda della dignità dell’essere umano, da rispettare e tutelare sempre. Non sono tanto i criteri di efficienza, di produttività, di ceto sociale, di appartenenza etnica o religiosa quelli che fondano la dignità della persona, ma l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio7 e, ancora di più, l’essere figli di Dio; ogni essere umano è figlio di Dio! In lui è impressa l’immagine di Cristo! Si tratta, allora, di vedere noi per primi e di aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare, un’occasione che la Provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo. Le migrazioni possono far nascere possibilità di nuova evangelizzazione, aprire spazi alla crescita di una nuova umanità, preannunciata nel mistero pasquale: una umanità per cui ogni terra straniera è patria e ogni patria è terra straniera. Cari migranti e rifugiati! Non perdete la speranza che anche a voi sia riservato un futuro più sicuro, che sui vostri sentieri possiate incontrare una mano tesa, che vi sia dato di sperimentare la solidarietà fraterna e il calore dell’amicizia! A tutti voi e a coloro che dedicano la loro vita e le loro energie al vostro fianco assicuro la mia preghiera e imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 5 agosto 2013 FRANCESCO 6 7 Cfr Mt 2, 13-14. Cfr Gn 1, 26-27. Congregatio pro Episcopis 931 ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO PRO EPISCOPIS PROVISIO ECCLESIARUM Latis drecretis a Congregatione pro Episcopis, Sanctissimus Dominus Franciscus Pp., per Apostolicas sub plumbo Litteras, iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit Praesules: die 10 Septembris 2013. — Ecclesiae Raphaëliensi, Exc.mum D. Aloisium Albertum Fernández, hactenus Episcopum titularem Caipitanum et Auxiliarem Bonaërensem. die 12 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Camberrensi-Gulburnensi, Exc. mum D. Christophorum Carolum Prowse, hactenus Episcopum Saliensem. die 14 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Dumaguetensi, Exc.mum D. Gerardum A. Alminaza, hactenus Episcopum titularem Maximianensem in Byzacena et Auxiliarem archidioecesis Iarensis. die 18 Septembris. — Metropolitanae Ecclesiae Portalegrensi in Brasilia, Exc.mum D. Iacobum Spengler, O.F.M., hactenus Episcopum titularem Patarensem et Auxiliarem eiusdem archidioecesis. — Episcopali Ecclesiae Acerrarum, Exc.mum D. Antonium Di Donna, hactenus Episcopum titularem Castellanum in Numidia et Auxiliarem Neapolitanum. die 20 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Sancti Clodoaldi, Exc.mum D. Donaldum J. Kettler, hactenus Episcopum dioecesis de Fairbanks. die 23 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Humensi-Thibodensi, Exc.mum D. Shelton Iosephum Fabre, hactenus Episcopum titularem Pudentianensem et Auxiliarem archidioecesis Novae Aureliae. 932 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale die 24 Septembris 2013. — Archiepiscopum Coadiutorem Novarcensem, Exc.mum D. Bernardum Antonium Hebda, hactenus Episcopum Gaylordensem. — Episcopali Ecclesiae Drepanensi, Exc.mum D. Petrum Mariam Fragnelli, hactenus Episcopum Castellanetensem. die 24 Septembris. — Ecclesiae Sanctæ Rosæ in Argentina, Exc.mum D. Radulfum Martín, hactenus Episcopum titularem Troyniensem et Auxiliarem Bonaërensem. die 25 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Lorenensi, R.D. Ioannem Ignatium Müller, O.F.M., hactenus provinciae Portalegrensis vulgo dictae « São Francisco de Assis » Ordinis Fratrum Minorum Superiorem Provincialem. — Titulari episcopali Ecclesiae Albulensi, Exc.mum D. Marcum Eugenium Galrão Leite de Almeida, hactenus Episcopum Stantianum, quem deputavit Episcopum titularem Albulensem et Auxiliarem archidioecesis Sancti Salvatoris in Brasilia. die 27 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Metensi, Exc.mum D. Ioannem Christophorum Lagleize, hactenus Episcopum dioecesis Valentinensis. die 28 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Dumaguetensi, Exc.mum D. Iulium B. Cortes, hactenus Episcopum titularem Severianensem et Auxiliarem archidioecesis Caebuanae. Congregatio pro Gentium Evangelizatione 933 CONGREGATIO PRO GENTIUM EVANGELIZATIONE I. PROVISIO ECCLESIARUM Franciscus divina Providentia Pp., latis decretis a Congregatione pro Gentium Evangelizatione, singulis quae sequuntur Ecclesiis sacros Pastores dignatus est assignare. Nimirum per Apostolicas sub plumbo Litteras praefecit: die 11 Aprilis 2013. — Cathedrali Ecclesiae Sinus Sereni, R.D. Burchell Alexandrum McPherson, hactenus Parochum Sancti Petri et Pauli Kingstoniensi in urbe. die 13 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Varangalensi, R.D. Udumala Bala Show Reddy, hactenus vices gerentem Secretarii Conferentiae Episcoporum Catholicorum Indiae. — Cathedrali Ecclesiae Nsukkanae, R.D. Godefridum Igwebuike Onah, hactenus vices gerentem Rectoris Pontificiae Universitatis Urbanianae nec non consultorem Secretariae Generalis Synodi Episcoporum. die 6 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Kokstadensi, R.D. Zolile Petrum Mpambani, S.C.I., Consiliarium olim Generalem pro Africa et Madagascaria sua in Congregatione. die 7 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Kibungensi, R.D. Antonium Kambanda, e clero Kigaliensi, hactenus Rectorem Seminarii Maioris Sancti Caroli in oppido vulgo Nyakibanda (dioecesis Butarensis). die 15 Maii. — Titulari episcopali Ecclesiae Cozylensi, R.D. Savium Dominicum Fernandes, Cancellarium nunc Curiae archidioecesis Bombayensis, quem constituit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. 