An. et vol. CVII N. 5 1 Maii 2015 ACTA APOSTOLICAE SEDIS C  O  M  M  E  N  T  A  R  I  U  M O  F  F  I  C  I  A  L  E Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA FRANCISCI PP. LITTERAE APOSTOLICAE SUB PLUMBO DATAE Misericordiae Vultus. FRANCESCO Vescovo di R oma Servo dei servi di Dio a quanti leggeranno questa lettera grazia , misericordia e pace 1. Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, « ricco di misericordia » (Ef 2, 4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come « Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà » (Es 34, 6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella « pienezza del tempo » (Gal 4, 4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14, 9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona 1 rivela la misericordia di Dio. 1 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 4. 400 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 2. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato. 3. Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti. L’Anno Santo si aprirà l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1, 4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono. La misericordia sarà sempre più grande di ogni peccato, e nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona. Nella festa dell’Immacolata Concezione avrò la gioia di aprire la Porta Santa. Sarà in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza. La domenica successiva, la Terza di Avvento, si aprirà la Porta Santa nella Cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano. Successivamente, si aprirà la Porta Santa nelle altre Basiliche Papali. Nella stessa domenica stabilisco che in ogni Chiesa particolare, nella Cattedrale che è la Chiesa Madre per tutti i fedeli, oppure nella Concattedrale o in una chiesa di speciale significato, si apra per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Misericordia. A scelta dell’Ordinario, essa potrà essere aperta anche nei Santuari, mete di tanti pellegrini, che in questi luoghi sacri spesso sono toccati nel cuore dalla grazia e trovano la via della conversione. Ogni Chiesa particolare, quindi, sarà direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale. Il Acta Francisci Pp. 401 Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma così come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa. 4. Ho scelto la data dell’8 dicembre perché è carica di significato per la storia recente della Chiesa. Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per testimoniare con più entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilità di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre. Tornano alla mente le parole cariche di significato che san Giovanni XXIII pronunciò all’apertura del Concilio per indicare il sentiero da seguire: « Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore … La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati ».2 Sullo stesso orizzonte, si poneva anche il beato Paolo VI, che si esprimeva così a conclusione del Concilio: « Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità … L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio … Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette … Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità ».3 2 3 Discorso di apertura del Conc. Ecum. Vat. II, Gaudet Mater Ecclesia, 11 ottobre 1962, 2-3. Allocuzione nell’ultima sessione pubblica, 7 dicembre 1965. 402 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Con questi sentimenti di gratitudine per quanto la Chiesa ha ricevuto e di responsabilità per il compito che ci attende, attraverseremo la Porta Santa con piena fiducia di essere accompagnati dalla forza del Signore Risorto che continua a sostenere il nostro pellegrinaggio. Lo Spirito Santo che conduce i passi dei credenti per cooperare all’opera di salvezza operata da Cristo, sia guida e sostegno del Popolo di Dio per aiutarlo a contemplare il volto della misericordia.4 5. L’Anno giubilare si concluderà nella solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’universo, il 20 novembre 2016. In quel giorno, chiudendo la Porta Santa avremo anzitutto sentimenti di gratitudine e di ringraziamento verso la SS. Trinità per averci concesso questo tempo straordinario di grazia. Affideremo la vita della Chiesa, l’umanità intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo, perché effonda la sua misericordia come la rugiada del mattino per una feconda storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro. Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi. 6. « È proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza ».5 Le parole di san Tommaso d’Aquino mostrano quanto la misericordia divina non sia affatto un segno di debolezza, ma piuttosto la qualità dell’onnipotenza di Dio. È per questo che la liturgia, in una delle collette più antiche, fa pregare dicendo: « O Dio che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono ».6 Dio sarà per sempre nella storia dell’umanità come Colui che è presente, vicino, provvidente, santo e misericordioso. « Paziente e misericordioso » è il binomio che ricorre spesso nell’Antico Testamento per descrivere la natura di Dio. Il suo essere misericordioso trova riscontro concreto in tante azioni della storia della salvezza dove la sua bontà prevale sulla punizione e la distruzione. I Salmi, in modo particolare, fanno emergere questa grandezza dell’agire divino: « Egli perdona Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen Gentium, 16; Cost. past. Gaudium et spes, 15. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 30, a. 4. 6 XXVI Domenica del Tempo Ordinario. Questa colletta appare già, nell’VIII secolo, tra i testi eucologici del Sacramentario Gelasiano (1198). 4 5 Acta Francisci Pp. 403 tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia » (103, 3-4). In modo ancora più esplicito, un altro Salmo attesta i segni concreti della misericordia: « Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi » (146, 7-9). E da ultimo, ecco altre espressioni del Salmista: « [Il Signore] risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. … Il Signore sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi » (147, 3.6). Insomma, la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore « viscerale ». Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono. 7. « Eterna è la sua misericordia »: è il ritornello che viene riportato ad ogni versetto del Salmo 136 mentre si narra la storia della rivelazione di Dio. In forza della misericordia, tutte le vicende dell’antico testamento sono cariche di un profondo valore salvifico. La misericordia rende la storia di Dio con Israele una storia di salvezza. Ripetere continuamente: « Eterna è la sua misericordia », come fa il Salmo, sembra voler spezzare il cerchio dello spazio e del tempo per inserire tutto nel mistero eterno dell’amore. È come se si volesse dire che non solo nella storia, ma per l’eternità l’uomo sarà sempre sotto lo sguardo misericordioso del Padre. Non è un caso che il popolo di Israele abbia voluto inserire questo Salmo, il « Grande hallel » come viene chiamato, nelle feste liturgiche più importanti. Prima della Passione Gesù ha pregato con questo Salmo della misericordia. Lo attesta l’evangelista Matteo quando dice che « dopo aver cantato l’inno » (26, 30), Gesù con i discepoli uscirono verso il monte degli ulivi. Mentre Egli istituiva l’Eucaristia, quale memoriale perenne di Lui e della sua Pasqua, poneva simbolicamente questo atto supremo della Rivelazione alla luce della misericordia. Nello stesso orizzonte della misericordia, Gesù viveva la sua passione e morte, cosciente del grande mistero di amore che si sarebbe compiuto sulla croce. Sapere che Gesù stesso ha pregato con questo Salmo, lo rende per noi cristiani ancora più importante e ci impegna ad assumerne il ritornello nella nostra quotidiana preghiera di lode: « Eterna è la sua misericordia ». 404 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 8. Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. « Dio è amore » (1 Gv 4, 8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione. Gesù, dinanzi alla moltitudine di persone che lo seguivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smarrite e senza guida, sentì fin dal profondo del cuore una forte compassione per loro (cfr Mt 9, 36). In forza di questo amore compassionevole guarì i malati che gli venivano presentati (cfr Mt 14, 14), e con pochi pani e pesci sfamò grandi folle (cfr Mt 15, 37). Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero. Quando incontrò la vedova di Naim che portava il suo unico figlio al sepolcro, provò grande compassione per quel dolore immenso della madre in pianto, e le riconsegnò il figlio risuscitandolo dalla morte (cfr Lc 7, 15). Dopo aver liberato l’indemoniato di Gerasa, gli affida questa missione: « Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te » (Mc 5, 19). Anche la vocazione di Matteo è inserita nell’orizzonte della misericordia. Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesù fissarono quelli di Matteo. Era uno sguardo carico di misericordia che perdonava i peccati di quell’uomo e, vincendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diventare uno dei Dodici. San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesù guardò Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo.7 Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diventare il mio motto. 9. Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia. 7 Cfr Om. 21: CCL 122, 149-151. Acta Francisci Pp. 405 Conosciamo queste parabole, tre in particolare: quelle della pecora smarrita e della moneta perduta, e quella del padre e i due figli (cfr Lc 15, 1-32). In queste parabole, Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona. In esse troviamo il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perché la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono. Da un’altra parabola, inoltre, ricaviamo un insegnamento per il nostro stile di vita cristiano. Provocato dalla domanda di Pietro su quante volte fosse necessario perdonare, Gesù rispose: « Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette » (Mt 18, 22), e raccontò la parabola del « servo spietato ». Costui, chiamato dal padrone a restituire una grande somma, lo supplica in ginocchio e il padrone gli condona il debito. Ma subito dopo incontra un altro servo come lui che gli era debitore di pochi centesimi, il quale lo supplica in ginocchio di avere pietà, ma lui si rifiuta e lo fa imprigionare. Allora il padrone, venuto a conoscenza del fatto, si adira molto e richiamato quel servo gli dice: « Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? » (Mt 18, 33). E Gesù concluse: « Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello » (Mt 18, 35). La parabola contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi. Gesù afferma che la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: « Non tramonti il sole sopra la vostra ira » (Ef 4, 26). E soprattutto ascoltiamo la parola di Gesù che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: « Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia » (Mt 5, 7) è la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo. Come si nota, la misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare 406 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri. 10. L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa « vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia ».8 Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza. 11. Non possiamo dimenticare il grande insegnamento che san Giovanni Paolo II ha offerto con la sua seconda Enciclica Dives in misericordia, che all’epoca giunse inaspettata e colse molti di sorpresa per il tema che veniva affrontato. Due espressioni in particolare desidero ricordare. Anzitutto, il santo Papa rilevava la dimenticanza del tema della misericordia nella cultura 8 Esort. ap. Evangelii gaudium, 24. Acta Francisci Pp. 407 dei nostri giorni: « La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (cfr Gen 1, 28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia … Ed è per questo che, nell’odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio ».9 Inoltre, san Giovanni Paolo II così motivava l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo: « Essa è dettata dall’amore verso l’uomo, verso tutto ciò che è umano e che, secondo l’intuizione di gran parte dei contemporanei, è minacciato da un pericolo immenso. Il mistero di Cristo … mi obbliga a proclamare la misericordia quale amore misericordioso di Dio, rivelato nello stesso mistero di Cristo. Esso mi obbliga anche a richiamarmi a tale misericordia e ad implorarla in questa difficile, critica fase della storia della Chiesa e del mondo ».10 Tale suo insegnamento è più che mai attuale e merita di essere ripreso in questo Anno Santo. Accogliamo nuovamente le sue parole: « La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia – il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice ».11 12. La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio 9 10 11 N. 2. Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Dives in misericordia, 15. Ibid., 13. 408 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre. La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia. 13. Vogliamo vivere questo Anno Giubilare alla luce della parola del Signore: Misericordiosi come il Padre. L’evangelista riporta l’insegnamento di Gesù che dice: « Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso » (Lc 6, 36). È un programma di vita tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace. L’imperativo di Gesù è rivolto a quanti ascoltano la sua voce (cfr Lc 6, 27). Per essere capaci di misericordia, quindi, dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio. Ciò significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta. In questo modo è possibile contemplare la misericordia di Dio e assumerlo come proprio stile di vita. 14. Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata. Anche per raggiungere la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovrà compiere, secondo le proprie forze, un pellegrinaggio. Esso sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi. Il Signore Gesù indica le tappe del pellegrinaggio attraverso cui è possibile raggiungere questa meta: « Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio » (Lc 6, 37-38). Dice anzitutto di non giudicare e di non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può Acta Francisci Pp. 409 diventare giudice del proprio fratello. Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell’intimo. Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto. Ma questo non è ancora sufficiente per esprimere la misericordia. Gesù chiede anche di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio. Essere generosi nei confronti di tutti, sapendo che anche Dio elargisce la sua benevolenza su di noi con grande magnanimità. Misericordiosi come il Padre, dunque, è il « motto » dell’Anno Santo. Nella misericordia abbiamo la prova di come Dio ama. Egli dà tutto se stesso, per sempre, gratuitamente, e senza nulla chiedere in cambio. Viene in nostro aiuto quando lo invochiamo. È bello che la preghiera quotidiana della Chiesa inizi con queste parole: « O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto » (Sal 70, 2). L’aiuto che invochiamo è già il primo passo della misericordia di Dio verso di noi. Egli viene a salvarci dalla condizione di debolezza in cui viviamo. E il suo aiuto consiste nel farci cogliere la sua presenza e la sua vicinanza. Giorno per giorno, toccati dalla sua compassione, possiamo anche noi diventare compassionevoli verso tutti. 15. In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad 410 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo. È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero (cfr Mt 25, 31-45). Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi « più piccoli » è presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga … per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: « Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore ».12 12 Parole di luce e di amore, 57. Acta Francisci Pp. 411 16. Nel Vangelo di Luca troviamo un altro aspetto importante per vivere con fede il Giubileo. Racconta l’evangelista che Gesù, un sabato, ritornò a Nazaret e, come era solito fare, entrò nella Sinagoga. Lo chiamarono a leggere la Scrittura e commentarla. Il passo era quello del profeta Isaia dove sta scritto: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di misericordia del Signore » (61, 1-2). « Un anno di misericordia »: è questo quanto viene annunciato dal Signore e che noi desideriamo vivere. Questo Anno Santo porta con sé la ricchezza della missione di Gesù che risuona nelle parole del Profeta: portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati. La predicazione di Gesù si rende di nuovo visibile nelle risposte di fede che la testimonianza dei cristiani è chiamata ad offrire. Ci accompagnino le parole dell’Apostolo: « Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia » (Rm 12, 8). 17. La Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio. Quante pagine della Sacra Scrittura possono essere meditate nelle settimane della Quaresima per riscoprire il volto misericordioso del Padre! Con le parole del profeta Michea possiamo anche noi ripetere: Tu, o Signore, sei un Dio che toglie l’iniquità e perdona il peccato, che non serbi per sempre la tua ira, ma ti compiaci di usare misericordia. Tu, Signore, ritornerai a noi e avrai pietà del tuo popolo. Calpesterai le nostre colpe e getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati (cfr 7, 18-19). Le pagine del profeta Isaia potranno essere meditate più concretamente in questo tempo di preghiera, digiuno e carità: « Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invoche- 412 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale rai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono » (58, 6-11). L’iniziativa « 24 ore per il Signore », da celebrarsi nel venerdì e sabato che precedono la IV Domenica di Quaresima, è da incrementare nelle Diocesi. Tante persone si stanno riavvicinando al sacramento della Riconciliazione e tra questi molti giovani, che in tale esperienza ritrovano spesso il cammino per ritornare al Signore, per vivere un momento di intensa preghiera e riscoprire il senso della propria vita. Poniamo di nuovo al centro con convinzione il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia. Sarà per ogni penitente fonte di vera pace interiore. Non mi stancherò mai di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre. Non ci si improvvisa confessori. Lo si diventa quando, anzitutto, ci facciamo noi per primi penitenti in cerca di perdono. Non dimentichiamo mai che essere confessori significa partecipare della stessa missione di Gesù ed essere segno concreto della continuità di un amore divino che perdona e che salva. Ognuno di noi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo per il perdono dei peccati, di questo siamo responsabili. Nessuno di noi è padrone del Sacramento, ma un fedele servitore del perdono di Dio. Ogni confessore dovrà accogliere i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio nonostante avesse dissipato i suoi beni. I confessori sono chiamati a stringere a sé quel figlio pentito che ritorna a casa e ad esprimere la gioia per averlo ritrovato. Non si stancheranno di andare anche verso l’altro figlio rimasto fuori e incapace di gioire, per spiegargli che il suo giudizio severo è ingiusto, e non ha senso dinanzi alla misericordia del Padre che non ha confini. Non porranno domande impertinenti, ma come il padre della parabola interromperanno il discorso preparato dal figlio prodigo, perché sapranno cogliere nel cuore di ogni penitente l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono. Insomma, i confessori sono chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia. Acta Francisci Pp. 413 18. Nella Quaresima di questo Anno Santo ho l’intenzione di inviare i Missionari della Misericordia. Saranno un segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perché entri in profondità nella ricchezza di questo mistero così fondamentale per la fede. Saranno sacerdoti a cui darò l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. Saranno, soprattutto, segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono. Saranno dei missionari della misericordia perché si faranno artefici presso tutti di un incontro carico di umanità, sorgente di liberazione, ricco di responsabilità per superare gli ostacoli e riprendere la vita nuova del Battesimo. Si lasceranno condurre nella loro missione dalle parole dell’Apostolo: « Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti » (Rm 11, 32). Tutti infatti, nessuno escluso, sono chiamati a cogliere l’appello alla misericordia. I missionari vivano questa chiamata sapendo di poter fissare lo sguardo su Gesù, « sommo sacerdote misericordioso e degno di fede » (Eb 2, 17). Chiedo ai confratelli Vescovi di invitare e di accogliere questi Missionari, perché siano anzitutto predicatori convincenti della misericordia. Si organizzino nelle Diocesi delle « missioni al popolo », in modo che questi Missionari siano annunciatori della gioia del perdono. Si chieda loro di celebrare il sacramento della Riconciliazione per il popolo, perché il tempo di grazia donato nell’Anno Giubilare permetta a tanti figli lontani di ritrovare il cammino verso la casa paterna. I Pastori, specialmente durante il tempo forte della Quaresima, siano solleciti nel richiamare i fedeli ad accostarsi « al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia » (Eb 4, 16). 19. La parola del perdono possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente. Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora più insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun peccatore. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al 414 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale di là. Il denaro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire. Lo stesso invito giunga anche alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo. Corruptio optimi pessima, diceva con ragione san Gregorio Magno, per indicare che nessuno può sentirsi immune da questa tentazione. Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza. Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita. Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l’invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia. 20. Non sarà inutile in questo contesto richiamare al rapporto tra giustizia e misericordia. Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore. La giustizia è un concetto fondamentale per la società civile quando, normalmente, si fa riferimento a un ordine giuridico attraverso il quale si applica la legge. Per giustizia si intende anche che a ciascuno deve essere dato ciò che gli è dovuto. Nella Bibbia, molte volte si fa riferimento alla giustizia divina e a Dio come giudice. La si intende di solito come l’osservanza integrale della Legge e il comportamento Acta Francisci Pp. 415 di ogni buon israelita conforme ai comandamenti dati da Dio. Questa visione, tuttavia, ha portato non poche volte a cadere nel legalismo, mistificando il senso originario e oscurando il valore profondo che la giustizia possiede. Per superare la prospettiva legalista, bisognerebbe ricordare che nella Sacra Scrittura la giustizia è concepita essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volontà di Dio. Da parte sua, Gesù parla più volte dell’importanza della fede, piuttosto che dell’osservanza della legge. È in questo senso che dobbiamo comprendere le sue parole quando, trovandosi a tavola con Matteo e altri pubblicani e peccatori, dice ai farisei che lo contestavano: « Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Mt 9, 13). Davanti alla visione di una giustizia come mera osservanza della legge, che giudica dividendo le persone in giusti e peccatori, Gesù punta a mostrare il grande dono della misericordia che ricerca i peccatori per offrire loro il perdono e la salvezza. Si comprende perché, a causa di questa sua visione così liberatrice e fonte di rinnovamento, Gesù sia stato rifiutato dai farisei e dai dottori della legge. Questi per essere fedeli alla legge ponevano solo pesi sulle spalle delle persone, vanificando però la misericordia del Padre. Il richiamo all’osservanza della legge non può ostacolare l’attenzione per le necessità che toccano la dignità delle persone. Il richiamo che Gesù fa al testo del profeta Osea – « voglio l’amore e non il sacrificio » (6, 6) – è molto significativo in proposito. Gesù afferma che d’ora in avanti la regola di vita dei suoi discepoli dovrà essere quella che prevede il primato della misericordia, come Lui stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori. La misericordia, ancora una volta, viene rivelata come dimensione fondamentale della missione di Gesù. Essa è una vera sfida dinanzi ai suoi interlocutori che si fermavano al rispetto formale della legge. Gesù, invece, va oltre la legge; la sua condivisione con quelli che la legge considerava peccatori fa comprendere fin dove arriva la sua misericordia. Anche l’apostolo Paolo ha fatto un percorso simile. Prima di incontrare Cristo sulla via di Damasco, la sua vita era dedicata a perseguire in maniera irreprensibile la giustizia della legge (cfr Fil 3, 6). La conversione a Cristo lo portò a ribaltare la sua visione, a tal punto che nella Lettera ai Galati afferma: « Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere 416 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge » (2, 16). La sua comprensione della giustizia cambia radicalmente. Paolo ora pone al primo posto la fede e non più la legge. Non è l’osservanza della legge che salva, ma la fede in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione porta la salvezza con la misericordia che giustifica. La giustizia di Dio diventa adesso la liberazione per quanti sono oppressi dalla schiavitù del peccato e di tutte le sue conseguenze. La giustizia di Dio è il suo perdono (cfr Sal 51, 11-16). 21. La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere. L’esperienza del profeta Osea ci viene in aiuto per mostrarci il superamento della giustizia nella direzione della misericordia. L’epoca di questo profeta è tra le più drammatiche della storia del popolo ebraico. Il Regno è vicino alla distruzione; il popolo non è rimasto fedele all’alleanza, si è allontanato da Dio e ha perso la fede dei Padri. Secondo una logica umana, è giusto che Dio pensi di rifiutare il popolo infedele: non ha osservato il patto stipulato e quindi merita la dovuta pena, cioè l’esilio. Le parole del profeta lo attestano: « Non ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi » (Os 11, 5). Eppure, dopo questa reazione che si richiama alla giustizia, il profeta modifica radicalmente il suo linguaggio e rivela il vero volto di Dio: « Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira » (11, 8-9). Sant’Agostino, quasi a commentare le parole del profeta dice: « È più facile che Dio trattenga l’ira più che la misericordia ».13 È proprio così. L’ira di Dio dura un istante, mentre la sua misericordia dura in eterno. Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo ad essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono. Ciò non significa svalutare la giustizia o renderla superflua, al contrario. Chi sbaglia dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza del 13 Enarr. in Ps. 76, 11. Acta Francisci Pp. 417 perdono. Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che è a fondamento di una vera giustizia. Dobbiamo prestare molta attenzione a quanto scrive Paolo per non cadere nello stesso errore che l’Apostolo rimproverava ai Giudei suoi contemporanei: « Ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede » (Rm 10, 3-4). Questa giustizia di Dio è la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesù Cristo. La Croce di Cristo, dunque, è il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova. 22. Il Giubileo porta con sé anche il riferimento all’indulgenza. Nell’Anno Santo della Misericordia essa acquista un rilievo particolare. Il perdono di Dio per i nostri peccati non conosce confini. Nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, Dio rende evidente questo suo amore che giunge fino a distruggere il peccato degli uomini. Lasciarsi riconciliare con Dio è possibile attraverso il mistero pasquale e la mediazione della Chiesa. Dio quindi è sempre disponibile al perdono e non si stanca mai di offrirlo in maniera sempre nuova e inaspettata. Noi tutti, tuttavia, facciamo esperienza del peccato. Sappiamo di essere chiamati alla perfezione (cfr Mt 5, 48), ma sentiamo forte il peso del peccato. Mentre percepiamo la potenza della grazia che ci trasforma, sperimentiamo anche la forza del peccato che ci condiziona. Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati. Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carità, a crescere nell’amore piuttosto che ricadere nel peccato. La Chiesa vive la comunione dei Santi. Nell’Eucaristia questa comunione, che è dono di Dio, si attua come unione spirituale che lega noi credenti con i Santi e i Beati il cui numero è incalcolabile (cfr Ap 7, 4). La loro santità viene in aiuto alla nostra fragilità, e così la Madre Chiesa è capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con 418 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale la santità di altri. Vivere dunque l’indulgenza nell’Anno Santo significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente. Indulgenza è sperimentare la santità della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo, perché il perdono sia esteso fino alle estreme conseguenze a cui giunge l’amore di Dio. Viviamo intensamente il Giubileo chiedendo al Padre il perdono dei peccati e l’estensione della sua indulgenza misericordiosa. 23. La misericordia possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa. Essa ci relaziona all’Ebraismo e all’Islam, che la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio. Israele per primo ha ricevuto questa rivelazione, che permane nella storia come inizio di una ricchezza incommensurabile da offrire all’intera umanità. Come abbiamo visto, le pagine dell’Antico Testamento sono intrise di misericordia, perché narrano le opere che il Signore ha compiuto a favore del suo popolo nei momenti più difficili della sua storia. L’Islam, da parte sua, tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani, che si sentono accompagnati e sostenuti dalla misericordia nella loro quotidiana debolezza. Anch’essi credono che nessuno può limitare la misericordia divina perché le sue porte sono sempre aperte. Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione. 24. Il pensiero ora si volge alla Madre della Misericordia. La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore. Scelta per essere la Madre del Figlio di Dio, Maria è stata da sempre preparata dall’amore del Padre per essere Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini. Ha custodito nel suo cuore la divina misericordia in perfetta sintonia con il suo Figlio Gesù. Il suo canto di lode, sulla soglia della casa Acta Francisci Pp. 419 di Elisabetta, fu dedicato alla misericordia che si estende « di generazione in generazione » (Lc 1, 50). Anche noi eravamo presenti in quelle parole profetiche della Vergine Maria. Questo ci sarà di conforto e di sostegno mentre attraverseremo la Porta Santa per sperimentare i frutti della misericordia divina. Presso la croce, Maria insieme a Giovanni, il discepolo dell’amore, è testimone delle parole di perdono che escono dalle labbra di Gesù. Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove può arrivare la misericordia di Dio. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno. Rivolgiamo a lei la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù. La nostra preghiera si estenda anche ai tanti Santi e Beati che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita. In particolare il pensiero è rivolto alla grande apostola della misericordia, santa Faustina Kowalska. Lei, che fu chiamata ad entrare nelle profondità della divina misericordia, interceda per noi e ci ottenga di vivere e camminare sempre nel perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo amore. 25. Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita. La Chiesa sente in maniera forte l’urgenza di annunciare la misericordia di Dio. La sua vita è autentica e credibile quando fa della misericordia il suo annuncio convinto. Essa sa che il suo primo compito, soprattutto in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti contraddizioni, è quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il volto di Cristo. La Chiesa è chiamata per prima ad essere testimone veritiera della misericordia professandola e vivendola come il centro della Rivelazione di Gesù Cristo. Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia. Questa fonte non potrà mai esaurirsi, per quanti siano quelli che vi si accostano. Ogni volta che ognuno ne avrà bisogno, potrà accedere ad essa, perché la misericordia di Dio è senza fine. Tanto è imperscrutabile 420 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale la profondità del mistero che racchiude, tanto è inesauribile la ricchezza che da essa proviene. In questo Anno Giubilare la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e convincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: « Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre » (Sal 25, 6). Dato a Roma, presso San Pietro, l’11 aprile, Vigilia della II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, dell’Anno del Signore 2015, terzo di pontificato. FRANCISCUS PP. Acta Francisci Pp. 421 LITTERAE APOSTOLICAE I Sanctus Gregorius Narecensis Doctor Ecclesiae Universalis renuntiatur. FRANCISCUS PP. Ad perpetuam rei memoriam. — « Vidimus stellam eius in oriente et venimus adorare eum » (Mt 2, 2). Stella, quae in orientis caelo apparuerat, in mente et corde Magorum lumen accendit, quod ad quaerendam veram lucem eosdem incitavit, quae mundum illuminat (cfr Io 8, 12), Dominum Iesum Christum, longum post iter Bethleem inventum adoratumque: « Viderunt puerum cum Maria matre eius, et procidentes adoraverunt eum » (Mt 2, 11). Inde a primis saeculis christianae religionis in oriente alias innumeras stellas accendit Spiritus Sanctus, scilicet sanctos prudentesque homines, qui suae vitae exemplis ac doctrina ad Dei mysteria cognoscenda et Christum conveniendum expeditius effecerunt iter. Stella perquam fulgida, quae numquam est exstincta, fuit etiam presbyter et monachus sanctus Gregorius Narecensis, magister et dilecti populi Armeni decus. Insignis hic theologus, mysticus et poeta sua sapientia evangelica ac insigni sua doctrina theologica, nostro quoque tempore suae genti Ecclesiaeque Universali loqui pergit, quem inde ab antiquis temporibus ipsa uti sanctum colit. Continuata eius fama cum meditationum precationumque libro coniungitur, cuius titulus Liber Lamentationum, sed qui vulgo ab Armeno populo est cognominatus Narecensis. Praeter Evangelium in Armenia de scripto agitur maxime venerato et evulgato. Post hoc volumen finitum Gregorius Narecensis de se addit: « minimus inter poetas, postremus inter doctores ». Reapse eius perspectis scriptis, quae magno poetico afflatu pervaduntur atque amplo cultu, alto mystico sensu ac latis biblicis cognitionibus distinguuntur, procul dubio non est « minimus inter poetas » neque « postremus inter doctores ». Ad verisimiliores opiniones in historica regione Andzevatsik circiter anno CML natus est. Eius pater, Khosrov Andzevatsi, luculentus fuit scriptor ac 422 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale serius actuosus episcopus. Gregorius in familia litterarum cultrice adolevit, quae ipsius institutionem fulsit. Praeter parentem, traditio etiam duorum fratrum rettulit nomina, quorum senior fuit Ioannes et iunior Sahak, atque magistrum Ananiam Narekatsi, qui eius matris fuit consobrinus et monasterii Narecensis abbas, qui ad eius iuvenis familiaris alumnique spiritalem culturalemque provectionem multum contulit. Gregorius iuvenis monasterium Narecense est ingressus, quod saeculo X apud ripam meridianam orientalem lacus Van conditum est, ubi praeclara aderat schola Sacrarum Scripturarum et patrologiae, atque ubi omnem suam religiosam intellectualemque vitam exegit, sanctitatis et mysticae experientiae fastigium attingens atque suam doctrinam variis in theologicis mysticisque operibus exprimens demonstransque. Dogmaticis quoque controversiis operam dedit, respuens potissimum haereticas opinationes sectae Thondrakianorum, ac quoad doctrinam etiam oppugnatus et falso insimulatus. Iam vivens Gregorius Narecensis sanctitatis miraculorumque egregia est circumdatus fama et praeclarae doctrinae et impensae spiritalitatis est habitus vir. Circiter anno MV e vita cessit, id est paulo post Librum Lamentationum scriptum, anno vero MIII. In monasterio Narecensi, prope templum sanctae Sandukht est sepultus. Continuo post obitum sanctus est veneratus atque ad eius sepulcrum accedere consueverunt Armeni fideles. Eius memoriam firmius tenuit populus, etiam post territorium anno MLXXI vastatum. Ferales post eventus et caedes annorum MCMXV-MCMXVI sive monasterium sive sancti monachi Armeni sepulcrum prorsus deleta sunt. Gregorii Narecensis nomen Armenae Ecclesiae in calendarium mature est illatum atque die XXVII mensis Februarii festum statutum est. Hac die eius memoria etiam apud Martyrologium Romanum invenitur, ubi Armenus monachus ut sanctus exhibetur, magnus quidem mysticus ac « doctor Armenorum ». Suas propter eximias theologicas cogitationes nec non doctrinae dogmaticae mysticaeque vim saeculorum decursu crebrescentem famam obtinuit. Eius intercessioni complura miracula sunt adscripta. Haud ille multum scripsit. Ipsius maxime celebratum opus fuit Liber Lamentationum. Quaedam eiusdem sunt relatae laudationes (Sanctae Crucis, Dei Matris, sanctorum Apostolorum, sancti Iacobi Nisibensis), hymni et odes (circiter viginti carmina religiosa), in Canticum Canticorum commentarium atque epistula tractatus abbati Kedchav missa in qua de Ecclesiae mysteriis et de haeresi Thondrakianorum agitur. Quaedam an ad eum pertineant dubitatur, Acta Francisci Pp. 423 scilicet Commentarium in Iob, « Oratio de recta fide inculcanda et de integra virtute tenenda », homilia de conscientiae examine, canon precationum, consolationis sermo pro defunctis, commentarium denique in precationem quae est Pater Noster. Altas ob suas theologicas sententias, novas suas cogitationes et suae poesis vim sive a populo sive a doctis hominibus semper est magni aestimatus. Magis ac magis quibusdam Ecclesiae Patribus est comparatus, scilicet Ioanni Chrysostomo, Ephraem Syro, Gregorio Illuminatori. Ipsius opus gradatim omnem vitae religiosae cultusque provinciam pervasit: poesim, miniaturam, musicam, hagiographiam, liturgiam et laographiam. Insuper Gregorius Narecensis ante omnia defensorem se praestat et theologum supernaturalis efficaciae sacramentorum. Copia de hac re tractanda ei praebita est doctrinae erroribus Thondrakianorum, qui religionis christianae originem repetere prae se ferebant, hierarchiam, sacramenta, Ecclesiam et liturgiam respuentes. Ipsorum quidem caritatis fraternique amoris una erant praecepta. Gregorius saepenumero de his egit ut efficaciam sacramentorum et ministerium sacramentale transmissionis Ecclesiaeque mediationis confirmaret, gratiae divinae vitaeque interioris comprobans momentum. Quoad alias eiusdem dogmaticas sententias, Gregorius Narecensis principem locum Sanctissimae Trinitati tribuit, cuius effigiem in hominis anima cernit ac potissimum cum theologalibus virtutibus comparationem instituit. Ad eiusdem mentem trinitarium mysterium intellegitur cum Verbum incarnatum consideratur. Hoc modo trinitaria familiaritas obtinetur Eius, qui ante omnia saecula natus est a Patre. Sat scimus relationem, qua Spiritus Sanctus distinguitur ab aliis duabus Personis, aliter Orientalem interpretari quam traditionem Latinam, saeculis quaestione Filioque obstrictam. Constantinopolitana formula firmiter retenta, Gregorius Narecensis trinitarium Incarnationis nexum in lucem profert, traditioni Armenae fidelis. Intellegit insuper Spiritum Sanctum veluti caritatis experientiam inter Patrem et Filium, affirmans porro tres divinas Personas in creationis opere implicari. Peculiarem locum obtinet Panaghia, « Ea quae nihil aliud est quam sanctitas », « Tota Sancta », cuius Gregorius extollere titulos « Matris Domini » non desinit et « Matris Dei », cuiusque totam puritatem magnificat et maxime angelicam innocentiam collustrat Eius quae e Creatoris manibus intemerata orta est. Unde necessitas adest magna in Maria privilegia praesumendi, quae cum divinae maternitatis munere coniunguntur, ut Immaculata Conceptio 424 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale et Assumptio in caelum, atque utique « absoluta coram peccato Deiparae invulnerabilis natura, atque ipsius officium Mediatricis, ut inter Deum et Hominem pontis ». Verbum LXXX Gregorii merito « inter praeclariores precationes [Mariales], ex hominis corde manantes » recensetur. Aliae theologicae et mysticae considerationes Gregorii Narecensis Verbi Incarnationi dicantur, perfecti hominis ac Dei, cuius divinitatem et ab aeterno generationem semper tuita est Ecclesia Armena; Ecclesiae, quae est credentium populus, Christi Sponsa, Domini Arca, omnium credentium mater, quae christifideles coniungit cum angelis cuiusque nationales peculiaritates in universalem Ecclesiam confluere debent; sacramentis, iis potissimum quae ad christianam initiationem attinent, nominatim baptismo qui hominem per Ecclesiae mediatricem actionem novam creaturam efficit, confirmationi sacri chrismatis unctione quae Trinitatis in christiani anima inhabitationem corroborat, paenitentiae tandem sacramento. Apud Gregorium admodum peculiaris pars de re mystica agit, quae non est experientia rerum tantum humanarum vel naturalis spiritus elatio, sed Dei tactus, fructus superioris illuminationis, quae homini praebetur quaeque directo cum fidei actu nectitur, id est absolutae acceptione fiduciae, tota deditione qua sua in vita homo se manifestanti, loquenti, invadenti Deo reserat, cuius ideo experientia ad transformantem beatificantemque coniunctionem perducit. Experientiae mysticae Narecensis peculiaritas haec prae se fert summatim elementa: I certum deformitatis peccati sensum; II transcendentiae Dei sensum, qui secum fert totam peccati repulsam; III humanae finitionis coram Deo sensum; IV perceptionem humanum verbum ad exprimendum et se exprimendum omnino esse incongruum; V perceptionem decretorium esse gratiae opus, quae humani verbi vacuitatem superat et imbecillitatem ac plenitudini omnipotentiaeque redemptrici divini Verbi reserat; VI progressum tandem cuiusdam habitus, qui definitur « mystica abyssi », ubi apophasis substituitur aphasia, quae est dicendi incapacitas, quae summatim perstringit inter « verbum » et « Verbum » dialecticae salvificae difficultatem. Sanctus iam vivus habitus et post mortem, ipse ob perfectam fidei orthodoxiam potissimum eminet. Suae nationis Ecclesiae persequens traditionem, Concilii Oecumenici Ephesini (anni CDXXXI) christologiam ipse tenuit, ita ut in Concordiae Formula explicatur, quam Ioannes Antiochenus confecit, quamque verbum de verbo anno CDXXXIII accepit Cyrillus Alexandrinus, Ec- Acta Francisci Pp. 425 clesiae doctor: « Nos itaque confitemur Dominum nostrum Iesum Christum, Dei Filium, Unigenitum, perfectum Deum et perfectum hominem ». Doctrinalis eius haereditas prorsus peculiaritate pollet. Eius ad mentem theologia magis est ars Deo quam de Deo loquendi. Cum quidem omni dolo et omni fucato sermone exuitur, ut Creatoris intuitus directo attingatur, homo sui peccati fit conscius, sed magis redemptionis gratiam percipit, id est divinum amorem eiusque potentiam. Arbitramur insuper eius doctrinam bonum esse universalis Ecclesiae, liquidam aquam ac panem omni aetate alentem et in omnibus regionibus. Has cunctas propter causas, sacri Armeniae Pastores saepius a Summis Pontificibus flagitarunt ut sanctus Gregorius Narecensis doctor proclamaretur Ecclesiae Universalis. Postulationem memoramus, quam anno MCMLXXXVIII Patriarcha Ioannes Petrus XVIII Kasparian Summo Pontifici sancto Ioanni Paulo II attulit. Ad Praefecti tunc Congregationis pro Doctrina Fidei, Iosephi S.R.E. Cardinalis Ratzinger consilium, inquisitiones de sanctitate et doctrina sancti Gregorii Narecensis agitari sunt coeptae, quae copiosos fructus genuerunt. Hac de re multum quoque egit Patriarcha Narcissus Petrus XIX Tarmouni, qui Summo Pontifici Benedicto XVI postulationem iteravit. Cum primum saeculum adpeteret Armenorum caedis (ab anno MCMXV), idem Patriarcha a Nobis quaesivit ut sanctus Gregorius universalis Ecclesiae Doctor proclamaretur, hac vertente centenaria memoria. Nobis consentientibus, Positio super Ecclesiae Doctoratu parata est. Congregatio pro Doctrina Fidei candidati eminentem doctrinam est suffragata. Theologi Consultores Congregationis de Causis Sanctorum, in congressione peculiari die XIII mensis Ianuarii anno MMXV coadunati, peculiaritatem, universalitatem theologicumque pondus scriptorum sancti Gregorii iudicaverunt et unanimiter comprobaverunt, qui mirabiliter theologiam et mysticam coniunxit. Die XVII mensis Februarii eiusdem anni, Causam ponente Venerabili Fratre Nostro Angelo S.R.E. Cardinali Amato, Congregationis de Causis Sanctorum Praefecto, Sessio Plenaria Cardinalium Episcoporumque eiusdem Dicasterii habita est, qui in doctrina sancti Armeni ea signa agnoverunt, quae requiruntur ad proclamationem Doctoris Ecclesiae. In Audientia die XXI mensis Februarii anno MMXV eidem Praefecto concessa, libenter Cardinalium Episcoporumque vota recepimus, statuentes Nos Doctoris Ecclesiae Universalis titulum sancto Gregorio Narecensi collaturos, interveniente sollemni celebratione in Papali Basilica S. Petri, die XII mensis Aprilis. 