An. et vol. CVIII 7 Octobris 2016 N. 10 ACTA APOSTOLICAE SEDIS COMMENTARIUM OFFICIALE Directio: Palazzo Apostolico – Città del Vaticano – Administratio: Libreria Editrice Vaticana ACTA FRANCISCI PP. STATUTA Statuta Segreteriae pro Communicatione conditae Litteris Apostolicis Motu Proprio datis “L’attuale contesto” quae antea publici iuris factae sunt.*1 Preambolo La Segreteria per la Comunicazione è costituita per rispondere all’attuale contesto comunicativo, caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività. Tale nuova situazione impegna ad una riorganizzazione che, valorizzando quanto nella storia si è sviluppato all’interno dell’assetto della comunicazione della Sede Apostolica, proceda verso una integrazione e gestione unitaria. Capitolo I Natura e competenza Art. 1 §1. La Segreteria per la Comunicazione è il Dicastero della Curia Romana a cui è affidato dal Santo Padre il sistema comunicativo della Sede Apostolica, in conformità col Motu Proprio L’attuale contesto comunicativo del 27 giugno 2015. §2. La Segreteria per la Comunicazione, in unità strutturale e nel rispetto delle relative caratteristiche operative, unifica tutte le realtà della Santa * Cfr AAS, a CVII, N. 7, pp. 591-592. 1052 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Sede che si occupano della comunicazione, affinché l’intero sistema risponda in modo coerente alle necessità della missione evangelizzatrice della Chiesa. §3. La Segreteria per la Comunicazione accoglierà ugualmente modelli, innovazioni tecniche e forme di comunicazione che possano eventualmente sorgere in avvenire, per integrarle nello stesso sistema a disposizione della Santa Sede, nella sua missione. Art. 2 §1. Nel compimento delle proprie funzioni, la Segreteria per la Comunicazione agisce in collaborazione con i restanti Dicasteri competenti, in ragione della materia ed in particolare con la Segreteria di Stato. §2. Alla Segreteria per la Comunicazione spetta di supportare i Dicasteri della Curia Romana, le Istituzioni collegate con la Santa Sede, il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e gli altri organismi che hanno sede nello Stato della Città del Vaticano, ovvero che dipendono dalla Sede Apostolica nella loro attività di comunicazione. Capitolo II Struttura del Dicastero Art. 3 Seguendo le disposizioni in vigore sulla composizione dei Dicasteri: §1. Il Prefetto, nominato dal Romano Pontefice ad quinquennium, regge, dirige e sovraintende all’attività del Dicastero e rappresenta la Segreteria per la Comunicazione anche nei rapporti con entità esterne alla Santa Sede. §2. Il Segretario, nominato dal Romano Pontefice ad quinquennium, assiste e coadiuva il Prefetto nel trattare gli affari della Segreteria per la Comunicazione, nel dirigere il personale e le attività a lui affidate dal Prefetto, assicurando il raccordo tra le varie Direzioni di cui agli articoli successivi. §3. I Membri del Dicastero, nominati dal Romano Pontefice ad quinquennium, sono scelti secondo quanto previsto dalle normative vigenti. §4. Tra i Consultori del Dicastero, nominati dal Romano Pontefice ad quinquennium, sono annoverati chierici ed altri fedeli di diversa provenienza, esperti nelle attività peculiari svolte dalla Segreteria per la Comunicazione, in accordo con quanto previsto dalle normative vigenti. Acta Francisci Pp. 1053 Art. 4 §1. I Membri vengono convocati per le questioni che presentano carattere di principio generale o per altre che il Prefetto ritenga necessario siano trattate in questo modo. Tutti i Membri devono essere convocati tempestivamente per le Sessioni plenarie, da celebrarsi almeno ogni due anni. Per le Sessioni ordinarie, è sufficiente la convocazione dei Membri che si trovano nell’Urbe. §2. A tutte le Sessioni partecipa il Segretario con diritto di voto. Art. 5 §1. La Segreteria per la Comunicazione è articolata in Direzioni. §2. Ognuna delle Direzioni dipende direttamente dal Prefetto e dal Segretario. Esse, in forza della loro competenza, sono paritetiche nell’esercizio della loro attività. Mantengono fra loro un’intrinseca unità, assicurando la collaborazione e l’interazione nelle materie e nelle attività comuni. §3. Ciascuna Direzione avrà un proprio Direttore nominato ad quinquennium dal Romano Pontefice su proposta del Prefetto e per il tramite della Segreteria di Stato. §4. Le Direzioni sono le seguenti: Direzione per gli Affari Generali, Direzione Editoriale, Direzione