934 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale die 15 Maii 2013. — Titulari episcopali Ecclesiae Deultensi, R.D. Ioannem Rodrigues, hactenus Decanum et Professorem Theologiae apud Collegium Sancti Pii X in oppido vulgo Goregaon, quem constituit Auxiliarem archidioecesis Bombayensis. die 21 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Sumbensi, R.D. Luzizila Kiala, hactenus Vicarium Generalem dioecesis Uiiensis et Parochum paroeciae cathedralis. die 24 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Dolisiensi, noviter conditae in Congo, R.D. Benvenutum Manamika Bafouakouahou, hactenus Vicarium Generalem dioecesis Kinkalanae. die 31 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Samoa-Pagopagensi, R.D. Petrum Brown, C.SS.R., hactenus Superiorem regionalem Congregationis Sanctissimi Redemptoris in Nova Zelandia. die 10 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Polokvanensi, R.D. Ieremiam Madimetja Masela, hactenus Administratorem Apostolicum eiusdem dioecesis. die 12 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Pembanae, R.D. Aloisium Fernandum Lisboa, C.P., olim missionariorum in Mozambico. die 13 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Iullundurensi, Exc.mum D. Franciscum Mulakkal, hactenus Episcopum titularem Chullitanum et Auxiliarem archidioecesis Delhiensis. — Cathedrali Ecclesiae Eluruensi, R.D. Jaya Rao Polimera, e clero dioecesis Varangalensis, hactenus Directorem Centri dioecesani pro iuvenibus Varangaliae. die 15 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Guruensi, R.D. Xaverium Munyongani, e clero dioecesis Masvingensis, hactenus capellanum communitatis Catholicae Zimbabuanae Londinii. — Titulari episcopali Ecclesiae Gummitanae in Byzacena, R.D. Alfonsum Nguyen Huu Long, P.S.S., hactenus Rectorem Seminarii Maioris archidioecesis Huéensis, quem constituit Auxiliarem dioecesis Hung Hoaënsis. — Titulari episcopali Ecclesiae Megalopolitanae in Proconsulari, R.D. Petrum Nguyen Van Vien, hactenus Vicarium Generalem dioecesis Vinhensis, quem constituit Auxiliarem eiusdem dioecesis. Congregatiopro Gentium Evangelizatione 935 die 18 Iunii 2013. — Titulari episcopali Ecclesiae Mediensi, R.D. Gabrielem Narcissum Escobar Ayala, S.D.B., hactenus Moderatorem Instituti Sancti Ioseph in Conceptione Paraquariae, quem constituit Vicarium Apostolicum Ciachensem in Paraquaria Natione. die 19 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Qachasnekensi, R.D. Iosephum Mopeli Sephamola, O.M.I., hactenus Superiorem provincialem Congregationis Missionariorum Oblatorum B.M.V. Immaculatae in Lesotho. die 22 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Sapporensi, R.D. Bernardum Taiji Katsuya, e clero dioecesis Sapporensis, hactenus Parochum et Curatorem regionis urbis Sapporensis. die 24 Iunii. — R.D. Leonem Dorado, O.M.I., hactenus Administratorem Praefecturae Apostolicae de Sahara Occidentali, quem constituit Praefectum Apostolicum eiusdem. die 28 Iunii. — Titulari episcopali sedi Chullitanae, R.D. Varghese Thottamkara, C.M., olim missionarium in Aethiopia, hactenus Vicarium Generalem Congregationis Missionis, quem constituit Coadiutorem Vicarii Apostolici Nekemteënsis. die 3 Iulii. — Metropolitanae Ecclesiae Raipurensi, Exc.mum D. Victorem Henricum Thakur, hactenus Episcopum dioecesis Bettiahensis. — Metropolitanae Ecclesiae Lilongvensi, Exc.mum D. Tarsicium Gervasium Ziyaye, hactenus Archiepiscopum Blantyrensem. — Cathedrali Ecclesiae Faisalabadensi, Exc.mum D. Iosephum Arshad, hactenus Consiliarium Nuntiaturae in Bosnia-Herzegovia. die 10 Iulii. — Episcopum Coadiutorem Mamfensem, R.D. Andream Nkea Fuanya, e clero dioecesis Bueaënsis, hactenus Secretarium Generalem Catholicae Universitatis Cammaruniae. die 13 Iulii. — Titulari episcopali Ecclesiae Casanigrensi, R.D. Robertum Llanos, hactenus Vicarium Generalem archidioecesis Portus Hispaniae, quem constituit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. die 19 Iulii. — Cathedrali Ecclesiae Tangiungkaranganae, R.D. Ioannem Harun Yuwono, e clero dioecesis Pangkalpinangensis, hactenus Rectorem Seminarii Interdioecesani S. Petri in oppido vulgo Pamatangsiantar. 