426 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Quod hodie, Deo iuvante cunctaque plaudente Ecclesia, praesertim pastoribus et fidelibus Armenorum, factum est. In Petriano enim templo, plurimis adstantibus S.R.E. Cardinalibus sacrisque et Romanae Curiae et Catholicae Ecclesiae Praesulibus cum Patriarcha Ciliciae Armenorum, acta omnia confirmantes et petitorum vota perlibenter implentes, haec inter divinum sacrificium pronuntiavimus verba: Nos, vota plurimorum Fratrum in Episcopatu multorumque christifidelium totius orbis explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, praehabito voto Congregationis pro Doctrina Fidei ad eminentem doctrinam quod attinet, certa scientia ac matura deliberatione deque apostolicae potestatis plenitudine Sanctum Gregorium Narecensem, presbyterum et monachum, Ecclesiae Universalis Doctorem declaramus. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Haec edicimus et statuimus decernentes praesentes Litteras firmas, validas atque efficaces semper exstare ac permanere suosque plenos atque integros effectus sortiri et obtinere; sicque rite indicandum esse ac definiendum; irritumque ex nunc et inane fieri, si quidquam secus, super his, a quovis, auctoritate qualibet, scienter sive ignoranter attentari contigerit. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die duodecimo mensis Aprilis, Dominica II Paschae seu Divinae Misericordiae, anno Domini bismillesimo quinto decimo, Pontificatus Nostri tertio. FRANCISCUS PP. 427 Acta Francisci Pp. II Servi Dei Andreas a Palazuelo et XXXI Socii ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum inter Beatos martyres recensentur. FRANCISCUS PP. Ad perpetuam rei memoriam. — « Videbunt faciem eius, et nomen eius in frontibus eorum. Et nox ultra non erit, et non egent lumine lucernae neque lumine solis, quoniam Dominus Deus illuminabit super illos, et regnabunt in saecula saeculorum » (Apc 22, 4-5). Iter Martyrum, qui passi sunt persecutionem religiosam in Hispania, currente vicesimo saeculo, ad finem vergit, dum, secundum vatis Patmensis intuitum, caeli novi terraeque novae visio splendet, ubi luctus non erit amplius nec caligo nec dolor nec umbrae mortis, quoniam qui tunicas in Agni sanguine laverunt, hodie Domini misericordias in Aeternum proclamant in caelesti liturgia, fulgenti lumine lucernae quae est Agnus collustrata. Redempti constituunt plenitudinem veri Israelis, id est Ecclesiae, quae innumeram complectitur multitudinem iustorum undequaque provenientium, et electorum ex omnibus gentibus et tribubus et populis et linguis (cfr Apc 7, 9). Huic frequenti selectoque agmini aggregantur quoque Servi Dei Andreas a Palazuelo (in saeculo: C. Michaël Franciscus González González) eiusque XXXI Socii, qui in vasto campo Ecclesiae et societatis martyrio coronati refulgent. Omnes quidem, sodales ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum, inter vicissitudines anticatholicae persecutionis medio circiter vicesimo saeculo saevientis in Hispania, Christo fideliter testimonium praebuerunt, saevitiae et iniustitiae non obsequentes, suumque sanguinem cum Divini Agni sanguine miscentes. — Pater Andreas a Palazuelo huic selecto exercitui martyrum praeest. Natus die X mensis Maii anno mensis Septembris anno MCMXXXVI MDCCCLXXXIII, MCMVIII, sacerdotio auctus est die et albescente die XXXI XIX mensis Iulii anno interemptus. Eius martyrio adduntur undecim Socii, quorum quin- que ex claustro « Iesus a Medinaceli » necnon sex ex conventu « El Pardo », ex dioecesi Matritensi. 428 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Quibus fratribus martyribus adiunguntur insuper alii viginti Socii, digni filii Sancti Francisci Assisiensis. En eorum nomina: — Pater Ferdinandus a Sancto Iacobo Compostellae (in saeculo: Ferdinandus Olmedo Reguera), natus anno mensis Augusti anno MDCCCLXXIII, et Matriti necatus die XII MCMXXXVI. — Pater Iosephus Maria a Manila (in saeculo: Eugenius Saz-Orozco Montera Camacho), natus in Insulis Philippinis anno MDCCCLXXX, et Matriti occisus die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Pater Ramirus a Sobradillo (in saeculo: Iosephus Pérez González), natus anno MCMVII, martyrio coronatus est die MCMXXXVI in Paracuellos del Jarama. XXVII mensis Novembris anno — Pater Alexander a Sobradillo (in saeculo: Ioannes Franciscus Barahona Martín), natus anno MCMII, mensis Augusti anno Matriti martyrio vitam profudit die circiter XV MCMXXXVI. — Pater Gregorius de La Mata (in saeculo: Quirinus Díez del Bianco), natus anno MDCCCLXXXIX, Augusti anno Matriti martyrii palmam accepit die XXVII mensis MCMXXXVI. — Pater Carolus ab Alcubilla (in saeculo: Paulus Merillas Fernández), natus anno MCMII, Matriti martyrio occubuit die XIV mensis Ianuarii anno MCMXXXVII. — Frater Aurelius de Ocejo (in saeculo: Facundus Escanciano Tejerina), natus anno MDCCCLXXXI, Matriti martyrii palmam adeptus est aut extremis aut primis diebus mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Frater Saturninus a Flaviobriga (in saeculo: Aemilius Serrano Lizarralde), natus anno MCMX, Matriti sanguinis effusione vitam consummavit exeunte mense Augusto anno MCMXXXVI. — Frater Gabriel ab Aróstegui (in saeculo: Laurentius Ilarregui Goñi), natus anno MDCCCLXXX, mensis Augusti anno in « El Pardo », Matriti, martyrium subiit die XXIII MCMXXXVI. — Frater Primitivus a Villamizar (in saeculo: Lucinius Fontanil Medina), natus anno Maii anno MDCCCLXXXIV, MCMXXXVII. martyrii praemium meruit circa diem XX mensis 429 Acta Francisci Pp. — Frater Norbertus Cembranos a Villalquite (in saeculo: Norbertus Cembranos de La Verdura), natus anno die circiter XXII MDCCCXCI, mensis Septembris anno Matriti cruento obiit supplicio MCMXXXVI. Simul cum his sodalibus consociantur similiter alii fratres capuccini, qui in aliis circumscriptionibus dioecesanis easdem ob causas sanguinem effuderunt: Ex dioecesi Ovetensi: — Pater Berardus a Visantona (in saeculo: Ioachimus Frade Eiras), natus anno MDCCCLXXVIII, martyr die XIV mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Pater Archangelus a Valdavida (in saeculo: Angelus de La Red Pérez), natus anno MDCCCLXXXII, martyr die XIV mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Pater Ildefonsus ab Armellada (in saeculo: Secundus Pérez Arias), natus anno MDCCCLXXIV, martyr die XIV mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Pater Domitilus ab Ayoó (in saeculo: Philippus Avelino Llamas Barrero), natus anno MCMVII, martyr die VI mensis Septembris anno MCMXXXVI. — Frater Alexius a Terradillos (in saeculo: Basilius González Herrero), natus anno gusti anno MDCCCLXXIV, professus anno MCMXIII, martyr die XIV mensis Au- MCMXXXVI. — Frater Eusebius a Saludes (in saeculo: Ezechiel Petrus Otero), natus anno MDCCCLXXXV, martyr die XIV mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Frater Eustachius a Villalquite (in saeculo: Bernardus Ioachimus Cembranos Nistal), natus anno MDCCCXCIII, martyr exeunte mense Augusto anno MCMXXXVI. Ex dioecesi Santanderiensi: — Pater Ambrosius a Santibáñez (in saeculo: Alexius Pan López), natus anno MDCCCLXXXVIII, martyr die XXVII mensis Decembris anno MCMXXXVI. — Pater Michael a Grajal (in saeculo: Apronianus de Felipe González), natus anno MDCCCXCVIII, martyr in Santona die XXX mensis Decembris anno MCMXXXVI. — Frater Didacus a Guadilla (in saeculo: Hyacinthus Gutiérrez Terciado), natus anno MCMXXXVI. MCMIX, martyr in Santona die XXX mensis Decembris anno 430 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Ex dioecesi Malacitana: — Pater Angelus a Cañete La Real (in saeculo: Iosephus González Campos), natus anno MDCCCLXXIX, martyr die VI mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Pater Aloisius a Valencina (in saeculo: Hieronymus Limón Márquez), natus anno MDCCCLXXXV, martyr die III mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Pater Aegidius a Puerto de Santa Maria (in saeculo: Andreas Soto Carrera), natus anno MDCCCLXXXIII, martyr die VI mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Pater Ignatius a Galdácano (in saeculo: Iosephus Recalde Maguregui), natus anno MCMXII, martyr die VI mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Frater Iosephus a Chauchina (in saeculo: Alexander Casares Menéndez), natus anno MDCCCXCVII, martyr die VI mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Frater Crispinus a Cuevas Altas (in saeculo: Ioannes Pérez Ruano), natus anno MDCCCLXXV, martyr die VI mensis Augusti anno MCMXXXVI. — Frater Pacificus a Ronda (in saeculo: Raphaël Rodríguez Navarro), natus anno MDCCCLXXXII, professus anno MCMVI, martyr die VII mensis Augusti anno MCMXXXVI. Ex dioecesi Oriolensi: — Pater Eligius ab Oriola (in saeculo: Andreas Simon Gómez), natus anno MDCCCLXXIII, martyr die VII mensis Novembris armo MCMXXXVI. — Pater Ioannes Chrysostomus de Gata de Gorgos (in saeculo: Ignatius Caselles García), natus anno MDCCCLXXIV, martyr die XXIV mensis Decembris anno MCMXXXVI. — Pater Honorius ab Oriola (in saeculo: Raimundus Dominicus Juan Costa), natus anno MDCCCLXXXVIII, martyr die XXX mensis Novembris anno MCMXXXVI. Hoc in coetu martyrum fidei duo et triginta fratres summatim recensentur. Omnes enim in vincula eiecti et necati sunt qui ex sua condicione declarabantur credentes et religiosi, sic suum miscentes sanguinem cum sanguine Christi, in monte Calvariae Martyris praestantissimi. Martyrii fama horum triginta duorum Servorum Dei per ecclesialem communitatem est propagata, quapropter Inquisitiones dioecesanae in Curiis Ecclesialibus Matritensi, Malacitana, Ovetensi, Santanderiensi et Oriolensi sunt instructae. Quae tamen Causae anno bis millesimo in unam sunt compactae. Purpurati Patres et Episcopi in Sessione Ordinaria congregati Acta Francisci Pp. 431 edixerunt hos Dei Servos propter fidelitatem erga Christum et Ecclesiam interemptos esse. Tandem Nos Decretum Martyrii subsignavimus die XXVII mensis Martii anno MMXIII, et statuimus ut ritus beatificationis Tarraconae in Hispania die XIII mensis Octobris anno MMXIII celebraretur. Hodie igitur, Tarraconae in Hispania, ex mandato Nostro, Angelus S.R.E. Cardinalis Amato, Praefectus Congregationis de Causis Sanctorum, Apostolicas legit Litteras, quibus Nos inter Beatos caelites rettulimus Servos Dei Andream a Palazuelo necnon unum et triginta Socios, qui pro fide tuenda vitam deposuerunt. Nos vota Fratrum Nostrorum Iesu García Burillo, Episcopi Abulensis, Alfonsi Milián Sorribas, Episcopi Barbastrensis-Montisonensis, Aloisii S.R.E. Cardinalis Martínez Sistach, Archiepiscopi Barcinonensis, Marii Iceta Gavicagogeascoa, Episcopi Flaviobrigensis, Iosephi Emmanuelis Lorca Planes, Episcopi Carthaginensis in Hispania, Antonii Angeli Algora Hernando, Episcopi Civitatis Regalensis, Demetrii Fernández González, Episcopi Cordubensis, Iosephi Mariae Yanguas Sanz, Episcopi Conchensis, Raimundi del Hoyo López, Episcopi Giennensis, Ioannis Piris Frígola, Episcopi Illerdensis, Antonii Mariae S.R.E. Cardinalis Rouco Varela, Archiepiscopi Matritensis, Iesu Stephani Catalá Ibáñez, Episcopi Malacitani, Salvatoris Giménez Valls, Episcopi Minoricensis, Attilani Rodríguez Martínez, Episcopi Seguntini-Guadalaiarensis, Iacobi Pujol Balcells, Archiepiscopi Tarraconensis, Iosephi Angeli Saiz Meneses, Episcopi Terrassensis, Caroli Emmanuelis Escribano Subías, Episcopi Terulensis et Albarracinensis, Braulionis Rodríguez Plaza, Archiepiscopi Toletani, Henrici Benavent Vidal, Episcopi Dertosensis, Caroli Osoro Sierra, Archiepiscopi Valentini, necnon plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque Christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Servi Dei: – Iosephus Maximus Moro Briz et IV Socii, presbyteri dioecesani; – Maurus Palazuelos Maruri et XVII Socii, ex Ordine Sancti Benedicti; Iacobus Puig Mirosa et XVIII Socii, e Congregatione Filiorum Sacrae Familiae Iesu, Mariae et Ioseph, necnon Sebastianus Llorens Telarroja, laicus; – Maria a Monte Serrato (in saeculo: Iosepha Maria Columnaris García Solanas) et VIII Sociae, religiosae professae Instituti Minimarum Discalceatarum Sancti Francisci de Paula, necnon Lucretia García Solanas, laica et vidua; 432 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale – Mauritius (in saeculo: Alexander) Íñiguez de Heredia Alzóla et XXIII Socii, religiosi professi ex Ordine Hospitalario Sancti Ioannis de Deo; – Iosephus Guardiel Pujol, presbyter dioecesanus; – Raimundus Ioachimus Castaño González et Iosephus Maria González Solís, presbyteri professi ex Ordine Fratrum Praedicatorum; – Antonius Faúndez López, presbyter, et unus Socius, professi ex Ordine Fratrum Minorum, necnon duo presbyteri dioecesani; – Hermenegildus ab Assumptione B.M.V. (in saeculo: Hermenegildus Iza y Aregita) et V Socii, ex Ordine Sanctissimae Trinitatis; – Carmelus Maria Moyano Linares et IX Socii, presbyteri professi ex Ordine Carmelitarum; – Iosephus Xavier Gorosterratzu et V Socii, e Congregatione Sanctissimi Redemptoris; – Emmanuel Basulto Jiménez, Episcopus Giennensis, necnon III presbyteri dioecesani, unus seminarii alumnus et unus laicus; – Victoria a Iesu (in saeculo: Francisca Agnes Maria ab Antiqua) Valverde González, religiosa Pii Instituti Calasanctiani Filiarum a Divina Pastora; – Salvius Huix Miralpeix, Episcopus Illerdensis; – Iosephus Nadal i Guiu et Iosephus Jordán Blecua, presbyteri dioecesani; – Ioannes a Iesu (in saeculo: Vilaregut Farré) et III Socii, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, necnon Paulus Segalá Solé, presbyter dioecesanus; – Marianus Alcalá Pérez et XVIII Socii, ex Ordine Beatae Mariae Virginis de Mercede Redemptionis Captivorum; – Chrysanthus (in saeculo: Casimirus González García), Aquilinus, Cyprianus Iosephus et LXIII Socii, ex Instituto Fratrum Maristarum a Scholis, necnon Raimundus Aemilianus Hortelano Gómez et Iulianus Aguilar Martín, laici; – Emmanuel a Sacra Familia (in saeculo: Emmanuel Sanz Domínguez), presbyter professus et reformator Ordinis Sancti Hieronymi; – Andreas a Palazuelo (in saeculo: Michael Franciscus González González) et XXXI Socii, ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum; – Theophilus Fernández de Legaría Goñi et IV Socii, presbyteri professi e Congregatione Sacrorum Cordium Iesu et Mariae necnon adorationis perpetuae Ss. Sacramenti altaris; Acta Francisci Pp. 433 – Albertus Maria Marco Alemán et VIII Socii, ex Ordine Carmelitarum ab Antiqua Observantia, necnon Augustinus Maria García Tribaldos et XV Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum; – Orentius Aloisius (in saeculo: Antonius Sola Garriga) et XVIII Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, necnon Antonius Mateo Salamero, presbyter dioecesanus, et Iosephus Gorostazu Labayen, laicus; – Melchiora ab Adoratione Cortés Bueno et XIV Sociae, e Societate Filiarum a Caritate Sancti Vincentii de Paul; – Aurelia (in saeculo: Clementina) Arambarri Fuente et III Sociae, religiosae professae Congregationis Servarum Mariae Ministrantium Infirmis; – Maria Assumpta (in saeculo: Iuliana González Trujillano) et II Sociae, religiosae professae Congregationis Missionariarum Franciscalium a Matre Divini Pastoris; – Ioannes Huguet Cardona, presbyter dioecesanus; – Iosephus Maria Ruiz Cano, Iesus Hannibal Gómez Gómez, Thomas Cordero Cordero et XIII Socii, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis B.M.V.; – Emmanuel Borrás i Ferré, Episcopus Auxiliaris Tarraconensis, Agapitus Modestus (in saeculo: Modestus Pamplona Falguera), ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, et CXLV Socii, presbyteri et Seminarii alumni dioecesani, necnon religiosi ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, ex Ordine Sancti Benedicti, ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis BM.V., e Tertio Ordine Carmelitarum a Magisterio; – Fortunatus Velasco Tobar et XIII Socii, e Congregatione Missionis; – Ioachimus Jovaní Marín et XIV Socii, e Sodalitate Sacerdotum Operariorum Dioecesanorum Cordis Iesu; – Richardus Gil Barcelón, presbyter professus e Congregatione Parvi Operis a Divina Providentia, necnon Antonius Arrué Peiró, laicus; – Iosepha Martínez Pérez et XI Sociae, e Congregatione Filiarum a Caritate, necnon Dolores Broseta Bonet, laica; qui in Hispania vicesimo saeculo sanguinem suum effuderunt ad testimonium perhibendum Domino Iesu, Beatorum nomine in posterum appellentur, eorumque festum die sexta Novembris in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. 434 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Quod autem decrevimus, volumus et nunc et in posterum tempus vim habere, contrariis rebus quibuslibet non obstantibus. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris die XIII mensis Octobris, anno MMXIII, Pontificatus Nostri primo. De mandato Summi Pontificis loco Secretarii Status c P etrus P arolin Archiepiscopus tit. Aquipendiensis Loco G Plumbi In Secret. Status tab., n. 20.669 435 Acta Francisci Pp. III Mauritio Íñiguez de Heredia Alzola et XXIII Sociis Beatorum Martyrum honores decernuntur. FRANCISCUS PP. Ad perpetuam rei memoriam. — « Sunto Fratres memores se teneri necessitatibus corporalibus auxiliandis infirmorum in valetudinariis nostris atque omnibus curis, quamvis infimis et vilibus, iisdem praestandis, etiamsi vita in periculum vocatur ». His verbis ex Constitutionibus Ordinis Hospitalarii Sancti Ioannis de Deo exceptis obsecuti, religiosi eiusdem Ordinis, persecutione religiosa anno MCMXXXVI in Hispania flagrante, summa cum diligentia et caritate Iesu Chris- to servierunt in infirmis degentibus in valetudinario psychiatrico in Ciempozuelos, sanatorio Minorissae, valetudinario puerorum Matriti et nosocomio psychiatrico Malacae. Necati sunt ob testimonium fidei christianae suum et vota religiosa sua. Sine vero haesitatione acceperunt martyrium cum heroico sensu christiano fidei necnon passi sunt persecutionem et mortem propter amorem Christi et Ecclesiae. Hi martyres, pluribus ex communitatibus provenientes, sunt: ex communitate Barcinonis: 1. Mauritius (Alexander) Íñiguez de Heredia Alzola, natus die VIII mensis Februarii anno MDCCCLXXVII in Dallo Alavae, martyrium occubuit die XXVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Barcinone. 2. Aloisius Beltrán (Servilianus) Solá Jiménez, natus die anno MDCCCIC XX mensis Aprilis in Arnunarizquieta Navarrae, morte martyrii ornatus est die XXVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Barcinone. ex communitate Matriti: 3. Gaudentius (Benedictus) Íñiguez de Heredia Alzola, natus die XVI mensis Aprilis anno MDCCCLXXXII in Dallo Alavae, martyr occisus est die I mensis Augusti anno MCMXXXVI Matriti. 436 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 4. Trinitas De Andrés Lanas, natus die CLXXVII VII mensis Februarii anno MDCC- in Maetzu Alavae, martyr factus est die V mensis Februarii anno MCMXXXVI Matriti. 5. Matthaeus Morín Ramos, natus die VI mensis Martii anno MCMXIII in Salvatierra de Tormes Salmanticae, martyrium passus est die V mensis Februarii anno MCMXXXVI Matriti. ex communitate Valentina in vico Malvarrosa: 6. Leontius (Raimundus) Rosell Laboria, natus die anno MDCCCXCVIII MCMXXXVI Barcinone, martyr necatus est die VII XIII mensis Decembris mensis Augusti anno Valentiae. 7. Iacobus Óscar Valdés, natus die XV mensis Ianuarii anno MDCCCXCI Habanae in Cuba, martyr interfectus est die VII mensis Augusti anno MCMXXXVI Valentiae. 8. Christophorus Pérez del Barrio, natus die Palantiae, martyr occisus est die MDCCCLXIV IV XXI mensis Decembris anno mensis Octobris anno MCMXXXVI Valentiae. 9. Leandrus Iosephus Aloy Domenech, natus die XVI mensis Novembris anno MDCCCLXXII MCMXXXVI in Bétera Valentiae, necatus est martyr die IV mensis Octobris anno Valentiae. 10. Crux Ibañez López, natus die III mensis Ianuarii anno MDCCCLXXXVI in Sabiñán Caesaraugustae, martyr occisus est die IV mensis Octobris anno MCMXXXVI Valentiae. 11. Leopoldus de Francisco Pío, natus die III mensis Augusti anno MDCCCLXXVII in Caravaca Murciae, occisus est martyr die IV mensis Octobris anno MCMXXXVI Valentiae. 12. Felicianus Martínez Granero, natus die CLXIII XXIII mensis Ianuarii anno MDCC- in Taberno in Provincia Almería, martyr mortuus est die IV mensis Octobris anno MCMXXXVI Valentiae. 13. Ioannes Iosephus Orayen Aizcorbe, natus die XI mensis Martii anno MDCCCIC in Osacar Navarrae, necatus est martyr die IV mensis Octobris anno MCMXXXVI Valentiae. 14. Iosephus Michael Peñarroya Dolz, natus die MCMVIII III mensis Decembris anno in Forcall in Castellón de la Plana, martyr occisus est die IV mensis Octo- bris anno MCMXXXVI Valentiae. Acta Francisci Pp. 437 15. Publius Fernández González, natus die XXIV mensis Maii anno MCMVIII in Otero de Dueñas Legionis, martyrium subiit die IV mensis Octobris anno MCMXXXVI Valentiae. 16. Avelinus Martínez de Arenzana Candela, natus die XXXI mensis Decembris anno MDCCCXCVIII Barcinone, martyr interfectus est die IV mensis Octobris anno MCMXXXVI Valentiae. ex communitate Malacae: 17. Silvester Pérez Laguna, natus die XXX mensis Decembris anno MDCCCLXXIII in Villar del Campo in Soria, occisus est martyr die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. 