della Sala Stampa della Santa Sede, Direzione Tecnologica, Direzione Teologico Pastorale. §5. Secondo le esigenze, potranno essere istituite dal Prefetto altre Direzioni, dopo aver ascoltato gli organi collegiali del Dicastero e con il nulla osta della Segreteria di Stato. Art. 6 §1. Il Consiglio della Segreteria per la Comunicazione ha la funzione di elaborare le linee guida generali delle attività del Dicastero, sotto la direzione, il coordinamento e con l’approvazione del Prefetto e del Segretario. §2. Il Consiglio è composto dal Prefetto stesso, dal Segretario, dai Direttori e Vice Direttori delle varie Direzioni. §3. Il Consiglio è presieduto dal Prefetto, coadiuvato dal Segretario. §4. È compito del Segretario, di cui all’art. 3 §2, vigilare sull’attuazione organica delle linee guida emanate dal Consiglio della Segreteria per la Comunicazione. 1054 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Art. 7 §1. Il Prefetto potrà proporre alla Superiore Autorità, per il tramite della Segreteria di Stato, l’istituzione di altre entità o di enti collegati con la Santa Sede, connessi alla Segreteria per la Comunicazione, al fine di salvaguardare particolari esigenze di natura giuridica, editoriale o economica che le singole attività della Segreteria per la Comunicazione dovessero presentare nello svolgimento delle relative funzioni. §2. In modo analogo, valutata ogni circostanza, il Prefetto doterà le singole Direzioni dell’organizzazione interna adatta al raggiungimento delle funzioni assegnate, istituendo eventualmente Servizi autonomi e designando i responsabili secondo le norme vigenti. Capitolo III Direzioni Art. 8 Alla Direzione per gli Affari Generali compete sotto la guida del Segretario: 1°. la cura e la gestione degli affari comuni delle Direzioni; 2°. l’amministrazione, l’organizzazione e la formazione delle risorse umane; 3°. l’amministrazione, il controllo di gestione e lo sviluppo delle procedure interne; 4°. gli affari legali in ambito contrattuale, contenzioso, relativi ai diritti di proprietà intellettuale e, in generale, alla tutela dei diritti sugli scritti, sulla voce, sulle foto e immagini video, nonché alla tutela delle posizioni giuridiche e di quant’altro necessario alla attività della Segreteria per la Comunicazione, nel rispetto della legge vigente sulla protezione del diritto di autore e ferme restando le attuali competenze della Segreteria di Stato, la cui autorizzazione è necessaria per procedere in ambito contenzioso. 5°. l’amministrazione delle attività tecnico produttive della Segreteria per la Comunicazione, la logistica in relazione alla materia propria, gli approvvigionamenti di beni e servizi tenendo conto delle prerogative del Dicastero competente in materia; 6°. il coordinamento delle iniziative e delle partecipazioni di carattere internazionale delle Direzioni e degli Organismi collegati alla Segreteria per la Comunicazione. Acta Francisci Pp. 1055 Art. 9 Alla Direzione Editoriale compete: 1°. l’indirizzo e il coordinamento di tutte le linee editoriali di competenza della Segreteria per la Comunicazione; 2°. lo sviluppo strategico delle nuove forme di comunicazione; 3°. l’integrazione efficace dei media tradizionali con il mondo digitale, con l’attenzione costante alla dimensione universale della comunicazione della Santa Sede. Art. 10 Alla Direzione della Sala Stampa della Santa Sede compete: 1°. pubblicare e divulgare le comunicazioni ufficiali riguardanti sia gli atti del Romano Pontefice sia l’attività della Santa Sede, attenendosi alle indicazioni della Segreteria di Stato; 2°. ospitare e moderare conferenze stampa e briefing; rispondere in modo ufficiale alle domande dei giornalisti sull’attività del Romano Pontefice, dei Dicasteri della Curia Romana e degli altri Organismi della Santa Sede o vaticani, dopo aver consultato la Segreteria di Stato. Art. 11 Alla Direzione Tecnologica compete: 1°. la gestione integrata delle piattaforme e dei servizi tecnologici necessari all’attività comunicativa della Segreteria per la Comunicazione ed il loro sviluppo a supporto dell’evoluzione dei mezzi di comunicazione della Santa Sede; 2°. la ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative per essere al passo con l’aggiornamento tecnologico globale; 3°. la progettazione di nuovi servizi e lo sviluppo di quelli esistenti, con una costante attenzione alla compatibilità tecnologica della comunicazione universale della Santa Sede, in relazione alle differenti condizioni di sviluppo delle Chiese particolari; 4°. la definizione ed applicazione di processi che siano aderenti alle normative vaticane e internazionali vigenti nel campo delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione, nonché alle migliori pratiche del settore. 