An. et vol. CVI 3 Octobris 2014 N. 10 ACTA APOSTOLICAE SEDIS C  O  M  M  E  N  T  A  R  I  U  M O  F  F  I  C  I  A  L  E Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA FRANCISCI PP. HOMILIAE I Dum Pontifex in militari coemeterio loci vulgo Redipuglia, centesimo exeunte saeculo a primo bello pancosmio inito, Eucharistiam celebrat.* Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano… trovandomi qui, in questo luogo, vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia. Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione! La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere … sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: « A me che importa? ». « Sono forse io il custode di mio fratello? ».1 La guerra * Die 13 Septembris 2014. 1 Gen 4, 9. 744 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… « A me che importa? ». Sopra l’ingresso di questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: « A me che importa? ». Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: « A me che importa? ». Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta « a pezzi », con crimini, massacri, distruzioni… Ad essere onesti, la prima pagina dei giornali dovrebbe avere come titolo: « A me che importa? ». Caino direbbe: «Sono forse io il custode di mio fratello?». Questo atteggiamento è esattamente l’opposto di quello che ci chiede Gesù nel Vangelo. Abbiamo ascoltato: Lui è nel più piccolo dei fratelli: Lui, il Re, il Giudice del mondo, Lui è l’affamato, l’assetato, il forestiero, l’ammalato, il carcerato… Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: « A me che importa? », rimane fuori. Qui e nell’altro cimitero ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il lutto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo le vittime di tutte le guerre. Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: « A me che importa? ». È proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere. Con quel « A me che importa? » che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Caino non ha pianto. Non ha potuto piangere. L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni. Acta Francisci Pp. 745 Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da « A me che importa? », al pianto. Per tutti i caduti della « inutile strage », per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo. Il pianto. Fratelli, l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto. 746 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale II Dum Papa sacra nuptialia aliquorum sponsorum una cum Eucharistia celebrat.* La prima Lettura ci parla del cammino del popolo nel deserto. Pensiamo a quella gente in marcia, guidata da Mosè; erano soprattutto famiglie: padri, madri, figli, nonni; uomini e donne di ogni età, tanti bambini, con i vecchi che facevano fatica… Questo popolo fa pensare alla Chiesa in cammino nel deserto del mondo di oggi, fa pensare al Popolo di Dio, che è composto in maggior parte da famiglie. Questo fa pensare alle famiglie, le nostre famiglie, in cammino sulle strade della vita, nella storia di ogni giorno… È incalcolabile la forza, la carica di umanità contenuta in una famiglia: l’aiuto reciproco, l’accompagnamento educativo, le relazioni che crescono con il crescere delle persone, la condivisione delle gioie e delle difficoltà… Le famiglie sono il primo luogo in cui noi ci formiamo come persone e nello stesso tempo sono i « mattoni » per la costruzione della società. Ritorniamo al racconto biblico. A un certo punto «il popolo non sopportò il viaggio».1 Sono stanchi, manca l’acqua e mangiano solo la « manna », un cibo prodigioso, donato da Dio, ma che in quel momento di crisi sembra troppo poco. Allora si lamentano e protestano contro Dio e contro Mosè: « Perché ci avete fatto partire?... ».2 C’è la tentazione di tornare indietro, di abbandonare il cammino. Viene da pensare alle coppie di sposi che « non sopportano il viaggio », il viaggio della vita coniugale e familiare. La fatica del cammino diventa una stanchezza interiore; perdono il gusto del Matrimonio, non attingono più l’acqua dalla fonte del Sacramento. La vita quotidiana diventa pesante e, tante volte, « nauseante ». In quel momento di smarrimento – dice la Bibbia – arrivano i serpenti velenosi che mordono la gente, e tanti muoiono. Questo fatto provoca il pentimento del popolo, che chiede perdono a Mosè e gli domanda di pregare * Die 14 Septembris 2014. 1 Nm 21, 4. 2 Cfr Nm 21, 5. Acta Francisci Pp. 747 il Signore perché allontani i serpenti. Mosè supplica il Signore ed Egli dà il rimedio: un serpente di bronzo, appeso ad un’asta; chiunque lo guarda, viene guarito dal veleno mortale dei serpenti. Che cosa significa questo simbolo? Dio non elimina i serpenti, ma offre un « antidoto »: attraverso quel serpente di bronzo, fatto da Mosè, Dio trasmette la sua forza di guarigione che è la sua misericordia, più forte del veleno del tentatore. Gesù, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, si è identificato con questo simbolo: il Padre, infatti, per amore ha « dato » Lui, il Figlio Unigenito, agli uomini perché abbiano la vita;3 e questo amore immenso del Padre spinge il Figlio, Gesù, a farsi uomo, a farsi servo, a morire per noi e a morire su una croce; per questo il Padre lo ha risuscitato e gli ha dato la signoria su tutto l’universo. Così si esprime l’inno della Lettera di san Paolo ai Filippesi.4 Chi si affida a Gesù crocifisso riceve la misericordia di Dio che guarisce dal veleno mortale del peccato. Il rimedio che Dio offre al popolo vale anche, in particolare, per gli sposi che « non sopportano il cammino » e vengono morsi dalle tentazioni dello scoraggiamento, dell’infedeltà, della regressione, dell’abbandono... Anche a loro Dio Padre dona il suo Figlio Gesù, non per condannarli, ma per salvarli: se si affidano a Lui, li guarisce con l’amore misericordioso che sgorga dalla sua Croce, con la forza di una grazia che rigenera e rimette in cammino sulla strada della vita coniugale e familiare. L’amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, si esaurisce. L’amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme; perché questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna, in cui l’uomo ha il compito di aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di aiutare il marito ad essere più uomo. Questo è il compito che avete tra voi. « Ti amo, e per questo ti faccio più donna » – « Ti amo, e per questo ti faccio più uomo ». È la reciprocità delle differenze. Non è un cammino liscio, senza conflitti: no, non sarebbe umano. È un viaggio impegnativo, a volte difficile, a volte anche conflittuale, ma questa è la vita! E in mezzo a questa teologia che 3 4 Cfr Gv 3, 13-17. 2, 6-11. 748 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale ci dà la Parola di Dio sul popolo in cammino, anche sulle famiglie in cammino, sugli sposi in cammino, un piccolo consiglio. È normale che gli sposi litighino, è normale. Sempre si fa. Ma vi consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace. Mai. È sufficiente un piccolo gesto. E così si continua a camminare. Il matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non è una « fiction »! È sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa, un amore che trova nella Croce la sua verifica e la sua garanzia. Auguro a tutti voi un bel cammino: un cammino fecondo; che l’amore cresca. Vi auguro felicità. Ci saranno le croci, ci saranno. Ma sempre il Signore è lì per aiutarci ad andare avanti. Che il Signore vi benedica! Acta Francisci Pp. 749 III Dum Romanus Pontifex in platea vulgo dicta Madre Teresa Tiranae (Albania) Eucharistiam celebrat.* Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci dice che, oltre ai Dodici Apostoli, Gesù chiama altri settantadue discepoli e li manda nei villaggi e nelle città per annunciare il Regno di Dio.1 Egli è venuto a portare nel mondo l’amore di Dio e vuole diffonderlo attraverso la comunione e la fraternità. Per questo forma subito una comunità di discepoli, una comunità missionaria, e li allena alla missione, ad « andare ». Il metodo missionario è chiaro e semplice: i discepoli vanno nelle case e il loro annuncio comincia con un saluto pieno di significato: « Pace a questa casa! ».2 Non è solo un saluto, è anche un dono: la pace. Venendo oggi in mezzo a voi, cari fratelli e sorelle di Albania, in questa piazza dedicata ad una umile e grande figlia di questa terra, la beata Madre Teresa di Calcutta, voglio ripetervi questo saluto: pace nelle vostre case, pace nei vostri cuori, pace nella vostra Nazione! Nella missione dei settantadue discepoli è rispecchiata l’esperienza missionaria della comunità cristiana di ogni tempo: il Signore risorto e vivente invia non solo i Dodici, ma la Chiesa intera, invia ogni battezzato ad annunciare il Vangelo a tutte le genti. Nel corso dei secoli, non sempre è stato accolto l’annuncio di pace portato dai messaggeri di Gesù; talvolta le porte si sono chiuse. In un recente passato, anche la porta del vostro Paese è stata chiusa, serrata con il catenaccio delle proibizioni e prescrizioni di un sistema che negava Dio e impediva la libertà religiosa. Coloro che avevano paura della verità e della libertà facevano di tutto per bandire Dio dal cuore dell’uomo ed escludere Cristo e la Chiesa dalla storia del vostro Paese, anche se esso era stato tra i primi a ricevere la luce del Vangelo. Nella seconda Lettura, infatti, abbiamo sentito il riferimento all’Illiria, che ai tempi dell’apostolo Paolo includeva anche il territorio dell’attuale Albania. Ripensando a quei decenni di atroci sofferenze e di durissime persecuzioni contro cattolici, ortodossi e musulmani, possiamo dire che l’Albania * Die 21 Septembris 2014. 1 Cfr Lc 10, 1-9. 17-20. 2 v. 5. 750 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale è stata una terra di martiri: molti vescovi, sacerdoti, religiosi, fedeli laici, ministri di culto di altre religioni, hanno pagato con la vita la loro fedeltà. Non sono mancate prove di grande coraggio e coerenza nella professione della fede. Quanti cristiani non si sono piegati davanti alle minacce, ma hanno proseguito senza tentennamenti sulla strada intrapresa! Mi reco spiritualmente a quel muro del cimitero di Scutari, luogo-simbolo del martirio dei cattolici dove si eseguivano le fucilazioni, e con commozione depongo il fiore della preghiera e del ricordo grato e imperituro. Il Signore è stato accanto a voi, carissimi fratelli e sorelle, per sostenervi; Egli vi ha guidato e consolato e infine vi ha sollevato su ali di aquila come un giorno fece con l’antico popolo d’Israele, come abbiamo sentito nella prima lettura. L’aquila, raffigurata nella bandiera del vostro Paese, vi richiami al senso della speranza, a riporre sempre la vostra fiducia in Dio, che non delude ma è sempre al nostro fianco, specialmente nei momenti difficili. Oggi le porte dell’Albania si sono riaperte e sta maturando una stagione di nuovo protagonismo missionario per tutti i membri del popolo di Dio: ogni battezzato ha un posto e un compito da svolgere nella Chiesa e nella società. Ognuno si senta chiamato ad impegnarsi generosamente nell’annuncio del Vangelo e nella testimonianza della carità; a rafforzare i legami della solidarietà per promuovere condizioni di vita più giuste e fraterne per tutti. Oggi sono venuto per ringraziarvi per la vostra testimonianza e anche per incoraggiarvi a far crescere la speranza dentro di voi e intorno a voi. Non dimenticatevi l’aquila. L’aquila non dimentica il nido, ma vola alto. Volate alto! Andate su! Sono venuto per incoraggiarvi a coinvolgere le nuove generazioni; a nutrirvi assiduamente della Parola di Dio aprendo i vostri cuori a Cristo, al Vangelo, all’incontro con Dio, all’incontro fra voi come già fate: mediante questo vostro incontrarvi voi date testimonianza a tutta l’Europa. In spirito di comunione tra vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici, vi incoraggio a dare slancio all’azione pastorale, che è un’azione di servizio, e a continuare la ricerca di nuove forme di presenza della Chiesa all’interno della società. In particolare, questo invito lo rivolgo ai giovani. Ce ne erano tanti sulla strada dall’aeroporto a qui! Questo è un popolo giovane! Molto giovane. E dove c’è giovinezza c’è speranza. Ascoltate Dio, adorate Dio e amatevi fra voi come popolo, come fratelli. Acta Francisci Pp. 751 Chiesa che vivi in questa terra di Albania, grazie per il tuo esempio di fedeltà. Non dimenticatevi del nido, della vostra storia lontana, anche delle prove; non dimenticate le piaghe, ma non vendicatevi. Andate avanti a lavorare con speranza per un futuro grande. Tanti figli e figlie dell’Albania hanno sofferto anche fino al sacrificio della vita. La loro testimonianza sostenga i vostri passi di oggi e di domani sulla via dell’amore, sulla via della libertà, sulla via della giustizia e soprattutto sulla via della pace. Così sia. 752 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale IV Ad Vesperas in Cathedrali ecclesia Tiranae (Albania) cum Prebyteris, Religiosis, Seminarii Alumnis Sodalibusque Laicorum Motuum.* Ho preparato alcune parole per voi, da dirvi, e le consegnerò all’Arcivescovo perché lui dopo ve le faccia arrivare. La traduzione è già fatta. Si può fare arrivare. Ma adesso, mi è venuto di dirvi un’altra cosa… Abbiamo sentito nella Lettura: « Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione, con la consolazione stessa con la quale siamo stati consolati noi da Dio ».1 È il testo su cui oggi la Chiesa ci fa riflettere nei Vespri. In questi due mesi, mi sono preparato per questa visita, leggendo la storia della persecuzione in Albania. E per me è stata una sorpresa: io non sapevo che il vostro popolo avesse sofferto tanto! Poi, oggi, nella strada dall’aeroporto fino alla piazza, tutte queste fotografie dei martiri: si vede che questo popolo ancora ha memoria dei suoi martiri, di quelli che hanno sofferto tanto! Un popolo di martiri… E oggi, all’inizio di questa celebrazione, ne ho toccati due. Quello che io posso dirvi è quello che loro hanno detto, con la loro vita, con le loro parole semplici… Raccontavano le cose con una semplicità… ma tanto dolorosa! E noi possiamo domandare a loro: « Ma come avete fatto a sopravvivere a tanta tribolazione? ». E ci diranno questo che abbiamo sentito in questo brano della Seconda Lettera ai Corinzi: « Dio è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione. È stato Lui a consolarci! ». Ce lo hanno detto con questa semplicità. Hanno sofferto troppo. Hanno sofferto fisicamente, psichicamente, e anche quell’angoscia dell’incertezza: se sarebbero stati fucilati o no, e vivevano così, con quell’angoscia. E il Signore li consolava… Penso a Pietro, nel carcere, incatenato, con le catene; tutta la Chiesa pregava per lui. E il Signore consolò Pietro. E i martiri, e questi due che abbiamo sentito oggi, il Signore li consolò perché c’era * Die 21 Septembris 2014. 1 2 Cor 1, 3-4. Acta Francisci Pp. 753 gente nella Chiesa, il popolo di Dio — le vecchiette sante e buone, tante suore di clausura… — che pregavano per loro. E questo è il mistero della Chiesa: quando la Chiesa chiede al Signore di consolare il suo popolo; e il Signore consola umilmente, anche nascostamente. Consola nell’intimità del cuore e consola con la fortezza. Loro, sono sicuro, non si vantano di quello che hanno vissuto, perché sanno che è stato il Signore a portarli avanti. Ma loro ci dicono qualcosa! Ci dicono che per noi, che siamo stati chiamati dal Signore per seguirlo da vicino, l’unica consolazione viene da Lui. Guai a noi se cerchiamo un’altra consolazione! Guai ai preti, ai sacerdoti, ai religiosi, alle suore, alle novizie, ai consacrati quando cercano consolazione lontano dal Signore! Io non voglio « bastonarvi », oggi, non voglio diventare il « boia », qui; ma sappiate bene: se voi cercate consolazione altrove, non sarete felici! Di più: non potrai consolare nessuno, perché il tuo cuore non è stato aperto alla consolazione del Signore. E finirai, come dice il grande Elia al popolo di Israele, « zoppicando con le due gambe ». « Sia benedetto Dio Padre, Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione, con la consolazione con cui siamo stati consolati noi stessi da Dio ». È quello che hanno fatto questi due, oggi. Umilmente, senza pretese, senza vantarsi, facendo un servizio per noi: di consolarci. Ci dicono anche: « Siamo peccatori, ma il Signore è stato con noi. Questa è la strada. Non scoraggiatevi! ». Scusatemi, se vi uso oggi come esempio, ma tutti dobbiamo essere d’esempio l’uno all’altro. Andiamo a casa pensando bene: oggi abbiamo toccato i martiri. 