936 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale die 26 Iulii 2013. — Cathedrali Ecclesiae Sambalpurensi, R.D. Niranjan Sual Singh, e clero archidioecesis Cuttackensis-Bhubanesvarensis, hactenus Theologiae Professorem et Moderatorem Seminarii archidioecesis Cuttackensis-Bhubanesvarensis. — Cathedrali Ecclesiae Diphuensi, R.D. Paulum Mattekatt, e clero eiusdem dioecesis nec non Parochum et Directorem scholae catholicae in oppido vulgo Japrajan. — Cathedrali Ecclesiae Rurkelaënsi, R.D. Kishore Kumar Kujur, e clero Sambalpurensi, apud Seminarium regionale, in oppido vulgo dicto Orissa, Sacrae Scripturae Professorem. II. NOMINATIONES Peculiaribus datis decretis, Congregatio pro Gentium Evangelizatione ad suum beneplacitum renuntiavit: die 5 Martii 2013. — Exc.mum D. Paschalem Chang-Soi, SS.CC., Episcopum Coadiutorem Taiohaënum seu Humanae Telluris, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Papeetensis. die 13 Aprilis. — Exc.mum D. Franciscum Okbonna Okobo, Episcopum emeritum Nsukkanum, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » eiusdem dioecesis usquedum novus Episcopus possessionem capiat. die 27 Aprilis. — Exc.mum D. Buti Iosephum Tlhagale, O.M.I. Archiepiscopum Ioannesburgensem, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Klerkpolitanae. die 7 Maii. — R.D. Blasium Hyun-Dong Park, O.S.B., Abatem « pro tempore » abbatiae in Waegwan, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » abbatiae territorialis Tokvonensis. die 10 Maii. — Exc.mum D. Ioannem Ribat, M.S.C., Archiepiscopum Portus Moresbiensis, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Keremanae. Congregatiopro Gentium Evangelizatione 937 die 15 Maii 2013. — Exc.mum D. Tharsicium Ngalalekumtwa, Episcopum Iringaënsem, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » archidioecesis Songeanae. die 16 Maii. — R.D. Thomam Oliha, sodalem Congregationis « Apostles of Jesus », Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Toritensis. die 31 Maii. — Exc.mum D. Ebebe Ayah, Episcopum Ogogiaënsem, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Uyoënsis. die 30 Iunii. — Exc.mum D. Audilio Aguilar Aguilar, Episcopum Sancti Iacobi Veraguensis, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Columbensis–Kunayalensis. die 3 Iulii. — Em.mum Ioannem Olorunfemi Onaiyekan, Archiepiscopum Abugensem, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Ahiaranae. die 27 Iulii. — Exc.mum D. Petrum Takeo Okada, Archiepiscopum Tokiensem, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Saitamaënsis. die 29 Iulii. — Exc.mum Ioannem Mbarga, Episcopum Ebolouanum, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » archidioecesis Yaundensis. die 15 Augusti. — R.D. Benedictum Gbemavo Goudote, Administratorem Apostolicum « sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis » dioecesis Dassanae–Zumensis. 938 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM MEDELLENSIS Canonizationis Beatae Laurae a Sancta Catharina Senensi (in saeculo: Mariae Laurae Montoya y Upegui) Fundatricis Congregationis Sororum Missionariarum Beatae Mariae Virginis Immaculatae et Sanctae Catharinae Senensis (1874-1949) DECRETUM SUPER MIRACULO Beata Laura a Sancta Catharina Senensi (in saec.: Maria Laura a Iesu Montoya y Upegui) die 26 mensis Maii anno 1874 in vico Iericho in Colombia nata est e familia modestae condicionis et Christiana pietate ac doctrina integerrime informata. Dum quartum aetatis agebat annum, patris affectu orbata, avorum custodiae commissa est. Primorum rudimentorum studiis perfectis, Metellini constitit, ubi magisterii adepta est titulum et illius officii suscepit cursum. Iam vero ante hoc magistrae munus inceptum Beata vocationem ad vitam religiosam perceperat et sollicitudinem indigenis nativis Colombiae Evangelii nuntiandi. Anno 1908 igitur primum iter missionarium inivit, post quem ad fidei pervulgandae laborem omni ope et studio sese statut conferre. A Superioribus praecepta, Congregationem religiosam Missionariarum Beatae Mariae Virginis Immaculatae et Sanctae Catharinae Senensis fundavit, cuius prima Superiorissa Generalis electa est. Promptum habuit adeo Institutum profectum, ut centum amplius domus in Colombia, Aequatoria et Venetiola brevi aperirentur et multitudo iuvenum puellarum, ad Beatae verba illa « indigenas nos cum indigenis fieri oportet, ut ad fidem Christi omnes adiungamus » eidem se consociaret. Mater Laura in vico Belencito prope Metellium die 21 mensis Octobris anno 1949 pie in Domine quievit. Summus Pontifex Ioannes Paulus II die 25 mensis Aprilis anno 2004 ei titulum concessit Beatae. Canonizationis respectu, Causae Postulatio iudicio huius Congregationis de Causis Sanctorum assertam subiecit miram Beatae Laurae a Sancta Catharina Senensi intercessioni tributam ac Metellini mense Ianuario anno 2005 patratam sanationem domini Caroli Eduardi Restrepo Garcés, medici, Congregatio de Causis Sanctorum 939 qui enim superiore anno, gravi musculorum morbo affici inceperat, quod eum atrocibus doloribus, necnon omnis incessus defectu et progredienti virium languore vexabat propter stomachi hiati perforationem, quae postea non mediocre febris excussit incrementum. Aegrotus, praeterea, adulescentiae et iuventutis tempore artuum et cutis correptus erat morbis, quapropter nova haec exacerbatio in corpore iam magna parte fracto laborare videbatur. Tantis in clinicis adiunctis, quae se admodum infausta quoad vitam ostendebant, infirmus, qui catholicus observantissimus est et ex eadem quam Beatae Laurae regione oriundus, auxiluim confugere statuti: ut per eiusdem intercessionem valetudinis suae impetraret sanationem, hoc immo in precationibus etiam adiecto, quod verum illud resumptae salutis miraculum in canonizationis causam proficere posset. Ac