1056 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Art. 12 Alla Direzione Teologico Pastorale compete: 1°. elaborare una visione teologica della comunicazione a cui conformare il contenuto di ciò che si comunica; 2°. promuovere l’attività pastorale del Romano Pontefice, in parole e immagini e contestualizzarla con contenuti teologici che le siano di supporto; 3°. promuovere una formazione teologico-pastorale, tessendo una rete con le Chiese particolari e con le associazioni cattoliche attive nel campo della comunicazione; 4°. sensibilizzare il popolo cristiano affinché prenda coscienza, specialmente in occasione della celebrazione della Giornata delle Comunicazioni Sociali, dell’importanza dei mezzi di comunicazione, nella promozione del messaggio cristiano e del bene comune. Capitolo IV Personale e Uffici Art. 13 §1. La Segreteria per la Comunicazione è dotata di risorse umane e materiali adeguati, proporzionati alle sue funzioni istituzionali, entro i limiti stabiliti dalla sua tabella organica. §2. Il personale ed i consulenti esterni della Segreteria per la Comunicazione sono scelti tra persone di comprovata reputazione, libere da ogni conflitto di interesse e dotate di un adeguato livello di formazione ed esperienza professionale nelle materie che rientrano nell’ambito di attività del Dicastero. Ogni conflitto di interesse, che dovesse sorgere durante il loro mandato, deve essere reso noto e devono essere adottate misure idonee a risolverlo, in accordo con i Superiori del Dicastero. §3. Per la nomina, l’assunzione e l’impiego del personale, considerata la specificità delle attività svolte dalla Segreteria per la Comunicazione, si osserveranno il Regolamento Generale della Curia Romana ed il Regolamento proprio del Dicastero, nonché le altre disposizioni della Sede Apostolica date in materia. Art. 14 Tutti i documenti, i dati e le informazioni in possesso della Segreteria per la Comunicazione sono: Acta Francisci Pp. 1057 §1. usati unicamente per gli scopi previsti dalla legge; §2. protetti in modo da garantire la loro sicurezza, integrità e confidenzialità; §3. coperti dal segreto d’ufficio. Art. 15 §1. La Segreteria per la Comunicazione ha un archivista responsabile della conservazione degli archivi della Segreteria stessa, che dovranno essere custoditi in un luogo sicuro all’interno dello Stato della Città del Vaticano o in una zona extraterritoriale vaticana. §2. Il Prefetto stabilisce direttive e procedure atte a garantire l’ottimale custodia e conservazione dei documenti (anche audiovisivi e sonori, in formato analogico e/o digitale) che possiedano una rilevanza legale e storica, in consultazione con la Commissione Centrale per gli Archivi della Santa Sede e seguendo quanto è nella normativa vigente in materia. Art. 16 La lingua di lavoro utilizzata dalla Segreteria per la Comunicazione è l’italiano. Art. 17 La Segreteria per la Comunicazione predispone il proprio Regolamento a norma di quanto disposto dal Regolamento Generale della Curia Romana. Art. 18 Nelle materie non disciplinate dal presente Statuto, si applicano le disposizioni del Diritto Canonico, in particolare le norme che definiscono la struttura della Curia Romana ed il relativo Regolamento. Capitolo V Norma transitoria Art. 19 §1. Ai sensi dell’art.1 del Motu Proprio L’attuale contesto comunicativo, nella Segreteria per la Comunicazione, nei tempi e secondo le modalità stabilite o da stabilire, confluiranno gli Organismi che lo stesso documento pontificio ha indicato, ovvero: il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni 1058 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Sociali, la Sala Stampa della Santa Sede, il Servizio Internet Vaticano, la Radio Vaticana, il Centro Televisivo Vaticano, L’Osservatore Romano, la Tipografia Vaticana, il Servizio Fotografico e la Libreria Editrice Vaticana. La Segreteria per la Comunicazione assumerà altresì il sito web istituzionale della Santa Sede e la titolarità della gestione nelle reti sociali della presenza del Romano Pontefice. §2. Le suddette entità proseguiranno nelle loro