18. Secundus (Petrus) Pastor García, natus die XXIX mensis Aprilis anno MDCCCLXXXV in Mezquitillas in Soria, martyrium subiit die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. 19. Balthasar (Antonius Raimundus Iacobus) del Charco Horques, natus die XII mensis Novembris anno MDCCCLXXXVII Illiberri, martyr interfectus est die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. 20. Gumersindus (Emmanuel) Sanz Sanz, natus die I mensis Ianuarii anno MDCCCLXXVIII in Almadrones Guadalaiarae, occisus est martyr die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. 21. Honorius (Petrus Eusebius) Ballesteros Rodríguez, natus die XXIX mensis Aprilis anno MDCCCXCV in Ocaña Toleti, martyr interfectus est die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. 22. Raimundus (Ioannes Antonius) García Moreno, natus die XI mensis Aprilis MDCCCXCVI in Lucena Cordubae, martyr occisus est die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. 23. Stanislaus a Iesu (Isidorus Valentinus) Peña Ojea, natus die IV mensis Aprilis anno MCMVII in Talavera de la Reina (Toleti), martyr factus est die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. 24. Salustianus (Florentinus) Alonso Antonio, natus die XIV mensis Martii in Torno Norbae Caesarinae, martyr occisus est die XVII mensis Augusti anno MCMXXXVI Malacae. Horum virorum martyrii fama tam celerius divulgata est inter Populum Dei ut Processus Informativi acti sunt in archidioecesibus Matritensi, Barcinonensi, Valentina et in dioecesi Malacitana; qui Processus subinde 438 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale in unam Causam apud Congregationem de Causis Sanctorum reducti sunt. Positione parata, die XIX mensis Februarii anno MMXIII habitus est Peculiaris Consultorum Theologorum Congressus qui positivum emisit iudicium de martyrio, quo in voto consenserunt Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die IV mensis Iunii anno MMXIII congregati. Ideo Nos die V mensis Iunii eiusdem anni iussimus ut Congregatio de Causis Sanctorum Decretum super martyrio scriberet et statuimus ut beatificationis ritus die XIII mensis Octobris anno MMXIII in urbe Tarraconensi Hispaniae celebraretur. Hodie igitur, Tarracone in Hispania, de mandato Nostro, Venerabilis Frater Noster Angelus S.R.E. Cardinalis Amato, Praefectus Congregationis de Causis Sanctorum, textum Litterarum Apostolicarum legit, quibus Nos Servos Dei Mauritium Íñiguez de Heredia Alzola et XXIII eius Socios, religiosos professos ex Ordine Hospitalario Sancti Ioannis de Deo, Martyres, Beatorum numerum adscribimus: Nos vota Fratrum Nostrorum Iesu García Burillo, Episcopi Abulensis, Alfonsi Milián Sorribas, Episcopi Barbastrensis-Montisonensis, Aloisii S.R.E. Cardinalis Martínez Sistach, Archiepiscopi Barcinonensis, Marii Iceta Gavicagogeascoa, Episcopi Flaviobrigensis, Iosephi Emmanuelis Lorca Planes, Episcopi Carthaginensis in Hispania, Antonii Angeli Algora Hernando, Episcopi Civitatis Regalensis, Demetrii Fernández González, Episcopi Cordubensis, Iosephi Mariae Yanguas Sanz, Episcopi Conchensis, Raimundi del Hoyo López, Episcopi Giennensis, Ioannis Piris Frígola, Episcopi Illerdensis, Antonii Mariae S.R.E. Cardinalis Rouco Varela, Archiepiscopi Matritensis, Iesu Stephani Catalá Ibáñez, Episcopi Malacitani, Salvatoris Giménez Valls, Episcopi Minoricensis, Attilani Rodríguez Martínez, Episcopi Seguntini-Guadalaiarensis, Iacobi Pujol Balcells, Archiepiscopi Tarraconensis, Iosephi Angeli Saiz Meneses, Episcopi Terrassensis, Caroli Emmanuelis Escribano Subías, Episcopi Terulensis et Albarracinensis, Braulionis Rodríguez Plaza, Archiepiscopi Toletani, Henrici Benavent Vidal, Episcopi Dertosensis, Caroli Osoro Sierra, Archiepiscopi Valentini, necnon plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque Christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Servi Dei: – Iosephus Maximus Moro Briz et IV Socii, presbyteri dioecesani; – Maurus Palazuelos Maruri et XVII Socii, ex Ordine Sancti Benedicti; Iacobus Puig Mirosa et XVIII Socii, e Congregatione Filiorum Sacrae Familiae Iesu, Mariae et Ioseph, necnon Sebastianus Llorens Telarroja, laicus; Acta Francisci Pp. 439 – Maria a Monte Serrato (in saeculo: Iosepha Maria Columnaris García Solanas) et VIII Sociae, religiosae professae Instituti Minimarum Discalceatarum Sancti Francisci de Paula, necnon Lucretia García Solanas, laica et vidua; – Mauritius (in saeculo: Alexander) Íñiguez de Heredia Alzóla et XXIII Socii, religiosi professi ex Ordine Hospitalario Sancti Ioannis de Deo; – Iosephus Guardiel Pujol, presbyter dioecesanus; – Raimundus Ioachimus Castaño González et Iosephus Maria González Solís, presbyteri professi ex Ordine Fratrum Praedicatorum; – Antonius Faúndez López, presbyter, et unus Socius, professi ex Ordine Fratrum Minorum, necnon duo presbyteri dioecesani; – Hermenegildus ab Assumptione B.M.V. (in saeculo: Hermenegildus Iza y Aregita) et V Socii, ex Ordine Sanctissimae Trinitatis; – Carmelus Maria Moyano Linares et IX Socii, presbyteri professi ex Ordine Carmelitarum; – Iosephus Xavier Gorosterratzu et V Socii, e Congregatione Sanctissimi Redemptoris; – Emmanuel Basulto Jiménez, Episcopus Giennensis, necnon III presbyteri dioecesani, unus seminarii alumnus et unus laicus; – Victoria a Iesu (in saeculo: Francisca Agnes Maria ab Antiqua) Valverde González, religiosa Pii Instituti Calasanctiani Filiarum a Divina Pastora; – Salvius Huix Miralpeix, Episcopus Illerdensis; – Iosephus Nadal i Guiu et Iosephus Jordán Blecua, presbyteri dioecesani; – Ioannes a Iesu (in saeculo: Vilaregut Farré) et III Socii, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, necnon Paulus Segalá Solé, presbyter dioecesanus; – Marianus Alcalá Pérez et XVIII Socii, ex Ordine Beatae Mariae Virginis de Mercede Redemptionis Captivorum; – Chrysanthus (in saeculo: Casimirus González García), Aquilinus, Cyprianus Iosephus et LXIII Socii, ex Instituto Fratrum Maristarum a Scholis, necnon Raimundus Aemilianus Hortelano Gómez et Iulianus Aguilar Martín, laici; – Emmanuel a Sacra Familia (in saeculo: Emmanuel Sanz Domínguez), presbyter professus et reformator Ordinis Sancti Hieronymi; – Andreas a Palazuelo (in saeculo: Michael Franciscus González González) et XXXI Socii, ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum; 440 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale – Theophilus Fernández de Legaría Goñi et IV Socii, presbyteri professi e Congregatione Sacrorum Cordium Iesu et Mariae necnon adorationis perpetuae Ss. Sacramenti altaris; – Albertus Maria Marco Alemán et VIII Socii, ex Ordine Carmelitarum ab Antiqua Observantia, necnon Augustinus Maria García Tribaldos et XV Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum; – Orentius Aloisius (in saeculo: Antonius Sola Garriga) et XVIII Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, necnon Antonius Mateo Salamero, presbyter dioecesanus, et Iosephus Gorostazu Labayen, laicus; – Melchiora ab Adoratione Cortés Bueno et XIV Sociae, e Societate Filiarum a Caritate Sancti Vincentii de Paul; – Aurelia (in saeculo: Clementina) Arambarri Fuente et III Sociae, religiosae professae Congregationis Servarum Mariae Ministrantium Infirmis; – Maria Assumpta (in saeculo: Iuliana González Trujillano) et II Sociae, religiosae professae Congregationis Missionariarum Franciscalium a Matre Divini Pastoris; – Ioannes Huguet Cardona, presbyter dioecesanus; – Iosephus Maria Ruiz Cano, Iesus Hannibal Gómez Gómez, Thomas Cordero Cordero et XIII Socii, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis B.M.V.; – Emmanuel Borrás i Ferré, Episcopus Auxiliaris Tarraconensis, Agapitus Modestus (in saeculo: Modestus Pamplona Falguera), ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, et CXLV Socii, presbyteri et Seminarii alumni dioecesani, necnon religiosi ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, ex Ordine Sancti Benedicti, ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis BM.V., e Tertio Ordine Carmelitarum a Magisterio; – Fortunatus Velasco Tobar et XIII Socii, e Congregatione Missionis; – Ioachimus Jovaní Marín et XIV Socii, e Sodalitate Sacerdotum Operariorum Dioecesanorum Cordis Iesu; – Richardus Gil Barcelón, presbyter professus e Congregatione Parvi Operis a Divina Providentia, necnon Antonius Arrué Peiró, laicus; – Iosepha Martínez Pérez et XI Sociae, e Congregatione Filiarum a Caritate, necnon Dolores Broseta Bonet, laica; qui in Hispania vicesimo saeculo sanguinem suum effuderunt ad testimonium perhibendum Domino Iesu, Beatorum nomine in posterum appel- 441 Acta Francisci Pp. lentur, eorumque festum die sexta Novembris in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Esto mors horum beatorum nitidissimus praeco omnibus christianis tormenta patientibus, ita ut ipsi, Christo Regi universorum deservientes, fratribus suis caritate flagranti impavidi ministrent. Quae vero per has Litteras decrevimus et nunc et in posterum firma esse volumus, rebus quibuslibet contrariis non obstantibus. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die mensis Octobris, anno MMXIII, Pontificatus Nostri primo. XIII De mandato Summi Pontificis loco Secretarii Status c P etrus P arolin Archiepiscopus tit. Aquipendiensis Loco G Plumbi In Secret. Status tab., n. 51.590 442 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale HOMILIA Occasione Vigiliae Paschalis.* Notte di veglia è questa notte. Non dorme il Signore, veglia il Custode del suo popolo,1 per farlo uscire dalla schiavitù e aprirgli la strada della libertà. Il Signore veglia e con la potenza del suo amore fa passare il popolo attraverso il Mar Rosso; e fa passare Gesù attraverso l’abisso della morte e degli inferi. Notte di veglia fu questa per i discepoli e le discepole di Gesù. Notte di dolore e di paura. Gli uomini rimasero chiusi nel cenacolo. Le donne, invece, all’alba del giorno dopo il sabato, andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Il loro cuore era pieno di commozione e si domandavano: « Come faremo ad entrare?, chi ci rotolerà la pietra del sepolcro?... ». Ma ecco il primo segno dell’Evento: la grande pietra era già stata ribaltata e la tomba era aperta! « Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca… ».2 Le donne furono le prime a vedere questo grande segno: la tomba vuota; e furono le prime ad entrarvi… « Entrate nel sepolcro ». Ci fa bene, in questa notte di veglia, fermarci a riflettere sull’esperienza delle discepole di Gesù, che interpella anche noi. Per questo, in effetti, siamo qui: per entrare, entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore. Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere… È di più, è molto di più! « Entrare nel mistero » significa capacità di stupore, di contemplazione; capacità di ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla.3 Entrare nel mistero ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in sé stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi… * Die 4 Aprilis 2015. 1 Cfr Sal 121, 4. 2 Mc 16, 5. 3 Cfr 1 Re 19, 12. Acta Francisci Pp. 443 Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione. Per entrare nel mistero ci vuole umiltà, l’umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedestallo del nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l’umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono. Per entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie idolatrie… adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero. Tutto questo ci insegnano le donne discepole di Gesù. Esse vegliarono, quella notte, insieme con la Madre. E lei, la Vergine Madre, le aiutò a non perdere la fede e la speranza. Così non rimasero prigioniere della paura e del dolore, ma alle prime luci dell’alba uscirono, portando in mano i loro unguenti e con il cuore unto d’amore. Uscirono e trovarono il sepolcro aperto. Ed entrarono. Vegliarono, uscirono ed entrarono nel Mistero. Impariamo da loro a vegliare con Dio e con Maria, nostra Madre, per entrare nel Mistero che ci fa passare dalla morte alla vita. 444 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ALLOCUTIONES I Ad Patriarchalem Synodum Ecclesiae Armeniae–Catholicae.* 4 Beatitudine, Eccellenze! Vi saluto fraternamente e vi ringrazio per questo incontro, che si colloca nell’imminenza della celebrazione di domenica prossima nella Basilica Vaticana. Eleveremo la preghiera del suffragio cristiano per i figli e le figlie del vostro amato popolo, che furono vittime cento anni orsono. Invocheremo la Divina Misericordia perché ci aiuti tutti, nell’amore per la verità e la giustizia, a risanare ogni ferita e ad affrettare gesti concreti di riconciliazione e di pace tra le Nazioni che ancora non riescono a giungere ad un ragionevole consenso sulla lettura di tali tristi vicende. In voi e attraverso di voi saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i fedeli laici della Chiesa Armeno-Cattolica: so che in tanti vi hanno accompagnato in questi giorni qui a Roma, e che molti di più saranno uniti spiritualmente a noi, dai Paesi della Diaspora, come gli Stati Uniti, l’America Latina, l’Europa, la Russia, l’Ucraina, fino alla Madrepatria. Penso con tristezza in particolare a quelle zone, come quella di Aleppo – il Vescovo mi ha detto « la città martire » – che cento anni fa furono approdo sicuro per i pochi sopravvissuti. Tali regioni, in questo ultimo periodo, hanno visto messa in pericolo la permanenza dei cristiani, non solo armeni. Il vostro popolo, che la tradizione riconosce come il primo a convertirsi al cristianesimo nel 301, ha una storia bimillenaria e custodisce un ammirevole patrimonio di spiritualità e di cultura, unito ad una capacità di risollevarsi dopo le tante persecuzioni e prove a cui è stato sottoposto. Vi invito a coltivare sempre un sentimento di riconoscenza al Signore, per essere stati capaci di mantenere la fedeltà a Lui anche nelle epoche più difficili. È importante, inoltre, chiedere a Dio il dono della sapienza del cuore: la commemorazione delle vittime di cento anni fa ci pone infatti dinanzi alle tenebre del mysterium iniquitatis. Non si capisce se non con questo atteggiamento. * Die 9 Aprilis 2015. Acta Francisci Pp. 445 Come dice il Vangelo, dall’intimo del cuore dell’uomo possono scatenarsi le forze più oscure, capaci di giungere a programmare sistematicamente l’annientamento del fratello, a considerarlo un nemico, un avversario, o addirittura individuo privo della stessa dignità umana. Ma per i credenti la domanda sul male compiuto dall’uomo introduce anche al mistero della partecipazione alla Passione redentrice: non pochi figli e figlie della nazione armena furono capaci di pronunciare il nome di Cristo sino all’effusione del sangue o alla morte per inedia nell’esodo interminabile cui furono costretti. Le pagine sofferte della storia del vostro popolo continuano, in certo senso, la passione di Gesù, ma in ciascuna di esse è posto il germoglio della sua Risurrezione. Non venga meno in voi Pastori l’impegno di educare i fedeli laici a saper leggere la realtà con occhi nuovi, per giungere a dire ogni giorno: il mio popolo non è soltanto quello dei sofferenti per Cristo, ma soprattutto dei risorti in Lui. Per questo è importante fare memoria del passato, ma per attingere da esso linfa nuova per alimentare il presente con l’annuncio gioioso del Vangelo e con la testimonianza della carità. Vi incoraggio a sostenere il cammino di formazione permanente dei sacerdoti e delle persone consacrate. Essi sono i vostri primi collaboratori: la comunione tra loro e voi sarà rafforzata dall’esemplare fraternità che essi potranno scorgere in seno al Sinodo e col Patriarca. Il nostro pensiero riconoscente va in questo momento a quanti si adoperarono per recare qualche sollievo al dramma dei vostri antenati. Penso specialmente a Papa Benedetto XV che intervenne presso il Sultano Mehmet V per far cessare i massacri degli armeni. Questo Pontefice fu grande amico dell’Oriente cristiano: egli istituì la Congregazione per le Chiese Orientali e il Pontificio Istituto Orientale, e nel 1920 iscrisse Sant’Efrem il Siro tra i Dottori della Chiesa Universale. Sono lieto che questo nostro incontro avvenga alla vigilia dell’analogo gesto che domenica avrò la gioia di compiere con la grande figura di San Gregorio di Narek. Alla sua intercessione, affido specialmente il dialogo ecumenico tra la Chiesa Armeno-Cattolica e la Chiesa Armeno-Apostolica, memori del fatto che cento anni fa come oggi, il martirio e la persecuzione hanno già realizzato « l’ecumenismo del sangue ». Su di voi e sui vostri fedeli invoco ora la benedizione del Signore, mentre vi chiedo di non dimenticare di pregare per me! Grazie! 446 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale II Ad Institutorum Conventum mulierum et virorum consecratorum, Congregatione pro Institutis vitae consecrate et Societatibus vitae apostolicae promotum.* Cari fratelli e sorelle, buongiorno. M’ha detto [il Cardinale Prefetto] il vostro numero, quanti siete, e io ho detto: « Ma, con la scarsità di vocazioni che c’è, ci sono più formatori che formandi! ». Questo è un problema! Bisogna chiedere al Signore e fare di tutto perché vengano le vocazioni! Ringrazio il Cardinale Braz de Aviz per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti i presenti. Ringrazio anche il Segretario e gli altri collaboratori che hanno preparato il Congresso, il primo di questo livello che si celebra nella Chiesa, proprio nell’Anno dedicato alla Vita Consacrata, con formatori e formatrici di molti Istituti di tante parti del mondo. Desideravo avere questo incontro con voi, per quello che voi siete e rappresentate in quanto educatori e formatori, e perché dietro ciascuno di voi intravedo i vostri e nostri giovani, protagonisti di un presente vissuto con passione, e promotori di un futuro animato dalla speranza; giovani che, spinti dall’amore di Dio, cercano nella Chiesa le strade per assumerlo nella propria vita. Io li sento qui presenti e rivolgo loro un pensiero affettuoso. Al vedervi così numerosi non si direbbe che ci sia crisi vocazionale! Ma in realtà c’è una indubbia diminuzione quantitativa, e questo rende ancora più urgente il compito della formazione, una formazione che plasmi davvero nel cuore dei giovani il cuore di Gesù, finché abbiano i suoi stessi sentimenti.1 Sono anche convinto che non c’è crisi vocazionale là dove ci sono consacrati capaci di trasmettere, con la propria testimonianza, la bellezza della consacrazione. E la testimonianza è feconda. Se non c’è una testimonianza, se non c’è coerenza, non ci saranno vocazioni. E a questa testimonianza siete chiamati. Questo è il vostro ministero, la vostra missione. Non siete soltanto « maestri »; siete soprattutto testimoni della sequela di Cristo nel vostro proprio carisma. E questo si può fare se ogni giorno si riscopre con * Die 11 Aprilis 2015. 1 Cfr Fil 2, 5; Vita consecrata, 65. Acta Francisci Pp. 447 gioia di essere discepoli di Gesù. Da qui deriva anche l’esigenza di curare sempre la vostra stessa formazione personale, a partire dall’amicizia forte con l’unico Maestro. In questi giorni della Risurrezione, la parola che nella preghiera mi risuonava spesso era la « Galilea », « là dove tutto incominciò », dice Pietro nel suo primo discorso. Le cose accadute a Gerusalemme ma che sono incominciate in Galilea. Anche la nostra vita è incominciata in una « Galilea »: ognuno di noi ha avuto l’esperienza della Galilea, dell’incontro con il Signore, quell’incontro che non si dimentica, ma tante volte finisce coperto da cose, dal lavoro, da inquietudini e anche da peccati e mondanità. Per dare testimonianza è necessario fare spesso il pellegrinaggio alla propria Galilea, riprendere la memoria di quell’incontro, quello stupore, e da lì ripartire. Ma se non si segue questa strada della memoria c’è il pericolo di restare lì dove ci si trova e, anche, c’è il pericolo di non sapere perché ci si trova lì. Questa è una disciplina di quelli e di quelle che vogliono dare testimonianza: andare indietro alla propria Galilea, dove ho incontrato il Signore; a quel primo stupore. È bella la vita consacrata, è uno dei tesori più preziosi della Chiesa, radicato nella vocazione battesimale. E dunque è bello esserne formatori, perché è un privilegio partecipare all’opera del Padre che forma il cuore del Figlio in coloro che lo Spirito ha chiamato. A volte si può sentire questo servizio come un peso, come se ci sottraesse a qualcosa di più importante. Ma questo è un inganno, è una tentazione. È importante la missione, ma è altrettanto importante formare alla missione, formare alla passione dell’annuncio, formare a quella passione dell’andare ovunque, in ogni periferia, per dire a tutti l’amore di Gesù Cristo, specialmente ai lontani, raccontarlo ai piccoli e ai poveri, e lasciarsi anche evangelizzare da loro. Tutto questo richiede basi solide, una struttura cristiana della personalità che oggi le stesse famiglie raramente sanno dare. E questo aumenta la vostra responsabilità. Una delle qualità del formatore è quella di avere un cuore grande per i giovani, per formare in essi cuori grandi, capaci di accogliere tutti, cuori ricchi di misericordia, pieni di tenerezza. Voi non siete solo amici e compagni di vita consacrata di coloro che vi sono affidati, ma veri padri, vere madri, capaci di chiedere e di dare loro il massimo. Generare una vita, partorire una vita religiosa. E questo è possibile soltanto per mezzo dell’amore, l’amore di padri e di madri. E non è vero che i giovani di oggi 448 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale siano mediocri e non generosi; ma hanno bisogno di sperimentare che « si è più beati nel dare che nel ricevere! »,2 che c’è grande libertà in una vita obbediente, grande fecondità in un cuore vergine, grande ricchezza nel non possedere nulla. Da qui la necessità di essere amorosamente attenti al cammino di ognuno ed evangelicamente esigenti in ogni fase del cammino formativo, a cominciare dal discernimento vocazionale, perché l’eventuale crisi di quantità non determini una ben più grave crisi di qualità. E questo è il pericolo. Il discernimento vocazionale è importante: tutti, tutte le persone che conoscono la personalità umana – siano psicologi, padri spirituali, madri spirituali – ci dicono che i giovani che inconsciamente sentono di avere qualcosa di squilibrato o qualche problema di squilibrio o di deviazione, inconsciamente cercano strutture forti che li proteggano, per proteggersi. E lì è il discernimento: sapere dire no. Ma non cacciare via: no, no. Io ti accompagno, vai, vai, vai… E come si accompagna l’entrata, accompagnare anche l’uscita, perché lui o lei trovi la strada nella vita, con l’aiuto necessario. Non con quella difesa che è pane per oggi e fame per domani. La crisi di qualità… Non so se è scritto, ma adesso mi viene da dire: guardare le qualità di tanti, tanti consacrati… Ieri a pranzo c’era un gruppetto di sacerdoti che celebrava il 60° di Ordinazione sacerdotale: quella saggezza dei vecchi… Alcuni sono un po’…, ma la maggioranza dei vecchi ha saggezza! Le suore che tutti i giorni si alzano per lavorare, le suore dell’ospedale, che sono « dottoresse in umanità »: quanto dobbiamo imparare da questa consacrazione di anni e anni!