754 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale V Occasione celebrationis agendi Deo gratias pro CC anniversaria memoria Restitutionis Societatis Iesu.* Cari fratelli e amici nel Signore, la Compagnia insignita del nome di Gesù ha vissuto tempi difficili, di persecuzione. Durante il generalato del p. Lorenzo Ricci « i nemici della Chiesa giunsero ad ottenere la soppressione della Compagnia »1 da parte del mio predecessore Clemente XIV. Oggi, ricordando la sua ricostituzione, siamo chiamati a recuperare la nostra memoria, a fare memoria, richiamando alla mente i benefici ricevuti e i doni particolari.2 E oggi voglio farlo qui con voi. In tempi di tribolazione e di turbamento si solleva sempre un polverone di dubbi e di sofferenze, e non è facile andare avanti, proseguire il cammino. Soprattutto nei tempi difficili e di crisi vengono tante tentazioni: fermarsi a discutere di idee, lasciarsi trasportare dalla desolazione, concentrarsi sul fatto di essere perseguitati e non vedere altro. Leggendo le lettere del p. Ricci una cosa mi ha molto colpito: la sua capacità di non farsi imbrigliare da queste tentazioni e di proporre ai gesuiti, in tempo di tribolazione, una visione delle cose che li radicava ancora di più nella spiritualità della Compagnia. Il p. Generale Ricci, che scriveva ai gesuiti di allora vedendo le nubi addensarsi all’orizzonte, li fortificava nella loro appartenenza al corpo della Compagnia e alla sua missione. Ecco: in un tempo di confusione e di turbamento ha fatto discernimento. Non ha perso tempo a discutere di idee e a lamentarsi, ma si è fatto carico della vocazione della Compagnia. Lui doveva custodirla, e si è fatto carico. E questo atteggiamento ha portato i gesuiti a fare l’esperienza della morte e risurrezione del Signore. Davanti alla perdita di tutto, perfino della loro identità pubblica, non hanno fatto resistenza alla volontà di Dio, non hanno resistito al conflitto cercando di salvare se stessi. La Compagnia – e * Die 27 Septembris 2014. 1 Giovanni Paolo II, Messaggio a p. Kolvenbach, 31 luglio 1990. 2 Cfr Esercizi Spirituali, 234. Acta Francisci Pp. 755 questo è bello – ha vissuto il conflitto fino in fondo, senza ridurlo: ha vissuto l’umiliazione con Cristo umiliato, ha ubbidito. Non ci si salva mai dal conflitto con la furbizia e con gli stratagemmi per resistere. Nella confusione e davanti all’umiliazione la Compagnia ha preferito vivere il discernimento della volontà di Dio, senza cercare un modo per uscire dal conflitto in modo apparentemente tranquillo. O almeno elegante: non lo ha fatto. Non è mai l’apparente tranquillità ad appagare il nostro cuore, ma la vera pace che è dono di Dio. Non si deve mai cercare il « compromesso » facile né si devono praticare facili « irenismi ». Solo il discernimento ci salva dal vero sradicamento, dalla vera « soppressione » del cuore, che è l’egoismo, la mondanità, la perdita del nostro orizzonte, della nostra speranza, che è Gesù, che è solo Gesù. E così il p. Ricci e la Compagnia in fase di soppressione ha privilegiato la storia rispetto a una possibile « storiella » grigia, sapendo che è l’amore a giudicare la storia, e che la speranza – anche nel buio – è più grande delle nostre attese. Il discernimento deve essere fatto con intenzione retta, con occhio semplice. Per questo il p. Ricci giunge, proprio in questa occasione di confusione e di smarrimento, a parlare dei peccati dei gesuiti. Sembra fare pubblicità al contrario! Non si difende sentendosi vittima della storia, ma si riconosce peccatore. Guardare a se stessi riconoscendosi peccatori evita di porsi nella condizione di considerarsi vittime davanti a un carnefice. Riconoscersi peccatori, riconoscersi davvero peccatori, significa mettersi nell’atteggiamento giusto per ricevere la consolazione. Possiamo ripercorrere brevemente questo cammino di discernimento e di servizio che il padre Generale indicò alla Compagnia. Quando nel 1759 i decreti di Pombal distrussero le province portoghesi della Compagnia, il p. Ricci visse il conflitto non lamentandosi e lasciandosi andare alla desolazione, ma invitando alla preghiera per chiedere lo spirito buono, il vero spirito soprannaturale della vocazione, la perfetta docilità alla grazia di Dio. Quando nel 1761 la tempesta avanzava in Francia, il padre Generale chiese di porre tutta la fiducia in Dio. Voleva che si approfittasse delle prove subite per una maggiore purificazione interiore: esse ci conducono a Dio e possono servire per la sua maggior gloria; poi raccomanda la preghiera, la santità della vita, l’umiltà e lo spirito di obbedienza. Nel 1767, dopo l’espulsione dei gesuiti spagnoli, ancora continua a invitare alla preghiera. E infine, il 21 febbraio 1773, appena sei mesi prima della firma del Breve Dominus ac 756 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Redemptor, davanti alla totale mancanza di aiuti umani, vede la mano della misericordia di Dio che invita coloro che sottopone alla prova a non confidare in altri che non sia solamente Lui. La fiducia deve crescere proprio quando le circostanze ci buttano a terra. L’importante per il padre Ricci è che la Compagnia fino all’ultimo sia fedele allo spirito della sua vocazione, che è la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime. La Compagnia, anche davanti alla sua stessa fine, è rimasta fedele al fine per il quale è stata fondata. Per questo Ricci conclude con una esortazione a mantenere vivo lo spirito di carità, di unione, di obbedienza, di pazienza, di semplicità evangelica, di vera amicizia con Dio. Tutto il resto è mondanità. La fiamma della maggior gloria di Dio anche oggi ci attraversi, bruciando ogni compiacimento e avvolgendoci in una fiamma che abbiamo dentro, che ci concentra e ci espande, c’ingrandisce e ci rimpicciolisce. Così la Compagnia ha vissuto la prova suprema del sacrificio che ingiustamente le veniva chiesto facendo propria la preghiera di Tobi, che con l’animo affranto dal dolore sospira, piange e poi prega: « Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo. Ora, Signore, ricordati di me e guardami. Non punirmi per i miei peccati e per gli errori miei e dei miei padri. Violando i tuoi comandi, abbiamo peccato davanti a te. Ci hai consegnato al saccheggio; ci hai abbandonato alla prigionia, alla morte e ad essere la favola, lo scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le quali ci hai dispersi ». E conclude con la richiesta più importante: « Signore, non distogliere da me il tuo volto ».3 E il Signore rispose mandando Raffaele a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché tornasse a vedere la luce di Dio. Dio è misericordioso, Dio corona di misericordia. Dio ci vuol bene e ci salva. A volte il cammino che conduce alla vita è stretto e angusto, ma la tribolazione, se vissuta alla luce della misericordia, ci purifica come il fuoco, ci dà tanta consolazione e infiamma il nostro cuore affezionandolo alla preghiera. I nostri fratelli gesuiti nella soppressione furono ferventi nello spirito e nel servizio del Signore, lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, 3 Tb 3, 1-4. 6d. Acta Francisci Pp. 757 perseveranti nella preghiera.4 E questo ha dato onore alla Compagnia, non certamente gli encomi dei suoi meriti. Così sarà sempre. Ricordiamoci la nostra storia: alla Compagnia « è stata data la grazia non solo di credere nel Signore, ma anche di soffrire per lui ».5 Ci fa bene ricordare questo. La nave della Compagnia è stata sballottata dalle onde e non c’è da meravigliarsi di questo. Anche la barca di Pietro lo può essere oggi. La notte e il potere delle tenebre sono sempre vicini. Costa fatica remare. I gesuiti devono essere « rematori esperti e valorosi »6 : remate dunque! Remate, siate forti, anche col vento contrario! Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme! Ma mentre remiamo – tutti remiamo, anche il Papa rema nella barca di Pietro – dobbiamo pregare tanto: « Signore, salvaci! », « Signore salva il tuo popolo! ». Il Signore, anche se siamo uomini di poca fede e peccatori ci salverà. Speriamo nel Signore! Speriamo sempre nel Signore! La Compagnia ricostituita dal mio predecessore Pio VII era fatta di uomini coraggiosi e umili nella loro testimonianza di speranza, di amore e di creatività apostolica, quella dello Spirito. Pio VII scrisse di voler ricostituire la Compagnia per « sovvenire in maniera adeguata alle necessità spirituali del mondo cristiano senza differenza di popoli e di nazioni ».7 Per questo egli diede l’autorizzazione ai gesuiti che ancora qua e là esistevano grazie a un sovrano luterano e a una sovrana ortodossa, a « restare uniti in un solo corpo ». Che la Compagnia resti unita in un solo corpo! E la Compagnia è stata subito missionaria e si è messa a disposizione della Sede Apostolica, impegnandosi generosamente « sotto il vessillo della croce per il Signore e il suo vicario in terra ».8 La Compagnia riprese la sua attività apostolica con la predicazione e l’insegnamento, i ministeri spirituali, la ricerca scientifica e l’azione sociale, le missioni e la cura dei poveri, dei sofferenti e degli emarginati. Oggi la Compagnia affronta con intelligenza e operosità anche il tragico problema dei rifugiati e dei profughi; e si sforza con discernimento di integrare il servizio della fede e la promozione della giustizia, in conformità al 4 5 6 7 8 Cfr Rm 12, 13. Fil 1, 29. Pio VII, Sollicitudo omnium ecclesiarum. Ibid. Formula Instituti, 1. 758 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Vangelo. Confermo oggi quanto ci disse Paolo VI alla nostra trentaduesima Congregazione generale e che io stesso ho ascoltato con le mie orecchie: « Ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i gesuiti ».9 Sono parole profetiche del futuro beato Paolo VI. Nel 1814, al momento della ricostituzione, i gesuiti erano un piccolo gregge, una « minima Compagnia », che però si sapeva investito, dopo la prova della croce, della grande missione di portare la luce del Vangelo fino ai confini della terra. Così dobbiamo sentirci noi oggi, dunque: in uscita, in missione. L’identità del gesuita è quella di un uomo che adora Dio solo e ama e serve i suoi fratelli, mostrando attraverso l’esempio non solo in che cosa crede, ma anche in che cosa spera e chi è Colui nel quale ha posto la sua fiducia.10 Il gesuita vuole essere un compagno di Gesù, uno che ha gli stessi sentimenti di Gesù. La bolla di Pio VII che ricostituiva la Compagnia fu firmata il 7 agosto 1814 presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove il nostro santo padre Ignazio celebrò la sua prima Eucaristia nella notte di Natale del 1538. Maria, nostra Signora, Madre della Compagnia, sarà commossa dai nostri sforzi per essere al servizio del suo Figlio. Lei ci custodisca e ci protegga sempre. 9 10 Insegnamenti XII (1974), 1181. Cfr 2 Tm 1, 12. Acta Francisci Pp. 759 VI Dum, occasione Diei Senum, Eucharistia celebrata fuit.* Il Vangelo che abbiamo ascoltato, oggi lo accogliamo come Vangelo dell’incontro tra i giovani e gli anziani: un incontro pieno di gioia, pieno di fede e pieno di speranza. Maria è giovane, molto giovane. Elisabetta è anziana, ma in lei si è manifestata la misericordia di Dio e da sei mesi, con il marito Zaccaria, è in attesa di un figlio. Maria, anche in questa circostanza, ci mostra la via: andare a incontrare l’anziana parente, stare con lei, certo per aiutarla, ma anche e soprattutto per imparare da lei, che è anziana, una saggezza di vita. La prima Lettura, con una varietà di espressioni, riecheggia il quarto comandamento: « Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà ».1 Non c’è futuro per il popolo senza questo incontro tra le generazioni, senza che i figli ricevano con riconoscenza il testimone della vita dalle mani dei genitori. E dentro questa riconoscenza per chi ti ha trasmesso la vita, c’è anche la riconoscenza per il Padre che è nei cieli. Ci sono talvolta generazioni di giovani che, per complesse ragioni storiche e culturali, vivono in modo più forte il bisogno di rendersi autonomi dai genitori, quasi di « liberarsi » del retaggio della generazione precedente. È come un momento di adolescenza ribelle. Ma, se poi non viene recuperato l’incontro, se non si ritrova un equilibrio nuovo, fecondo tra le generazioni, quello che ne deriva è un grave impoverimento per il popolo, e la libertà che predomina nella società è una libertà falsa, che quasi sempre si trasforma in autoritarismo. Lo stesso messaggio ci viene dall’esortazione dell’apostolo Paolo rivolta a Timoteo e, tramite lui, alla comunità cristiana. Gesù non ha abolito la legge della famiglia e del passaggio tra generazioni, ma l’ha portata a compimento. Il Signore ha formato una nuova famiglia, nella quale sui legami di sangue prevale la relazione con Lui e il fare la volontà di Dio Padre. Ma l’amore * Die 28 Septembris 2014. 1 Es 20, 12. 760 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale per Gesù e per il Padre porta a compimento l’amore per i genitori, per i fratelli, per i nonni, rinnova le relazioni familiari con la linfa del Vangelo e dello Spirito Santo. E così san Paolo raccomanda a Timoteo, che è Pastore e quindi padre della comunità, di avere rispetto per gli anziani e i familiari, ed esorta a farlo con atteggiamento filiale: l’anziano « come fosse tuo padre », « le donne anziane come madri ».2 Il capo della comunità non è dispensato da questa volontà di Dio, anzi, la carità di Cristo lo spinge a farlo con un amore più grande. Come la Vergine Maria, che pur essendo diventata la Madre del Messia, si sente spinta dall’amore di Dio, che in lei si sta incarnando, a correre dall’anziana parente. E ritorniamo allora a questa « icona » piena di gioia e di speranza, piena di fede, piena di carità. Possiamo pensare che la Vergine Maria, stando a casa di Elisabetta, avrà sentito lei e il marito Zaccaria pregare con le parole del Salmo responsoriale di oggi: « Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, fin dalla mia giovinezza … Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze… Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese ».3 La giovane Maria ascoltava, e custodiva tutto nel suo cuore. La saggezza di Elisabetta e Zaccaria ha arricchito il suo giovane animo; non erano esperti di maternità e paternità, perché anche per loro era la prima gravidanza, ma erano esperti della fede, esperti di Dio, esperti di quella speranza che viene da Lui: è di questo che il mondo ha bisogno, in ogni tempo. Maria ha saputo ascoltare quei genitori anziani e pieni di stupore, ha fatto tesoro della loro saggezza, e questa è stata preziosa per lei, nel suo cammino di donna, di sposa, di mamma. Così la Vergine Maria ci mostra la via: la via dell’incontro tra i giovani e gli anziani. Il futuro di un popolo suppone necessariamente questo incontro: i giovani danno la forza per far camminare il popolo e gli anziani irrobustiscono questa forza con la memoria e la saggezza popolare. 2 3 Cfr 1 Tm 5, 1. Sal 71, 5. 9. 18. Acta Francisci Pp. 761 ALLOCUTIONES I Ad Episcopos, hoc anno vertente nominatos, participes Conventus editi Congregationibus pro Episcopis proque Ecclesiis Orientalibus.* Cari Fratelli, sono lieto di incontrarvi ora personalmente, perché in verità devo dire che in qualche modo già vi conoscevo. Non tanto tempo fa siete stati presentati a me dalla Congregazione per i Vescovi o da quella per le Chiese Orientali. Siete i frutti di un lavoro assiduo e della instancabile preghiera della Chiesa che, quando deve scegliere i suoi Pastori, vuole attualizzare quell’intera notte passata dal Signore sul monte, alla presenza del Padre suo, prima di chiamare quelli che ha voluto per stare con Lui e per essere inviati nel mondo. Ringrazio pertanto nelle persone dei Signori Cardinali Ouellet e Sandri tutti coloro che hanno contribuito a preparare la vostra scelta come Vescovi e si sono prodigati per organizzare queste giornate di incontro, sicuramente feconde, nelle quali si gusta la gioia di essere Vescovi non isolati ma in comunione, di sentire la corresponsabilità del ministero episcopale e la sollecitudine per l’intera Chiesa di Dio. Conosco il vostro curriculum e nutro grandi speranze nelle vostre potenzialità. Ora posso finalmente associare la prima conoscenza avuta dalle carte a dei volti, e dopo aver sentito parlare di voi, posso personalmente ascoltare il cuore di ciascuno e fissare lo sguardo su ciascuno per scorgere le tante speranze pastorali che Cristo e la sua Chiesa ripongono in voi. È bello veder rispecchiato nel volto il mistero di ciascuno e poter leggere quanto Cristo vi ha scritto. È consolante poter constatare che Dio non lascia mancare alla sua Sposa i Pastori secondo il suo cuore. Cari Fratelli, il nostro incontro si svolge all’inizio del vostro cammino episcopale. È già passato lo stupore suscitato dalla vostra scelta; sono superate le prime paure, quando il vostro nome è stato pronunciato dal Signore; * Die 18 Septembris 2014. 