rispettive attività, osservando le proprie norme in vigore, attenendosi però alle indicazioni date dal Prefetto, fino alla data in cui confluiranno nella Segreteria per la Comunicazione, momento a partire dal quale saranno abrogate. §3. Sentita la Segreteria di Stato, il Prefetto stabilirà la data e le modalità in base alle quali, a norma dell’art. 1 del Motu Proprio L’attuale contesto comunicativo, i singoli Organismi confluiranno nella Segreteria per la Comunicazione. §4. Nel corso del processo di integrazione dei diversi enti, si osserveranno i Regolamenti, le Direttive o le altre disposizioni man mano emanati dalla Segreteria per la Comunicazione, nel quadro delle norme generali della Santa Sede e nel rispetto dei diritti acquisiti dai dipendenti. Il presente Statuto viene approvato ad experimentum per tre anni. Ordino che sia promulgato tramite pubblicazione su L’Osservatore Romano, entrando in vigore il 1° ottobre 2016, e quindi pubblicato anche sugli Acta Apostolicae Sedis. Dato in Vaticano, dal Palazzo Apostolico, il 6 settembre 2016, quarto di Pontificato. FRANCESCO PP. Acta Francisci Pp. 1059 LITTERAE APOSTOLICAE I Dei Servi Iosephus Nadal Guiu et Iosephus Jordán Blecua, presbyteri dioecesani inter beatos martyres recensentur. FRANCISCUS P.P. Ad perpetuam rei memoriam. — « Ut et nos ipsi in vobis gloriemur in ecclesiis Dei pro patientia vestra et fide in omnibus persecutionibus vestris et tribulationibus, quas sustinetis » (2 Thess 1, 4). Haec Apostoli Pauli sententia peculiariter resonat in vita et morte Servorum Dei Iosephi Nadal Guiu et Iosephi Jordán Blecua, duo novelli sacerdotes, qui, persecutionis angustias sustinentes, attamen, quamvis in difficultatibus, fidelitatem servaverunt erga Evangelium et, amore in Deum et Ecclesiam compulsi, promptos se gesserunt ad martyrium obeundum. Vitam ducentes inter odium et persecutionem, quae annis MCMXXXIX MCMXXXVI- in Hispania grassabantur, hi iuvenes presbyteri ex dioecesi Ilerden- si ministerium impleverunt et mortis itineri occurrerunt. Sacro presbyteratus ordine insigniti, tamquam cooperatores missi sunt in paroeciam Sanctae Mariae « del Romeral » in urbe Monzón, tunc dioecesi Derdensi subiectam. Iosephus Jordán illuc advenit anno MCMXXXII et Iosephus Nadal anno MCMXXXV. Qui summo studio variis rei pastoralis provinciis operam dederunt, iugiter arte coniuncti, ita ut a fidelibus familiariter vulgo appellarentur « los Curetas de Monzón ». Illis annis, indicia immanitatis, quae ingentem edebat stragem in Hispania, territorium attigerunt quoque urbis Monzón. Inter vicissitudines insectationis illius temporis, eo quod hi Servi Dei sacerdotes agnoscebantur, contumeliis vexabantur et violentia. Inde a primo temporis puncto perceperunt periculum; omnia tamen ob Dei amorem pertulerunt. Consuetum mutuumque colloquium congrua fuit illis praeparatione ad sortem cui occurrebant. Ut libertatem sibi promissam adipiscerentur, omnia inimici proposita reiecerunt; et tam verbo quam opere feliciter dignos se decla- 1060 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale rarunt pro Christi et Ecclesiae amore vitam tradere, suis persecutoribus ignoscendo et veluti victimas Iesu Sacerdoti sese offerendo. Occisi sunt in urbe Monzón die XII mensis Augusti anno MCMXXXVI. Sed antea, in confessione sese invicem audientes, in humili perstiterunt constantique oratione. Tunc temporis Iosephus Jordán triginta annos natus erat et Iosephus Nadal quinque et viginti. Carnifices corpora exurenda curarunt, quod partim tantum obtinuerunt; quibus in adiunctis, celeriter condiderunt ea ipso in loco martyrii. Attamen, miranda res accidit: dum corpora sepeliebantur, partialiter exusta, inter se manserunt coniuncta; et quamvis duae urnae in promptu erant ad ea condenda, unam tantum adhiberi statutum est. Tali modo, Servi Dei, quemadmodum sacerdotale impleverunt ministerium semper in unum congregati, ita et in martyrio et in sepultura exstiterunt quoque coniuncti. 