repente, medicis chirurgicam sectionem iamiam apparantibus, condiciones clinicae palam ita profecerunt, ut infirmi valetudo intra paucos dies usque ad inusitatum profectum procederet et clinicae perscrutationes, quae dein secutae sunt, omnino doctoris Restrepo Garcés recognoscerent sanitatem. Clarissime continuatio temporis patuit, sicut et nexus inter invocationem Beatae et sanationem Corali Eduardi, qui exinde optima gavisus est valetudine normalesque vitae consuetudines gerit. De hac mira habita sanatione apud Tribunal Curiae Archiepiscopalis Medellensis a die 19 mensis Novembris anno 2005 ad diem 15 mensis Maii anno 2006 Inquisitio dioecesana celebrata est, cuius auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 24 mensis Februarii anno 2007 probatae sunt. Acta dein collecta examini et iudicio Dicasterii Medicorum Collegium subiecta sunt, quod in Sessione diei 14 mensis Iunii anno 2012 sanationem rapidam, completam, duraturam et inexplicabilem secundum hodiernam scientiam medicam fuisse affirmavit. Die 22 mensis Septembris anno 2012, Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum prospero cum exitu factus est ac, die 10 mensis Decembris eiusdem anni, Sessio Ordinaria Patrum Cardinalium et Episcoporum, cui egomet ipse Angelus Cardinalis Amato praefui, et in utroque coetu sive Consultorum sive Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, ho- 940 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale dierno die declaravit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Beatae Laurae a Sancta Catharina Senensi (in saeculo: Mariae Laurae a Iesu Montoya y Upegui, virginis et fundatricis Congregationis Sororum Missionariarum Beatae Mariae Virginis Immaculatae et Sanctae Catharinae Senensis, videlicet de celeri, perfecta ac constanti sanatione domini Caroli Eduardi Restrepo Garcés a « perforazione esofagea e mediastinite in paziente gravemente immunodepresso, portatore di sindrome da sovrapposizione, lupus eritematoso sistemico, sindrome nefrosica, polimiosite autoimmune refrattaria alla terapia ». Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 20 mensis Decembris a.D. 2012. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis HYDRUNTINA Canonizationis Beatorum Antonii Primaldi et Sociorum Martyrum († 13 augusti 1480) DECRETUM SUPER MIRACULO Passio Beatorum Antonii Primaldi et Sociorum, Martyrum Hydruntinorum, constantiam fidei communitatis cuiusdam christifidelium obtestatur et impetum mansuetudinis renuntiat, quod tenebras mundi superat. Martyrium eorum ex contentionis ac belli proficiscitur adiunctis, quae Europae cum Imperio Othomanorum perdiu res rationesque denotavit. Die 28 mensis Iulii anno 1480 classis Othomanorum litori Hydrunti adremigavit, ubi Antonius Primaldus et Socii vivebant, civitatemque obsidione complexa est, iniquis pro immediata deditione oblatis conditionibus. Cum Congregatio de Causis Sanctorum 941 cives firmiter inimicorum postulata aspernati essent, hostes Hydruntum omnibus machinamentorum generibus – erant ex his quae dicuntur bombardae – invaserunt et die 12 mensis Augusti expugnatum depraedaverunt atque Stephanum Archiepiscopum, canonicorum capitulum permultosque presbyteros et christifideles in ecclesia cathedrali congregatos, interfecerunt. Consequenti die, dux Othomanorum iussit omnes pueros et viros, fere octingentos, qui tantae vastationi superfuissent et decimum sextum aetatis annum saltem acti essent, a fide Christi desciscere. Repentinum autem promptumque professus est omnium nomine responsum Antonius Primaldus, humilis textrinae artis opifex, dicens se et omnes mori malle quam Christi fidem abiurare. Ad haec praesentaneum secutum est extremum supplicium per capitis obtruncationem vel quibusdam in casibus per totius corporis discerptionem. In annum circiter cadavera in loco excidii insepulta iacuerunt, sed anno 1481 exuviae sive in ecclesiam cathedralem Hydruntinam translatae sive Neapolim advectae sunt, quae tunc temporis urbs princeps erat Regni. Qui Christi testes tamquam martyres extemplo habiti et constanter a populo Dei celebrati sunt atque Ecclesia Hydruntina die 14 mensis Augusti eorum quotannis devote recolit memoriam Decretum confirmationis cultus ab immemorabili Martyribus Hydruntinis consecrati die 14 mensis Decembris anno 1771 prolatum est. Apud Curiam Archiepiscopalem Hydruntinam Inquisitio dioecesana super martyrium supradictorum Beatorum nuperrime celebrata est et sedulissimae indagines de eorundem passione adeo pertractatae sunt, ut post Congressum Peculiarium Consultorum Historicorum et Theologorum, necnon Sessionis Ordinariae Patrum Cardinalium et Episcoporum propitium votum de veritate martyrii in odium fidei inhibiti, Summus Pontifex Benedictus Papa XVI, die 6 mensis Iulii anno 2007, Decretum super martyrio publici fieri iuris iuberet. Canonizationis respectu, Causae Postulatio iudicio huius Congregationis de Causis Sanctorum assertam subiecit miram Beatorum Martyrum Hydruntinorum intercessioni tributam sanationem Sororis Franciscae (in saeculo: Caeciliae) Levote, quae gravi carcinomate correpta erat. Religiosa, quae monialis erat ex Ordine Clarissarum in vico Soleto prope Hydruntum, cum