762 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale anche le emozioni vissute nella consacrazione ora si vanno gradualmente depositando nella memoria e il peso della responsabilità si adatta, in qualche modo, alle vostre pur fragili spalle. L’olio dello Spirito versato sul vostro capo ancora profuma e al tempo stesso va scendendo sul corpo delle Chiese a voi affidate dal Signore. Avete già sperimentato che il Vangelo aperto sul vostro capo è diventato casa dove si può abitare con il Verbo di Dio; e l’anello nella vostra mano destra, che alle volte stringe troppo o qualche volta rischia di scivolare, possiede comunque la forza di saldare la vostra vita a Cristo e alla sua Sposa. Nell’incontrarvi per la prima volta, vi prego principalmente di non dare mai per scontato il mistero che vi ha investito, di non perdere lo stupore di fronte al disegno di Dio, né il timore di camminare in coscienza alla sua presenza e alla presenza della Chiesa che è prima di tutto sua. In qualche parte di sé stessi bisogna conservare al riparo questo dono ricevuto, evitando che si logori, impedendo che sia reso vano. Ora consentitemi di parlarvi con semplicità su alcuni temi che mi stanno a cuore. Sento il dovere di ricordare ai Pastori della Chiesa l’inscindibile legame tra la stabile presenza del Vescovo e la crescita del gregge. Ogni riforma autentica della Chiesa di Cristo comincia dalla presenza, da quella di Cristo che non manca mai, ma anche da quella del Pastore che regge in nome di Cristo. E questa non è una pia raccomandazione. Quando latita il Pastore o non è reperibile, sono in gioco la cura pastorale e la salvezza delle anime.1 Questo diceva il Concilio di Trento, con tanta ragione. Infatti, nei Pastori che Cristo dona alla Chiesa, Egli stesso ama la sua Sposa e dona la sua vita per lei.2 L’amore rende simili coloro che lo condividono, perciò tutto quanto è bello nella Chiesa viene da Cristo, ma è anche vero che l’umanità glorificata dello Sposo non ha disprezzato i nostri tratti. Dicono che dopo anni d’intensa comunione di vita e di fedeltà, anche nelle coppie umane le tracce della fisionomia degli sposi gradualmente si comunicano a vicenda ed entrambi finiscono per assomigliarsi. Voi siete stati legati da un anello di fedeltà alla Chiesa che vi è stata affidata o che siete chiamati a servire. L’amore per la Sposa di Cristo gradualmente vi consente di imprimere traccia di voi nel suo volto e al tempo 1 2 Decreto De reformatione del Concilio di Trento, IX. Cfr Ef 5, 25-27. Acta Francisci Pp. 763 stesso di portare in voi i tratti della sua fisionomia. Perciò serve l’intimità, l’assiduità, la costanza, la pazienza. Non servono Vescovi contenti in superficie; si deve scavare in profondità per rintracciare quanto lo Spirito continua a ispirare alla vostra Sposa. Per favore, non siate Vescovi con scadenza fissata, che hanno bisogno di cambiare sempre indirizzo, come medicine che perdono la capacità di guarire, o come quegli insipidi alimenti che sono da buttare perché oramai resi inutili. 3 È importante non bloccare la forza risanatrice che sgorga dall’intimo del dono che avete ricevuto, e questo vi difende dalla tentazione di andare e venire senza meta, perché « nessun vento è favorevole a chi non sa dove va ». E noi abbiamo imparato dove andiamo: andiamo sempre da Gesù. Siamo alla ricerca di conoscere « dove dimora », perché non si esaurisce mai la sua risposta data ai primi: « Venite e vedrete ».4 Per abitare pienamente nelle vostre Chiese è necessario abitare sempre in Lui e da Lui non scappare: dimorare nella sua Parola, nella sua Eucaristia, nelle « cose del Padre suo »,5 e soprattutto nella sua croce. Non fermarsi di passaggio, ma lungamente soggiornare! Come inestinguibile rimane accesa la lampada del Tabernacolo delle vostre maestose Cattedrali o umili Cappelle, così nel vostro sguardo il Gregge non manchi di incontrare la fiamma del Risorto. Pertanto, non Vescovi spenti o pessimisti, che, poggiati solo su sé stessi e quindi arresi all’oscurità del mondo o rassegnati all’apparente sconfitta del bene, ormai invano gridano che il fortino è assalito. La vostra vocazione non è di essere guardiani di una massa fallita, ma custodi dell’Evangelii gaudium, e pertanto non potete essere privi dell’unica ricchezza che veramente abbiamo da donare e che il mondo non può dare a sé stesso: la gioia dell’amore di Dio. Vi prego inoltre di non lasciarvi illudere dalla tentazione di cambiare il popolo. Amate il popolo che Dio vi ha dato, anche quando loro avranno « commesso grandi peccati », senza stancarvi di « salire dal Signore » per ottenere perdono e un nuovo inizio, anche al prezzo di veder cancellate tante vostre false immagini del volto divino o le fantasie che avete alimentato circa il modo di suscitare la sua comunione con Dio. 6 Imparate il potere 3 4 5 6 Cfr Mt 5, 13. Gv 1, 38-39. Cfr Lc 2, 49. Cfr Es 32, 30-31. 764 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale umile ma irresistibile della sostituzione vicaria, che è la sola radice della redenzione. Anche la missione, resasi così urgente, nasce da quel « vedere dove dimora il Signore e rimanere con lui ».7 Solo chi incontra, rimane e dimora acquisisce il fascino e l’autorevolezza per condurre il mondo a Cristo.8 Penso a tante persone da portare a Lui. Ai vostri sacerdoti, in primis. Ce ne sono tanti che non cercano più dove Lui abita, o che dimorano in altre latitudini esistenziali, alcuni nei bassifondi. Altri, dimentichi della paternità episcopale o magari stanchi di cercarla invano, ora vivono come se non ci fossero più padri o si illudono di non aver bisogno di padri. Vi esorto a coltivare in voi, Padri e Pastori, un tempo interiore nel quale si possa trovare spazio per i vostri sacerdoti: riceverli, accoglierli, ascoltarli, guidarli. Vi vorrei Vescovi rintracciabili non per la quantità dei mezzi di comunicazione di cui disponete, ma per lo spazio interiore che offrite per accogliere le persone e i loro concreti bisogni, dando loro l’interezza e la larghezza dell’insegnamento della Chiesa, e non un catalogo di rimpianti. E l’accoglienza sia per tutti senza discriminazione, offrendo la fermezza dell’autorità che fa crescere e la dolcezza della paternità che genera. E, per favore, non cadete nella tentazione di sacrificare la vostra libertà circondandovi di corti, cordate o cori di consenso, poiché nelle labbra del Vescovo la Chiesa e il mondo hanno il diritto di trovare sempre il Vangelo che rende liberi. Poi c’è il Popolo di Dio a voi affidato. Quando, nel momento della vostra consacrazione, il nome della vostra Chiesa è stato proclamato, si riverberava il volto di coloro che Dio vi stava donando. Questo Popolo ha bisogno della vostra pazienza per curarlo, per farlo crescere. So bene quanto si è reso deserto il nostro tempo. Serve, poi, imitare la pazienza di Mosè per guidare la vostra gente, senza paura di morire come esuli, ma consumando fino all’ultima energia vostra non per voi ma per far entrare in Dio coloro che guidate. Niente è più importante che introdurre le persone in Dio! Vi raccomando soprattutto i giovani e gli anziani. I primi perché sono le nostre ali, e i secondi perché sono le nostre radici. Ali e radici senza le quali non sappiamo che cosa siamo e nemmeno dove dovremo andare. 7 8 Cfr Gv 1, 39. Cfr Gv 1, 40-42. Acta Francisci Pp. 765 Alla fine del nostro incontro, consentite al Successore di Pietro che vi guardi profondamente dall’alto del Mistero che ci unisce in modo irrevocabile. Oggi, vedendovi nelle vostre diverse fisionomie, che rispecchiano l’inesauribile ricchezza della Chiesa diffusa in tutta la terra, il Vescovo di Roma abbraccia la Cattolica. Non è necessario ricordare le singolari e drammatiche situazioni dei nostri giorni. Quanto vorrei quindi che risuonasse, per mezzo di voi, in ogni Chiesa un messaggio di incoraggiamento. Tornando alle vostre case, ovunque esse siano, portate per favore il saluto di affetto del Papa e assicurate alla gente che è sempre nel suo cuore. Vedo in voi le sentinelle, capaci di svegliare le vostre Chiese, alzandovi prima dall’alba o in mezzo alla notte per ridestare la fede, la speranza, la carità; senza lasciarvi assopire o conformare con il lamento nostalgico di un passato fecondo ma ormai tramontato. Scavate ancora nelle vostre sorgenti, con il coraggio di rimuovere le incrostazioni che hanno coperto la bellezza e il vigore dei vostri antenati pellegrini e missionari che hanno impiantato Chiese e creato civiltà. Vedo in voi uomini capaci di coltivare e di far maturare i campi di Dio, nei quali le giovani seminature attendono mani disposte ad annaffiare quotidianamente per sperare raccolti generosi. Vedo infine in voi Pastori in grado di ricomporre l’unità, di tessere reti, di ricucire, di vincere la frammentarietà. Dialogate con rispetto con le grandi tradizioni nelle quali siete immersi, senza paura di perdervi e senza bisogno di difendere le vostre frontiere, perché l’identità della Chiesa è definita dall’amore di Cristo che non conosce frontiera. Pur custodendo gelosamente la passione per la verità, non sprecate energie per contrapporsi e scontrarsi ma per costruire e amare. Così, sentinelle, uomini capaci di curare i campi di Dio, pastori che camminano davanti, in mezzo e dietro al gregge, vi congedo, vi abbraccio, augurando fecondità, pazienza, umiltà e molta preghiera. Grazie. 766 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale II Ad participes Conventus Internationalis pro pastorali considerando proposito Adhortationis Apostolicae « Evangelii Gaudium ».* Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio. Sono contento di prendere parte ai vostri lavori e ringrazio Mons. Rino Fisichella per la sua introduzione. Ringrazio anche per questa cornice di « vita »: questa è vita! Grazie. Voi lavorate nella pastorale in diverse Chiese del mondo, e vi siete riuniti per riflettere insieme sul progetto pastorale della Evangelii gaudium. In effetti io stesso ho scritto che questo documento ha un « significato programmatico e dalle conseguenze importanti ».1 E non potrebbe essere altrimenti quando si tratta della missione principale della Chiesa, cioè evangelizzare! Ci sono dei momenti, però, in cui questa missione diventa più urgente e la nostra responsabilità ha bisogno di essere ravvivata. Mi vengono in mente, anzitutto, le parole del Vangelo di Matteo dove si dice che Gesù « vedendo le folle, ne sentì compassione perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore ».2 Quante persone, nelle tante periferie esistenziali dei nostri giorni, sono « stanche e sfinite » e attendono la Chiesa, attendono noi! Come poterle raggiungere? Come condividere con loro l’esperienza della fede, l’amore di Dio, l’incontro con Gesù? È questa la responsabilità delle nostre comunità e della nostra pastorale. Il Papa non ha il compito di « offrire un’analisi dettagliata e completa sulla realtà contemporanea »,3 ma invita tutta la Chiesa a cogliere i segni dei tempi che il Signore ci offre senza sosta. Quanti segni sono presenti nelle nostre comunità e quante possibilità il Signore ci pone dinanzi per riconoscere la sua presenza nel mondo di oggi! In mezzo a realtà negative, che come sempre fanno più rumore, noi vediamo anche tanti segni che infondono speranza e danno coraggio. Questi segni, come dice la Gaudium * Die 19 Septembris 2014. 1 N. 25. 2 9, 36. 3 Evangelii gaudium, 51. Acta Francisci Pp. 767 et spes, devono essere riletti alla luce del Vangelo: 4 questo è il « tempo favorevole »,5 è il momento dell’impegno concreto, è il contesto dentro il quale siamo chiamati a lavorare per far crescere il Regno di Dio. 6 Quanta povertà e solitudine purtroppo vediamo nel mondo di oggi! Quante persone vivono in grande sofferenza e chiedono alla Chiesa di essere segno della vicinanza, della bontà, della solidarietà e della misericordia del Signore. Questo è un compito che in modo particolare spetta a quanti hanno la responsabilità della pastorale: al vescovo nella sua diocesi, al parroco nella sua parrocchia, ai diaconi nel servizio alla carità, ai catechisti e alle catechiste nel loro ministero di trasmettere la fede… Insomma, quanti sono impegnati nei diversi ambiti della pastorale sono chiamati a riconoscere e leggere questi segni dei tempi per dare una risposta saggia e generosa. Davanti a tante esigenze pastorali, davanti a tante richieste di uomini e donne, corriamo il rischio di spaventarci e di ripiegarci su noi stessi in atteggiamento di paura e difesa. E da lì nasce la tentazione della sufficienza e del clericalismo, quel codificare la fede in regole e istruzioni, come facevano gli scribi, i farisei e i dottori della legge del tempo di Gesù. Avremo tutto chiaro, tutto ordinato, ma il popolo credente e in ricerca continuerà ad avere fame e sete di Dio. Ho detto anche alcune volte che la Chiesa mi sembra un ospedale da campo: tanta gente ferita che chiede da noi vicinanza, che chiede da noi quello che chiedevano a Gesù: vicinanza, prossimità. E con questo atteggiamento degli scribi, dei dottori della legge e dei farisei, non daremo mai una testimonianza di vicinanza. C’è una seconda parola che mi fa riflettere. Quando Gesù racconta del padrone di una vigna che, avendo bisogno di operai, uscì di casa in diverse ore del giorno per chiamare lavoratori nella sua vigna. 7 Non è uscito una sola volta. Nella parabola Gesù dice che è uscito almeno cinque volte: all’alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre e alle cinque del pomeriggio — abbiamo ancora tempo che venga da noi! — C’era tanto bisogno nella vigna e questo signore ha passato quasi tutto il tempo per andare nelle strade e nelle piazze del paese a cercare operai. Pensate a quelli dell’ultima ora: nessuno li aveva chiamati; chissà come si potevano sentire, perché alla 4 5 6 7 Cfr nn. 4 e 44. Cfr 2 Cor 6, 2. Cfr Gv 4, 35-36. Cfr Mt 20, 1-16. 768 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale fine della giornata non avrebbero portato a casa niente per sfamare i loro figli. Ecco, quanti sono responsabili della pastorale possono trovare un bell’esempio in questa parabola. Uscire in diverse ore del giorno per andare ad incontrare quanti sono in ricerca del Signore. Raggiungere i più deboli e i più disagiati per dare loro il sostegno di sentirsi utili nella vigna del Signore, fosse anche per un’ora soltanto. Un altro aspetto: non rincorriamo, per favore, la voce delle sirene che chiamano a fare della pastorale una convulsa serie di iniziative, senza riuscire a cogliere l’essenziale dell’impegno di evangelizzazione. A volte sembra che siamo più preoccupati di moltiplicare le attività piuttosto che essere attenti alle persone e al loro incontro con Dio. Una pastorale che non ha questa attenzione diventa poco alla volta sterile. Non dimentichiamo di fare come Gesù con i suoi discepoli: dopo che questi erano andati nei villaggi per portare l’annuncio del Vangelo, ritornarono contenti per i loro successi; ma Gesù li prende in disparte, in un luogo solitario per stare un po’ insieme con loro.8 Una pastorale senza preghiera e contemplazione non potrà mai raggiungere il cuore delle persone. Si fermerà alla superficie senza consentire che il seme della Parola di Dio possa attecchire, germogliare, crescere e portare frutto.9 So che tutti voi lavorate molto, e per questo voglio lasciarvi un’ultima parola importante: pazienza. Pazienza e perseveranza. Il Verbo di Dio è entrato in « pazienza » nel momento dell’Incarnazione, e così, fino alla morte in Croce. Pazienza e perseveranza. Non abbiamo la « bacchetta magica » per tutto, ma possediamo la fiducia nel Signore che ci accompagna e non ci abbandona mai. Nelle difficoltà come nelle delusioni che sono presenti non di rado nel nostro lavoro pastorale, abbiamo bisogno di non venire mai meno nella fiducia nel Signore e nella preghiera che la sostiene. Non dimentichiamo, comunque, che l’aiuto ci viene dato, in primo luogo, proprio da quanti sono da noi avvicinati e sostenuti. Facciamo il bene, ma senza aspettarci la ricompensa. Seminiamo e diamo testimonianza. La testimonianza è l’inizio di un’evangelizzazione che tocca il cuore e lo trasforma. Le parole senza testimonianza non vanno, non servono! La testimonianza è quella che porta e dà validità alla parola. 