1. Iosephus Nadal Guiu natus est in Bell-lloc, Ilerdiae, die XXV mensis Iulii anno MCMXI. Tam eius strenua vita quam profunda pietas ab omnibus eum adeuntibus sunt pernotae. Amor eius erga Beatam Virginem Mariam fuit idem atque amor pueri erga matrem: tener scilicet, benignus, immolatus. Ad sacerdotium est evectus die XV mensis Iunii anno MCMXXXV. Nominatus est cooperator in paroecia Sanctae Mariae in urbe Monzón, ubi Actionem Catholicam erexit; ibidem enim munus exercuit organum concinendi, et pueros cantores ordinandi. Pauperes et aegrotos visere consueverat, diuturne sistebat ad confessionale, Eucharistiam insuper summa prosequebatur devotione. Heroicum suum transitum praesentire videbatur, uti constat ex scriptis Diarii privati quae paulo ante mortem confecerat: « Nostras offerimus vitas ac semel atque iterum ad mortem nos provehimus. Laeti promptique sumus ad sacrificium obeundum ». Expleto unius anni spatio ferventis apostolatus et sacerdotalis sanctificationis in urbe Monzón, ibidem die XII mensis Augusti anno MCMXXXVI munificam suam vitam pro Christo tradidit. 2. Iosephus Jordán Blecua ortum habuit in loco Azlor, ex provincia Oscensi et dioecesi Ilerdensi, die XXVII mensis Maii anno MCMVI. Sive puer sive adultus, exemplarem vitam ita duxit ut, presbyter factus superioribus obsequendo, coaequales venerando, sincera suavi et integra indole omnes prosequendo. Sacro presbyteratus ordine auctus est die XXI mensis Maii anno MCMXXXII. Statim postea nominatus est cooperator apud paroeciam Sanctae Mariae « del Romeral » in urbe Monzón. Etsi sacerdotalem vitam brevi tempore gessit, summa deditionis et sincerae caritatis testimonia Acta Francisci Pp. 1061 erga pauperes reddidit. In corde vivida et maiora in dies optata nutriebat moriendi pro Christo, quae quidem die XII mensis Augusti anno MCMXXXVI ad effectum sunt perducta. In valedictionis litteris ad patrem missis ita scribebat: « Plurimum gaudeo hoc martyrium pro Christo perpeti,... aliter ingens mihi esset dolor si pro eo mori non possem. Ipsi gratias refero de omnibus beneficiis mihi collatis, praesertim de eius fulcro mihi praestito ut sacerdotii studia complere possem; non me paenitet sacerdotem esse, nec me paenitet sacerdotem mori ». Rite perpensa martyrii horum sacerdotum fama, quae apud populum statim diffusa est, Processus Ordinarius congruenter instructus est apud Curiam dioecesanam Ilerdensem. Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria congregati agnoverunt Servos Dei propter odium fidei martyrio occubuisse. Summus Pontifex Benedictus XVI die X mensis Decembris anno MMX declaravit constare de martyrio ac de causa Servorum Dei Iosephi Nadal Guiu et Iosephi Jordán Blecua; deinde decrevit ut ritus beatificationis Tarraconae in Hispania die XIII mensis Octobris anno MMXIII sollemniter perageretur. Hodie igitur Tarraconae in Hispania, ex mandato Nostro, Angelus S.R.E. Cardinalis Amato, Praefectus Congregationis de Causis Sanctorum, Apostolicas Litteras legit, quibus Nos in fastis Beatorum adscripsimus Servos Dei Iosephum Nadal Guiu et Iosephum Jordán Blecua, qui pro fide tuenda vitam deposuerunt. Nos vota Fratrum Nostrorum Iesu García Burillo, Episcopi Abulensis, Alfonsi Milián Sorribas, Episcopi Barbastrensis-Montisonensis, Aloisii S.R.E. Cardinalis Martínez Sistach, Archiepiscopi Barcinonensis, Marii Iceta Gavicagogeascoa, Episcopi Flaviobrigensis, Iosephi Emmanuelis Lorca Planes, Episcopi Carthaginensis in Hispania, Antonii Angeli Algora Hernando, Episcopi Civitatis Regalensis, Demetrii Fernández González, Episcopi Cordubensis, Iosephi Mariae Yanguas Sanz, Episcopi Conchensis, Raimundi del Hoyo López, Episcopi Giennensis, Ioannis Piris Frígola, Episcopi Illerdensis, Antonii Mariae S.R.E. Cardinalis Rouco Varela, Archiepiscopi Matritensis, Iesu Stephani Catalá Ibáñez, Episcopi Malacitani, Salvatoris Giménez Valls, Episcopi Minoricensis, Attilani Rodríguez Martínez, Episcopi Seguntini-Guadalaiarensis, Iacobi Pujol Balcells, Archiepiscopi Tarraconensis, Iosephi Angeli Saiz Meneses, Episcopi Terrassensis, Caroli Emmanuelis Escribano Subías, Episcopi Terulensis et Albarracinensis, Braulionis Rodríguez 1062 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Plaza, Archiepiscopi Toletani, Henrici Benavent Vidal, Episcopi Dertosensis, Caroli Osoro Sierra, Archiepiscopi Valentini, necnon plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque Christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Servi Dei: – Iosephus Maximus Moro Briz et IV Socii, presbyteri dioecesani; – Maurus Palazuelos Maruri et XVII Socii, ex Ordine Sancti Benedicti; Iacobus Puig Mirosa et XVIII Socii, e Congregatione Filiorum Sacrae Familiae Iesu, Mariae et Ioseph, necnon Sebastianus Llorens Telarroja, laicus; – Maria a Monte Serrato (in saeculo: Iosepha Maria Columnaris García Solanas) et VIII Sociae, religiosae professae Instituti Minimarum Discalceatarum Sancti