… E poi muoiono. E le suore missionarie, i consacrati missionari, che vanno là e muoiono là… Guardare i vecchi! E non solo guardarli: andare a trovarli, perché conta il quarto comandamento anche nella vita religiosa, con quegli anziani nostri. Anche questi, per una istituzione religiosa, sono una « Galilea », perché in quelli troviamo il Signore che ci parla oggi. E quanto bene fa ai giovani mandarli da loro, che si avvicinino a questi anziani e anziane consacrati, saggi: quanto bene fa! Perché i giovani hanno il fiuto per scoprire l’autenticità: questo fa bene. La formazione iniziale, questo discernimento, è il primo passo di un processo destinato a durare tutta la vita, e il giovane va formato alla libertà umile e intelligente di lasciarsi educare da Dio Padre ogni giorno della vita, in ogni età, nella missione come nella fraternità, nell’azione come nella contemplazione. 2 At 20, 35. Acta Francisci Pp. 449 Grazie, cari formatori e formatrici, del vostro servizio umile e discreto, del tempo donato all’ascolto – l’apostolato « dell’orecchio », ascoltare – del tempo dedicato all’accompagnamento e alla cura di ogni vostro giovane. Dio ha una virtù – se si può parlare della virtù di Dio –, una qualità, della quale non si parla tanto: è la pazienza. Lui ha pazienza. Dio sa aspettare. Anche voi, imparate questo, questo atteggiamento della pazienza, che tante volte è un po’ un martirio: aspettare… E quando ti viene una tentazione di impazienza, fermati; o di curiosità… Penso a santa Teresa di Gesù Bambino, quando una novizia incominciava a raccontare una storia e a lei piaceva sentire come era finita, e poi la novizia andava da un’altra parte, santa Teresa non diceva niente, aspettava. La pazienza è una delle virtù dei formatori. Accompagnare: in questa missione non vanno risparmiati né tempo né energie. E non bisogna scoraggiarsi quando i risultati non corrispondono alle attese. È doloroso, quando viene un ragazzo, una ragazza, dopo tre, quattro anni e dice: « Ah, io non me la sento; io ho trovato un altro amore che non è contro Dio, ma non posso, me ne vado ». È duro questo. Ma è anche il vostro martirio. E gli insuccessi, questi insuccessi dal punto di vista del formatore possono favorire il cammino di formazione continua del formatore. E se a volte potrete avere la sensazione che il vostro lavoro non sia abbastanza apprezzato, sappiate che Gesù vi segue con amore, e la Chiesa tutta vi è grata. E sempre in questa bellezza della vita consacrata: alcuni dicono che la vita consacrata è il paradiso in terra. No. Casomai il purgatorio! Ma andare avanti con gioia, andare avanti con gioia. Vi auguro di vivere con gioia e nella gratitudine questo ministero, con la certezza che non c’è niente di più bello nella vita dell’appartenere per sempre e con tutto il cuore a Dio, e dare la vita al servizio dei fratelli. Vi chiedo per favore di pregare per me, perché Dio mi dia anche un po’ di quella virtù che Lui ha: la pazienza. 450 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale III Ad Dominum Sergium Mattarella, Praesidem Rei Publicae Italicae.* 3 Signor Presidente, Le sono grato per la Sua visita, che Ella compie a soli due mesi da quando i Rappresentanti del Popolo italiano L’hanno eletta alla più alta magistratura dello Stato. Tale gesto manifesta le eccellenti relazioni tra la Santa Sede e l’Italia e si pone in continuità con le visite effettuate dal Suo immediato Predecessore e con una ormai lunga tradizione, che, in particolare dal periodo conciliare, vede infittirsi le occasioni d’incontro tra le supreme Autorità civili italiane e quelle della Chiesa universale. I Patti Lateranensi, recepiti dalla Carta Costituzionale repubblicana, e l’Accordo di Revisione dei medesimi hanno offerto un solido quadro di riferimento, all’interno del quale si sono pacificamente sviluppati e rafforzati i rapporti tra l’Italia e la Santa Sede, garantendo la reciproca sovranità e indipendenza e al tempo stesso il mutuo orientamento alla fattiva collaborazione, sulla base di valori condivisi e in vista del bene comune. È fondamentale infatti che, nella distinzione dei ruoli e delle competenze e nel pieno rispetto delle reciproche funzioni, sia sempre sentita la necessità di una rinnovata collaborazione, finalizzata ad unire le forze per il bene di tutti i cittadini, che hanno il diritto a tale concordia, da cui derivano innumerevoli benefici. La Chiesa offre a tutti la bellezza del Vangelo e del suo messaggio di salvezza, e ha bisogno, per svolgere la sua missione spirituale, di condizioni di pace e tranquillità, che solo i pubblici poteri possono promuovere. D’altro canto, questi ultimi, a cui primariamente spetta di predisporre le condizioni di uno sviluppo equo e sostenibile affinché la società civile dispieghi tutte le sue potenzialità, trovano nell’impegno e nella leale collaborazione della Chiesa un valido e utile sostegno per la loro azione. La reciproca autonomia infatti non fa venir meno ma esalta la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità, che tutti abbiamo il compito di servire con umiltà e dedizione. Ne deriva che un sano pluralismo non si chiuderà allo specifico apporto offerto dalle varie componenti ideali e religiose che compongono la società, * Die 18 Aprilis 2015. Acta Francisci Pp. 451 purché naturalmente esse accolgano i fondamentali principi che presiedono alla vita civile e non strumentalizzino o distorcano le loro credenze a fini di violenza e sopraffazione. In altre parole, lo sviluppo ordinato di una civile società pluralistica postula che non si pretenda di confinare l’autentico spirito religioso nella sola intimità della coscienza, ma che si riconosca anche il suo ruolo significativo nella costruzione della società, legittimando il valido apporto che esso può offrire. La storia dell’Italia mostra chiaramente quanto sia grande il contributo del Cristianesimo alla sua cultura e al carattere della sua popolazione, quanto la fede cristiana abbia permeato l’arte, l’architettura e il costume del Paese. La fede si è trasformata in opere e queste in istituzioni, fino a dare volto ad una storia peculiare e a modellare pressoché tutti gli aspetti della vita, a partire dalla famiglia, primo e indispensabile baluardo di solidarietà e scuola di valori, che va aiutata a svolgere la sua insostituibile funzione sociale quale luogo fondamentale di crescita della persona. Signor Presidente, tra i diversi beni necessari allo sviluppo di ogni collettività, il lavoro si distingue per il suo legame con la stessa dignità delle persone, con la possibilità di costruire un’esistenza dignitosa e libera. In special modo, la carenza di lavoro per i giovani diventa un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio, dando alla soluzione di questo problema la giusta priorità. Nella disponibilità del lavoro risiede infatti la stessa disponibilità di dignità e di futuro. Per un’ordinata crescita della società è indispensabile che le giovani generazioni, tramite il lavoro, abbiano la possibilità di progettare con serenità il loro futuro, affrancandosi dalla precarietà e dal rischio di cedere a ingannevoli e pericolose tentazioni. Tutti coloro che detengono posizioni di speciale responsabilità hanno perciò il compito primario di affrontare con coraggio, creatività e generosità questo problema. Un altro ambito che richiede oggi particolare attenzione da parte di tutti è la cura dell’ambiente. Per cercare di alleviare i crescenti squilibri ed inquinamenti, che a volte provocano veri e propri disastri ambientali, occorre acquisire piena consapevolezza degli effetti dei nostri comportamenti sul creato, che sono strettamente connessi al modo con cui l’uomo considera e tratta sé stesso.1 1 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 51. 452 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Tra pochi giorni si aprirà a Milano l’Esposizione Universale, che ha come tema: « Nutrire il pianeta. Energie per la vita ». L’evento dell’Expo sarà un’importante occasione in cui verranno presentate le più moderne tecnologie necessarie a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto dell’ambiente. Possa esso contribuire anche ad approfondire la riflessione sulle cause del degrado ambientale, in modo da fornire alle autorità competenti un quadro di conoscenze ed esperienze indispensabile per adottare decisioni efficaci e preservare la salute del pianeta che Dio ha affidato alla cura del genere umano. Desidero, infine, esprimere la mia gratitudine per l’impegno che l’Italia sta profondendo per accogliere i numerosi migranti che, a rischio della vita, chiedono accoglienza. È evidente che le proporzioni del fenomeno richiedono un coinvolgimento molto più ampio. Non dobbiamo stancarci nel sollecitare un impegno più esteso a livello europeo e internazionale. Signor Presidente, nel formularLe il mio più cordiale augurio per l’assolvimento del Suo alto compito, auspico che l’Italia, facendo tesoro delle sue nobili tradizioni e della sua cultura largamente ispirata dalla fede cristiana, possa progredire e prosperare nella concordia, offrendo il suo prezioso contributo alla pace e alla giustizia nel mondo. Dio protegga l’Italia ed ogni suo abitante. Acta Francisci Pp. 453 IV Ad Sessionem plenariam Pontificiae Academiae Scientiarum Socialium.* Cari fratelli e sorelle, do il benvenuto a voi, membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e partecipanti a questa sessione plenaria dedicata alla tratta di persone. Sono grato delle cortesi parole della Presidente, Signora Margaret Archer. Saluto tutti cordialmente e vi assicuro che sono molto riconoscente per quanto questa Accademia realizza per approfondire la conoscenza delle nuove forme di schiavitù e per sradicare la tratta di esseri umani, nell’unico intento di servire l’uomo, specialmente le persone emarginate ed escluse. Come cristiani, voi vi sentite interpellati dal Discorso della Montagna del Signore Gesù e anche dal « protocollo » con cui saremo giudicati alla fine della nostra vita, secondo il Vangelo di Matteo, capitolo 25. « Beati i poveri, beati gli afflitti, beati i miti, beati i puri di cuore, beati i misericordiosi, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, beati i perseguitati per causa della giustizia: questi possederanno la terra, questi saranno figli di Dio, questi vedranno Dio ».1 I « benedetti dal Padre », i suoi figli che lo vedranno sono quelli che si preoccupano degli ultimi e che amano i più piccoli tra i loro fratelli: « Quanto avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me », dice il Signore.2 E oggi, tra questi fratelli più bisognosi ci sono coloro che patiscono la tragedia delle moderne forme di schiavitù, del lavoro forzato, del lavoro schiavo, della prostituzione, del traffico di organi, della droga. San Pietro Claver, in un momento storico nel quale la schiavitù era molto diffusa e socialmente accettata, purtroppo – e scandalosamente – anche nel mondo cristiano, perché era un grande affare, sentendosi interpellato da queste parole del Signore, si consacrò per essere « schiavo degli schiavi ». Tanti altri santi e sante, come per esempio San Giovanni de Matha, hanno combattuto la schiavitù, seguendo il mandato di Paolo: « Non più servo né serva ma fratello e sorella in Cristo ».3 * Die 18 Aprilis 2015. 1 Cfr Mt 5, 3-10. 2 Cfr Mt 25, 40. 3 Cfr Fm 16. 454 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Sappiamo che l’abolizione storica della schiavitù come struttura sociale è la conseguenza diretta del messaggio di libertà portato al mondo da Cristo con la sua pienezza di grazia, verità e amore, con il suo programma delle Beatitudini. La progressiva coscienza di questo messaggio nel corso della storia è opera dello Spirito di Cristo e dei suoi doni partecipati ai suoi santi e a tanti uomini e donne di buona volontà, che non si riconoscono in una fede religiosa, ma si impegnano per migliorare la condizione umana. Purtroppo, in un sistema economico globale dominato dal profitto, si sono sviluppate nuove forme di schiavitù in certo modo peggiori e più disumane di quelle del passato. Ancora di più oggi, quindi, seguendo il messaggio di redenzione del Signore, siamo chiamati a denunciarle e a combatterle. Innanzitutto, dobbiamo far prendere più consapevolezza di questo nuovo male che, nel mondo globale, si vuole occultare perché scandaloso e « politicamente scorretto ». A nessuno piace riconoscere che nella propria città, nel proprio quartiere pure, nella propria regione o nazione ci sono nuove forme di schiavitù, mentre sappiamo che questa piaga riguarda quasi tutti i Paesi. Dobbiamo poi denunciare questo terribile flagello nella sua gravità. Già Papa Benedetto XVI condannò senza mezzi termini ogni violazione della pari dignità tra gli esseri umani. 4 Da parte mia, ho dichiarato più volte che queste nuove forme di schiavitù – traffico di esseri umani, lavoro forzato, prostituzione, commercio di organi – « sono crimini gravissimi, una piaga nel corpo dell’umanità contemporanea ».5 Tutta la società è chiamata a crescere in questa consapevolezza, specialmente per quanto riguarda la legislazione nazionale e internazionale, in modo da poter assicurare i trafficanti alla giustizia e reimpiegare i loro ingiusti guadagni per la riabilitazione delle vittime. Si dovrebbero cercare le modalità più idonee per penalizzare quanti si rendono complici di questo mercato disumano. Siamo chiamati a migliorare le modalità di riscatto e di inclusione sociale delle vittime, aggiornando anche le normative sul diritto di asilo. Deve aumentare la consapevolezza delle autorità civili circa la gravità di tale tragedia, che costituisce un regresso dell’umanità. E tante volte – tante volte! – queste nuove forme di schiavitù sono protette dalle istituzioni che devono difendere la popolazione da questi crimini. 4 5 Cfr Discorso al neo-Ambasciatore della R.F. di Germania presso la Santa Sede, 7 nov. 2011. Discorso alla II Conferenza Internazionale Combating Human Traffiking, 10 aprile 2014. Acta Francisci Pp. 455 Cari amici, vi incoraggio a proseguire in questo lavoro, col quale contribuite a rendere il mondo più cosciente di tale sfida. La luce del Vangelo è guida per chiunque si pone al servizio della civiltà dell’amore, dove le Beatitudini hanno una risonanza sociale, dove c’è una reale inclusione degli ultimi. Bisogna costruire la città terrena alla luce delle Beatitudini, e così camminare verso il Cielo in compagnia dei piccoli e degli ultimi. Benedico tutti voi, benedico il vostro lavoro e le vostre iniziative. Vi ringrazio tanto per quello che fate. Vi accompagno con la mia preghiera e anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie. 456 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale V Ad sodales Consilii Internationalis Anglicani–Catholici.* Dear Brothers and Sisters in Christ, 1. It is a pleasure to be with you, the members of the Anglican-Roman Catholic International Commission. In these days you are gathered for a new session of your dialogue, which is now studying the relationship between the universal Church and the local Church, with particular reference to processes for discussions and decision making regarding moral and ethical questions. I cordially welcome you and wish you a successful meeting. Your dialogue is the result of the historic meeting in 1966 between Pope Paul VI and Archbishop Ramsey, which gave rise to the first Anglican-Roman Catholic International Commission. On that occasion, they both prayed with hope for « a serious dialogue which, founded on the Gospels and on the ancient common traditions, [would] lead to that unity in truth for which Christ prayed ».1 We have not yet reached that goal, but we are convinced that the Holy Spirit continues to move us in that direction, notwithstanding new difficulties and challenges. Your presence here today is an indication of how the shared tradition of faith and history between Anglicans and Catholics can inspire and sustain our efforts to overcome the obstacles to full communion. Though we are fully aware of the seriousness of the challenges ahead, we can still realistically trust that together great progress will be made. 2. Shortly you will publish five jointly agreed statements of the second phase of the Anglican-Roman Catholic dialogue, with commentaries and responses. I offer my congratulations for this work. This reminds us that ecumenical relations and dialogue are not secondary elements of the life of the Churches. The cause of unity is not an optional undertaking and the differences which divide us must not be seen as inevitable. Some wish that, after fifty years, greater progress towards unity would have been * Die 30 Aprilis 2015. 1 The Common Declaration by Pope Paul VI and the Archbishop of Canterbury Dr Michael Ramsey, Rome, 24 March 1966. Acta Francisci Pp. 457 achieved. Despite difficulties, we must not lose heart, but we must trust even more in the power of the Holy Spirit, who can heal and reconcile us, and accomplish what humanly does not seem possible. 3. There is a strong bond that already unites us which goes beyond all divisions: it is the testimony of Christians from different Churches and traditions, victims of persecution and violence simply because of the faith they profess. And not only now, that there are many of them: I think also of the martyrs of Uganda, half Catholics and half Anglicans. The blood of these martyrs will nourish a new era of ecumenical commitment, a fervent desire to fulfill the last will and testament of the Lord: that all may be one.2 The witness by these our brothers and sisters demands that we live in harmony with the Gospel and that we strive with determination to fulfill the Lord’s will for his Church. Today the world urgently needs the common, joyful witness of Christians, from the defence of life and human dignity to the promotion of justice and peace. Together let us invoke the gifts of the Holy Spirit in order to be able to respond courageously to « the signs of the times » which are calling all Christians to unity and common witness. May the Holy Spirit abundantly inspire your work. Many thanks for your service. 2 Cf. Jn 17: 21. 458 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale VI Ad participes Conventus motu vulgo « Cursillos di Cristianità » apparati.