8 9 Cfr Mc 6, 31. Cfr Mt 13, 1-23. Acta Francisci Pp. 769 Grazie del vostro impegno! Vi benedico e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché io devo parlare tanto e anch’io dia un po’ di testimonianza cristiana! Grazie. Preghiamo la Madonna, la Madre dell’evangelizzazione: Ave Maria … 770 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale III Ad Episcopos participes Seminarii editi Congregatione pro Gentium Evangelizatione.* Cari Fratelli, vi do il mio cordiale benvenuto, insieme ai responsabili del Dicastero Missionario, guidati dal Cardinale Fernando Filoni, che ringrazio per le parole con le quali ha introdotto il nostro incontro. Vi auguro che questo Seminario di aggiornamento sia fruttuoso per ciascuno sia spiritualmente sia pastoralmente. Voi avete risposto con fede e generosità alla chiamata del Signore, che vi ha scelti per essere Pastori del suo gregge. Non vi siete lasciati impaurire dalle difficoltà e dalle sfide del mondo attuale,1 che rendono ancora più ardua oggi la missione dei Vescovi, ma avete posto la vostra fiducia nel Signore, a imitazione dei primi discepoli e di san Pietro, il quale esclamò: « Sulla tua parola getterò le reti! ».2 Anche voi siete chiamati, con tutti i Pastori della Chiesa, a porre alla base della vostra missione la Parola di Gesù, per offrire speranza al mondo. Durante queste due settimane avete guardato alle varie dimensioni della vita e del ministero episcopale, che rispondono alla missione fondamentale della Chiesa: annunciare il Vangelo. Come ho sottolineato nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, si avverte oggi l’imperiosa necessità di una conversione missionaria;3 una conversione che riguarda ogni battezzato e ogni parrocchia, ma che naturalmente i Pastori sono chiamati a vivere e testimoniare per primi, in quanto guide delle Chiese particolari. Pertanto vi incoraggio a ordinare la vostra vita e il vostro ministero episcopale a questa trasformazione missionaria che interpella oggi il Popolo di Dio. Al centro di questa conversione missionaria della Chiesa c’è il servizio all’umanità, a imitazione del suo Signore che ha lavato i piedi ai suoi discepoli. La Chiesa, in quanto comunità evangelizzatrice, è chiamata a crescere * Die 20 Septembris 2014. 1 Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 52-75. 2 Lc 5, 5. 3 Cfr 19-49. Acta Francisci Pp. 771 nella prossimità, ad accorciare le distanze, ad abbassarsi fino all’umiliazione se è necessario e assumere la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo.4 In questa prospettiva, il Concilio Vaticano II, trattando del dovere del Vescovo quale guida della famiglia di Dio, sottolinea che i Vescovi nell’esercizio del loro ministero di padri e pastori in mezzo ai loro fedeli devono comportarsi come « coloro che servono », avendo sempre sotto gli occhi l’esempio del Buon Pastore, che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per tutti.5 Un esempio luminoso di tale servizio pastorale sono i santi Martiri coreani, Andrea Kim Taegŏn, sacerdote, Paolo Chŏng Hasang e Compagni, la cui memoria liturgica celebriamo proprio oggi. Ancorati in Cristo, Buon Pastore, essi non hanno esitato a versare il proprio sangue per il Vangelo, di cui erano dispensatori fedeli e testimoni eroici. La Chiesa ha bisogno di Pastori, cioè servitori, di Vescovi che sappiano mettersi in ginocchio davanti agli altri per lavare loro i piedi. Pastori vicini alla gente, padri e fratelli miti, pazienti e misericordiosi; che amano la povertà, sia come libertà per il Signore sia come semplicità e austerità di vita. Voi siete chiamati a sorvegliare incessantemente il gregge a voi affidato, per mantenerlo unito e fedele al Vangelo e alla Chiesa. Sforzatevi di dare un autentico impulso missionario alle vostre Comunità diocesane, perché crescano sempre di più con nuovi membri, grazie alla vostra testimonianza di vita e al vostro ministero episcopale esercitato come servizio al Popolo di Dio. Siate vicini ai vostri sacerdoti, curate la vita religiosa, amate i poveri. Mentre mi rivolgo a voi, non posso fare a meno di andare con il mio pensiero a quei Confratelli che, per varie ragioni, non sono qui con noi. A tutti mando un saluto fraterno e benedicente. Come vorrei, ad esempio, che i Vescovi cinesi ordinati negli anni recenti fossero presenti all’incontro di oggi! In fondo al cuore, però, auspico che non sia lontano quel giorno! Desidero assicurarli non solo della mia e della nostra solidarietà, ma anche di quella dell’Episcopato mondiale perché, nella comune fede, sentano che, se a volte possono avere l’impressione di essere soli, più forte è la certezza che le loro sofferenze porteranno frutto – e gran frutto! – per il bene dei loro fedeli, dei loro concittadini e di tutta la Chiesa. 4 5 Cfr ibid., 24. Cfr Esort. ap. postsin. Pastores gregis, 16 ottobre 2003, 42. 772 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Cari fratelli, stiamo vivendo un tempo di cammino sinodale sulla famiglia. Mentre confido anche sulle vostre preghiere per la prossima Assemblea del Sinodo, mi piace sottolineare con voi che le famiglie sono alla base dell’opera evangelizzatrice, con la loro missione educativa e con la partecipazione attiva alla vita delle comunità parrocchiali. Vi incoraggio a promuovere la pastorale familiare, affinché le famiglie, accompagnate e formate, possano dare sempre meglio il loro apporto alla vita della Chiesa e della società. La Vergine Maria, Stella dell’Evangelizzazione, vi accompagni con la sua tenerezza materna. Su tutti voi e sulle vostre Diocesi, invoco la benedizione del Signore. 773 Acta Francisci Pp. IV Ad Publicas Auctoritates apud Aedes Praesidiales Tiranae (Albania).* 6 Signor Presidente, Signor Primo Ministro, Distinti Membri del Corpo Diplomatico, Eccellenze, Signore e Signori, sono molto lieto di essere qui con voi, nella nobile terra di Albania, terra di eroi, che hanno sacrificato la vita per l’indipendenza del Paese, e terra di martiri, che hanno testimoniato la loro fede nei tempi difficili della persecuzione. Vi ringrazio per l’invito a visitare la vostra patria, chiamata « terra delle aquile », e vi ringrazio anche per la vostra festosa accoglienza. È trascorso ormai quasi un quarto di secolo da quando l’Albania ha ritrovato il cammino arduo ma avvincente della libertà. Essa ha permesso alla società albanese di intraprendere un percorso di ricostruzione materiale e spirituale, di mettere in moto tante energie e iniziative, di aprirsi alla collaborazione e agli scambi con i Paesi vicini dei Balcani e del Mediterraneo, con l’Europa e con il mondo intero. La libertà ritrovata vi ha permesso di guardare al futuro con fiducia e speranza, di avviare progetti e di ritessere relazioni di amicizia con le nazioni vicine e lontane. Il rispetto dei diritti umani, — rispetto è una parola essenziale fra voi — il rispetto dei diritti umani tra cui spicca la libertà religiosa e di espressione del pensiero, è infatti condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese. Quando la dignità dell’uomo viene rispettata e i suoi diritti vengono riconosciuti e garantiti, fioriscono anche la creatività e l’intraprendenza e la personalità umana può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune. Mi rallegro in modo particolare per una felice caratteristica dell’Albania, che va preservata con ogni cura e attenzione: mi riferisco alla pacifica convivenza e alla collaborazione tra gli appartenenti a diverse religioni. Il clima di rispetto e fiducia reciproca tra cattolici, ortodossi e musulmani è un bene prezioso per il Paese e acquista un rilievo speciale in questo nostro * Die 21 Septembris 2014. 774 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale tempo nel quale, da parte di gruppi estremisti, viene travisato l’autentico senso religioso e vengono distorte e strumentalizzate le differenze tra le diverse confessioni, facendone però un pericoloso fattore di scontro e di violenza, anziché occasione di dialogo aperto e rispettoso e di riflessione comune su ciò che significa credere in Dio e seguire la sua legge. Nessuno pensi di poter farsi scudo di Dio mentre progetta e compie atti di violenza e sopraffazione! Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ed alla libertà religiosa di tutti! Quanto accade in Albania dimostra invece che la pacifica e fruttuosa convivenza tra persone e comunità appartenenti a religioni diverse è non solo auspicabile, ma concretamente possibile e praticabile. La pacifica convivenza tra le differenti comunità religiose, infatti, è un bene inestimabile per la pace e per lo sviluppo armonioso di un popolo. È un valore che va custodito e incrementato ogni giorno, con l’educazione al rispetto delle differenze e delle specifiche identità aperte al dialogo ed alla collaborazione per il bene di tutti, con l’esercizio della conoscenza e della stima gli uni degli altri. È un dono che va sempre chiesto al Signore nella preghiera. Possa l’Albania proseguire sempre su questa strada, diventando per tanti Paesi un esempio a cui ispirarsi! Signor Presidente, dopo l’inverno dell’isolamento e delle persecuzioni, è venuta finalmente la primavera della libertà. Attraverso libere elezioni e nuovi assetti istituzionali, si è consolidato il pluralismo democratico e questo ha favorito anche la ripresa delle attività economiche. Molti, specialmente all’inizio, mossi dalla ricerca di lavoro e di migliori condizioni di vita, hanno preso la via dell’emigrazione e contribuiscono a loro modo al progresso della società albanese. Molti altri hanno riscoperto le ragioni per rimanere in patria e costruirla dall’interno. Le fatiche e i sacrifici di tutti hanno cooperato al miglioramento delle condizioni generali. La Chiesa Cattolica, da parte sua, ha potuto riprendere un’esistenza normale, ricostituendo la sua gerarchia e riannodando le fila di una lunga tradizione. Sono stati edificati o ricostruiti luoghi di culto, tra i quali spicca il Santuario della Madonna del Buon Consiglio a Scutari; sono state fondate scuole e importanti centri educativi e di assistenza, a disposizione dell’intera cittadinanza. La presenza della Chiesa e la sua azione vengono Acta Francisci Pp. 775 perciò giustamente percepite non solamente come un servizio alla comunità cattolica, bensì all’intera Nazione. La beata Madre Teresa, insieme ai martiri che hanno eroicamente testimoniato la loro fede – a loro va il nostro più alto riconoscimento e la nostra preghiera – certamente gioiscono in Cielo per l’impegno degli uomini e donne di buona volontà nel far rifiorire la società e la Chiesa in Albania. Ora, però, si presentano nuove sfide a cui dare risposta. In un mondo che tende alla globalizzazione economica e culturale, occorre fare ogni sforzo perché la crescita e lo sviluppo siano posti a disposizione di tutti e non solo di una parte della popolazione. Inoltre, tale sviluppo non sarà autentico se non sarà anche sostenibile ed equo, vale a dire se non terrà ben presenti i diritti dei poveri e non rispetterà l’ambiente. Alla globalizzazione dei mercati è necessario che corrisponda una globalizzazione della solidarietà; alla crescita economica deve accompagnarsi un maggior rispetto del creato; insieme ai diritti individuali vanno tutelati quelli delle realtà intermedie tra l’individuo e lo Stato, prima fra tutte la famiglia. L’Albania oggi può affrontare queste sfide in una cornice di libertà e di stabilità, che vanno consolidate e che fanno ben sperare per il futuro. Ringrazio cordialmente ciascuno voi per la squisita accoglienza e, come fece san Giovanni Paolo II nell’aprile del 1993, invoco sull’Albania la protezione di Maria, Madre del Buon Consiglio, affidando a lei le speranze dell’intero popolo albanese. Dio effonda sull’Albania la sua grazia e la sua benedizione. 776 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale V Ad Sessionem Plenariam Pontificii Comitatus Eucharisticis Internationalibus Conventibus provehendis.* Signori Cardinali, Cari fratelli vescovi e sacerdoti, fratelli e sorelle, sono lieto di incontrarvi al termine dei lavori della vostra Assemblea; ringrazio Mons. Piero Marini per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti all’inizio di questo incontro. Saluto i Delegati Nazionali designati dalle Conferenze Episcopali e, in modo speciale, la Delegazione del comitato filippino guidata da Mons. Jose Palma, Arcivescovo di Cebu, città nella quale avrà luogo il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, nel gennaio 2016. In quei giorni, il mondo cattolico terrà fissi gli occhi del cuore sul sommo mistero dell’Eucaristia per trarne rinnovato slancio apostolico e missionario. Ecco perché è importante prepararsi bene e io vi ringrazio, cari fratelli e sorelle, per il lavoro che state svolgendo al fine di aiutare i fedeli di ogni continente a comprendere sempre più e sempre meglio il valore e l’importanza dell’Eucaristia nella nostra vita. L’Eucaristia tiene il posto centrale nella Chiesa perché è essa a « fare la Chiesa ». Come afferma il Concilio Vaticano II, riportando le parole del grande Agostino, essa è « sacramentum pietatis, signum unitatis, vinculum caritatis ».1 Il tema scelto per il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale è quanto mai significativo: « Cristo in voi, speranza della gloria ».2 Esso pone in piena luce il legame tra l’Eucaristia, la missione e la speranza cristiana. Oggi vi è una carenza di speranza nel mondo, per questo l’umanità ha bisogno di ascoltare il messaggio della nostra speranza in Gesù Cristo. La Chiesa proclama questo messaggio con ardore rinnovato, utilizzando nuovi metodi e nuove espressioni. Con lo spirito della « nuova evangelizzazione », * Die 27 Septembris 2014. 1 Sacrosanctum Concilium, 47. 2 Col 1, 27. Acta Francisci Pp. 777 la Chiesa porta questo messaggio a tutti e, in modo speciale, a coloro che, pur essendo battezzati, si sono allontanati dalla Chiesa e vivono senza fare riferimento alla vita cristiana. Il 51° Congresso Eucaristico Internazionale offre l’opportunità di sperimentare e comprendere l’Eucaristia come un incontro trasformante con il Signore nella sua parola e nel suo sacrificio d’amore, affinché tutti possano avere vita, e vita in abbondanza.3 Esso è l’occasione propizia per riscoprire la fede come sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale. L’incontro con Gesù nell’Eucaristia sarà fonte di speranza per il mondo se, trasformati per la potenza dello Spirito Santo ad immagine di colui che incontriamo, accoglieremo la missione di trasformare il mondo donando la pienezza di vita che noi stessi abbiamo ricevuto e sperimentato, portando speranza, perdono, guarigione e amore a quanti ne hanno bisogno, in particolare i poveri, i diseredati e gli oppressi, condividendone la vita e le aspirazioni e camminando con loro alla ricerca di un’autentica vita umana in Cristo Gesù. Cari fratelli e sorelle, affido fin d’ora il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale alla Vergine Maria. La Madonna protegga e accompagni ognuno di voi, le vostre comunità, e renda fecondo il lavoro che state svolgendo in vista dell’importante evento ecclesiale di Cebu. Vi chiedo per favore di pregare per me e tutti di cuore vi benedico. 3 Cfr Gv 10, 10. 778 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale VI Ad Sodales Universalis Consociationis Biblicae.