Francisci de Paula, necnon Lucretia García Solanas, laica et vidua; – Mauritius (in saeculo: Alexander) Íñiguez de Heredia Alzóla et XXIII Socii, religiosi professi ex Ordine Hospitalario Sancti Ioannis de Deo; – Iosephus Guardiel Pujol, presbyter dioecesanus; – Raimundus Ioachimus Castaño González et Iosephus Maria González Solís, presbyteri professi ex Ordine Fratrum Praedicatorum; – Antonius Faúndez López, presbyter, et unus Socius, professi ex Ordine Fratrum Minorum, necnon duo presbyteri dioecesani; – Hermenegildus ab Assumptione B.M.V. (in saeculo: Hermenegildus Iza y Aregita) et V Socii, ex Ordine Sanctissimae Trinitatis; – Carmelus Maria Moyano Linares et IX Socii, presbyteri professi ex Ordine Carmelitarum; – Iosephus Xavier Gorosterratzu et V Socii, e Congregatione Sanctissimi Redemptoris; – Emmanuel Basulto Jiménez, Episcopus Giennensis, necnon III presbyteri dioecesani, unus seminarii alumnus et unus laicus; – Victoria a Iesu (in saeculo: Francisca Agnes Maria ab Antiqua) Valverde González, religiosa Pii Instituti Calasanctiani Filiarum a Divina Pastora; – Salvius Huix Miralpeix, Episcopus Illerdensis; – Iosephus Nadal i Guiu et Iosephus Jordán Blecua, presbyteri dioecesani; – Ioannes a Iesu (in saeculo: Vilaregut Farré) et III Socii, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, necnon Paulus Segalá Solé, presbyter dioecesanus; Acta Francisci Pp. 1063 – Marianus Alcalá Pérez et XVIII Socii, ex Ordine Beatae Mariae Virginis de Mercede Redemptionis Captivorum; – Chrysanthus (in saeculo: Casimirus González García), Aquilinus, Cyprianus Iosephus et LXIII Socii, ex Instituto Fratrum Maristarum a Scholis, necnon Raimundus Aemilianus Hortelano Gómez et Iulianus Aguilar Martín, laici; – Emmanuel a Sacra Familia (in saeculo: Emmanuel Sanz Domínguez), presbyter professus et reformator Ordinis Sancti Hieronymi; – Andreas a Palazuelo (in saeculo: Michael Franciscus González González) et XXXI Socii, ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum; – Theophilus Fernández de Legaría Goñi et IV Socii, presbyteri professi e Congregatione Sacrorum Cordium Iesu et Mariae necnon adorationis perpetuae Ss. Sacramenti altaris; – Albertus Maria Marco Alemán et VIII Socii, ex Ordine Carmelitarum ab Antiqua Observantia, necnon Augustinus Maria García Tribaldos et XV Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum; – Orentius Aloisius (in saeculo: Antonius Sola Garriga) et XVIII Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, necnon Antonius Mateo Salamero, presbyter dioecesanus, et Iosephus Gorostazu Labayen, laicus; – Melchiora ab Adoratione Cortés Bueno et XIV Sociae, e Societate Filiarum a Caritate Sancti Vincentii de Paul; – Aurelia (in saeculo: Clementina) Arambarri Fuente et III Sociae, religiosae professae Congregationis Servarum Mariae Ministrantium Infirmis; – Maria Assumpta (in saeculo: Iuliana González Trujillano) et II Sociae, religiosae professae Congregationis Missionariarum Franciscalium a Matre Divini Pastoris; – Ioannes Huguet Cardona, presbyter dioecesanus; – Iosephus Maria Ruiz Cano, Iesus Hannibal Gómez Gómez, Thomas Cordero Cordero et XIII Socii, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis B.M.V.; – Emmanuel Borrás i Ferré, Episcopus Auxiliaris Tarraconensis, Agapitus Modestus (in saeculo: Modestus Pamplona Falguera), ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, et CXLV Socii, presbyteri et Seminarii alumni dioecesani, necnon religiosi ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, ex Ordine Sancti Benedicti, ex Ordine Fratrum Minorum 1064 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Capuccinorum, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis B.M.V., e Tertio Ordine Carmelitarum a Magisterio; – Fortunatus Velasco Tobar et XIII Socii, e Congregatione Missionis; – Ioachimus Jovaní Marín et XIV Socii, e Sodalitate Sacerdotum Operariorum Dioecesanorum Cordis Iesu; – Richardus Gil Barcelón, presbyter professus e Congregatione Parvi Operis a Divina Providentia, necnon Antonius Arrué Peiró, laicus; – Iosepha Martínez Pérez et XI Sociae, e Congregatione Filiarum a Caritate, necnon Dolores Broseta Bonet, laica; qui in Hispania vicesimo saeculo sanguinem suum effuderunt ad testimonium perhibendum Domino Iesu, Beatorum nomine in posterum appellentur, eorumque festum die sexta Novembris in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Quod autem decrevimus, volumus et nunc et in posterum tempus vim habere, contrariis rebus quibuslibet non obstantibus. Praestet Dominus, ut horum martyrum, qui pro amore Christi sanguinem fuderunt, quorum passionem amodo devotione recolimus, etiam fìdei constantiam subsequi valeamus. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XIII mensis Octobris, anno MMXIII, Pontificatus Nostri primo. De mandato Summi Pontificis loco Secretarii Status c P etrus P arolin Archiepiscopus tit. Aquipendiensis Loco G Plumbi In Secret. Status tab., n. 20.668 Acta Francisci Pp. 1065 II Servi Dei Hermenegildus ab Assumptione B.M.V. (in saec.: Hermenegildus Iza y Aregita) et V Socii, ex Ordine Sanctissimae Trinitatis inter beatos martyres recensentur. FRANCISCUS PP. Ad perpetuam rei memoriam. — « Ecce quam bonum et quam iucundum hàbitare fratres in unum » (Ps 132, 1). Dum laudibus Dominum pro operibus prosequitur, Ecclesia fraternitatem inter eximios fructus gratiae eius canere pergit, et, per martyrum testimonium amoremque fraternum, confitetur se munus adimplere, quod « est Deum Patrem eiusque Filium incarnatum praesentem et quasi visibilem reddere, ductu Spiritus Sancti sese indesinenter renovando et purificando » (Gaudium et spes, 21). Utrumque perhibentes testimonium, martyrii nempe et amoris fraterni tamquam signorum unitatis in fide Evangelii, Servi Dei Hermenegildus ab Assumptione et V Socii, ex Ordine Sanctissimae Trinitatis, sua eminuerunt fidelitate. Communitas religiosa Ordinis Sanctissimae Trinitatis e Castello Sancti Ioannis, provinciae et dioecesis Civitatis Regalensis, his sex martyribus constituitur, qui anno MCMXXXVI cruento certamine vitam consummarunt. Orationi ac paenitentiae dediti, ministerium exsequebantur apud conventualem ecclesiam Sanctissimae Trinitatis, simulque docebant in Collegio cuius erant titulares. Die XXI mensis Iulii anno MCMXXXVI religiosi communitatis Trinitariae in conventu comprehensi sunt ac postea ad sedem Municipii urbis conducti. Simul cum fratribus Franciscalibus et quodam novicio ex Ordine Praedicatorum conventus loci Almagro, eodem die inclusi sunt in refugium municipale erronibus destinatum. Unus ex religiosis Trinitariis, nempe frater laicus Stephanus, aegrotavit quare in Asylum est translatus. Noctu inter dies XXVI et XXVII mensis Iulii anno MCMXXXVI quinque sacerdotes Trinitariae communitatis, patres Hermenegildus, Bonaventura, Franciscus, Placidus et Antonius, una cum fratribus Franciscalibus et cum novicio Dominicano, extra fines Castelli Sancti Ioannis sunt occisi ac mane sequentis diei coram omnium oculis proditi. Postea in publicam coemeterii municipalis foveam Castelli sunt reconditi. 1066 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Frater Stephanus ex Asylo est avulsus et in carcerem municipii ductus die 1 mensis Septembris. Plurima illic perpessus est incommoda sive physica sive moralia, ita ut eius nigra barba brevi tempore dealbaretur. Die XII mensis Septembris anno MCMXXXVI manuballistae ictibus interfectus est et corpus eius eiectum in quandam fodinam derelictam, prope locum Camunas, Toleti. Haec communitas Trinitaria martyrio affecta fratemae communionis spiritu mirabiliter eminuit: tres saltem ex illis, patres scilicet Placidus et Antonius necnon frater Stephanus, oblatam sibi facultatem mortem vitandi excipere noluerunt praeoptantes fidelitatem erga Christum servare. Supernaturali mente ad martyrium profecti sunt. Hi Servi Dei dies carceris insumebant in ferventi oratione, in celebratione sacramenti reconciliationis, in praeparatione ad definitivum occursum cum Christo, quem ipso in momento martyrii confessi sunt clamantes: Vivat Christus Rex! Ecce nomina religiosorum Ordinis Sanctissimae Trinitatis, quibus et dies natalis et dies martyrii adduntur: 1. Hermenegildus ab Assumptione (in saec.: Hermenegildus Iza y Aregita), O.SS.T., presbyter, natus in Mendata-Albiz, Vizcaya, die XIII mensis Aprilis anno MDCCCLXXIX. Martyr in Castello Sancti Ioannis, Civitatis Regalensis, die XXVII mensis Iulii anno MCMXXXVI. 2. Bonaventura a Sancta Catharina (in saec.: Bonaventura Gabika-Etxebarria y Gerrikabeitia), O.SS.T., presbyter, natus in Ajánguiz, Vizcaya, die XIV mensis Iulii anno MDCCCLXXXVII. Martyr in Castello Sancti Ioannis, Civitatis Regalensis, die XXVII mensis Iulii anno MCMXXXVI. 