* 3 Cari fratelli e sorelle, buona sera! Prima di tutto devo chiedere scusa, perché questo incontro era previsto per domani, e credo che voi abbiate dovuto fare tanti cambiamenti e anche con difficoltà, nei trasporti, nei mezzi di trasporto… Vi chiedo scusa, davvero! C’è stata una confusione. Voi sapete che il Papa è infallibile quando fa definizioni dogmatiche, cosa che si fa, ma raramente… Ma anche il Papa ha i suoi difetti e con i suoi difetti non c’entra l’infallibilità! E questo Papa è poco ordinato e anche indisciplinato. E da questo è nata questa confusione. Per questo vi chiedo scusa. Grazie! Io conoscevo le domande, ho scritto un discorso che risponde, ma alle volte tornerò su alcune domande, perché ci sono cose che vorrei sottolineare. Come ha detto il presidente, siete venuti a Roma per la vostra Ultreya, nome che riprende l’antico saluto dei pellegrini di Santiago de Compostela, che si incoraggiavano a vicenda ad andare « più in là », « sempre oltre ». Questa è per voi una vera riunione fra amici, un incontro fraterno di preghiera, di festa, di condivisione della vostra esperienza di vita cristiana. Ringrazio i vostri rappresentanti che mi hanno manifestato i propositi, le problematiche e le prospettive del vostro Movimento. Da parte mia, vorrei offrirvi alcuni suggerimenti utili alla vostra crescita spirituale e alla vostra missione nella Chiesa e nel mondo. Voi siete chiamati – non avete scelto prima, no, voi siete stati scelti, siete stati chiamati – a mettere a frutto il carisma che il Signore vi ha affidato e che è all’origine dei Cursillos de Cristiandad, nel cui gruppo di iniziatori spiccano Eduardo Bonnín Aguiló e l’allora Vescovo di Mallorca, Juan Hervas y Benet – era coraggioso! –, che seppe accompagnare la crescita del Movimento con paterna sollecitudine. Negli anni Quaranta del secolo scorso essi, insieme ad altri giovani laici, si resero conto della necessità di raggiungere i loro coetanei scorgendo il desiderio di verità e di amore presente nel loro cuore. Questi pionieri del vostro Movimento furono au* Die 30 Aprilis 2015. Acta Francisci Pp. 459 tentici missionari: non esitarono a prendere l’iniziativa e coraggiosamente si avvicinarono alle persone, coinvolgendole con simpatia e accompagnandole nel cammino della fede con rispetto e amore. Questo è importante: la simpatia, la compagnia... Una cosa voglio dire del vostro movimento: voi non avete fatto proselitismo! E questa è una virtù. « La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per testimonianza » – ci ha detto Papa Benedetto. Ed è cosi! Voi non avete fatto proselitismo. È una grazia di Dio. Seguendo il loro esempio, anche voi oggi volete annunciare la Buona Notizia dell’amore di Dio, facendovi vicini agli amici, ai conoscenti, ai compagni di studio e di lavoro perché anch’essi possano vivere un’esperienza personale dell’amore infinito di Cristo che libera e trasforma la vita. Quanto è necessario uscire, andare oltre, senza mai stancarsi, per incontrare i cosiddetti lontani! Per aiutare gli altri a crescere nella fede, compiendo un percorso di avvicinamento al Signore, occorre sperimentare in prima persona la bontà e la tenerezza di Dio. Questa esperienza è l’inizio del cammino che voi fate. Quando voi vedete, vi accorgete che nella vostra vita Dio è stato tanto buono, tanto tenero, tanto misericordioso, questo vuole uscire, vuole arrivare agli altri. Il Signore vuole incontrarci, il Signore vuole dimorare con noi, essere amico e fratello, il nostro maestro che ci rivela la strada da percorrere per giungere alla felicità. Egli non ci chiede nulla in cambio, chiede solo di accoglierlo, perché l’amore di Dio è gratuità, dono puro. Questo è importante! Per dare testimonianza è necessario riconoscere che tutto quello che noi abbiamo è dono puro, è regalo, è gratuito, è grazia. E questo non si compra, questo non si vende! È un cammino di gratuità, è un cammino che non si può spiegare: « Ma perché a me, Signore? Cosa devo fare? »; « Dillo agli altri! ». Comunicare quello che il Signore ha fatto con me, con tanta tenerezza, con tanta bontà, con tanta misericordia. Questa è la testimonianza. La testimonianza amicale del dialogo fra amici. L’incontro con Cristo, e con la misericordia del Padre che Egli ci dona, è possibile anzitutto nei Sacramenti, in particolare nell’Eucaristia e nella Riconciliazione. Nella Santa Messa noi celebriamo il memoriale del suo sacrificio: ancora oggi Egli realmente dona il suo Corpo per noi e versa il suo Sangue per redimere l’umanità. Nella Penitenza Gesù ci accoglie con tutti i nostri limiti e peccati, per donarci un cuore nuovo capace di amare 460 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale come Lui, che amò i suoi sino alla fine.1 E ogni volta che torniamo a chiedere perdono, Lui perdona, perché Lui sa che noi siamo deboli, che noi siamo peccatori. Abbiamo la laurea di peccatori! Tutti. E Lui sa questo. E Lui ci riceve sempre, con amore. Un’altra via è la meditazione della Parola di Dio, specialmente la lectio divina, leggere la Parola di Dio, leggere la Bibbia. Tante volte ho consigliato, e lo faccio anche adesso: sempre portare in tasca o nella borsa un Vangelo, piccolo. Nei viaggi, quando sono in attesa dal dentista, o per fare qualcosa, leggere un brano del Vangelo e poi pensare con calma a questo. Questa familiarità con la Parola di Dio, questo ci avvicina al Signore. E così possiamo ascoltare il Signore che ci indica il cammino da percorrere e ci incoraggia di fronte alle incertezze e difficoltà che la vita presenta. Infine, incontriamo l’amore di Cristo nella Chiesa, che testimonia nelle diverse attività la carità di Dio. L’amore di Gesù nelle opere di misericordia. Vi farò una domanda: tutti voi siete capaci di recitare le sette opere di misericordia corporale e le sette opere di misericordia spirituale? Siamo coraggiosi… Alzi la mano chi non è capace! [tanti alzano la mano] Ma guardate… Lavoro per voi, vescovi! Lavoro per voi! È importante leggere quali sono le opere di misericordia corporale. Alcune – è sicuro – le ricorderete, ma sono sette… E quelle spirituali: sono sette. Compito da fare a casa: cercare e studiare le opere di misericordia. Perché? Per metterle in pratica. Tutto nella comunità ecclesiale ha come fine il far toccare con mano alle persone l’infinita misericordia divina. Alcuni pensano: « No, Dio è lontano. Andrò all’inferno… Ne ho fatte tante ». Ma se tu hai fatto tante cose, tante cose brutte, Lui sarà molto contento e farà festa se tu ti avvicini a chiedere perdono. E questo è il lavoro di persuasione che voi dovete fare con gli amici, nei Cursillos. Perché è vero, Dio fa festa! Dio fa festa. E qualcuno sente anche gelosia di questo: pensate al figlio più grande di quel padre misericordioso 2 che ha fatto festa perché quell’altro che aveva portato via tutti i soldi, che li aveva spesi nella « bella vita », torna senza niente…. E fa festa. È una cosa strana del nostro Dio! Fare festa quando viene un peccatore grosso. Questo è buono! Il metodo di evangelizzazione dei Cursillos nacque proprio da questo ardente desiderio di amicizia con Dio, dalla quale scaturisce l’amicizia con 1 2 Cfr Gv 13, 1 Cfr Lc 15, 11-32. Acta Francisci Pp. 461 i fratelli. Fin dall’inizio si è capito che solamente all’interno di relazioni di amicizia autentica era possibile preparare e accompagnare le persone nel loro cammino, un cammino che parte dalla conversione, passa attraverso la scoperta della bellezza di una vita vissuta nella grazia di Dio, e giunge fino alla gioia di diventare apostoli nella vita quotidiana. E così, da allora, migliaia di persone in tutto il mondo sono state aiutate a crescere nella vita di fede. Nel contesto odierno di anonimato e di isolamento tipico delle nostre città, quanto è importante la dimensione accogliente, familiare, a misura d’uomo, che voi offrite negli incontri di gruppo. Si fa amicizia. Ci saranno problemi, qua o là… Ci saranno sempre, ci sono problemi. Ma bisogna far crescere l’amicizia. « Ma, Padre, quando facciamo crescere l’amicizia, crescono anche alcune liti, gelosie, invidie… ». Cosa ha detto il Signore? Quando il diavolo semina la zizzania, lasciatela crescere. Voi fate crescere il grano buono, l’amicizia. E la zizzania all’ora della raccolta sarà bruciata e il grano darà il suo frutto. Io vi chiedo di mantenere sempre il clima di amicizia e fraternità in cui pregare e condividere ogni settimana le esperienze, i successi e i fallimenti apostolici. Mi viene il ricordo di una signora, nata in una famiglia atea, e anche lei era atea; non agnostica, atea. Ma era una brava donna, una professionista, una donna che faceva il suo mestiere, sposata, con figli, ma senza religione. Una sua figlia incontrò Gesù Cristo, meglio, è stata trovata da Gesù Cristo. Si convertì e faceva una vita cristiana. E la mamma ha rispettato questo: « È la tua scelta, figlia. Vai avanti! Io non ci credo, ma tu vai avanti ». Sono passati gli anni, la figlia era cattolica convinta, possiamo anche dire cattolica militante – non mi piace la parola ma diciamola per capire bene. Poi la mamma, anziana, di più di 80 anni, si ammala, è vicina alla morte, ma è lucida. Il giorno prima della morte, mentre la figlia le stava vicino, la curava, lei ha fatto la domanda: « Ma tu, dimmi – mai le aveva fatto questa domanda, perché aveva rispettato –, cosa senti quando preghi? ». E la figlia, rispettando la mamma, ha detto che parlava a Dio, al Signore… Così è cominciata una conversazione su questo tema, leggera, tranquilla. Poi entrava un altro tema, e tornava questo… Alla fine la mamma ha detto: « Ma tu sei felice con quello che hai trovato nella religione? »; « Sì, perché io, mamma, credo in Gesù, credo che Gesù ci ama! »; « Quanta voglia io avrei di sentire lo stesso! ». E la figlia si incoraggiò e disse: « Dimmi, mamma, tu hai voglia di questo? »; « Sì! Ma è troppo tardi… »; « Mai, mamma. Tu vuoi 462 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale che io ti battezzi? »; e la mamma disse: « Sì! ». La figlia non poteva chiamare un prete, perché la mamma si sarebbe spaventata. La figlia battezzò la mamma e dopo due ore la mamma entrò in coma e morì, a mezzanotte. Questi sono i miracoli di Dio per la vicinanza, per il servizio. Non il proselitismo! Mai quella figlia ha fatto proselitismo. Io la conoscevo abbastanza, al punto che è venuta da me a dirmi quello che aveva fatto ed aveva paura di aver fatto male. « No, hai fatto bene! Hai fatto entrare tua mamma in Paradiso! ». Ma ci vuole pazienza. Ci vuole pazienza. Il proselitismo non è paziente! « Leggi questo, fai questo, vieni qui, vieni là »; ti bussano alla porta… No, no. Amicizia. E lì, seminare, nell’amicizia. E questo seminare in amicizia è una vera penitenza. In queste riunioni di piccolo gruppo è importante affiancare momenti che favoriscano l’apertura ad una dimensione sociale ed ecclesiale più grande, coinvolgendo anche chi è venuto in contatto con il vostro carisma ma non partecipa abitualmente ad un gruppo. Una dimensione sociale e ecclesiale più grande, che coinvolga anche quelli che non hanno contatto con il vostro carisma, che non partecipano abitualmente al gruppo. La Chiesa, infatti, è una « madre dal cuore aperto » che ci invita a volte a « rallentare il passo », a « rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada ».3 È bello aiutare tutti, anche chi fa più fatica nel vivere la propria fede; aiutare a rimanere sempre in contatto con questa madre Chiesa, sempre vicini a questa grande famiglia accogliente che è la madre Chiesa, la nostra santa madre Chiesa. Negli ultimi anni, in Argentina, c’erano alcuni problemi con i Cursillos: ma problemi esterni. Perché una volta si lavorava fino a un certo punto, poi c’era sabato, domenica, forse lunedì, forse… Potevano farlo. Oggi si lavora il sabato, anche le domeniche. E non trovavano il tempo per quelle riunioni forti, di preghiera, di tre giorni. Perdevano lo stipendio, perdevano il premio lavorativo, e rischiavano anche il posto di lavoro. E loro cercavano di aggiornare il proprio carisma a questa situazione. Come fare in questa situazione? Come hanno fatto i cristiani, pensate, al tempo del nazismo, del comunismo: cercavano di fare la catechesi in un’altra maniera, in altri momenti, la Messa un po’ di nascosto… Non so. Cercare modalità che permettano di andare avanti con il vostro carisma. Questo è molto importante! Non lasciare che i condizionamenti esterni ci blocchino. 3 Esort. ap. Evangelii gaudium, 46. Acta Francisci Pp. 463 Vi incoraggio ad andare « sempre oltre », fedeli al vostro carisma! A tenere vivo lo zelo, il fuoco dello Spirito che sempre spinge i discepoli di Cristo a raggiungere i lontani, senza fare proselitismo, a « uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo ».4 Voi questo lo avete sentito, ve l’ho detto parecchie volte: nelle grandi città, città cristiane, anche in famiglie cristiane, ci sono bambini che non sanno fare il segno della croce. E questa paganizzazione della società ci interpella: fate qualcosa per evangelizzare. Lo Spirito spinge ad uscire dalla propria comodità. Com’è bello annunciare a tutti l’amore di Dio che salva e dà senso alla nostra vita! E aiutare gli uomini e le donne di oggi a scoprire la bellezza della fede e della vita di grazia che è possibile vivere nella Chiesa, nostra madre! Ci sono comunità cristiane e cattoliche – ci sono! – dove non si parla della vita di grazia, non si parla della bellezza di avere la Trinità dentro di noi, la presenza del Dio Vivo in noi. E il vostro compito è andare e portare questa bella notizia: Dio abita in noi, Dio è in noi. Questa è la grazia! Aiutare gli uomini e le donne di oggi a scoprire la bellezza della fede e della vita di grazia. E lo farete se sarete docili, in atteggiamento di umiltà e fiducia, alla guida di questa santa madre, la Chiesa, che sempre cerca il bene di tutti i suoi figli; se sarete in sintonia con i vostri Pastori e uniti con loro nella missione di portare a tutti la gioia del Vangelo. Vi assista nel vostro cammino e nel vostro apostolato la Vergine Maria, Madre della divina Grazia. Prima di dare la benedizione voglio vedere le domande, se c’è qualcosa che non ho detto…. « Come fidarsi dello Spirito Santo, a tal punto da osar portare l’annuncio della Misericordia di Dio, dove Lui non è cercato? » Ma se non ti fidi dello Spirito Santo, torna a casa tua! E vai a cercare un’altra religione più agnostica, più ideologica. Gesù ci ha detto: « Io non vi lascio da soli. Io vi invierò lo Spirito ». E cosa fa lo Spirito? Due cose. Ci ricorda quello che Gesù ci ha insegnato e ci insegna cosa dobbiamo fare. E poi questo fidarsi dello Spirito è sorprendente! Sapere quando è lo Spirito che ti spinge. A me piace pensare a Filippo, quando lo Spirito gli dice: « Vai su quella strada », la strada di Gaza.5 E va. A un certo punto vede un carro, una carrozza da 4 5 Ibid., 20. Cfr At 8, 26-40. 464 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale viaggio, e seduto lì c’era il ministro dell’economia di Etiopia, della regina Candace, leggeva Isaia… Comincia un dialogo: « Spiegami questo… ». E poi quando trovano dell’acqua, questo ministro dell’economia chiede il Battesimo… Lo Spirito ti guida. È proprio lo Spirito! Fidati dello Spirito. Pensa a Filippo, pensa a tanti, a tanti che si fidano dello Spirito. È bello leggere il Libro degli Atti degli Apostoli: dopo la Pentecoste, le cose che ha fatto lo Spirito!... Le cose grandi! E fidarsi. « In ogni movimento si sente fortemente una doppia esigenza: la fedeltà al carisma iniziale e la necessità di cambiamento e novità per rispondere e mutare le situazioni ». E la domanda era: « come mantenere in armonia queste due tensioni? Come discernere la novità che lo Spirito Santo suggerisce dalla novità che, invece, allontana dal carisma? Come capire se una certa fedeltà al carisma iniziale è più un irrigidimento che non vera fedeltà allo Spirito Santo? ». Questo è importante. Capire e conoscere gli spiriti: « Non fidatevi, carissimi, di ogni Spirito », ci dice l’Apostolo. Conoscere quando una ispirazione è nell’armonia del carisma iniziale e quando non lo è. Questo andare oltre ti fa trovare situazioni diverse, culture diverse, e il carisma iniziale deve essere tradotto per quella cultura. Ma non tradito! Tradotto. Deve essere il carisma, ma tradotto! « Io non voglio problemi, io faccio il carisma iniziale… ». Così tu diventerai una bella mostra, un museo. Farai del vostro movimento un museo di cose che non servono oggi. Ogni carisma è chiamato a crescere! Perché? Perché porta dentro lo Spirito Santo e lo Spirito Santo fa crescere! Ogni carisma deve confrontarsi con culture diverse, con maniere di pensare diverse, con valori diversi. E cosa fa? Si lascia portare avanti dallo Spirito Santo. Qui devo fare questo, qui devo fare questo… E come faccio questo? Prega, chiedi! La preghiera: senza la preghiera non può andare avanti nessun movimento. Nessuno! Vi ringrazio un’altra volta di questo incontro. Vi ringrazio per tutto quello che voi fate nella Chiesa, che è tanto bello: aiutare a incontrare Gesù, aiutare affinché si capisca che vivere in grazia di Dio è bello. È bello! Vi ringrazio tanto e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Pregare per me perché anche il Papa deve essere fedele allo Spirito Santo. E adesso vi do la benedizione, ma preghiamo insieme la Madonna, la nostra Madre. Ave Maria… Acta Francisci Pp. 465 NUNTII I Occasione LII Diei Mundialis precationis pro Vocationibus. L’esodo, esperienza fondamentale della vocazione Cari fratelli e sorelle! La quarta Domenica di Pasqua ci presenta l’icona del Buon Pastore che conosce le sue pecore, le chiama, le nutre e le conduce. In questa Domenica, da oltre 50 anni, viviamo la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Ogni volta essa ci richiama l’importanza di pregare perché, come disse Gesù ai suoi discepoli, « il signore della messe… mandi operai nella sua messe » (Lc 10, 2). Gesù esprime questo comando nel contesto di un invio missionario: ha chiamato, oltre ai dodici apostoli, altri settantadue discepoli e li invia a due a due per la missione (Lc 10, 1-16). In effetti, se la Chiesa « è per sua natura missionaria » (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2), la vocazione cristiana non può che nascere all’interno di un’esperienza di missione. Così, ascoltare e seguire la voce di Cristo Buon Pastore, lasciandosi attrarre e condurre da Lui e consacrando a Lui la propria vita, significa permettere che lo Spirito Santo ci introduca in questo dinamismo missionario, suscitando in noi il desiderio e il coraggio gioioso di offrire la nostra vita e di spenderla per la causa del Regno di Dio. L’offerta della propria vita in questo atteggiamento missionario è possibile solo se siamo capaci di uscire da noi stessi. Perciò, in questa 52ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, vorrei riflettere proprio su quel particolare « esodo » che è la vocazione, o, meglio, la nostra risposta alla vocazione che Dio ci dona. Quando sentiamo la parola « esodo », il nostro pensiero va subito agli inizi della meravigliosa storia d’amore tra Dio e il popolo dei suoi figli, una storia che passa attraverso i giorni drammatici della schiavitù in Egitto, la chiamata di Mosè, la liberazione e il cammino verso la terra promessa. Il libro dell’Esodo – il secondo libro della Bibbia –, che narra questa storia, rappresenta una parabola di tutta la storia della salvezza, e anche della dinamica fondamentale della fede cristiana. Infatti, passare dalla schiavitù dell’uomo vecchio alla vita nuova in Cristo è l’opera 466 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale redentrice che avviene in noi per mezzo della fede (Ef 4, 22-24). Questo passaggio è un vero e proprio « esodo », è il cammino dell’anima cristiana e della Chiesa intera, l’orientamento decisivo dell’esistenza rivolta al Padre. Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è questo movimento fondamentale dell’esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo; abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova terra. Questa « uscita » non è da intendersi come un disprezzo della propria vita, del proprio sentire, della propria umanità; al contrario, chi si mette in cammino alla sequela del Cristo trova la vita in abbondanza, mettendo tutto se stesso a disposizione di Dio e del suo Regno. Dice Gesù: « Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna » (Mt 19, 29). Tutto ciò ha la sua radice profonda nell’amore. Infatti, la vocazione cristiana è anzitutto una chiamata d’amore che attrae e rimanda oltre se stessi, decentra la persona, innesca « un esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio » (Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus Caritas est, 6). L’esperienza dell’esodo è paradigma della vita cristiana, in particolare di chi abbraccia una vocazione di speciale dedizione al servizio del Vangelo. Consiste in un atteggiamento sempre rinnovato di conversione e trasformazione, in un restare sempre in cammino, in un passare dalla morte alla vita così come celebriamo in tutta la liturgia: è il dinamismo pasquale. In fondo, dalla chiamata di Abramo a quella di Mosè, dal cammino peregrinante di Israele nel deserto alla conversione predicata dai profeti, fino al viaggio missionario di Gesù che culmina nella sua morte e risurrezione, la vocazione è sempre quell’azione di Dio che ci fa uscire dalla nostra situazione iniziale, ci libera da ogni forma di schiavitù, ci strappa dall’abitudine e dall’indifferenza e ci proietta verso la gioia della comunione con Dio e con i fratelli. Rispondere alla chiamata di Dio, dunque, è lasciare che Egli ci faccia uscire dalla nostra falsa stabilità per metterci in cammino verso Gesù Cristo, termine primo e ultimo della nostra vita e della nostra felicità. Questa dinamica dell’esodo non riguarda solo il singolo chiamato, ma l’azione missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa è dav- Acta Francisci Pp. 467 vero fedele al suo Maestro nella misura in cui è una Chiesa « in uscita », non preoccupata di se stessa, delle proprie strutture e delle proprie conquiste, quanto piuttosto capace di andare, di muoversi, di incontrare i figli di Dio nella loro situazione reale e di compatire per le loro ferite. Dio esce da se stesso in una dinamica trinitaria di amore, ascolta la miseria del suo popolo e interviene per liberarlo (Es 3, 7). A questo modo di essere e di agire è chiamata anche la Chiesa: la Chiesa che evangelizza esce incontro all’uomo, annuncia la parola liberante del Vangelo, cura con la grazia di Dio le ferite delle anime e dei corpi, solleva i poveri e i bisognosi. Cari fratelli e sorelle, questo esodo liberante verso Cristo e verso i fratelli rappresenta anche la via per la piena comprensione dell’uomo e per la crescita umana e sociale nella storia. Ascoltare e accogliere la chiamata del Signore non è una questione privata e intimista che possa confondersi con l’emozione del momento; è un impegno concreto, reale e totale che abbraccia la nostra esistenza e la pone al servizio della costruzione del Regno di Dio sulla terra. Perciò la vocazione cristiana, radicata nella contemplazione del cuore del Padre, spinge al tempo stesso all’impegno solidale a favore della liberazione dei fratelli, soprattutto dei più poveri. Il discepolo di Gesù ha il cuore aperto al suo orizzonte sconfinato, e la sua intimità con il Signore non è mai una fuga dalla vita e dal mondo ma, al contrario, « si configura essenzialmente come comunione missionaria » (Esort. ap. Evangelii gaudium, 23). Questa dinamica esodale, verso Dio e verso l’uomo, riempie la vita di gioia e di significato. Vorrei dirlo soprattutto ai più giovani che, anche per la loro età e per la visione del futuro che si spalanca davanti ai loro occhi, sanno essere disponibili e generosi. A volte le incognite e le preoccupazioni per il futuro e l’incertezza che intacca la quotidianità rischiano di paralizzare questi loro slanci, di frenare i loro sogni, fino al punto di pensare che non valga la pena impegnarsi e che il Dio della fede cristiana limiti la loro libertà. Invece, cari giovani, non ci sia in voi la paura di uscire da voi stessi e di mettervi in cammino! Il Vangelo è la Parola che libera, trasforma e rende più bella la nostra vita. Quanto è bello lasciarsi sorprendere dalla chiamata di Dio, accogliere la sua Parola, mettere i passi della vostra esistenza sulle orme di Gesù, nell’adorazione del mistero divino e nella dedizione generosa agli altri! La vostra vita diventerà ogni giorno più ricca e più gioiosa! 468 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale La Vergine Maria, modello di ogni vocazione, non ha temuto di pronunciare il proprio « fiat » alla chiamata del Signore. Lei ci accompagna e ci guida. Con il coraggio generoso della fede, Maria ha cantato la gioia di uscire da se stessa e affidare a Dio i suoi progetti di vita. A lei ci rivolgiamo per essere pienamente disponibili al disegno che Dio ha su ciascuno di noi; perché cresca in noi il desiderio di uscire e di andare, con sollecitudine, verso gli altri (cfr Lc 1, 39). La Vergine Madre ci protegga e interceda per tutti noi. Dal Vaticano, 29 marzo 2015, Domenica delle Palme FRANCISCUS PP. 469 Acta Francisci Pp. II Occasione Benedictionis Paschalis « Urbi et Orbi ».