* Cari fratelli in Cristo, vi ringrazio per essere venuti qui a presentarmi la nuova versione italiana della « Bibbia Parola di Dio, traduzione interconfessionale in lingua corrente », frutto della collaborazione tra l’Alleanza Biblica Universale-Società Biblica in Italia e la Casa Editrice ELLEDICI. Vi dirò qualcosa della mia esperienza. La traduzione preparata da evangelici e cattolici della Bibbia in lingua corrente argentina ha fatto tanto bene e fa tanto bene. È un’idea buona, perché la gente semplice può capirla, perché è un linguaggio vero, proprio, ma vicino alla gente. Nelle missioni che facevamo nelle parrocchie a Buenos Aires andavamo sempre alla Società Biblica a comprare queste traduzioni. Mi facevano un bello sconto! Consegnavamo la Bibbia alla gente, e la gente la capiva. Capiva! È stato uno sforzo bello, e mi piace che adesso sia disponibile in italiano, perché così la gente può capire racconti ed espressioni che, se tradotti letteralmente, non si possono capire. La preparazione di una versione interconfessionale è uno sforzo particolarmente significativo, se si pensa a quanto i dibattiti attorno alla Scrittura abbiano influito sulle divisioni, specie in occidente. Questo progetto interconfessionale, che vi ha dato la possibilità di intraprendere un cammino comune per qualche decennio, vi ha permesso di affidare il cuore agli altri compagni di strada, superando sospetti e diffidenze, con la fiducia che scaturisce dall’amore comune per la Parola di Dio. Il vostro è il frutto di un lavoro paziente, attento, fraterno, competente e, soprattutto, credente. Se non crederete, non comprenderete; « se non crederete, non resterete saldi », dice Isaia.1 Mi auguro che questo testo, che si presenta con il beneplacito della CEI e della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, spinga tutti i cristiani di lingua italiana a meditare, vivere, testimoniare e celebrare il messaggio di Dio. * Die 29 Septembris 2014. 1 7, 9. Acta Francisci Pp. 779 Vorrei tanto che tutti i cristiani potessero apprendere « la sublime scienza di Gesù Cristo »2 attraverso la lettura assidua della Parola di Dio, poiché il testo sacro è il nutrimento dell’anima e la sorgente pura e perenne della vita spirituale di tutti noi. Dobbiamo quindi compiere ogni sforzo affinché ogni fedele legga la Parola di Dio, poiché « l’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo », come dice san Girolamo.3 Vi ringrazio tutti di cuore, perché ciò che avete conseguito insieme è prezioso proprio per realizzare questo obiettivo e vi incoraggio a proseguire sul cammino intrapreso, per far conoscere sempre meglio e per far comprendere sempre più profondamente la Parola del Dio vivente. Vi accompagni anche la mia benedizione, che di cuore do a voi e vi invito a chiederla insieme, come fratelli, pregando il Padre Nostro. Grazie. 2 3 Cfr Fil 3, 8. Comm. in Is., Prol.: PL 24, 17. 780 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale VII Ad Sanctitatem Suam Mar Dinkha IV Catholicon Patriarcham Ecclesiae Assyriae Orientalis.* Santità, Amati fratelli in Cristo, è per me un momento di grazia e di vera gioia potervi accogliere qui, presso la tomba dell’Apostolo Pietro. Con affetto do il benvenuto a Vostra Santità e La ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto anche a nome dei distinti membri della sua Delegazione. Attraverso di voi, il mio pensiero di saluto nel Signore va ai Vescovi, al clero e ai fedeli della Chiesa Assira dell’Oriente. Con le parole dell’Apostolo Paolo, prego affinché « la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù ».1 Il nostro incontro è segnato dalla sofferenza che condividiamo per le guerre che stanno attraversando diverse regioni del Medio Oriente e in particolare per le violenze che stanno colpendo i cristiani e gli appartenenti ad altre minoranze religiose, specialmente in Iraq e in Siria. Quanti nostri fratelli e sorelle stanno soffrendo una persecuzione quotidiana! Quando pensiamo alla loro sofferenza, ci viene spontaneo andare al di là delle distinzioni di rito o di confessione: in essi è il corpo di Cristo che, ancora oggi, viene ferito, colpito, umiliato. Non vi sono ragioni religiose, politiche o economiche che possano giustificare ciò che sta accadendo a centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti. Ci sentiamo profondamente uniti nella preghiera di intercessione e nell’azione di carità verso queste membra del corpo di Cristo che stanno soffrendo. Santità, la vostra visita è un ulteriore passo sul cammino di una crescente vicinanza e comunione spirituale tra di noi, dopo le amare incomprensioni dei secoli passati. Già venti anni fa, la Dichiarazione Cristologica comune sottoscritta da Lei e dal mio predecessore, il Papa San Giovanni Paolo II, ha costituito una pietra miliare del nostro cammino verso la piena comunione. Con essa abbiamo riconosciuto di confessare l’unica fede degli apostoli, * Die 2 Octobris 2014. 1 Cfr Fil 4, 7. Acta Francisci Pp. 781 la fede nella divinità ed umanità di Nostro Signore Gesù Cristo, unite in un’unica persona, senza confusione né cambiamento, senza divisione né separazione. Per usare le parole di quello storico documento, « noi confessiamo uniti la stessa fede nel Figlio di Dio che è diventato uomo perché noi, per mezzo della sua grazia, diventassimo figli di Dio ». Desidero assicurarLe il mio personale impegno nel continuare a camminare lungo questo sentiero, approfondendo ulteriormente le relazioni di amicizia e di comunione che esistono tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Assira dell’Oriente. Accompagno con la preghiera il lavoro della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Assira dell’Oriente, affinché grazie ad esso si avvicini il giorno benedetto in cui potremo celebrare allo stesso altare il sacrificio di lode, che ci renderà una sola cosa in Cristo. In attesa di quel giorno, sentiamo di camminare insieme alla presenza del Signore, così come fece il nostro Padre Abramo nel suo pellegrinaggio di fede verso la Terra promessa, consapevoli che, se anche la meta appare lontana e possiamo gustarla solo nella speranza, essa è tuttavia il dono promesso dal Signore e pertanto non mancherà di manifestarsi. Ciò che ci unisce è già molto di più di ciò che ci divide, per questo motivo ci sentiamo spinti dallo Spirito a scambiarci sin da ora i tesori spirituali delle nostre tradizioni ecclesiali, per vivere, come veri fratelli, condividendo i doni che il Signore non cessa di fare alle nostre Chiese, come segno della sua bontà e misericordia. Santità, La ringrazio della sua visita e invoco su di Lei, sul clero e i fedeli affidati alla Sua cura pastorale, per intercessione della Tuttasanta Madre di Dio, l’abbondanza delle benedizioni divine. 782 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale VIII Ad Sessionem Plenariam Pontificii Consilii de Iustitia et Pace.* 2 Signori Cardinali, Cari fratelli vescovi e sacerdoti, fratelli e sorelle, vi saluto tutti con affetto e ringrazio il Cardinale Peter Turkson per le parole con cui ha introdotto questo incontro. La vostra Plenaria coincide con il quinto anniversario della promulgazione dell’Enciclica Caritas in veritate. Un documento fondamentale per l’evangelizzazione del sociale, che offre preziose indicazioni per la presenza dei cattolici nella società, nelle istituzioni, nell’economia, nella finanza e nella politica. La Caritas in veritate ha attirato l’attenzione sui benefici ma anche sui pericoli della globalizzazione, quando essa non sia orientata al bene dei popoli. Se la globalizzazione ha accresciuto notevolmente la ricchezza aggregata dell’insieme e di parecchi singoli Stati, essa ha anche inasprito i divari tra i vari gruppi sociali, creando diseguaglianze e nuove povertà negli stessi Paesi considerati più ricchi. Uno degli aspetti dell’odierno sistema economico è lo sfruttamento dello squilibrio internazionale nei costi del lavoro, che fa leva su miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno. Un tale squilibrio non solo non rispetta la dignità di coloro che alimentano la manodopera a basso prezzo, ma distrugge fonti di lavoro in quelle regioni in cui esso è maggiormente tutelato. Si pone qui il problema di creare meccanismi di tutela dei diritti del lavoro, nonché dell’ambiente, in presenza di una crescente ideologia consumistica, che non mostra responsabilità nei confronti delle città e del creato. La crescita delle diseguaglianze e delle povertà mettono a rischio la democrazia inclusiva e partecipativa, la quale presuppone sempre un’economia e un mercato che non escludono e che siano equi. Si tratta, allora, di vincere le cause strutturali delle diseguaglianze e della povertà. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho voluto segnalare tre strumenti * Die 2 Octobris 2014. Acta Francisci Pp. 783 fondamentali per l’inclusione sociale dei più bisognosi, quali l’istruzione, l’accesso all’assistenza sanitaria e il lavoro per tutti.1 In altre parole, lo Stato di diritto sociale non va smantellato ed in particolare il diritto fondamentale al lavoro. Questo non può essere considerato una variabile dipendente dai mercati finanziari e monetari. Esso è un bene fondamentale rispetto alla dignità,2 alla formazione di una famiglia, alla realizzazione del bene comune e della pace. L’istruzione e il lavoro, l’accesso al welfare per tutti,3 sono elementi chiave sia per lo sviluppo e la giusta distribuzione dei beni, sia per il raggiungimento della giustizia sociale, sia per appartenere alla società4 e partecipare liberamente e responsabilmente alla vita politica, intesa come gestione della res publica. Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi ad una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, ad una democrazia inclusiva e partecipativa. Un altro problema sorge dai perduranti squilibri tra settori economici, tra remunerazioni, tra banche commerciali e banche di speculazione, tra istituzioni e problemi globali: è necessario tenere viva la preoccupazione per i poveri e la giustizia sociale.5 Essa esige,da una parte profonde riforme che prevedano la ridistribuzione della ricchezza prodotta e l’universalizzazione di mercati liberi a servizio delle famiglie, dall’altra la ridistribuzione della sovranità, sia sul piano nazionale sia sul piano sovranazionale. La Caritas in veritate ci ha anche sollecitati a guardare all’attuale questione sociale come questione ambientale. In particolare, ha rimarcato il legame tra ecologia ambientale ed ecologia umana, tra la prima e l’etica della vita. Il principio della Caritas in veritate è di estrema attualità. Un amore pieno di verità è infatti la base su cui costruire quella pace che oggi è particolarmente desiderata e necessaria per il bene di tutti. Consente di superare fanatismi pericolosi, conflitti per il possesso delle risorse, migrazioni dalle dimensioni bibliche, le piaghe perduranti della fame e della 1 2 3 4 5 Cfr n. 192. Cfr ibid. Cfr ibid., 205. Cfr ibid., 53. Cfr ibid., 201. 784 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale povertà, la tratta di persone, ingiustizie e disparità sociali ed economiche, squilibri nell’accesso dei beni collettivi. Cari fratelli e sorelle, la Chiesa è sempre in cammino, alla ricerca di nuove vie per l’annuncio del Vangelo anche nel campo del sociale. Vi ringrazio per il vostro impegno in questo ambito e, nell’affidarvi alla materna intercessione della Beata Vergine Maria, vi chiedo di pregare per me e di cuore vi benedico. Grazie. Acta Francisci Pp. 785 IX Ad Plenariam Sessionem Congregationis pro Clericis.* Signori Cardinali, cari fratelli vescovi e sacerdoti, fratelli e sorelle, rivolgo a ciascuno un cordiale saluto e un sincero ringraziamento per la vostra collaborazione alla sollecitudine della Santa Sede per i ministri ordinati e la loro azione pastorale. Ringrazio il Cardinale Beniamino Stella per le parole con le quali ha introdotto questo incontro. Quello che vorrei dirvi oggi ruota intorno a tre temi, che corrispondono ai fini e all’attività di questo Dicastero: vocazione, formazione, evangelizzazione. Riprendendo l’immagine del Vangelo di Matteo, mi piace paragonare la vocazione al ministero ordinato al « tesoro nascosto in un campo ».1 È davvero un tesoro che Dio mette da sempre nel cuore di alcuni uomini, da Lui scelti e chiamati a seguirlo in questo speciale stato di vita. Questo tesoro, che richiede di essere scoperto e portato alla luce, non è fatto per « arricchire » solo qualcuno. Chi è chiamato al ministero non è « padrone » della sua vocazione, ma amministratore di un dono che Dio gli ha affidato per il bene di tutto il popolo, anzi di tutti gli uomini, anche di coloro che si sono allontanati dalla pratica religiosa o non professano la fede in Cristo. Al tempo stesso, tutta la comunità cristiana è custode del tesoro di queste vocazioni, destinate al suo servizio, e deve avvertire sempre più il compito di promuoverle, accoglierle ed accompagnarle con affetto. Dio non cessa di chiamare alcuni a seguirlo e servirlo nel ministero ordinato. Anche noi, però, dobbiamo fare la nostra parte, mediante la formazione, che è la risposta dell’uomo, della Chiesa al dono di Dio, quel dono che Dio le fa tramite le vocazioni. Si tratta di custodire e far crescere le vocazioni, perché portino frutti maturi. Esse sono un « diamante grezzo », da lavorare con cura, rispetto della coscienza delle persone e pazienza, perché brillino in mezzo al popolo di Dio. La formazione perciò non è un atto unilaterale, con il quale qualcuno trasmette nozioni, teologiche o spi* Die 3 Octobris 2014. 1 13, 44. 786 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale rituali. Gesù non ha detto a quanti chiamava: « vieni, ti spiego », « seguimi, ti istruisco »: no!; la formazione offerta da Cristo ai suoi discepoli è invece avvenuta tramite un « vieni e seguimi », « fai come faccio io », e questo è il metodo che anche oggi la Chiesa vuole adottare per i suoi ministri. La formazione di cui parliamo è un’esperienza discepolare, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui. Proprio per questo, essa non può essere un compito a termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo. A volte procediamo spediti, altre volte il nostro passo è incerto, ci fermiamo e possiamo anche cadere, ma sempre restando in cammino. Quindi, la formazione in quanto discepolato accompagna tutta la vita del ministro ordinato e riguarda integralmente la sua persona, intellettualmente, umanamente e spiritualmente. La formazione iniziale e quella permanente vengono distinte perché richiedono modalità e tempi diversi, ma sono le due metà di una sola realtà, la vita del discepolo chierico, innamorato del suo Signore e costantemente alla sua sequela. Un simile percorso di scoperta e valorizzazione della vocazione ha uno scopo preciso: l’evangelizzazione. Ogni vocazione è per la missione e la missione dei ministri ordinati è l’evangelizzazione, in ogni sua forma. Essa parte in primo luogo dall’ « essere », per poi tradursi in un « fare ». I sacerdoti sono uniti in una fraternità sacramentale, pertanto la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza di fraternità e di comunione tra loro e con il Vescovo. Da una simile comunione può scaturire un potente slancio missionario, che libera i ministri ordinati dalla comoda tentazione di essere più preoccupati del consenso altrui e del proprio benessere che animati dalla carità pastorale, per l’annuncio del Vangelo, sino alle più remote periferie. In tale missione evangelizzatrice, i presbiteri sono chiamati ad accrescere la consapevolezza di essere pastori, inviati per stare in mezzo al loro gregge, per rendere presente il Signore tramite l’Eucaristia e per dispensare la sua misericordia. Si tratta di « essere » preti, non limitandosi a « fare » i preti, liberi da ogni mondanità spirituale, consci che è la loro vita ad evangelizzare prima ancora delle loro opere. Quanto è bello vedere sacerdoti gioiosi nella loro vocazione, con una serenità di fondo, che li sostiene anche nei momenti di fatica e di dolore! E questo non accade mai senza la preghiera, quella del cuore, quel dialogo con il Signore… che è il cuore, per così dire, della vita sacerdotale. Abbiamo bisogno di sacerdoti, mancano le Acta Francisci Pp. 787 vocazioni. Il Signore chiama, ma non è sufficiente. E noi vescovi abbiamo la tentazione di prendere senza discernimento i giovani che si presentano. Questo è un male per la Chiesa! Per favore, occorre studiare bene il percorso di una vocazione! Esaminare bene se quello è dal Signore, se quell’uomo è sano, se quell’uomo è equilibrato, se quell’uomo è capace di dare vita, di evangelizzare, se quell’uomo è capace di formare una famiglia e rinunciare a questo per seguire Gesù. Oggi abbiamo tanti problemi, e in tante diocesi, per questo errore di alcuni vescovi di prendere quelli che vengono a volte espulsi dai seminari o dalle case religiose perché hanno bisogno di preti. Per favore! Dobbiamo pensare al bene del popolo di Dio. Cari fratelli e sorelle, i temi che state trattando in questi giorni di Assemblea sono di grande rilevanza. Una vocazione curata mediante una permanente formazione, nella comunione, diviene un potente strumento di evangelizzazione, al servizio del popolo di Dio. Il Signore vi illumini nelle vostre riflessioni, vi accompagni anche la mia benedizione. E per favore, vi chiedo di pregare per me e per il mio servizio alla Chiesa. Grazie. 