quinquagesimum primum aetatis annum agebat, doloribus et molestiis in imo abdomine cepit excruciari, quibus etiam acriora post quadriennium accesserunt nova signa, assiduae scilicet vertigines, visio obnubilata, spectanda et aspere dolenda abdominis conflatio, copiosa sanguinis et ponde- 942 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale ris amissio. Aegrota in valetudinario Galatinae recepta, ex inspectionibus maligni tumoris congeries magna ei agnota est, quae usque in verisimile laevi ovarii damnum proficere videbatur: prognosis igitur omnino dicebatur infausta et non magis quam octo menses reliquum tempus vitae. Chirurgica etiam sectio, cui medici eam commiserunt, minime saevas eius aerumnas dissolvere valuit. Aliis ergo aegrota subiecta est curis, quae Ianuae variis in nosocomiis pro peculiaribus medicamentis propriis ministrandis recepta est, nullo autem adepto profectu: prognosis quoad vitam infausta dicta est. Novas porro curas recepit, quae autem nihil valetudini profecerunt. Quoad cubuit infirma, Francisca una cum Sororibus sociis aliisque christifidelibus ad divinum confugere statuit auxilium per Beatorum Martyrum Hydruntinorum intercessionem, quos instanter invocavit, ac tempore praesertim ianuensis eius recepti urna quaedam eorundem continens reliquias ad monasterium Soleti pervecta est occasione peregrinationis dioecesanae in D anniversario martyrii et super lectum infirmae collocata. Mense Maii anno 1980, medicis admodum obstupescentibus, adeo aegrota nullum amplius aegritudinis ostendit signum, ut, alio transacto mense, apud communitatem suam sanata recipi posset. Clinicae perscrutationes, quae dein secutae sunt, omnino fausta fuerunt eiusque completam recognoverunt sanationem. Clarissime continuatio temporis patuit, sicut et nexus inter invocationem Venerabilium Servorum Dei et sanationem Sororis Franciscae Levote, quae exinde optima gavisa est valetudine normalesque vitae consuetudines gerit. De hac mira habita sanatione apud Tribunal Curiae Archiepiscopalis Hydruntinae a die 27 mensis Iulii anno 2010 ad diem 16 mensis Aprilis anno 2011 Inquisitio dioecesana celebrata est, cuius auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 27 mensis Maii anno 2011 probatae sunt. Acta dein collecta examini et iudicio Dicasterii Medicorum Collegium subiecta sunt, quod in Sessione diei 28 mensis Iunii anno 2012 sanationem rapidam, completam, duraturam et inexplicabilem secundum hodiernam scientiam medicam fuisse affirmavit. Die 22 mensis Septembris anno 2012, Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum prospero cum exitu factus est ac, die 11 mensis Decembris eiusdem anni, Sessio Ordinaria Patrum Cardinalium et Episcoporum, cui egomet ipse Angelus Cardinalis Amato praefui. Et in utroque coetu sive Consultomm sive Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est. 943 Congregatio de Causis Sanctorum Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Beatorum Martyrum Antonii Primaldi et Sociorum, videlicet de celeri, perfecta ac constanti sanatione Sororis Franciscae Levote a « cancro endometrioide dell’ovaio sinistro con progressione metastatica sistemica (IV stadio) e grave compromissione dello stato generale ». Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 20 mensis Decembris a.D. 2012. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis 944 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale DIARIUM ROMANAE CURIAE Il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza Ufficiale per la presentazione delle Lettere Credenziali: Sabato, 7 settembre, S.E. il Sig. Peter Sopko, Ambasciatore della Repubblica Slovacca; Lunedì, 9 settembre, S.E. il Sig. Piotr Nowina-Konopka, Ambasciatore di Polonia; Venerdì, 13 settembre, S.E. il Sig. Denis Fontes Pinto, Ambasciatore del Brasile; de Souza Sabato, 14 settembre, S.E. il Sig. Kiril Lubomirov Topalov, Ambasciatore di Bulgaria; Lunedì, 23 settembre, S.E. il Sig. Juan Carlos Gamarra Skeels , Ambasciatore del Perú. Ha altresì ricevuto in Udienza: Giovedì, 12 settembre, S.E. la Sig.ra Yingluck Shinawatra, Primo Ministro e Ministro della Difesa di Thailandia; S.E. il Sig. José Miguel Insulza, Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani; Giovedì, 19 settembre, S.E. il Sig. Algirdas Butkevičius, Primo Ministro di Lituania; Venerdì, 20 settembre, S.E. il Sig. János Áder, Presidente della Repubblica di Ungheria; S.E. il Sig. Porfirio Lobo Sosa, Presidente di Honduras; Diarium Romanae Curiae 945 Venerdì, 27 settembre, Sua Beatitudine Youhanna X, Patriarca Greco Ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente; Lunedì 30 settembre, Sua Beatitudine Theodoros II, Patriarca Greco Ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa. SEGRETERIA DI STATO NOMINE Con Brevi Apostolici il Santo Padre Francesco ha nominato: 21 settembre 2013 S.E.R. Mons. Nikola Eterović, Arcivescovo titolare di Cibale, finora Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Nunzio Apostolico in Germania, ed ha chiamato a succedergli nel medesimo incarico S.E.R. Mons. Lorenzo Baldisseri, Arcivescovo titolare di Diocleziana, finora Segretario della Congregazione per i Vescovi. » » » S.E.R. Mons. Mirosław Adamczyk, Arcivescovo titolare di Otricoli, Nunzio Apostolico in Liberia e in Gambia, Nunzio Apostolico in Sierra Leone. » » » Il Rev.do Mons. Giampiero Gloder, Consigliere di Nunziatura, Capo Ufficio con incarichi speciali nella Segreteria di Stato, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Telde, con dignità di Arcivescovo, Nunzio Apostolico e Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica. 23 settembre » S.E.R. Mons. Martin Krebs, Arcivescovo titolare di Taborenta, Nunzio Apostolico in Nuova Zelanda, Isole Cook, Kiribati, Palau, Stati Federati di Micronesia e Delegato Apostolico nell’Oceano Pacifico, Nunzio Apostolico in Fiji, Samoa e Vanuatu. 