* 6 Cari fratelli e sorelle, buona Pasqua. Gesù Cristo è risorto! L’amore ha sconfitto l’odio, la vita ha vinto la morte, la luce ha scacciato le tenebre! Gesù Cristo, per amore nostro, si è spogliato della sua gloria divina; ha svuotato sé stesso, ha assunto la forma di servo e si è umiliato fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e lo ha fatto Signore dell’universo. Gesù è Signore! Con la sua morte e risurrezione Gesù indica a tutti la via della vita e della felicità: questa via è l’umiltà, che comporta l’umiliazione. Questa è la strada che conduce alla gloria. Solo chi si umilia può andare verso le « cose di lassù », verso Dio (cfr Col 3, 1-4). L’orgoglioso guarda « dall’alto in basso », l’umile guarda « dal basso in alto ». Al mattino di Pasqua, avvertiti dalle donne, Pietro e Giovanni corsero al sepolcro e lo trovarono aperto e vuoto. Allora si avvicinarono e si « chinarono » per entrare nel sepolcro. Per entrare nel mistero bisogna « chinarsi », abbassarsi. Solo chi si abbassa comprende la glorificazione di Gesù e può seguirlo sulla sua strada. Il mondo propone di imporsi a tutti costi, di competere, di farsi valere… Ma i cristiani, per la grazia di Cristo morto e risorto, sono i germogli di un’altra umanità, nella quale cerchiamo di vivere al servizio gli uni degli altri, di non essere arroganti ma disponibili e rispettosi. Questa non è debolezza, ma vera forza! Chi porta dentro di sé la forza di Dio, il suo amore e la sua giustizia, non ha bisogno di usare violenza, ma parla e agisce con la forza della verità, della bellezza e dell’amore. Dal Signore risorto oggi imploriamo la grazia di non cedere all’orgoglio che alimenta la violenza e le guerre, ma di avere il coraggio umile del perdono e della pace. A Gesù vittorioso domandiamo di alleviare le sofferenze dei tanti nostri fratelli perseguitati a causa del Suo nome, come pure di * Die 5 Aprilis 2015. 470 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale tutti coloro che patiscono ingiustamente le conseguenze dei conflitti e delle violenze in corso. Ce ne sono tante! Pace chiediamo anzitutto per l’amata Siria e per l’Iraq, perché cessi il fragore delle armi e si ristabilisca la buona convivenza tra i diversi gruppi che compongono questi amati Paesi. La comunità internazionale non rimanga inerte di fronte alla immensa tragedia umanitaria all’interno di questi Paesi e al dramma dei numerosi rifugiati. Pace imploriamo per tutti gli abitanti della Terra Santa. Possa crescere tra Israeliani e Palestinesi la cultura dell’incontro e riprendere il processo di pace così da porre fine ad anni di sofferenze e divisioni. Pace domandiamo per la Libia, affinché si fermi l’assurdo spargimento di sangue in corso e ogni barbara violenza, e quanti hanno a cuore la sorte del Paese si adoperino per favorire la riconciliazione e per edificare una società fraterna che rispetti la dignità della persona. Anche in Yemen auspichiamo che prevalga una comune volontà di pacificazione per il bene di tutta la popolazione. Nello stesso tempo con speranza affidiamo al Signore che è tanto misericordioso l’intesa raggiunta in questi giorni a Losanna, affinché sia un passo definitivo verso un mondo più sicuro e fraterno. Dal Signore Risorto imploriamo il dono della pace per la Nigeria, per il SudSudan e per varie regioni del Sudan e della Repubblica Democratica del Congo. Una preghiera incessante salga da tutti gli uomini di buona volontà per coloro che hanno perso la vita – penso in particolare ai giovani uccisi giovedì scorso nell’Università di Garissa, in Kenia –, per quanti sono stati rapiti, per chi ha dovuto abbandonare la propria casa ed i propri affetti. La Risurrezione del Signore porti luce all’amata Ucraina, soprattutto a quanti hanno subito le violenze del conflitto degli ultimi mesi. Possa il Paese ritrovare pace e speranza grazie all’impegno di tutte le parti interessate. Pace e libertà chiediamo per tanti uomini e donne soggetti a nuove e vecchie forme di schiavitù da parte di persone e organizzazioni criminali. Pace e libertà per le vittime dei trafficanti di droga, tante volte alleati con i poteri che dovrebbero difendere la pace e l’armonia nella famiglia umana. E pace chiediamo per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi, che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne. Agli emarginati, ai carcerati, ai poveri e ai migranti che tanto spesso sono rifiutati, maltrattati e scartati; ai malati e ai sofferenti; ai bambini, Acta Francisci Pp. 471 specialmente a quelli che subiscono violenza; a quanti oggi sono nel lutto; a tutti gli uomini e le donne di buona volontà giunga la consolante e sanante voce del Signore Gesù: « Pace a voi! » (Lc 24, 36) « Non temete, sono risorto e sarò sempre con voi! » (cfr Messale Romano, Antifona d’ingresso del giorno di Pasqua). 472 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale III Ad Dominum Ioannem Carolum Varela Rodríguez, Praesidem Rei Publicae Panamensis, occasione VII Congressus Americarum. Como anfitrión de la VII Cumbre de las Américas, deseo hacerle llegar mi saludo cordial y, a través de Usted, a todos los Jefes de Estado y de Gobierno, así como a las delegaciones participantes. Al mismo tiempo, me gustaría manifestarles mi cercanía y aliento para que el diálogo sincero logre esa mutua colaboración que suma esfuerzos y supera diferencias en el camino hacia el bien común. Pido a Dios que, compartiendo valores comunes, lleguen a compromisos de colaboración en el ámbito nacional o regional que afronten con realismo los problemas y trasmitan esperanza. Me siento en sintonía con el tema elegido para esta Cumbre: « Prosperidad con equidad: el desafío de la cooperación en las Américas ». Estoy convencido – y así lo expresé en la Exhortación apostólica Evangelii gaudium – de que la inequidad, la injusta distribución de las riquezas y de los recursos, es fuente de conflictos y de violencia entre los pueblos, porque supone que el progreso de unos se construye sobre el necesario sacrificio de otros y que, para poder vivir dignamente, hay que luchar contra los demás (cf. 52, 54). El bienestar así logrado es injusto en su raíz y atenta contra la dignidad de las personas. Hay « bienes básicos », como la tierra, el trabajo y la casa, y « servicios públicos », como la salud, la educación, la seguridad, el medio ambiente…, de los que ningún ser humano debería quedar excluido. Este deseo – que todos compartimos –, desgraciadamente aún está lejos de la realidad. Todavía hoy siguen habiendo injustas desigualdades, que ofenden a la dignidad de las personas. El gran reto de nuestro mundo es la globalización de la solidaridad y la fraternidad en lugar de la globalización de la discriminación y la indiferencia y, mientras no se logre una distribución equitativa de la riqueza, no se resolverán los males de nuestra sociedad (cf. Evangelii gaudium 202). No podemos negar que muchos países han experimentado un fuerte desarrollo económico en los últimos años, pero no es menos cierto que otros siguen postrados en la pobreza. Además, en las economías emergentes, gran parte de la población no se ha beneficiado del progreso económico general, sino que frecuentemente se ha abierto una brecha mayor entre ricos y po- Acta Francisci Pp. 473 bres. La teoría del « goteo » o « derrame » (cf. Evangelii gaudium 54) se ha revelado falaz: no es suficiente esperar que los pobres recojan las migajas que caen de la mesa de los ricos. Son necesarias acciones directas en pro de los más desfavorecidos, cuya atención, como la de los más pequeños en el seno de una familia, debería ser prioritaria para los gobernantes. La Iglesia siempre ha defendido la « promoción de las personas concretas » (Centesimus annus, 46), atendiendo sus necesidades y ofreciéndoles posibilidades de desarrollo. Me gustaría también llamar su atención sobre el problema de la inmigración. La inmensa disparidad de oportunidades entre unos países y otros hace que muchas personas se vean obligadas a abandonar su tierra y su familia, convirtiéndose en fácil presa del tráfico de personas y del trabajo esclavo, sin derechos, ni acceso a la justicia… En ocasiones, la falta de cooperación entre los Estados deja a muchas personas fuera de la legalidad y sin posibilidad de hacer valer sus derechos, obligándoles a situarse entre los que se aprovechan de los demás o a resignarse a ser víctimas de los abusos. Son situaciones en las que no basta salvaguardar la ley para defender los derechos básicos de la persona, en las que la norma, sin piedad y misericordia, no responde a la justicia. A veces, incluso dentro de cada país, se dan diferencias escandalosas y ofensivas, especialmente en las poblaciones indígenas, en las zonas rurales o en los suburbios de las grandes ciudades. Sin una auténtica defensa de estas personas contra el racismo, la xenofobia y la intolerancia, el Estado de derecho perdería su legitimidad. Señor Presidente, los esfuerzos por tender puentes, canales de comunicación, tejer relaciones, buscar el entendimiento nunca son vanos. La situación geográfica de Panamá, en el centro del continente Americano, que la convierte en un punto de encuentro del norte y el sur, de los Océanos Pacífico y Atlántico, es seguramente una llamada, pro mundi beneficio, a generar un nuevo orden de paz y de justicia y a promover la solidaridad y la colaboración respetando la justa autonomía de cada nación. Con el deseo de que la Iglesia sea también instrumento de paz y reconciliación entre los pueblos, reciba mi más atento y cordial saludo. Vaticano, 10 de abril de 2015 FRANCISCUS PP. 474 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale IV Ad Armenium populum. Cari fratelli e sorelle armeni, un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo (cfr Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001). Non vi è famiglia armena ancora oggi, che non abbia perduto in quell’evento qualcuno dei suoi cari: davvero fu quello il « Metz Yeghern », il « Grande Male », come avete chiamato quella tragedia. In questa ricorrenza provo un sentimento di forte vicinanza al vostro popolo e desidero unirmi spiritualmente alle preghiere che si levano dai vostri cuori, dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità. Ci è data un’occasione propizia di pregare insieme nell’odierna celebrazione, in cui proclamiamo Dottore della Chiesa san Gregorio di Narek. Esprimo viva gratitudine per la loro presenza a Sua Santità Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, a Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, e a Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici. San Gregorio di Narek, monaco del X secolo, più di ogni altro ha saputo esprimere la sensibilità del vostro popolo, dando voce al grido, che diventa preghiera, di un’umanità dolente e peccatrice, oppressa dall’angoscia della propria impotenza ma illuminata dallo splendore dell’amore di Dio e aperta alla speranza del suo intervento salvifico, capace di trasformare ogni cosa. « In virtù della sua potenza, io credo con una speranza che non tentenna, in sicura attesa, rifugiandomi nelle mani del Potente ... di vedere Lui stesso, nella sua misericordia e tenerezza e nell’eredità dei Cieli » (San Gregorio di Narek, Libro delle Lamentazioni, XII). La vostra vocazione cristiana è assai antica e risale al 301, anno in cui san Gregorio l’Illuminatore guidò alla conversione e al battesimo l’Armenia, la prima tra le nazioni che nel corso dei secoli hanno abbracciato il Vangelo di Cristo. Quell’evento spirituale ha segnato in maniera indelebile il popolo armeno, la sua cultura e la sua storia, nelle quali il martirio occupa un posto preminente, come attesta in modo emblematico la testimonianza sacrificale di san Vardan e dei suoi compagni nel V secolo. Acta Francisci Pp. 475 Il vostro popolo, illuminato dalla luce di Cristo e con la sua grazia, ha superato tante prove e sofferenze, animato dalla speranza che deriva dalla Croce (cfr Rm 8, 31-39). Come ebbe a dirvi san Giovanni Paolo II: « La vostra storia di sofferenza e di martirio è una perla preziosa, di cui va fiera la Chiesa universale. La fede in Cristo, redentore dell’uomo, vi ha infuso un coraggio ammirevole nel cammino, spesso tanto simile a quello della croce, sul quale avete avanzato con determinazione, nel proposito di conservare la vostra identità di popolo e di credenti » (Omelia, 21 novembre 1987). Questa fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa che « generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo » (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001). Il Papa Benedetto XV, che condannò come « inutile strage » la Prima Guerra Mondiale (AAS, IX [1917], 429), si prodigò fino all’ultimo per impedirlo, riprendendo gli sforzi di mediazione già compiuti dal Papa Leone XIII di fronte ai « funesti eventi » degli anni 1894-96. Egli scrisse per questo al sultano Maometto V, implorando che fossero risparmiati tanti innocenti (cfr Lettera del 10 settembre 1915) e fu ancora lui che, nel Concistoro Segreto del 6 dicembre 1915, affermò con vibrante sgomento: « Miserrima Armenorum gens ad interitum prope ducitur », (AAS, VII [1915], 510). Fare memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana. Anche oggi, infatti, questi conflitti talvolta degenerano in violenze ingiustificabili, fomentate strumentalizzando le diversità etniche e religiose. Tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle Organizzazioni internazionali sono chiamati ad opporsi a tali crimini con ferma responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi. Questa dolorosa ricorrenza diventi per tutti motivo di riflessione umile e sincera e di apertura del cuore al perdono, che è fonte di pace e di rinnovata speranza. San Gregorio di Narek, formidabile interprete dell’animo umano, sembra pronunciare per noi parole profetiche: « Io mi sono volontariamente caricato di tutte le colpe, da quelle del primo padre fino a quello dell’ultimo dei suoi discendenti, e me ne sono considerato responsabile » (Libro delle Lamentazioni, LXXII). Quanto ci colpisce questo suo sentimento di universale solidarietà! Come ci sentiamo piccoli di fronte alla grandezza delle sue invocazioni: « Ricordati, [Signore,] … di quelli che nella stirpe umana sono nostri nemici, ma per il loro bene: compi in loro perdono e misericordia 476 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale (...) Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro » (ibid., LXXXIII). Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh. Si tratta di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace. Per noi cristiani, questo sia soprattutto un tempo forte di preghiera, affinché il sangue versato, per la forza redentrice del sacrificio di Cristo, operi il prodigio della piena unità tra i suoi discepoli. In particolare rinsaldi i legami di fraterna amicizia che già uniscono la Chiesa Cattolica e la Chiesa Armena Apostolica. La testimonianza di tanti fratelli e sorelle che, inermi, hanno sacrificato la vita per la loro fede, accomuna le diverse confessioni: è l’ecumenismo del sangue, che condusse san Giovanni Paolo II a celebrare insieme, durante il Giubileo del 2000, tutti i martiri del XX secolo. Anche la celebrazione di oggi si colloca in questo contesto spirituale ed ecclesiale. A questo evento partecipano rappresentanze delle nostre due Chiese e si uniscono spiritualmente numerosi fedeli sparsi nel mondo, in un segno che riflette sulla terra la comunione perfetta che esiste tra gli spiriti beati del cielo. Con animo fraterno, assicuro la mia vicinanza in occasione della cerimonia di canonizzazione dei martiri della Chiesa Armena Apostolica, che avrà luogo il 23 aprile prossimo nella Cattedrale di Etchmiadzin, e alle commemorazioni che si terranno ad Antelias in luglio. Affido alla Madre di Dio queste intenzioni con le parole di san Gregorio di Narek: « O purezza delle Vergini, corifea dei beati, Madre dell’edificio incrollabile della Chiesa, Genitrice del Verbo immacolato di Dio, (…) rifugiandoci sotto le ali sconfinate di difesa della tua intercessione, innalziamo le nostre mani verso di te, e con indubitata speranza crediamo di essere salvati » (Panegirico alla Vergine). Dal Vaticano, 12 aprile 2015 FRANCISCUS PP. Congregatio de Causis Sanctorum 477 ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM VERCELLENSIS Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Iacobi Abbondo Sacerdotis Dioecesani (1720-1788) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Sacratissimum Cor meum Iesu, te humiliter adoro, te amo toto corde meo. Sacratissimum Cor, quaesumus, peccatores converte. Ne sanguis tuus pretiosissimus pro aliquo pereat, inflamma in cordibus omnium tuum sanctum Amorem ». Ecce verba orationis quam Servus Dei Iacobus Abbondo quotidie recitabat, signum devotionis ad Sanctissimum Cor Iesu et adspirationis ad fiendum apostolum divinae misericordiae. Hic Servus Dei natus est Salomini, quae est pars Tronzani Vercellensis, die 27 mensis Augusti anni 1720. Primam educatio­nem christianam et culturalem a patruo sacerdote Ioanne accepit. Tronzani frequens auditor fuit scholae primariae catholice inspiratae et scholae latinitatis sub influxu theoriae iansenisticae. Ab anno 1735 frequentavit scholam secundariam humanitatis, rethoricae et philosophiae in urbe Vercellensi. Deinde studiis theologicis se dedit et officium praeceptoris filiorum comitis Cusani exercuit. Ordinatus sacerdos fuit die 21 mensis Martii anno 1744. In litteris classicis laureatus est apud Universitatem Studiorum Tauri­ nensem. Electus fuit professor humanitatis in scholis regiis Vercellarum. Multos per annos fuit administer parochi Sancti Michaelis Vercellis. Speciali modo fuit diligentissimus confrater Societatis Matris Boni Consilii et Societatis Sancti Ioannis Decollati. Devotissimus Cordium Iesu et Mariae, fuit aestimabilis pater spiritualis vocatorum ad vitam sacerdotalem et religiosam. Adiutor spiritualis et temporalis captivorum et ad mortem damnatorum factus est. 478 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Die 16 mensis Iunii anno 1757 electus fuit parochus Tronzani, ubi mansit usque ad mortem. In primo decennio gubernii paroecialis modo constanti ad catechesim se contulit. Anno 1759 Iesuitae missionem ad populum Tronzani praedicaverunt. Noster renovavit professionem rectae doctrinae, vinculum communionis cum Summo Pontifice, damna­tionem iansenismi et rigorismi sacramentalis. Initio secundi decenniii gubernii paroecialis ecclesia fuit consecrata. Carmelitani secundam misionem ad populum 1770 praedicaverunt. Episcopus visitationem pastoralem fecit. Servus Dei praesentavit accuratis­simam relationem super statu paroeciae. Noster praedicavit in paroecia Decianae, in monasteriis Benedictinarum et Cistercensium Vercellarum et in Seminario urbano. Anno 1783 Franciscani praedicaverunt tertiam missionem ad populum Tronzani. In tertio decennio gubernii paroecialis Noster visitavit omnes infirmos et pauperes et dilatavit Congregationem Caritatis. Tota vita Servi Dei inspirata fuit virtutibus in gradu heroico. Homo Dei, tempus conferebat in oratione, saepe etiam nocte. Totum se dedicavit in bono populi, evangelizando cum constanti attesta­tione spiritualitatis; finis operis erat Deus, cui offerebat labores et cruciatus; amor proximi eum impellebat ad orationem et opera misericordiae; paroecianos suos regebat usque ad maturitatem christianam; magna prudentia discordias componebat; fortitudine difficultates personales et communitarias sustinebat; iustitia unicui­que suum dabat. Simplicitate et sobrietate cibum et vestem assumebat in spiritu evangelicae paupertatis. Dotatus erat donis spiritualibus ad consolationem infirmorum in transitu ad vitam aeternam. Unoquoque anno, mense Ianuario, Noster, post Missam matutinam in ecclesia paroeciali, visitabat agricolas et instruebat catechesi constanti. Probabilis causa mortis fuit morbus pulmonaris contractus rigoribus hiemalibus anno 1788. In actu mortis, die 9 mensis Februarii eiusdem anni 1788, capita familiae subscripserunt declarationem attestantem mortem Nostri in conceptu sanctitatis. Huius famae sanctitatis causa, apud Curiam ecclesiasticam Vercellensem, ab anno 1922 ad annum 1932 fuit celebratus Processus Ordinarius cum sequenti Inquisitione dioecesana ab anno 1998 ad annum 2002, quorum validitas iuridica recognita fuit ab hac Congregatione Decreto diei 21 mensis Novembris anno 2003. Positione praeparata discussio facta est, secundum consuetam proceduram, an Servus Dei exercuerit virtutes in gradu heroico 479 Congregatio de Causis Sanctorum cum exitu positivo die 14 mensis Decembris anno 2012 in Congressu Peculiari Consultorum Theologorum. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die 6 mensis Maii anno 2014, cui ego Cardinalis Angelus Amato praefui, recognoverunt Servum Dei exer­ cuisse in gradu heroico virtutes theologales, cardinales et adnexas. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Iacobi Abbondo, Sacerdotis Dioecesani, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 9 mensis Maii a.D. 2014. Angelus card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis 480 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale TAURINENSIS Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Eugenii Reffo Sacerdotis Professi et Confundatoris Congregationis S. Ioseph (1843-1925) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « In omnibus Dei voluntatem perficere omnimodoque ». Propositum personale hoc ac studium Servus Dei Eugenius Reffo in vitae cursu suae perfecit. Qui pleno iure ad tempus aureum illud est pertinens quod, saeculo XIX fere exeunte et saeculo XX ineunte, Taurinensi Ecclesiae et mundo clara evangelicae fidelitatis et authenticae exempla praebuit sanctitatis. Servus Dei die 2 mensis Ianuarii anno 1843, Augustae Tauri­norum natus est. Ibidem Fratres Scholarum Christianarum primum adiit deindeque Massae Iesuitarum Ephebei alumnus fuit. Ad suos regressus, duobusque annis ad discretionem consumptis, sacerdo­tium inire constituit. Die 27 mensis Octobris anno 1861 vestem induit clericalem pauloque post, die 2 mensis Novembris, in Collegium a Ioanne Cocchi Augustae Taurinorum constituto ut vigil et praeceptor ingressus est. Seminarium Archidioecesanum alumnus adiit externus ac Sacrae Theologiae cursu impleto, die 26 mensis Maii anno 1866 auctus est sacerdotio. Mense Novembri eiusdem anni, sanctus Leonardus Murialdo Collegii Opificum rector factus est. Iam tum per annos triginta­quattuor usque ad mortem Fundatoris, anno 1900, Servus Dei primus cooperator et consiliarius fuit. Eugenius Reffo Congre­gationem Sancti Ioseph (vulgo Giuseppini del Muriado nuncupata) ut puerorum pauperum, parentibus orborum perditorumque edu­cationi certe caveretur ac auxilio, constitui firmissime voluit. Cuius fundatio anno 1873, die 19 martii, in sacello Sancti Ioseph Collegii Opificum Augustae Taurinorum celebrata est. Dominus Murialdo Eugenio Reffo regulae, rationum aliorumque regulamentorum aptorum ad novi instituti identitatem spiritualem et apostolicam divulgandam, redactionem commisit. Anno 1891 Servus Dei, cum Murialdo tribusque fratribus profes­sionem emisit perpetuam. Eugenii Reffo proprium pastorale munus, etsi non unicum, ad iuvenes fuit opifices. Ab anno 1869 diarium L’Unità Cattolica redegit; ab anno autem 1895 primi Italici catholici folii, La Voce dell’Operaio, ad classem Congregatio de Causis Sanctorum 481 operariorum promovendam coscriptor fuit, eidemque folio, ut rector, usque ad mortem praefuit. In Collegio opificum Servo Dei disciplinae cura, educatorum institutionis, posteaque formationis primorum fratrum ad vitam religiosam reservata est. Ipse, diebus festis Saturnaliumque tempore occurren­tibus, luminibus ingenii necnoc eleganti arte ornatus ac praeditus comoedias ludicasque creabat scaenas per iuvenes et cooperatores adultos feliciter actas. In quo Henricus Reffo frater eius et pictor haud parvo fuit auxilio. Praeterea in plurimis Augustae Taurinorum templis verbum Eugenii Reffo praedicatoris theologice docti simul­que ad fidelium sensum accomodati, numquam defuit. In Archidoe­cesi cooperator Scholarum Religionis et Catechismorum vespertino­r um pro iuvenibus tironibus exstitit. In primo Capitulo generali post sancti Leonardi mortem Moderator generalis creatus, electionem acceptare noluit: ideoque electus est Iulius Costantino cui Reffo annos XII adfuit vicarius. Anno1912 Superior generalis est factus. Illo tempore una cum fratribus durissimum primae mundialis conflagratonis periculum strenue sustulit ac anno 1915 missionem in Brasilia incepit. Per integrum vitae cursum Evangelio regulaeque fidelitas constans eius fuit cura una cum Summi Pontificis magisterio oboe­dientia, cum omnino esset conscius perfectam observantiam sanctitatis personalis et zeli apostolici efficacis securam esse viam. Cum profundius cognitum comprehensumque haberet operariorum classis et pauperum in universum educationem culturalem, mora­lem, religiosam summi esse momenti, missioni huic vitam tradidit suam. Quo munere, Reffo solida spiritualitate innixus eucharistica, per culturam elevando ac per mores promovendo, omnes ad Christum ducere explicite quaerebat. Suavissimam devo­tionem in Virginem Mariam coluit ac industria operosa humilique sanctum Ioseph custodem Redemptoris, cuiusque educatoris exemplar imitatus est. Sanctae Familiae Nazareth discipulus, volun­tatem Dei perfecte voluit implere. Per annum 1917 caecus prorsus factus est. In Capitulo generali anni 1919 Moderator generalis ad honorem proclamatus est cum Vicario plena potestate: caecitatis acceptatio extremum fuit signum sui « amen » Deo testimoniumque fiduciae invictae Providentiae. Aprili mense anno 1925, septimo capitulo generali Congregationis interfuit. Primisque mensis Maii diebus salus eius velociter decidit. Augustae Taurinorum in Collegio Opificum die 9 mensis Maii anno 1925 in cubiculo suo piissime obiit. In regionis 482 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale urbe capite Pede­montanae in sanctuario Dominae Nostrae a Salute eius requiescunt spolia. Famae sanctitatis vi ab anno 1971 ad annum 1981 apud Curiam ecclesiaticam Taurinensem celebratus est primus Congressus Cognitionalis cuius validitas ab hac Congregatione Decreto diei 10 mensis Februarii anno 1995 probata est. Positione parata, actum est, sueto procedendi more, an Servus Dei heroico virtutes exercuisset gradu. Positivo cum exito die 16 mensis Iunii Consultorun Theologorum Congressus Peculiaris habitus est. Cardinales et Episcopi in sessione ordinaria diei 3 mensis Iunii 2014, cui ipse, Card. Angelus Amato, praefui, Servum Dei virtutes theologales, cardinales iisque adnexas, heroico exercuisse gradu, probaverunt. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata rela­tione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Eugenii Reffo, Sacerdotis Professi et Confundatoris Congregationis S. Ioseph, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 12 mensis Iunii a.D. 2014. Angelus card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis Congregatio de Causis Sanctorum 483 BAIONENSIS Beatificationis et Canonizationis Ven. Servi Dei Ludovici-Eduardi Cestac Sacerdotis Dioecesani Fundatoris Instituti Famularum Mariae (1801-1868) DECRETUM SUPER MIRACULO Venerabilis Servus Dei Ludovicus-Eduardus Cestac, Baionae in Gallia natus, tertio aetatis anno insanabili neuralgia et mutismo percussus est. His pathologiis sanatus, Mariam Virginem summa devotione semper prosecutus est. Cum Hispani Anglique Galliam invasissent annis 1813-1814, familia eius in Altos Pyrenaeos confugit ubi Servus Dei primam Communionem sumpsit variisque signis vocationis sacerdotalis monitus, seminarium ingressus est atque, itinere formationis percurso, presbyterali ordine anno 1825 insignitus est. Magisterium functus est in difficillimis controversia­r um antiecclesialium adiunctis in quibus semper fidelis Romae permansit. Vitam formamque dedit pluribus operibus magni mo­menti, praecipue vero Filias Mariae instituit puellis famulis spiri­tualiter curandis, Opus Perseverantiae pro adulescentulis, Circulos studiis fovendis pro iuvenibus, Opus Orphanorum Mariae pro pupillis derelictis et praesertim Sorores Famulas Mariae. Canonicus Baionensis Cathedralis cooptatus aliquot post annos canonicatu se abdicavit ut melius incumberet operibus suis. Adeo notandum est studium eius in ordine culturali, educativo, sociali ut publicam gratulationem meruerit et honore « Légion d’honneur » a Gallorum Imperatore insignitus sit. Vita functus est apud Anglet in Gallia die 27 mensis Martii anno 1868. Pontifex Maximus Paulus VI, die 13 mensis Novembris anni 1976, Servum Dei virtutes heroico gradu coluisse recognovit. Beatificationis respectu, Postulatio Causae iudicio huius Congregationis pro Causis Sanctorum permisit assertam sanationem viri senis qui, iam undenonagenarius, mense Novembri anno 1939, dum in silva quadam apud Labennam laboraret, offendit antliae epistomium atque profundum in crure sinistro inferiori vulnus excepit, varicis cuiusdam proximitate valde periculosum. Haemorra­gia subsequens statim retenta est fascia a nuru posita. Medicus autem, cum eum inviseret, nimia viri senectute timuit ne vulnus in gangraenam citius verteret. Proximis diebus facile perspectum est et diagnosim certam esse et condicionem generalem vulnerati pede­temptim 484 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale in peius ire. Remedia applicabantur antiseptica, saepe saepius fasciae mutabantur quae statim foetido pure imbuebantur. At gangraena nullo modo recedebat sed cursum suum adeo prosequebatur ut crus fere totum invaderet et gravibus infirmus doloribus cruciaretur, severissimam corporis functionum iniquita­tem pateretur, necnon febri et contractione diureseos afficeretur, quae omnia medicis persuasere prognosin emittere infaustam quoad vitam. His in adiunctis omnino incertis, filius quidam senis, sacerdos dioecesanus, inviso patre nunc in commate posito, dum exspectabat ultima sacramenta a parocho administrari, orationem convertit ad Dominum poscens pro patris sanatione, interposita Venerabilis Servi Dei intercessione: ipse enim noverat figuram Venerabilis quia quaedam eius amita fuerat ex prioribus sororibus in Instituto ab eo condito. Nocte inter 11 et 12 dies mensis Novembris anno 1939, statim ac emissae fuerant eae preces, inversio propensionis effecta est: moribundus exiit e commate et parochi orationi se coniunxit; postea processus narcoticus finem habuit, minuit fluxus puris, carnes putridae evanuerunt et restitutio textorum sponte incepit. Functiones physicae resumpserunt rhythmum consuetum, quin ullum damnum appareret. Senex ille subito convaluerat, omnibus medicis et infirmariis qui ei auxilio fuerant mirantibus; etiam varices evanuerunt. Patet congruentia temporis et nexus inter invo­cationem Venerabili Servo Dei factam et sanationem vulnerati senis. De hoc eventu, ut miraculum aestimato, Processus dioece­sanus instructus est a Curia Aturensi et Aquensi a die 21 mensis Octobris anno 1941 ad diem 3 mensis Februarii anno 1942, qui quidem resumptus est a Curia Baionensi mense Septembri anno 2008, cuius auctoritas iuridica ab hac Congregatione Decreto diei 28 mensis Ianuarii anno 2011 recognita est. Dicasterii Consultum Medicum, in sessione diei 3 mensis Octobris anno 2013 recognovit celerem, perfectam ac constantem sanationem, proinde inexplica­bilem sub luce scientiarum medicarum hodiernarum. Die 10 mensis Aprilis anno 2014 habitus est Congressus Peculiaris Consultorum Theologorum. Die 3 mensis Iunii anni 2014 habita est Sessio Ordinaria Patrum Cardinalium et Episcoporum, cui ego, Angelus Card. Amato, praefui. Et in utroque Coetu, sive Consultorum sive Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata rela­tione, Sanctitas Sua, vota 485 Congregatio de Causis Sanctorum Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Ven. Servi Dei Ludovici-Eduardi Cestac, Sacerdotis Dioecesani et Fundatoris Instituti Famularum Mariae, videlicet de celeri, perfecta ac constanti sanatione cuiusdam domini a « gangrena dell’arto inferiore sinistro a seguito di ferita lacero-contusa ». Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 12 mensis Iunii a.D. 2014. Angelus card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis 486 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale VESTMONASTERIENSIS Beatificationis et Canonizationis Servae Dei Magdalenae a Sacro Corde (in saeculo: Franciscae Margaritae Taylor) Fundatricis Pauperum Ancillarum Matris Dei (1832-1900) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Discite a me, quia mitis sum et humilis corde » (Mt 11, 29). Vera Divini Magistri discipula, Famula Dei Magdalena a Sacro Corde (in saeculo: Francisca Margarita Taylor) perfectionis iter ab Eo didicit et ad inexhaustum fontem Eius Cordis gratiam traxit ut semitas Dei usque ad finem percurreret. Serva Dei nata est die 20 mensis Ianuarii anno 1832 in oppido vulgo nuncupato Stoke Rochford, in Anglica regione Lincolnshire dicta, ultima decem filiorum ex familia professionis Anglicanae fidei, et ei ad fontem baptismalem nomen Franciscae Margaritae datum fuit. Eius pater, pastor communitatis eiusdem loci, diem extremum clausit dum Famula Dei puerilem aetatem agebat. Post hoc tragicum eventum, familia Taylor in civitatem Kensington prope Londinium se transtulit. Magna inopia ac angustiae sociales, quae in illo tempore civitatem Londinium vexabant, magnopere eam perturbaverunt: iuvenis magnae sensibilitatis, Francisca Margarita animadvertit se vocatam esse ad vitam in favorem pauperum consecraturam. Ad hunc finem, iuvenis Serva Dei scholasticam institutionem auxit et se paravit ut ministram aegrorum fieret, scholam valetudinariam civitatis Bristol frequentans. Interea eius religiosa experientia magis magisque fortior deveniebat, appropinquans ad monialium Anglica­ narum communitatem, ubi duae eius sorores iam vivebant. Anno 1853 missa fuit cum munere aegrorum auxiliatricis in civitatem Plymouth, ut valetudini infirmorum colerosorum assideret. Ipso tempore in Anglica insula motus vulgo dictus « Oxford movement » se propagabat, a Beato Ioanne Henrico Newman princi­paliter animatus. Famula Dei cum praedicto motu Oxfordiensi se coniunxit et frequentem correspondentiam epistularem habuit et cum Newman et cum aliis eiusdem motus repraesentantibus. Sed in ipso anno 1853 Anglia cum aliis Europaeis potentatibus bellum iniit contra Russiam ad Imperium Turcicum adiuvandum ac defenden­dum: Francisca Congregatio de Causis Sanctorum 487 Margarita adhuc uti aegrorum ministra, exemplum Florenciae Nightingale sequens, cum mulieribus sociis voluntariis iter arripuit ad peninsulam Crimeam, ubi bellum grassabatur. Ibi cognoscere potuit catholicas Moniales a Misericordia, quae praesertim ad curam militum vulneratorum ex Hibernia provenien­tium se dedicabant. In hac occasione tam commota fuit ab earum pietate ac deditione ut confessionem Anglicanam desereret et fidem Catholicam complecteretur. Novit etiam miseras conditiones nosocomiorum castrensium, omni genere munditiae ac verecundiae expertium. Non destitit has conditiones ad competentes auctoritates deferre: eius testimonium se convertit in scribendo librum, qui postea suum momentum habuit ad sanitatem reformaturam. Post eius regressum in Angliam, anno 1855 vitam suam ad servitium pauperum consecrare statuit. Prosecuta est etiam in libris evulgandis, tractans praesertim et de persecutionibus contra Catho­licos in Anglia, et de doctrinae Catholicae propagatione. Archiepi­scopo Vestmonasteriensi Henrico Edoardo Manning favente ac quibusdam patribus Iesuitis auxiliantibus, anno 1872 Francisca Margarita Taylor Institutum fundavit ad curam infirmorum et assistentiam pauperum deditum, cui ipsa Pauperum Ancillarum Matris Dei titulum dedit. In ipso Instituto Serva Dei Magdalenae a Sacro Corde nomen assumpsit. Post propagationem sororum in suburbiis popularibus Londinii, moniales primam earum exteram domum in civitate Carrigtwohill, in Hibernia, aperuerunt et anno 1866 communitatem consederunt in Urbe Roma, ubi Famula Dei Summum Pontificem Leonem XIII cognoscere ac cum eo congredi potuit. Delineatio spiritualis Servae Dei clarescit propter constantem veritatis ac perfectionis investigationem. Etiam inter religiosas aut sociales contentiones eius temporis, illius vita spiritualis robustior et profundior fiebat, perveniens ad solidam maturitatem, quae se omnino expressit in semetipsam ad Dominum tribuendam, Ei magno amore et generositate serviens. Mater Magdalena a Sacro Corde, submersa in oratione et contemplatione Cordis Christi, penitus intellexit mentem quae eam animabat: humanas aerumnas lenire, quae impedimentum ponunt ad comprehensionem divini amoris erga omnes homines. Has difficultates Serva Dei diu experta fuerat cum infirmos curaverat. Quamobrem statuit novum Institutum fundare. Immo, etsi ipsa affecta fuit ab aegritudine, opus suum usque ad finem complere non praetermisit, obviam veniens eiusdem saeculi necessitatibus, se dedicans hominibus magis vulnerabilibus et valorem tribuens omnium dignitati. 488 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Famula Dei, quae ex plurimis annis pulmonum inflatione excru­ciabatur, Londinii die nona mensis Iunii anno 1900 in Domino obiit. Memoria eius numquam discedit inter christimoniales ab ea fun­datas et in regionibus in quibus ipsae proprium apostolatum exercebant. Annis sequentibus etiam nonnullae editiones librorum incre­mentum dederunt ad famam sanctitatis propagandam et ad spiri­tualitatem ac religiositatem eiusdem insignis mulieris pervulgandam. Hanc igitur ob sanctitatis famam, apud curiam ecclesiasticam Vestmonasteriensem ab anno 1996 usque ad annum 2005 Inquisitio dioecesana in tribus temporibus celebrata est, cuius auctoritas et vis iuridica a Congregatione de Causis Sanctorum Decreto diei 26 mensis Novembris anno 2005 probatae sunt. Positione confecta, disceptatum est, iuxta consuetudinem, an Serva Dei more heroum virtutes christianas exercuisset. Die 26 mensis Februarii anno 2013 Congressus Peculiaris Consultorum Historicorum factus est, deinde die 20 mensis Ianuarii anno 2014 in Congressu Peculiari Consul­torum Theologorum prospero cum exitu. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria diei 20 mensis Maii anno 2014, me praesidente, Cardinali Angelo Amato, professi sunt Famulam Dei virtutes theologales, cardinales iisque adnexas in modum heroum coluisse. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatio­ne, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitu­dine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servae Dei Magdalenae a Sacro Corde (in saec.: Franciscae Margaritae Taylor), Fundatricis Pauperum Ancillarum Matris Dei, in casu et ad effectum de quo agitur. Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 12 mensis Iunii a.D. 2014. Angelus card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis Congregatio pro Episcopis 489 CONGREGATIO PRO EPISCOPIS PROVISIO ECCLESIARUM Latis decretis a Congregatione pro Episcopis, Sanctissimus Dominus Franciscus Pp., per Apostolicas sub plumbo Litteras, iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit Praesules: die 11 Aprilis 2015. — Titulari episcopali Ecclesiae Tanudaiensi, R.D. Gustavum Dante Braida, e clero Reconquistensi, Vicarium Generalem in eadem dioecesi, quem constituit Auxiliarem archidioecesis Mendozensis. die 13 Aprilis. — Titulari episcopali Ecclesiae Sagonensi, R.D. Paulum Rochum Gualtieri, Nuntium Apostolicum, quem archiepiscopali dignitate ornavit. die 15 Aprilis. — Titulari episcopali Ecclesiae Segiensi, R.D. Edson Iosephum Oriolo dos Santos, e clero archidioecesis de Pouso Alegre, ibique Parochum, quem deputavit Auxiliarem archidioecesis Bellohorizontinae. — Cathedrali Ecclesiae Taubatensi, Exc.mum D. Vilsonium Aloisium Angotti Filho, hactenus Episcopum titularem Tabenum et Auxiliarem archidioecesis Bellohorizontinae. die 16 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Graecensi-Seccoviensi, R.D. Villelmum Krautwaschl, hactenus Rectorem Seminarli episcopalis eiusdem dioecesis. — Ordinariatui Militari Austriae, R.D. Varnerium Freistetter, e clero archidioecesis Viennensis, hactenus Vicarium Episcopalem et Rectorem Instituti pro Religione et Pace in eodem Ordinariatu Militari. die 18 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Duitamensi-Sogamosensi, Exc. mum D. Misael Vacca Ramírez, hactenus Episcopum Yopalensem. die 22 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Iaboticaballensi, Exc.mum D. Eduardum Pinheiro da Silva, S.D.B., hactenus Episcopum titularem Gisipensem et Auxiliarem archidioecesis Campi Grandis. 490 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale die 23 Aprilis 2015. — Cathedrali Ecclesiae Victoriensi in Texia, R.D. Brendanum Cahill e clero archidioecesis Galvestoniensis-Houstoniensis, hactenus Vicarium Episcopalem pro Clericis eiusdem archidioecesis. die 24 Aprilis. — Titulari episcopali Ecclesiae Hispellensi, R.D. Petrum Georgium Bertoldi, Nuntium Apostolicum, quem archiepiscopali dignitate ornavit. — Titulari episcopali Ecclesiae Insulae Cathensis, R.D. Iosephum Graf, e clero Ratisbonensi, ibique Seminarii maioris eiusdem dioecesis directorem spiritus, quem deputavit Auxiliarem eiusdem dioecesis. — Cathedrali Ecclesiae Greensburgensi, R.D. Eduardum C. Malesic e clero dioecesis Harrisburgensis, hactenus ibique Vicarium Iudicialem et Curionem paroeciae Sancti Infantis in oppido vulgo York Haven. die 27 Aprilis. — Metropolitanae Ecclesiae Sanctae Fidei in America Septentrionali, Exc.mum D. Ioannem Carolum Wester, hactenus Episcopum Civitatis Lacus Salsi. 491 Diarium Romanae Curiae DIARIUM ROMANAE CURIAE Sua Santità il Papa Francesco ha ricevuto in Udienza Ufficiale per la presentazione delle Lettere Credenziali: Sabato, 11 aprile, S.E. il Sig. Daniele Mancini, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede; Lunedì, 20 aprile, S.E. il Sig. Tomaž Kunstelj, Ambasciatore di Slovenia; Sabato, 25 aprile, S.E. il Sig. Guillermo León Escobar Herrán, Ambasciatore di Colombia Il Romano Pontefice ha inoltre ricevuto in Udienza: Giovedì, 9 aprile, S.E. il Sig. Andrej Kiska, Presidente della Repubblica Slovacca; Venerdì, 10 aprile, S.E. il Sig. Giorgi Margvelashvili, Presidente della Repubblica di Georgia; Venerdì, 17 aprile, il Sig. Reiner Haseloff, Ministro Presidente del Land Sassonia-Anhalt (Repubblica Federale di Germania); Sabato, 18 aprile, S.E. il Sig. Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana; Venerdì, 24 aprile, S.E. il Sig. Miloš Zeman, Presidente della Repubblica Ceca; Lunedì, 27 aprile, Sua Maestà la Regina Silvia di Svezia; 492 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Martedì, 28 aprile, S.E. il Sig. R afael Correa Delgado, Presidente della Repubblica dell’Ecuador; Giovedì, 30 aprile, S.E. il Sig. James Alix Michel, Presidente della Repubblica delle Seychelles. Diarium Romanae Curiae 493 SEGRETERIA DI STATO NOMINE Con Breve Apostolico il Santo Padre Francesco ha nominato: 13 Aprile 2015 Il Rev.do Mons. Paolo Rocco Gualtieri, Consigliere di Nunziatura, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Sagona, con dignità di Arcivescovo, Nunzio Apostolico in Madagascar. 24 Aprile 2015 Il Reverendo Monsignore Piergiorgio Bertoldi, Consigliere di Nunziatura, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Spello, con dignità di Arcivescovo, Nunzio Apostolico in Burkina Faso e in Niger. Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Francesco ha nominato o confermato: 31 Marzo 2015 Gli Ecc.mi Mons.ri Roland Minnerath, Arcivescovo di Dijon (Francia), e Anthony Colin Fisher, Arcivescovo di Sydney (Australia), Membri della Congregazione per la Dottrina della Fede per un quinquennio. 14 aprile 2015 Il Rev.do Mons. Luigi Misto, finora Segretario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, Segretario della Sezione Amministrativa della Segreteria per l’Economia. Il Rev.do Mons. Mauro Rivella, Segretario della medesima Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. 494 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale NECROLOGIO 6 aprile 2015 Mons. Eugène Moke Motsuri, Vescovo tit. di Lestrona (Rep. Democratica del Congo). 8 » » Card. Jean-Claude Turcotte, del tit. di Nostra Signora del Ss.mo Sacramento e Santi Martiri Canadesi (Canada). 9 » » Mons. Elmo Noel Joseph Perera, Vescovo em. di Galle (Sri Lanka). » » » Mons. João Alves dos Santos, O.F.M.Cap. Vescovo di Paranaguá (Brasile). 13 » » Mons. Antônio Alberto Guimarães Rezende, C.S.S., Vescovo em. di Caetité (Brasile). 14 » » Card. Roberto Tucci, S.I., del tit. di S. Ignazio di Layola a Campo Marzio (Italia). 16 » » Mons. Felice Leonardo, Vescovo em. di Cerreto SannitaTelese-Sant'Agata de Goti (Italia). 17 » » Card. Francis E. George, O.M.I., del tit. di S. Bartolomeo all’Isola (Stati Uniti d’America). 24 » » Mons. Raymond Roussin, S.M., Arcivescovo em. di Vancouver (Canada). » » » Mons. Thomas J. Connolly, Vescovo em. di Baker (Stati Uniti d’America). 29 » » Card. Giovanni Canestri, del tit. di Sant’Andrea della Valle (Italia).