788 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale X Ad Sessionem Plenariam Consilii Conferentiarum Episcoporum Europae (CCEE).* Cari fratelli Vescovi, Saluto con affetto tutti voi in occasione della Assemblea Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e ringrazio il Cardinale Peter Erdő per le parole con le quali ha introdotto questo incontro. Come Pastori vicini al vostro popolo e attenti alle esigenze della gente, voi ben conoscete la complessità degli scenari e la rilevanza delle sfide alle quali è sottoposta, anche in Europa, la missione della Chiesa. Come ho scritto nell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, siamo chiamati ad essere una Chiesa « in uscita », in movimento dal centro verso la periferia per andare verso tutti, senza paure, senza diffidenze e con coraggio apostolico.1 Quanti fratelli e sorelle, quante situazioni, quanti contesti, anche i più difficili, hanno bisogno della luce del Vangelo! Vorrei ringraziavi, cari fratelli, per l’impegno con cui avete accolto questo testo. So che questo documento è sempre più oggetto di ampia riflessione pastorale e spunto per cammini di fede e di evangelizzazione di tante parrocchie, comunità e gruppi. Anche questo è un segno di comunione e di unità della Chiesa. Il tema della vostra Plenaria, « Famiglia e futuro dell’Europa », costituisce un’occasione importante per riflettere insieme su come valorizzare la famiglia, in quanto preziosa risorsa per il rinnovamento pastorale. Mi pare sia importante che Pastori e famiglie lavorino insieme, con spirito di umiltà e dialogo sincero, affinché le comunità parrocchiali diventino « famiglia di famiglie ». In tale ambito, sono fiorite all’interno delle vostre rispettive Chiese locali interessanti esperienze su cui volgere la necessaria attenzione e accrescere una proficua collaborazione. Fidanzati che vivono seriamente la preparazione al matrimonio; coppie di sposi che accolgono figli di altri in affido temporaneo o in adozione; gruppi di famiglie che in * Die 3 Octobris 2014. 1 N. 20. Acta Francisci Pp. 789 parrocchie o nei movimenti si aiutano nel cammino della vita e della fede. Non mancano diverse esperienze di pastorale della famiglia e di impegno politico e sociale in sostegno delle famiglie, sia quelle che vivono una vita matrimoniale ordinaria, sia quelle segnate da problemi o rotture. È importante cogliere queste esperienze significative presenti nei diversi ambiti della vita degli uomini e delle donne del nostro tempo, sui quali esercitare un opportuno discernimento, per poi « metterli in rete », coinvolgendo così altre Comunità diocesane. La collaborazione tra Pastori e famiglie si estende anche al campo dell’educazione. Già per se stessa, la famiglia che adempie bene alla sua missione nei confronti dei suoi membri è una scuola di umanità, di fraternità di amore, di comunione, che prepara dei cittadini maturi e responsabili. Una aperta collaborazione tra realtà ecclesiale e famiglia, favorirà la maturazione di uno spirito di giustizia, di solidarietà, di pace e anche di coraggio nelle proprie convinzioni. Si tratta di sostenere i genitori nella responsabilità di educare i figli, tutelando il loro imprescindibile diritto a dare ai figli l’educazione che ritengono più idonea. I genitori, infatti, rimangono i primi e principali educatori dei loro figli, pertanto hanno il diritto di educarli in conformità alle loro convinzioni morali e religiose. Al riguardo, si potranno delineare comuni e coordinate direttive pastorali da assumere, al fine di promuovere e sostenere validamente le scuole cattoliche. Cari fratelli, vi incoraggio a proseguire nel vostro impegno di favorire la comunione tra le diverse Chiese d’Europa, facilitando una adeguata collaborazione per una fruttuosa evangelizzazione. Vi invito anche ad essere una « voce profetica » all’interno della società, soprattutto là dove il processo di secolarizzazione in atto nel Continente europeo tende a rendere sempre più marginale il parlare di Dio. Vi sostenga in questo compito la celeste intercessione della Vergine Maria e dei santi e delle sante Patroni d’Europa. Vi chiedo per favore di pregare per me e di cuore vi benedico. 790 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale NUNTIUS Occasione Diei Mundialis Migrantis et Itinerantis. « Ecclesia sine confinis: Mater omnium gentium ». Chiesa senza frontiere: madre di tutti Cari fratelli e sorelle! Gesù è « l’evangelizzatore per eccellenza e il Vangelo in persona ».1 La sua sollecitudine, particolarmente verso i più vulnerabili ed emarginati, invita tutti a prendersi cura delle persone più fragili e a riconoscere il suo volto sofferente, soprattutto nelle vittime delle nuove forme di povertà e di schiavitù. Il Signore dice: « Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi ».2 Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di tutti, è perciò di amare Gesù Cristo, adorarlo e amarlo, particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di essi rientrano certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di lasciarsi alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta. Pertanto, quest’anno la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato ha per tema: Chiesa senza frontiere, madre di tutti. In effetti, la Chiesa allarga le sue braccia per accogliere tutti i popoli, senza distinzioni e senza confini e per annunciare a tutti che « Dio è amore ».3 Dopo la sua morte e risurrezione, Gesù ha affidato ai discepoli la missione di essere suoi testimoni e di proclamare il Vangelo della gioia e della misericordia. Nel giorno di Pentecoste, con coraggio ed entusiasmo, essi sono usciti dal Cenacolo; la forza dello Spirito Santo ha prevalso su dubbi e incertezze e ha fatto sì che ciascuno comprendesse il loro annuncio nella propria lingua; così fin dall’inizio la Chiesa è madre dal cuore aperto sul mondo intero, senza frontiere. Quel mandato copre ormai due millenni di storia, ma già dai primi secoli l’annuncio missionario ha messo in luce la maternità universale della Chiesa, sviluppata poi negli scritti dei Padri e ripresa dal Concilio Ecumenico Vaticano II. I Padri conciliari hanno parlato 1 2 3 Esort. ap. Evangelii gaudium, 209. Mt 25, 35-36. 1 Gv 4, 8. 16. Acta Francisci Pp. 791 di Ecclesia mater per spiegarne la natura. Essa infatti genera figli e figlie e « li incorpora e li avvolge con il proprio amore e con le proprie cure ».4 La Chiesa senza frontiere, madre di tutti, diffonde nel mondo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, secondo la quale nessuno va considerato inutile, fuori posto o da scartare. Se vive effettivamente la sua maternità, la comunità cristiana nutre, orienta e indica la strada, accompagna con pazienza, si fa vicina nella preghiera e nelle opere di misericordia. Oggi tutto questo assume un significato particolare. Infatti, in un’epoca di così vaste migrazioni, un gran numero di persone lascia i luoghi d’origine e intraprende il rischioso viaggio della speranza con un bagaglio pieno di desideri e di paure, alla ricerca di condizioni di vita più umane. Non di rado, però, questi movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso. Da una parte si avverte nel sacrario della coscienza la chiamata a toccare la miseria umana e a mettere in pratica il comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato quando si è identificato con lo straniero, con chi soffre, con tutte le vittime innocenti di violenze e sfruttamento. Dall’altra, però, a causa della debolezza della nostra natura, « sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore ».5 Il coraggio della fede, della speranza e della carità permette di ridurre le distanze che separano dai drammi umani. Gesù Cristo è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli esuli, e anche in questo modo ci chiama a condividere le risorse, talvolta a rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere. Lo ricordava il Papa Paolo VI, dicendo che « i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri ».6 Del resto, il carattere multiculturale delle società odierne incoraggia la Chiesa ad assumersi nuovi impegni di solidarietà, di comunione e di evangelizzazione. I movimenti migratori, infatti, sollecitano ad approfondire e a rafforzare i valori necessari a garantire la convivenza armonica tra persone 4 5 6 Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14. Esort. ap. Evangelii gaudium, 270. Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 23. 792 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale e culture. A tal fine non può bastare la semplice tolleranza, che apre la strada al rispetto delle diversità e avvia percorsi di condivisione tra persone di origini e culture differenti. Qui si innesta la vocazione della Chiesa a superare le frontiere e a favorire « il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione ... ad un atteggiamento che abbia alla base la ‘cultura dell’incontro’, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno ».7 I movimenti migratori hanno tuttavia assunto tali dimensioni che solo una sistematica e fattiva collaborazione che coinvolga gli Stati e le Organizzazioni internazionali può essere in grado di regolarli efficacemente e di gestirli. In effetti, le migrazioni interpellano tutti, non solo a causa dell’entità del fenomeno, ma anche « per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che sollevano, per le sfide drammatiche che pongono alle comunità nazionali e a quella internazionale ».8 Nell’agenda internazionale trovano posto frequenti dibattiti sull’opportunità, sui metodi e sulle normative per affrontare il fenomeno delle migrazioni. Vi sono organismi e istituzioni, a livello internazionale, nazionale e locale, che mettono il loro lavoro e le loro energie al servizio di quanti cercano con l’emigrazione una vita migliore. Nonostante i loro generosi e lodevoli sforzi, è necessaria un’azione più incisiva ed efficace, che si avvalga di una rete universale di collaborazione, fondata sulla tutela della dignità e della centralità di ogni persona umana. In tal modo, sarà più incisiva la lotta contro il vergognoso e criminale traffico di esseri umani, contro la violazione dei diritti fondamentali, contro tutte le forme di violenza, di sopraffazione e di riduzione in schiavitù. Lavorare insieme, però, richiede reciprocità e sinergia, con disponibilità e fiducia, ben sapendo che « nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno, che è così ampio da interessare ormai tutti i Continenti nel duplice movimento di immigrazione e di emigrazione ».9 Alla globalizzazione del fenomeno migratorio occorre rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione, in modo da umanizzare le condizioni dei migranti. Nel medesimo tempo, occorre intensificare gli sforzi per creare le condizioni atte a garantire una progressiva diminuzione delle 7 8 9 Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014. Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 29 giugno 2009, 62. Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014. Acta Francisci Pp. 793 ragioni che spingono interi popoli a lasciare la loro terra natale a motivo di guerre e carestie, spesso l’una causa delle altre. Alla solidarietà verso i migranti ed i rifugiati occorre unire il coraggio e la creatività necessarie a sviluppare a livello mondiale un ordine economicofinanziario più giusto ed equo insieme ad un accresciuto impegno in favore della pace, condizione indispensabile di ogni autentico progresso. Cari migranti e rifugiati! Voi avete un posto speciale nel cuore della Chiesa, e la aiutate ad allargare le dimensioni del suo cuore per manifestare la sua maternità verso l’intera famiglia umana. Non perdete la vostra fiducia e la vostra speranza! Pensiamo alla santa Famiglia esule in Egitto: come nel cuore materno della Vergine Maria e in quello premuroso di san Giuseppe si è conservata la fiducia che Dio mai abbandona, così in voi non manchi la medesima fiducia nel Signore. Vi affido alla loro protezione e a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 3 settembre 2014 FRANCISCUS PP. 794 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM BARBASTRENSIS-MONTISONENSIS Beatificationis seu Declarationis Martyrii Servorum Dei Mauri Palazuelos Maruri et XVII Sociorum ex Ordine Sancti Benedicti in odium fidei, uti fertur, interfectorum († 1936) DECRETUM SUPER MARTYRIO « Et clamaverunt ad Dominum, cum tribularentur, et de necessitatibus eorum liberavit eos. Et eduxit eos de tenebris et umbra mortis et vincula eorum dirupit » (Ps 107, 13-14). Hymnus liberationis e corde Psalmistae Israelis manans vitae ac conversationi Servorum Dei Mauri Palazuelos Maruri et Sociorum personat, qui, ad patriarchae sancti Benedicti abbatis scholam informati, summopere parati fuerunt, qui testimonium Christo et Ecclesiae usque ad effusionem sanguinis praeberent. Dimidia fere quarta vicesimi saeculi decade, Ecclesia catholica in Hispania sive ab armigeris seditiosis quoad bona sive quoad iura et regimen acriter vastata est legibus, quae omnem cultum publicum et actuositatem religionis praepediebant. Brevi, exinde, dira orta est persecutio religiosa, ex qua praeter ingentis patrimonii artis amissum verum atrocitatis tempus instauratum est. Sacerdotes ac religiosi quasi ratione et via calumniis minisque vexati sunt saepiusque coacti, ut paroecias vel sedes communitatum desererent et miserrimum susciperent carcerem. His in adiunctis libertas cultus admodum ac patenter retracta et immo sublata est, ecclesiae coemeteriaque revulsa ac deleta atque innumerae fuerunt victimae politicae perturbationis terroris, qui aestate anni 1936 ad culmen pervenit. E tristi ergo illa una et gloriosa christianorum martyrum Hispaniae caterva duodeviginti censendi sunt religiosi ex Ordine Sancti Benedicti, qui intra moenia Acta Congregationum 795 monasterii Beatae Mariae Virgini dicati in loco El Pueyo prope Barbastrum vixerunt. Quorum Causae, licet variis temporibus eorum evenerit martyrium, in unam confluxerunt, cum ad eandem omnes pertinerent communitatem. Servorum Dei horum vita et opera brevi, qui sequitur, indiculo perstringitur. A. Quindecim monachi die 22 mensis Iulii apprehensi sunt, Barbastri in carcerem coniecti et die 28 consecuti mensis Augusti apud coemeterium interempti, scilicet: 1. Maurus Palazuelos Maruri (in saeculo: Abel Angelus), qui, die 26 mensis Octobris anno 1903 in vico Peñacastillo prope Blendium natus, vota religiosa perpetua die 25 mensis Februarii anno 1925 professus est et, die 31 mensis Octobris anno 1926 presbyteratu auctus, die 6 mensis Februarii anno 1934 prior monasterii Beatae Mariae Virginis del Pueyo nominatus est. 2. Honoratus Suárez Riu (in saeculo: Antonius), qui, die 5 mensis Ianuarii anno 1902 Turri Episcopi prope Oscam natus, vota religiosa perpetua die 8 mensis Septembris anno 1924 professus est et, die 6 mensis Iunii anno 1925 presbyteratu auctus, subprior atque Praefectus Iuniorum monasterii Beatae Mariae Virginis del Pueyo nominatus est. 3. Leander Cuesta Andrés (in saeculo: Ioannes), qui, die 30 mensis Martii anno 1870 in vico Rupelo prope Burgum natus, vota religiosa perpetua die 8 mensis Octobris anno 1892 professus est et die 22 mensis Decembris anno 1894 presbyteratu auctus. 4. Raymundus Lladós Salud (in saeculo: Antonius), qui, die 15 mensis Decembris anno 1881 in vico Llusás prope Illerdam natus, vota religiosa perpetua die 5 mensis Augusti anno 1903 professus est et, die 9 mensis Iunii anno 1906 presbyteratu auctus, ad El Pueyo missus, ut officio Praefecti Collegii Postulantium fungeretur, quod ab anno 1931 usque ad mortem exercuit. 5. Laurentius Sobrevía Cañardo (in saeculo: Turibius), qui, die 16 mensis Aprilis anno 1874 Oscae natus, vota religiosa perpetua die 5 mensis Maii anno 1901 professus est et munere adiutoris Praefecti alumnorum Collegii functus. 6. Iacobus Pardo López, qui, die 25 mensis Iulii anno 1881 in vico Palacios de Benaver prope Burgum natus, vota religiosa perpetua die 5 mensis Augusti 796 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale anno 1903 professus est et, die 9 mensis Iunii anno 1906 presbyteratu auctus, in monasterio officiis Magistri novitiorum, Praefecti Iuniorum et Magistri Caeremoniarum functus est. 7. Ferdinandus Salinas Romeo, qui, die 31 mensis Maii anno 1883 in vico Pozán de Vero prope Oscam natus, vota religiosa perpetua die 3 mensis Maii anno 1906 professus est et, die 18 mensis Septembris anno 1909 presbyteratu auctus, magister fuit historiae. 