1 » S.E.R. Mons. Joseph Spiteri, Arcivescovo titolare di Serta, finora Nunzio Apostolico in Sri Lanka, Nunzio Apostolico in Costa d’Avorio. ottobre Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Francesco ha nominato: 16 settembre 2013 Il Rev.do Mons. Paul Pallath, finora Capo Ufficio dell’Ufficio per la trattazione delle cause di dispensa dal Matrimonio rato e non consumato e di dichiarazione di nullità della Sacra Ordinazione presso il Tribunale della Rota 946 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Romana, Relatore della Congregazione per le Cause dei santi « ad quinquennium ». 23 settembre 2013 Il Rev.do Mons. Diego Giovanni Ravelli, del clero della Diocesi di Velletri-Segni, Officiale della Elemosineria Apostolica, Capo Ufficio nella medesima Elemosineria Apostolica. 1 ottobre 2013 Il Rev.do Sac. Rafael García de la Serrana Villalobos, del Clero della Prelatura personale dell’Opus Dei, finora Vice Direttore, Direttore della Direzione dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, per un quinquennio. » » » L’Ill.mo Prof. Paolo Cherubini, Docente di Paleografia latina presso l’Università di Palermo e la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica, Vice Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, ad quinquennium. 3 » » L’Ill.mo Sig. Avv. Gian Piero Milano, finora Promotore di Giustizia Aggiunto presso il suddetto Tribunale, Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Il 20 settembre 2013 il Santo Padre ha adottato i seguenti provvedimenti nella Curia Romana: — nel Pontificio Consiglio per i Laici: ha confermato Presidente S.E.R. il Sig. Card. Stanisław Ryłko e Segretario S.E.R. Mons. Josef Clemens, Vescovo titolare di Segerme, fino alla conclusione dei rispettivi quinquenni in corso; ha inoltre confermato, fino al 31 dicembre 2013, i Membri e i Consultori dello stesso Pontificio Consiglio; — nel Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: ha confermato Presidente S.E.R. il Sig. Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Segretario S.E.R. Mons. Mario Toso, Vescovo titolare di Bisarcio, i Membri e i Consultori, fino alla conclusione dei rispettivi quinquenni in corso. Il 21 settembre 2013 il Santo Padre ha adottato i seguenti provvedimenti nella Curia Romana: — ha accolto la rinunzia presentata, per raggiunti limiti di età, da S.E.R. il Signor Cardinale Manuel Monteiro de Castro all’incarico di Penitenziere Maggiore ed ha chiamato a succedergli nel medesimo incarico, per un quinquennio, S.E.R. il Signor Cardinale Mauro Piacenza, finora Prefetto della Congregazione per il Clero; — nella Congregazione per la Dottrina della Fede: ha confermato Prefetto S.E.R. Monsignor Gerhard Ludwig Müller, Arcivescovo-Vescovo emerito di Regensburg; Segretario S.E.R. Monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer, Arcivescovo titolare di Tibica; ha nominato, fino al compimento del 75° Diarium Romanae Curiae 947 anno di età, Segretario Aggiunto S.E.R. Monsignor Joseph Augustine Di Noia, Arcivescovo titolare di Oregon City, finora Vice Presidente della Pontificia Commissione « Ecclesia Dei »; ha inoltre confermato i Membri ed i Consultori, ed ha nominato, per un quinquennio, Consultore S.E.R. Monsignor Giuseppe Sciacca, Vescovo titolare di Fondi, Segretario Aggiunto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; — nella Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli: ha confermato Prefetto S.E.R. il Signor Cardinale Fernando Filoni; Segretario S.E.R. Monsignor Savio Hon Tai-Fai, Arcivescovo titolare di Sila; Segretario Aggiunto S.E.R. Monsignor Protase Rugambwa, Arcivescovo-Vescovo emerito di Kigoma; ha inoltre confermato i Membri ed i Consultori; — nella Congregazione per il Clero: ha nominato, fino al compimento del 75° anno di età, Prefetto S.E.R. Monsignor Beniamino Stella, Arcivescovo titolare di Midila, finora Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica; ha confermato Segretario S.E.R. Monsignor Celso Morga Iruzubieta, Arcivescovo titolare di Alba marittima; ha nominato, per un quinquennio, Segretario per i Seminari S.E.R. Monsignor Jorge Carlos Patron Wong, finora Vescovo di Papantla, elevandolo in pari tempo alla dignità di Arcivescovo; — nell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica: ha nominato, per un quinquennio, Delegato della Sezione Ordinaria il Reverendo Monsignor Mauro Rivella, del Clero dell’Arcidiocesi di Torino. ONORIFICENZE Prelato d’Onore di Sua Santità 30 settembre 2013 