8. Dominicus Caballé Bru (in saeculo: Iacobus), qui, die 25 mensis Maii anno 1883 in vico Villalba de los Arcos prope Tarraconem natus, vota religiosa perpetua die 10 mensis Februarii anno 1908 professus est et, die 12 mensis Februarii anno 1910 presbyteratu auctus, magister fuit historiae. 9. Angelus Fuertes Boira (in saeculo: Antonius), qui, die 2 mensis Augusti anno 1889 Caesaraugustae natus, vota religiosa die 8 mensis Septembris anno 1913 apud Abbatiam Locogiaci in Gallia emisit, in Prioratu de La Cogullada prope Caesaraugustam, cuius monachi anno 1933 post eiusdem suppressionem in monasterium vici El Pueyo transierunt. 10. Ildephonsus Fernández Muñiz (in saeculo: Iulius), qui, die 24 mensis Iulii anno 1897 in vico Muros de Nalón prope Ovetum natus, vota religiosa perpetua die 15 mensis Ianuarii anno 1918 professus est et, die 12 mensis Maii anno 1921 presbyteratu auctus, in monasterio munere sacristae maioris et organistae fungebatur. 11. Anselmus Palau Sin (in saeculo: Marianus), qui, die 9 mensis Augusti anno 1902 Turri Episcopi prope Oscam natus, vota religiosa perpetua die 24 mensis Septembris anno 1923 professus est et, die 6 mensis Iunii anno 1925 presbyteratu auctus, in monasterio munere directoris cantus gregoriani fungebatur. 12. Ramirus Sanz de Galdeano Mañeru (in saeculo: Raymundus), qui, die 30 mensis Augusti anno 1910 Villatortae in Navarra natus, vota religiosa perpetua die 5 mensis Aprilis anno 1932 professus est et die 7 mensis Iulii anno 1935 presbyteratu auctus. Cum apprehensus Servus Dei esset, armigero ipsi noto respondit libertatem porrigenti se modo accepturus, si omnes quoque fratres socios vindicarentur. 13. Rosendus Donamaría Valencia (in saeculo: Martinus), qui, die 3 mensis Novembris anno 1909 in vico Sancti Martini de Unx in Navarra natus, vota reli- Acta Congregationum 797 giosa perpetua die 13 mensis Novembris anno 1930 professus est et die 25 mensis Septembris anno 1932 diaconus ordinatus. 14. Laurentius Ibáñez Caballero (in saeculo: Leontius), qui, die 11 mensis Septembris anno 1911 in vico Cubillejo de Lara prope Burgum natus, vota religiosa perpetua die 15 mensis Septembris anno 1932 professus est et die 5 mensis Iulii anno 1936 ministerium suddiaconatus accepit. 15. Aurelius Boix Cosials (in saeculo: Angelus Carmelus), qui, die 2 mensis Septembris anno 1914 in vico Pueyo de Marguillén prope Oscam natus, vota religiosa perpetua die 11 mensis Iulii anno 1936 professus est et eodem die tonsuram recepit. Aliis in adiunctis et locis apprehensi et interfecti sunt monachi tres, qui sequuntur: 16. Vincentius Burrel Enjuanes, qui, die 28 mensis Decembris anno 1896 in vico Juseu prope Oscam natus, vota religiosa perpetua die 11 mensis Iulii anno 1925 professus est. Dum refugium apud domum sororis suae cuiusdam quaerebat, armigeri seditiosi eum apprehenderunt et die 26 mensis Iulii anno 1936 ad scopulum Sanctae Barbarae interfecerunt. 17. Laurentius Santolaria Ester, qui, die 20 mensis Aprilis anno 1872 Turri de Alcanadre prope Oscam natus, vota religiosa perpetua die 2 mensis Februarii anno 1903 professus est. E monasterio egressus erat, ut ad vicum natalem perveniret, et domi propinquorum suorum latebat, cum die 5 mensis Augusti armigeri seditiosi eum apprehenderunt et super viam quae ad vicum Peralta de Alcofea ducit eodem die interfecerunt. 18. Marianus Sierra Almázor, qui, die 25 mensis Februarii anno 1869 in vico Alquézar prope Oscam natus, vota religiosa perpetua die 8 mensis Aprilis anno 1890 professus est et, die 17 mensis Decembris anno 1892 presbyteratu auctus, die 21 mensis Iulii anno 1936 apprehensus est et die 9 insequentis mensis Augusti in coemeterio interemptus. Atrocitatem terra Barbastri haud effugit, quae caedes iniustas efferatasque tamquam in scaena quadam conspexit vere in odium fidei patratas. In animo erat vestigia omnia ex universa paeninsula hiberica abolere et memoriam ipsam christianae fidei, quae summopere nationem illam informaverat. Ratio una, qua Servi Dei summatim atque iniuste capitis damnati 798 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale sunt, tantum eorum Christiana fides fuit et religiosorum sacerdotumque status. Cuius rei plane conscii, licet sese servare possent, mediis tamen nihil indulserunt. Testimonium eorum fuit mira fortitudo animi et summa Dominicae voluntati oblatio: exemplares fuerunt religiosi vita ac fidelitate ad consecrationis suae promissa. Super horum Servorum Dei caedem, quorum fama martyrii in communitatem ecclesialem admodum incessit, apud Curiam Episcopalem Barbastrensem-Montisonensem a die 12 mensis Iulii anno 1997 ad diem 13 mensis Iunii anno 1998 Inquisitio dioecesana celebrata est, quam a die 19 mensis Octobris ad diem 9 mensis Novembris eiusdem anni Inquisitio Suppletiva secuta est, quarum auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 25 mensis Februarii anno 2000 probatae sunt. Positione confecta, iuxta suetum morem, die 23 mensis Iunii anno 2010, Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum factus est, in quo prospero cum exitu disceptatum est an Servorum Dei mors verum martyrium fuisset. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die 21 mensis Maii anno 2013 habita, cui egomet ipse, Angelus Cardinalis Amato praefui, agnoverunt mortem supradictorum Servorum Dei ob fidelitatem erga Christum et Ecclesiam confessam verum in odium fidei martyrium fuisse. De hisce omnibus rebus, referente subscripto Cardinale Praefecto, certior factus, Summus Pontifex Franciscus, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit Constare de martyrio eiusque causa Servorum Dei Mauri Palazuelos Maruri et XVII Sociorum, presbyterorum et religiosorum ex Ordine Sancti Benedicti, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 3 mensis Iunii a. D. 2013. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis Acta Congregationum 799 MEXICANA Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Bernardi Philippi (in saec.: Ioannis Fromental Cayroche) Fratris Professi Instituti Fratrum Scholarum Christianarum et Fundatoris Sororum v.d. Guadalupanas De La Salle (1895-1978) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Proba me, Domine, et tenta me; ure renes meos et cor meum. Quoniam misericordia tua ante oculos meos est, et ambulavi in veritate tua » (Ps 26, 2-3). Famulus Dei Bernardus Philippus, antea Ioannes Fromental Cayroche, in veritate Domini, dicente Psalmista, sane ambulavit. Fuit enim simplicitate clarus et humilitate, qui in conspectu Domini mundo corde et pura mente aevum agitavit; et dum mortalis huius vitae usura fruitus est, ad summum perfectionis fastigium totis viribus citatoque gradu contendit. Hic Servus Dei in pago vulgo Chauvets, dioecesis Mimatensis, in Gallia, impigris catholicisque parentibus die 27 mensis Iunii anno 1895 ortus est. Institutum Fratrum Scholarum Christianarum anno 1908 ingressus, in oppido Premià de Mar, haud procul Barcinone, in Hispania, ubi Evangelii praecones instruebantur ut ad varias gentes mitterentur, sacrum tirocinium insequenti anno laudabiliter deposuit. Dein die 12 mensis Decembris anno 1912 primis votis rite nuncupatis, Cubam ablegatus est; ibique tredecim annos commoratus perpetuis Deo votis se obstrinxit, qui ceterum christianae doctrinae institutor renuntiatus ad pueros elementarios piis praeceptionibus erudiendos omne studium atque omne ingenium contulit. Inde anno 1925 in Mexicum missus, tum ad docendum tum ad procuranda sui Instituti negotia maxime incubuit. Interea, facto periculo in rebus socialibus administrativisque, probatus est earumque diplomate disciplinarum insignitus; deinde etiam iura publici doctoris rite capessivit. Anno autem 1944 Pium Sodalicium condidit Sororum Lasallianarum a Beatissima Deipara Guadalupensi, quae in ephebeis, Lasallianis potissimum, operam darent; nonnullasque idcirco sacras arcessivit virgines quae, cum dira in catholicum nomen recens exarsisset persecutio, in domicilia sua nondum potuerant redire, sed tamen aliae coniunctius cum aliis vivere expetebant. 800 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale At legifer pater prudentissimus in tanto munere obeundo a suis non satis probatur. Postulant enim Superiores ipsique sodales Mexicani ut servilibus dumtaxat officiis in institutis Fratrum a Scholis Christianis nova se det congregatio. Itaque ipsius fundatoris consilium perverse interpretantes, iidemque Episcopalem auctoritatem saepe adeuntes atque appellantes, tandem maximo affectum dolore e Mexico detraxerunt. Qui, anno 1952 in patriam reversus, vetitus est sive cum sodalibus Mexicanis sive cum sororibus Lasallianis commercium habere. His tamen imperatis nullam umquam canonicam poenam meritus est, nec umquam in eum animadversum est. Postea ad alia deinceps sui Instituti domicilia, primum ad Podium Carmelitarum (nam Le Puy-Les Carmes vulgo Galli dicunt), deinde Massaliam, denique Avenionem, postremo ad Montem Carolinum, migravit. Die vero 17 mensis Octobris anno 1961, dum Avenione commoratur, automataria birota incursante violenter impellitur. Itaque Massaliam in gerontocomium, in vico quem vulgo La Calade appellant, deducitur; deinde valetudinario Fonséranes, prope Biterras, receptus, aliquantum iacet. Sed tantis plagis acceptis vires integras non amplius recuperavit: adeo gravis collisio perpetuam ei infirmitatem facessiverat. Interea epistularum commercium cum sororibus Lasallianis et Mexicanis, per maximam earum matrem, summi magistri concessu resumpsit anno 1962. Qua quidem rogante, facta est etiam ei anno 1971 potestas illuc revertendi; quo tandem longo et perquam laborioso itinere pervenit. Huius religionem describere qui velit atque incohare, facile inveniet apertum et simplicem virum evangelicas diem de die coluisse virtutes. Primum omnium in cotidiano officii sui munere diligentissime obeundo Regulam servavit; item non sine divino afflatu novae condendae sodalitati animum intendit, quae impigram puerili disciplinae navaret operam; postremo vita severus fuit, constanter fecit, castitatem sanctissime custodivit, et in recta hac vitae ratione ac via usque perseveravit: hic vere egregia ac memorabilia facinora, hic praeclara eius documenta virtutis luculentius exstant et eminent. Idem vero, ut erat plenus negotii et iucunditatis, mira animi tranquillitate et constantia in omnibus rerum adiunctis emicuit. Fuit eius pietas non humanis modo sed etiam christianis informata virtutibus atque ditata, quibus fretus omni tempore sibi conscius fuit per omnia fortem athletam Acta Congregationum 801 sese coniunctissime cum Domino vivere. Quae quidem mystica societas et communitas oratione magis magisque confirmabatur, et maxime quoties ille precibus incensissimis Eucharistico interesset sacrificio. Mexicopolim tandem reversus, ingravescentibus doloribus et aerumnis, tamen renovato mentis ardore maximaque fiducia divinae se commisit providentiae, meram divinam voluntatem quaerens ac spectans. Ex valetudinario profectus iacuit in domo principi ac sede praecipua virginum Lasallianarum, quae piissime illi, ut filias addecet, adsederunt, dum ex vitae huius tenebris ad sempiternam lucem excessit die 5 mensis Decembris anno 1978. Percrebrescente vero ipsius sanctitatis fama, Mexicana in ecclesiastica Curia, a die 2 mensis Augusti anno 1995 ad diem 27 mensis Februarii anno 1999, dioecesana Inquisitio est peracta; quam quidem investigationem haec ipsa Congregatio de Causis Sanctorum, edito Decreto Kalendis Decembribus anno 2000, legitime probavit. Praeparata igitur Positione, tralaticio more inita est disquisitio an Dei Famuli virtutes heroicum gradum attigissent; de quibus in Peculiari Theologorum Consultorum Congressu die 27 mensis Ianuarii anno 2012 actum est. Ceterum praedicti Theologi, quoniam nonnulla adhuc perscrutanda restabant, die 19 mensis Ianuarii anno 2013, tota causa de integro pertemptata atque perspecta, prout res postulabat, iterum convenerunt. Dein propositum est dubium in Ordinaria Sessione, quae proxime praeterito die 2 mensis Iulii anno 2013 habita est, cui praefui ego Angelus Cardinalis Amato, in qua cuncti, qui intererant, tum Patres Cardinales tum Sacrorum Antistites Causis Sanctorum tractandis, ipsius Famuli Dei virtutes, sive theologales sive cardinales, iisque adnexas, ad gradum heroicum pervenisse adfirmarunt. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Bernardi Philippi (in saec.: Ioannis Fromental Cayroche), Fratris professi Instituti Fratrum Scholarum Christianarum et Fundatoris Sororum v.d. « Guadalupanas de La Salle », in casu et ad effectum de quo agitur. 802 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 5 mensis Iulii a.D. 2013. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis Acta Congregationum 803 TERUELENSIS seu OVETENSIS seu SEGUNTINA-GUADALARAIENSIS seu URGELLENSIS Beatificationis seu Declarationis Martyrii Servorum Dei Fortunati Velasco Tobar et XIII Sociorum e Congregatione Missionis († 1934-1936) DECRETUM SUPER MARTYRIO « Ecce, ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote, ergo, prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae » (Mt 10, 16). Iam inde a primordiis cum duritia humani cordis et effera reluctatione mundi evangelico nuntio fuit decertandum. Semper enim christianorum missio in itinere suo persecutionem experitur et omnibus in saeculis martyrum Christi corona novis ditatur gemmis. Religiosi permulti e Congregatione Missionis variis in territoriis dioecesium Hispaniae in persecutione contra religionem interempti sunt, quae Ecclesiam illam dimidia fere quarta vicesimi saeculi decade acriter vexavit. Qui vero Patres, iuxta ac multas alias victimas eiusdem temporis hispanicae historiae, caritatis ardore et christianae perseverantia iam in vita eminuerunt. Singulorum narratio operum dilucide ostendunt itinera eorum vitae peculiaritatemque dotum virtutesque naturae et super naturam intimaeque optiones et munera intra communitatem ab officiis coquinariis adusque praedicationem in missionibus ad populum et moderationem spiritualem Seminarii exercita: quibus in omnibus patet dilucetque firmum Christo eiusque Ecclesiae usque ad ultimum et ad mortem cohaerendi consilium. Humanae eorum et apostolicae actuositatis calcar unum fuit fides et conscientiae probitas, quibus omnes, nulla factionis vel politicae partis habita praelatione, fervidorum rectorumque sacerdotum ac religiosorum fruebantur fama, quae ubique per loca eorum conversationis amplius dimanaverat. Nam, boni atque in ministerium prompti, probati atque optime accepti, ad mortem non per inanem furorem vel insolentiam adierunt, sed iuxta praecepta Iesu illa « euntes in castella villasque » confugerunt in auxilium. Et cum capti essent, licet sese servare possent, mortem tamen oppetere potius maluerunt quam fidem suam prodere, obviam carnificibus suis adeo 804 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale placide procedentes, ut ultima eorum non damnationis vel deprecationis essent verba, verba autem veniae et Christi maiestatis praeconii. His ex Servis Dei alii senes erant, alii viri mediae aetatis, pars vero nondum viginti annos nata: imparibus iudiciis pluribusque vexationibus, duris iniustisque carceribus et ignominiae multitudinis contra sacerdotes et Ecclesiam ludibrii aliter alii subiecti sunt. Caedes autem in eorum vitam ex nihilo haud obrepsit, sed iugi sacrilegiorum iniuriarumque et incursionum copia praecessa est, quae eo modo pertinebat, ut verum atrocitatis tempus instauraret: mors sacerdotum religiosorumque ab asseclis quibusdam peculiarium opinionum illata omnem singulorum proprietatem maxime denegantium summamque rei publicae licentiam foventium ac secretis massonum societatibus adhaerentibus, qui memoriae ipsius catholicae Ecclesiae ex universa paeninsula hiberica adusque vestigia abolere omnia professe ac plane contendebant. Ad haec, quae diaboli quasi malitiam simulare videntur, ordo, ut dicatur, politicus conflatus est actibus discriminantibus et feris facinoribus usque ad rabiem hostilem signatus. Ratio autem una, qua Servi Dei summatim atque iniuste capitis damnati sunt, tantum eorum religiosorum status fuit. Promissionibus minisque nihil indulgentes, Patres hi e Congregatione Missionis, plane conscii se ad mortem esse adituros, vere heroico modo genuinam spiritualitatem suam professi sunt, benignitatem animi, simplicitatem et sollicitudinem ministerii, quibus iam in vita insigniti erant et ad summum testimonium parati sunt, christiani moris etiam inter extremas angustias magnum praebentes exemplum. Quorum Servorum Dei vita et opera brevi, qui sequitur, indiculo perstringitur: 1. Pater Fortunatus Velasco Tobar, presbyter, qui tamquam praeses huic martyrum catervae praeponi potest, die 1 mensis Iunii anno 1906 in vico Tradajos prope Burgum natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1925 professus est et die 11 mensis Octobris anno 1931 presbyteratu auctus. Ad Collegium Instituti Teruelense primum destinatus, ad communitatem Alcorisae prope Terulium missus est, ut institutoris fungeretur munere. Bonus et hilaris, gratus et favorabilis universo populo erat. Cum nocte diei 28 mensis Iulii anno 1936 apprehensus esset, populus persecutores cohibuit quominus eum in libertatem restituerent. Qui autem die 22 consecuti mensis Augusti in vicum regressi Acta Congregationum 805 sunt et post biduum carceris nocte diei 24 eiusdem mensis eum plumbis transfoderunt. Ultima Servi Dei verba veniae pro carnificibus fuerunt. 2. Aloysius Aguirre Bilbao, frater coadiutor, qui, die 19 mensis Augusti anno 1914 in vico Munguía in Vizcaya natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1933 professus est et Alcorisae die 29 mensis Iulii anno 1936 plumbis interemptus est. 3. Pater Leontius Pérez Nebreda, presbyter, qui, die 18 mensis Martii anno 1895 in vico Villarmentero prope Burgum natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1914 professus est et die 10 mensis Augusti anno 1921 presbyteratu auctus; in vico Oliete prope Terulium die 2 mensis Augusti 1936 interfectus est. 4. Pater Antonius Carmaníu y Mercader, presbyter, qui, die 17 mensis Aprilis anno 1860 in vico Rialp prope Illerdam natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1881 professus est et anno 1885 presbyteratu auctus; in vico Llavorsí prope Esthón die 17 mensis Iulii Augusti 1936 interfectus est. 5. Pater Irenaeus Rodríguez González, presbyter, qui, die 10 mensis Februarii anno 1879 in vico Los Balbases prope Burgum natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1897 professus est et die 1 mensis Novembris anno 1903 presbyteratu auctus; intra moenia carceris Guadalaiarae die 6 mensis Decembris 1936 plumbis interemptus est. Quocum eodem die et loco interfecti sunt Servi Dei tres, qui sequuntur: 6. Pater Gregorius Cermeño Barceló, presbyter, qui, die 9 mensis Maii anno 1874 Caesaraugustae natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1894 professus est et die 8 mensis Septembris anno 1899 presbyteratu auctus. 7. Pater Vincentius Vilumbrales Fuente, presbyter, qui, die 5 mensis Aprilis anno 1909 in vico Reinoso de Bureba prope Burgum natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1928 professus est et die 9 mensis Septembris anno 1934 presbyteratu auctus. 8. Narcissus Pascual Pascual, frater coadiutor, qui, die 11 mensis Augusti anno 1917 in vico Sarreaus prope Auriam natus, vota perpetua, privata et privilegiata die 27 mensis Novembris anno 1935 professus est. 806 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Oveti, die 13 mensis Octobris anno 1934 interfecti sunt: 9. Pater Thomas Pallarés Ibáñez, presbyter, qui, die 6 mensis Martii anno 1890 in loco v. d. Iglesuela del Cid prope Terulium natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1908 professus est et die 29 mensis Augusti anno 1915 presbyteratu auctus. 10. Sallustianus González Crespo, frater coadiutor, qui, die 1 mensis Maii anno 1817 in vico Tapia de la Ribera prope Legionem natus, vota perpetua, privata et privilegiata die 29 mensis Octobris anno 1896 professus est. Et adhuc: 11. Pater Amatus García Sánchez, presbyter, qui, die 29 mensis Aprilis anno 1903 in vico Moscardón prope Terulium natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1921 professus est et die 2 mensis Maii anno 1926 presbyteratu auctus; in vico Ciares prope Gigiam die 24 mensis Octobris anno 1936 plumbis interemptus est. 12. Pater Andreas Avellinus Gutiérrez Moral, presbyter, qui, die 12 mensis Novembris anno 1886 in vico Salazar de Amaya prope Burgum natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1905 professus est et anno 1911 presbyteratu auctus; in loco El Ramal prope Villaviciosa die 3 mensis Augusti anno 1936 plumbis interemptus est. 13. Pater Pelagius Iosephus Granado Prieto, presbyter, qui, die 30 mensis Iulii anno 1895 in vico Sancta Maria de Planitiis prope Concham natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1916 professus est et die 25 mensis Maii anno 1923 presbyteratu auctus; in vico Soto del Barco die 27 mensis Augusti anno 1936 interemptus est. 14. Pater Richardus Atanes Castro, presbyter, qui, die 5 mensis Augusti anno 1875 in vico Cualedro prope Auriam natus, vota perpetua, privata et privilegiata anno 1893 professus est et die 27 mensis Maii anno 1899 presbyteratu auctus; Gigiae die 14 mensis Octobris anno 1936 plumbis interemptus est. Super horum Servorum Dei caedem, quorum fama martyrii in communitatem ecclesialem admodum incessit, apud Curias Episcopales Teruelensem, Urgellensem, Seguntinam-Guadalaiarensem et Ovetensem inter annos 1965 et 1970 Processus Ordinarii Informativi celebrati sunt, qui anno 1986 in 807 Acta Congregationum unum tantum confluxerunt, quorum auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 14 mensis Martii anno 1987 probatae sunt. Positione confecta, iuxta suetum morem, die 22 mensis Ianuarii anno 2013, Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum factus est, in quo prospero cum exitu disceptatum est an Servorum Dei mors verum martyrium fuisset. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die 18 mensis Iunii anno 2013 habita, cui egomet ipse, Angelus Cardinalis Amato praefui, agnoverunt mortem supradictorum Servorum Dei ob fidelitatem erga Christum et Ecclesiam confessam verum in odium fidei martyrium fuisse. De hisce omnibus rebus, referente subscripto Cardinale Praefecto, certior factus, Summus Pontifex Franciscus, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de martyrio eiusque causa Servorum Dei Fortunati Velasco Tobar et XIII sociorum, presbyterorum et religiosorum e Congregatione Missionis, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 5 mensis Iulii a. D. 2013. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis 808 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale SANCTI PAULI IN BRASILIA Beatificationis et Canonizationis Ven. Servae Dei Assumptae Marchetti Confundatricis Congregationis Sororum Missionariarum Scalabrinianarum a Sancto Carolo (1871-1948) DECRETUM SUPER MIRACULO Venerabilis Serva Dei Assumpta Marchetti in vico Lombrici de Camaiore prope Lucam in Italia die 15 mensis Augusti anno 1871 nata est ac postridie ad baptimalem fontem regenerata. Vocationem ad vitam consecratam iamiam percepit, sed ingressum in monasterium aliquod tempus graviores ob familiae aerumnas distulit. Interdum, frater eius Iosephus, qui presbyter erat e Congregatione Missionariorum Scalabrionianorum a Sancto Carolo Borromaeo, instanter ab ea expetiit, ut in Brasiliam mitteretur et migrantibus ex Italia, qui in summam et inhumanam egestatem deducebantur, auxilium praestaret. Tantis Assumpta benigne indulsit inceptis et missionaria fieri statuit. Anno 1895, itaque, prima vota religiosa una cum matre aliisque duabus sociis emisit, quae novae Congregationi initium expediebant, cui dein nomen erat Congregationis Sororum Missionariarum Scalabrinianarum a Sancto Carolo Borromaeo. In Brasiliam pervecta, Soror Assumpta missionem suam apud asylum pro orphanis curandis iniit, in quo praestantissime enisa est. Anno 1897, prima vota perpetua private professa est. Deinde, Serva Dei Superiorissa Generalis Congregationis fuit tribus distinctis temporibus novumque ab interventis Institutum constanter defendit irritis. Magna et continua oratione suffulta, munera sua pro bono egenorum munifice perseveravit. Exemplar verum religiosae et missionariae conversationis, Paulopoli in Brasilia apud asylum orphanorum Villae Prudentis die 1 mensis Iulii anno 1948 pie obiit. Summus Pontifex Benedictus XVI anno 2011 eam virtutes theologales, cardinales iisque adnexas in modum heroum coluisse decrevit. Beatifícationis respectu Postulatio iudicio huius Congregationis de Causis Sanctorum assertam subiecit miram Venerabilis Servae Dei intercessioni tributam ac Portalegrensi in civitate (in Brasilia) anno 1994 patratam sanationem viri cuiusdam ventris obesitate aliisque infirmitatibus correpti, qui quadraginta quattuor annos natus infartum passus est. Promptius curis suggestis, in valetudinario infirmus receptus est et idonea post suppeditata subsidia dimissus. Aliquibus intermissis diebus, molestia autem iterum ac Acta Congregationum 809 adeo gravior recurrit, ut nova chirurgica sectione opus esset, in qua severa pulsus cordis evenit cessatio in quartam partem horae amplius protracta. Medici eorumque ministri omnimodis caverunt, ut aptas infirmo curas providerent, quibus spiritus ad corpus restitueretur, sed condiciones aegroti in peius ruerunt et prognosis valde infausta dicta est quoad vitam. Tantis in difficilibus adiunctis, Soror quaedam eiusdem Servae Dei Congregationis, quae gravissimae aegroti salutis certior facta erat, ad divinum ferventer confugere statuerunt auxilium, ut per Venerabilis Servae Dei intercessionem valetudinis infirmi a Domino impetrarent sanationem. Ad cuius orationes sociae quaedam Sorores Scalabrinianae et propinqui adhaeserunt aegroti, qui, in loculamentum valetudinarii intensivis curationibus sepositum advectus, repente et ex inopinato egregii profectus normalium cordis functionum exhibere cepit signa, breviori sanationis interposito tempore quam communi curationis itinere, nec acerbae eius infirmitatis exhibuit reliqua. Continuatio temporis clarissime patuit, sicut et nexus inter invocationem Venerabilis Servae Dei et huius viri sanationem, qui exinde optima gavisus est valetudine normalesque vitae consuetudines gerit. De hac mira habita sanatione apud Curiam Episcopalem Portalegrensem a die 7 mensis Aprilis anno 1999 ad diem 20 mensis Iulii anno 2000 Inquisitio dioecesana celebrata est, cuius auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 16 mensis Novembris anno 2001 probatae sunt. Acta dein collecta examini et iudicio Dicasterii Medicorum Collegium subiecta sunt, quod in Sessione diei 9 mensis Februarii anno 2012 sanationem rapidam, completam et duraturam, necnon inexplicabilem secundum hodiernam scientiam medicam fuisse affìrmavit. Die 14 mensis Februarii anno 2013, Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum prospero cum exitu factus est ac, die 24 mensis Septembris eiusdem anni, Sessio Ordinaria Patrum Cardinalium et Episcoporum, cui egomet ipse Angelus Cardinalis Amato praefui, et in utroque coetu sive Consultorum sive Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Venerabilis Servae Dei Assumptae Marchetti, confundatricis Congregationis Sororum 810 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Missionariarum Scalabrinianarum a Sancto Carolo, videlicet de celeri, perfecta ac constanti sanatione cuiusdam viri a « cardiopatia ischemica, arresto cardiaco in corso di rivascolarizzazione miocardica, disseccazione coronaria destra, intervento cardiochirurgico di rivascolarizzazione miocardica in condizioni di emergenza ». Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 9 mensis Octobris a.D. 2013. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis Acta Congregationum 811 CONGREGATIO PRO EPISCOPIS PROVISIO ECCLESIARUM Latis decretis a Congregatione pro Episcopis, Sanctissimus Dominus Franciscus Pp., per Apostolicas sub plumbo Litteras, iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit Praesules: die 15 Septembris 2014. —Cathedrali Ecclesiae Loidensi, R.D. Marcum Stock, e clero archidioecesis Birminghamiensis, hactenus Conferentiae Episcopalis Angliae et Cambriae Secretarium Generalem. die 18 Septembris. — Metropolitanae Ecclesiae Sydneyensi, Exc.mum D. Antonium Colin Fisher, hactenus Episcopum Parramattensem. die 19 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Erfordiensi, Exc.mum D. Udalricum Neymeyr, hactenus Episcopum titularem Maraguiensem necnon Auxiliarem dioecesis Moguntinae. die 20 septembris. — Abbatiae Territoriali Montisvirginis, R.D. Richardum Lucam Guariglia, O.S.B., hactenus in eadem Priorem claustralem noviciorumque Magistrum. — Metropolitanae Ecclesiae Chicagiensi, Exc.mum D. Blasium Iosephum Cupich, hactenus Episcopum Spokanensem. die 24 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Formosensi, Exc.mum D. Iosephum Ronaldum Ribeiro, hactenus Episcopum Ianaubensem. — Ordinariatui Militari Bolivianae Rei Publicae, Exc.mum D. Ferdinandum Bascopé Müller, S.D.B., hactenus Episcopum titularem Naratcatensem et Auxiliarem Altanum. — Metropolitanae Ecclesiae Cochabambensi, Exc.mum D. Ansgarium Odemarum Aparicio Céspedes, hactenus Ordinarium Militarem Bolivianae Rei Publicae. 812 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale die 26 Septembris 2014. — Metropolitanae Ecclesiae Durangensi, Exc. mum D. Iosephum Antonium Fernández Hurtado, hactenus Episcopum dioecesanum Tuxtepecensem. die 27 Septembris. — Titulari episcopali Ecclesiae Turrensi Concordiae, R.D. Salvatorem Angerami, e clero archidioecesis Neapolitanae, in eadem Rectorem Seminarii Archiepiscopalis, quem deputavit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. die 30 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Salfordensi, Exc.mum D. Ioannem Arnold, hactenus Episcopum titularem Lindisfarnensem et Auxiliarem Vestmonasteriensem. Diarium Romanae Curiae 813 DIARIUM ROMANAE CURIAE Il Sommo Pontefice Francesco ha ricevuto in Udienza Ufficiale per la presentazione delle Lettere Credenziali: Sabato, 6 settembre, S.E. la Signora Tamar Grdzelidze, Ambasciatore di Georgia presso la Santa Sede; Lunedì, 8 settembre, S.E. la Signora Annette Schavan, Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania; Giovedì, 25 settembre, S.E. la Signora Miroslava Rosas VarAmbasciatore di Panama. gas , Il Santo Padre ha altresì ricevuto in Udienza: Giovedì, 11 settembre, S.E. il Signor Mohamed Moncef Marzouki, Presidente della Repubblica di Tunisia; Venerdì, 19 settembre, S.E. il Signor Serzh Sargsyan, Presidente della Repubblica di Armenia; Sabato, 20 settembre, S.E. il Signor Andris Bˉe rziņš, Presidente della Repubblica di Lettonia; il Signor Thorbjørn Jagland, Segretario Generale del Consiglio d’Europa; S.E. la Signora Cristina Fernández de Kirchner, Presidente della Repubblica Argentina; Venerdì, 26 settembre, il Professor Klaus Schwab, Fondatore e Presidente esecutivo del Forum Economico Mondiale (WEF); il Signor Abdou Diouf, Segretario Generale dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF); Lunedì, 29 settembre, S.E. la Signora Marie-Louise Coleiro P reca , Presidente della Repubblica di Malta; l’Onorevole Stephan Weil, Ministro Presidente del Land Bassa Sassonia; 814 Acta Apostolicæ Sedis – Commentarium Officiale Giovedì 2 ottobre, Sua Santità Mar Dinkha IV, Catholicos Patriarca della Chiesa Assira d’Oriente; Venerdì, 3 ottobre, S.E. il Signor Mahinda Rajapaksa, Presidente della Repubblica Democratica Socialista dello Sri Lanka. Sua Santità ha compiuto una visita pastorale al Sacrario di Redipuglia (Italia) il giorno 13 settembre. Il Romano Pontefice ha compiuto un Viaggio Apostolico a Tirana, Albania, il giorno 21 settembre. SEGRETERIA DI STATO NOMINE Con Breve Apostolico il Santo Padre Francesco ha nominato: 10 settembre 2014 S.E.R. Mons. Luigi Bianco, Arcivescovo tit. di Falerone, Nunzio Apostolico in Etiopia, Nunzio Apostolico in Gibuti e Delegato Apostolico in Somalia. Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Francesco: 6 settembre 2014 Gli Em.mi Signori Cardinali Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio « Cor Unum », e Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, Membri della Congregazione delle Cause dei Santi, « ad quinquennium » . 20 Il Rev.do Mons. Paolo Rudelli, Consigliere di Nunziatura, Inviato Speciale, Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. » » NECROLOGIO 6 settembre 2014 Mons. Cirilo B. Flores, Vescovo di San Diego (Stati Uniti d’America). 13 » » Mons. Joseph Abangite Gasi, Vescovo em. di TomburaYambio (Uganda). 28 » » Mons. José Luis Serna Alzate, I.M.C., Vescovo em. di Líbano-Honda (Colombia).