Mons. Vincenzo Francia (Lucera-Troia Italia) Cappellani di Sua Santità 11 luglio 2013 Sac. Andrea Francia (Ventimiglia-Sanremo Italia) » » » Sac. Simon Kassas (Joubbé, Sarba e Jounieh dei Maroniti Libano) 3 settembre » Sac. José Jaime Brosel Gavilá (Valencia Spagna) 6 » » Sac. Zvonimir Seršić (Krk Croazia) » » » Sac. Albert P. Warso (Radom Polonia) Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Francesco ha nominato: Il Cavalierato di Gran Croce dell’Ordine Piano 29 settembre 2013 A S.E. Il Sig. Habeeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr (Iraq) 948 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale 29 settembre 2013 A S.E. Il Sig. Charles Ghislain (Belgio) » » » A S.E. Il Sig. Gjoko Gjorgjevski (Ex Rep. Jugoslava di Macedonia) » » » A S.E. Il Sig. Francesco Maria Greco (Italia) » » » A S.E. Il Sig. Gábor Győriványi (Ungheria) » » » A S.E. Il Sig. Jean-Pierre Hamuli Mupenda (Rep. Democr. Del Congo) » » » A S.E. Il Sig. Thomas Hong-Soon Han (Corea) » » » A S.E. Il Sig. Alfons M. Kloss (Austria) » » » A S.E. Il Sig. Luis Dositeo Latorre Tapia (Ecuador) » » » A S.E. Il Sig. Comlanvi Théodore Loko (Benin) » » » A S.E. Il Sig. Manuel Roberto López Barrera (El Salvador) » » » A S.E. Il Sig. Fernando F. Sánchez Campos (Costa Rica) » » » A S.E. Il Sig. Bogdan Tătaru-Cazaban (Romania) » » » A S.E. Il Sig. Filip Vučak (Croazia) » » » A S.E. Il Sig. Hidekazu Yamaguchi (Giappone) » » » A S.E. Il Sig. Fernando Zegers Santa Cruz (Cile) La Dama di Gran Croce dell’Ordine Piano 29 giugno 2013 Alla S.E. La Sig.ra Maja Marija Lovrenčič Svetek (Slovenia) La Commenda con Placca dell’Ordine di San Gregorio Magno 25 maggio 2013 20 giugno » Al Sig. Gianfranco Maritan (Roma) Al Sig. Luca Volonté (Milano) 31 luglio » Al Sig. David Izquierdo Ortíz De Zárate (Spagna) La Commenda dell’Ordine di San Gregorio Magno 31 maggio 2013 » » Al Sig. Eduard Spörk (Wien) 22 luglio » Al Sig. Claudio Alpigiani (Roma) 31 » » Al Sig. Brian Croke (Sydney) » » » Al Sig. Nicholas Mckenna (Down and Connor) » » Al Sig. Eric De Labarre (Bordeaux) » » Al Sig. Dario Rinaldi (Trieste) agosto » Alla Sig.ra Maria Baller Cord-Jesko (Coroatá) » » » Alla Sig.ra Maria Baller Kartz-Bogislav (Coroatá) » » » Al Sig. Vincent John Graham (Parramatta) » » » Al Sig. Angelino Mafera (Albano) » » » Al Sig. Ronald Joseph Mulock (Parramatta) 22 Diarium Romanae Curiae 14 settembre 2013 Al Sig. William Kloter (Svizzera) 26 Al Sig. Otto Grumbeck (Wien) » » 949 Il Cavalierato dell’Ordine di San Gregorio Magno 31 maggio 2013 » » » Al Sig. Larry James Deroussel (Lake Charles) » » » Al Sig. Sergio Ferrazzi (Roma) » » » Al Sig. Gianfranco Marcelli (Roma) » » » Al Sig. Josef Miller (Augsburg) » » » Al Sig. Willie M. Moreno (Lake Charles) » » » Al Sig. Marco Nappi (Roma) » » » Al Sig. Eduard Oswald (Augsburg) » » » Al Sig. Alphons Johannes Marie Plasschaert (’s-Hertogenbosch) » » » Al Sig. Jürgen Reichert (Augsburg) » » » Al Sig. Silvano Silvestri (Roma) » » » Al Sig. Victor Simpson (Stati Uniti d’America) » » » Al Sig. Graham George Spurling (Adelaide) » » » Al Sig. Emanuele Venezia (Matera-Irsina) giugno » Al Sig. Jean-Christophe Meriau (Luçon) » » » Al Sig. François Morvannou (Quimper et Leon) » » » Al Sig. Denis Saulnier (Luçon) 16 luglio » Al Sig. James Stephen Christopher Quinn (Birmingham) 31 » » Al Sig. John Haynes Sylvester Baptiste (Southwark) » » » Al Sig. Brian Ó Donnchadha (Cork and Ross) » » » Al Sig. Pádraig Ó Riain (Cork and Ross) 22 agosto » Al Sig. José Carlos De Medeiros (Brasile-Ord.militare) 4 settembre » Al Sig. Kieran Francis Fouhy (Auckland) 17 » » Al Sig. Jean Dragin (Saint Thomas Virgin Is.) » » » Al Sig. Athniel C. Ottley (Saint Thomas Virgin Is.) 18 » » Al Sig. Buttafarro Gaetano (Pesaro) » » » Al Sig. Lanfranco Coccia (Ascoli Piceno) » » » Al Sig. Elio Macchini (Pesaro) » » » 20 Al Sig. Antoine Azour (Joubbé, Sarba e Jounieh dei Maroniti Libano) Al Sig. Franco Marini (Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado) 18 settembre 2013 Al Sig. Sebastian Valliamthadathil Chacko (Kanjirapally per i Siro-Malabaresi) 26 » » Al Sig. Pietro Brigliozzi (Viterbo) » » » Al Sig. Gennaro Pascariello (Alife-Caiazzo) 950 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale La Dama di Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno 19 settembre 2013 Alla Sig.ra Alice Von Hildebrand (New York) La Dama di Commenda con Placca dell’Ordine di San Gregorio Magno 31 maggio 2013 Alla Sig.ra Anne Marie Young (Dublin) La Dama di Commenda dell’Ordine di San Gregorio Magno 31 31 maggio luglio 2013 » Alla Sig.ra Therese Mary Temby (Bunbury) Alla Sig.ra Patricia Mary Burke (Sydney) La Dama dell’Ordine di San Gregorio Magno 31 maggio 2013 » » » » » » » » » 20 giugno » 28 » » 31 luglio » 18 settembre » Alla Sig.ra Pauline Carmel Connelly (Adelaide) Alla Sig.ra Gloria Elizabeth Deroussel (Lake Charles) All Sig.ra Krista Mary Maier (Adelaide) Alla Sig.ra Dora (Patsy) Moreno (Lake Charles) Alla Sig.ra Patricia Bevan Goodhead (Portsmouth) Alla Sig.ra Rita Salvemme Napoleoni (Roma) Alla Sig.ra Caitríona Ó Dochartaigh (Cork and Ross) Alla Sig.ra Paola Campanini (Pesaro Italia) Il Cavalierato di Gran Croce dell’Ordine di San Silvestro Papa 25 22 maggio agosto 2013 » Al Sig. Raoul Bonarelli (Roma) Al Sig. Theodor Detter (Graz-Seckau) La Commenda con Placca dell’Ordine di San Silvestro Papa 20 giugno 2013 26 settembre » Al Sig. Fabio Storchi (Reggio Emilia-Guastalla) Al Sig. Domenico Sangiorgi Cellini (Imola) La Commenda dell’Ordine di San Silvestro Papa 31 » » » » » maggio » » » » » 2013 » » » » » Al Al Al Al Al Al Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Giovanni Azzaretti (Tortona) Enrico Consorsi (Roma) Sergio De Simone (Roma) Ives Gazzani (Verona) Alois Hirschmugl (Austria-Ord.militare) Domenico Iorio (Roma) Diarium Romanae Curiae » » 15 20 » » 31 22 » » 30 » » » giugno » » » luglio agosto » » agosto » 6 settembre 26 » » » » » » » » » » » » » Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Sig. Francesco Sebastio (Taranto) Sig. Rosino Vallone Sarra (Roma) Sig. Matteo Catania (Roma) Sig. Fabrizio Ambrosetti (Reggio Emilia-Guastalla) Sig. Ezio Fulcheri (Genova) Sig. Giovanni Gazzotti (Reggio Emilia-Guastalla) Sig. Eduardo Romano (Pompei) Sig. Geoffrey Laurence Brooke-Cowden (Parramatta) Sig. Michael Francis Hope (San Jose in California) Sig. John M. Ottoboni (San Jose in California) Sig. Anders Ekenberg (Stockholm) Sig. Ulf Samuelsson (Stockholm) » » Al Sig. Mario Scarpelli (Roma) Al Sig. Josef Zemanek (Wien) Il Cavalierato dell’Ordine di San Silvestro Papa 31 » » » » » » » » » » » » 31 » » » » » » » » » » maggio » » » » » » » » » » » » maggio » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » 2013 » » » » » » » » » » Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Al Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Sig. Ignatius Ijegwa Adaji (Makurdi) Remo Altieri (Roma) Dominic Fada Antsah (Makurdi) Maurice Davesne (Pontoise) Eugenio R. Emanuele (Roma) Augustine Uzukwuchu Ezekwesili (Makurdi) Mario Fanti (Bologna) Giampiero Fedeli (Roma) Pius Igbahee Gelleh (Makurdi) Friedrich Hala (Wien) Ivo Holzinger (Augsburg) Matthew Ameh Idoko (Makurdi) Emmanuel Akor Ikpam (Makurdi) Michael Iyorchir Ogwu Jukwe (Makurdi) Peter Labacher (Salzburg) Peter Landendörfer (Bamberg) Giuseppe Mancini (Roma) Henricus Gerardus Maria Muskens (Breda) Ulrich Netzer (Augsburg) Pius Yakubu Ochefu (Makurdi) Francis Kange Ode (Makurdi) John Omeiza Onaivi (Makurdi) Patrick Tyozer Pillah (Makurdi) Christian Ruck (Augsburg) 951 952 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale » » » Al Sig. Stanislas-Benjamin Samba-Lazi (Bangui Repub.) » » » Al Sig. Josef Schmid (Passau) » » » Al Sig. Clement Kparevfa Uganden (Makurdi) » » » Al Sig. Innocent Shaachia Ukeli (Makurdi) » » » Al Sig. Stefano Zamboni (Bologna) » » » Al Sig. Francesco Zio (Tortona) giugno » Al Sig. Giovanni Antonio Benedetti (Trento) » » » Al Sig. Carlo Corsini (Reggio Emilia-Guastalla) » » » Al Sig. Pier Luigi Franceschini (Reggio Emilia-Guastalla) » » » Al Sig. Giuliano Iori (Reggio Emilia-Guastalla) » » » Al Sig. Corrado Lolli (Reggio Emilia-Guastalla) » » » Al Sig. Paolo Pombeni (Trento) » » » Al Sig. Claudio Puerari (Trento) » » » Al Sig. Sergio Vitti (Trento) » » » Al Sig. Marco Zeni (Trento) 16 luglio » Al Sig. Alfio Pennisi (Noto) 31 luglio » Al Sig. Zeki Basatemir (Antiochia Dei Greco-Melkiti) » » » Al Sig. Uwe Bernzen (Hamburg) » » » Al Sig. Anthony Ryall Biddle (Sydney) » » » Al Sig. Anthony Richard Cleary (Sydney) » » » Al Sig. Fritz Hager (Innsbruck) » » » Al Sig. Joannem G.h. Hoen (Roermond) » » » Al Sig. Callistus Chukwuma Ilozumba (Awka) » » » Al Sig. Stefano Mazzanti (Susa) » » » Al Sig. Gregory Peter Obi (Awka) » » » Al Sig. Joannem Mariam Troost (Roermond) agosto » Al Sig. Adorno Giachetti (Roma) » » Al Sig. Miron Kostelnik (Serbia e Montenegro Esarcato Apostolico) agosto 2013 20 13 » 22 » » Al Sig. Georg Klaus (Bamberg) » Al Sig. Eckhard Most (Paderborn) 17 settembre » Al Sig. Alphonsus Hermanus Jacobus Maria Ziekman (Haarlem-Amsterdam) 26 » » Al Sig. Gerold Karl Dittrich (Wien) » » » Al Sig. Rainer Holzbauer (Wien) La Dama di Commenda dell’Ordine di San Silvestro Papa 31 maggio 2013 22 agosto » Alla Sig.ra Ursula Haslauer (Wien) Alla Sig.ra Bonnie Lynn Hope (San Jose in California) Diarium Romanae Curiae La Dama dell’Ordine di San Silvestro Papa 31 maggio 2013 » » Alla Sig.ra Gerda Riedl (Augsburg) giugno » Alla Sig.ra Cecilia Niccolini (Trento) » » Alla Sig.ra Alice Tait (Trento) 13 agosto » Alla Sig.ra María Florencia Villalba Cortina (Roma) 30 » » Alla Sig.ra Maria Green (Stockholm) » » » Alla Sig.ra Elisabeth Von Waldstein (Stockholm) » 20 » Alla Sig.ra Felicia Mngunengen Jukwe (Makurdi) 953 954 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale NECROLOGIO 1 settembre 2013 9 » » » » » 24 25 » » » » 27 » » 28 » » Mons. Joaquim Justino Carreira, Vescovo di Guarulhos (Brasile). José Guadalupe Padilla Lozano, Vescovo em. di Veracruz (Messico). Mons. Peter Paul Prabhu, Arciv. tit. di Tituli di Numidia (Halia). Mons. Pietro Farina, Vescovo di Caserta (Italia). Mons. Timothy J. Lyne, Vescovo tit. di Vamalla, Ausiliare em. di Chicago (Stati Uniti d’America). Mons. Ernst Gutting, Vescovo tit. di Sufar, Ausiliare em. di Speyer (Germania). Mons. Silvano Montevecchi, Vescovo di Ascoli Piceno (Italia).