3. Franciscus a Sancto Laurentio (in saec.: Franciscus Euba y Gorrono), O.SS.T., presbyter, nati in Amorebieta, Vizcaya, die XXV mensis Iulii anno MDCCCLXXXIX. Martyr in Castello Sancti Ioannis, Civitatis Regalensis, die XXVII mensis Iulii anno MCMXXXVI 4. Placidus a Iesu (in saec.: Placidus Camino Fernández), O.SS.T., presbyter, natus in Laguna de Negrillos, Legione, die VI mensis Maii anno MDCCCXC. Martyr in Castello Sancti Ioannis, Civitatis Regalensis, die XXVII mensis Iulii anno MCMXXXVI. 5. Antonius a Iesu et Maria (in saec.: Ioannes Antonius Salútregui Uribarren), O.SS.T., presbyter natus in Guernica y Luno, Vizcaya, die V mensis Februarii anno MCMII. Martyr in Castello San Ioannis, Civitatis Regalensis, die XXVII mensis Iulii anno MCMXXXVI. 6. Stephanus a Sancto Ioseph (in saec.: Stephanus Cyriacus Barrenechea Acta Francisci Pp. 1067 Arriaga), O.SS.T., religiosus, natus in Elorrio, Vizcaya, die XXVI mensis Decembris anno MDCCCLXXX. Martyr in Castello Sancti Ioannis, Civitatis Regalensis, die XII mensis Septembris anno MCMXXXVI. Horum martyrum fama, quae statim diffusa est, vivida deinceps est servata. Quamobrem, apu Curiam Episcopalem Civitatis Regalensis instructa est Inquisitio dioecesana. Purpurati Patres et Episcopi, in Sessione Ordinaria congregati, edixerunt hos Servos Dei pro fide tuenda vitam deposuisse. Papa Benedictus XVI die XXVIII mensis Iunii anno MMXII Decretum super martyrium edi iussit. Denique, statuit ut ritus beatificationis in Hispania perageretur die XIII mensis Octobr anno MMXIII. Hodie igitur Tarraconae in Hispania, ex mandato Nostro, Angelus S.R.E. Cardinalis Amato, Praefectus Congregationis de Causis Sanctorum, Apostolicas Litteras legit, quibus Nos in fastis Beatorum adscripsimus Servos Dei Hermenegildum ab Assumptione et V Socios, qui ob fidem defendendam martyrio occubuerunt. Nos vota Fratrum Nostrorum Iesu García Burillo, Episcopi Abulensis, Alfonsi Milián Sorribas, Episcopi Barbastrensis-Montisonensis, Aloisii S.R.E. Cardinalis Martínez Sistach, Archiepiscopi Barcinonensis, Marii Iceta Gavicagogeascoa, Episcopi Flaviobrigensis, Iosephi Emmanuelis Lorca Planes, Episcopi Carthaginensis in Hispania, Antonii Angeli Algora Hernando, Episcopi Civitatis Regalensis, Demetrii Fernández González, Episcopi Cordubensis, Iosephi Mariae Yanguas Sanz, Episcopi Conchensis, Raimundi del Hoyo López, Episcopi Giennensis, Ioannis Piris Frígola, Episcopi Illerdensis, Antonii Mariae S.R.E. Cardinalis Rouco Varela, Archiepiscopi Matritensis, Iesu Stephani Catalá Ibáñez, Episcopi Malacitani, Salvatoris Giménez Valls, Episcopi Minoricensis, Attilani Rodríguez Martínez, Episcopi Seguntini-Guadalaiarensis, Iacobi Pujol Balcells, Archiepiscopi Tarraconensis, Iosephi Angeli Saiz Meneses, Episcopi Terrassensis, Caroli Emmanuelis Escribano Subías, Episcopi Terulensis et Albarracinensis, Braulionis Rodríguez Plaza, Archiepiscopi Toletani, Henrici Benavent Vidal, Episcopi Dertosensis, Caroli Osoro Sierra, Archiepiscopi Valentini, necnon plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque Christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Servi Dei: – Iosephus Maximus Moro Briz et IV Socii, presbyteri dioecesani; – Maurus Palazuelos Maruri et XVII Socii, ex Ordine Sancti Benedicti; Iacobus Puig Mirosa et XVIII Socii, e Congregatione Filiorum Sacrae Fa- 1068 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale miliae Iesu, Mariae et Ioseph, necnon Sebastianus Llorens Telarroja, laicus; – Maria a Monte Serrato (in saeculo: Iosepha Maria Columnaris García Solanas) et VIII Sociae, religiosae professae Instituti Minimarum Discalceatarum Sancti Francisci de Paula, necnon Lucretia García Solanas, laica et vidua; – Mauritius (in saeculo: Alexander) Íñiguez de Heredia Alzóla et XXIII Socii, religiosi professi ex Ordine Hospitalario Sancti Ioannis de Deo; – Iosephus Guardiel Pujol, presbyter dioecesanus; – Raimundus Ioachimus Castaño González et Iosephus Maria González Solís, presbyteri professi ex Ordine Fratrum Praedicatorum; – Antonius Faúndez López, presbyter, et unus Socius, professi ex Ordine Fratrum Minorum, necnon duo presbyteri dioecesani; – Hermenegildus ab Assumptione B.M.V. (in saeculo: Hermenegildus Iza y Aregita) et V Socii, ex Ordine Sanctissimae Trinitatis; – Carmelus Maria Moyano Linares et IX Socii, presbyteri professi ex Ordine Carmelitarum; – Iosephus Xavier Gorosterratzu et V Socii, e Congregatione Sanctissimi Redemptoris; – Emmanuel Basulto Jiménez, Episcopus Giennensis, necnon III presbyteri dioecesani, unus seminarii alumnus et unus laicus; – Victoria a Iesu (in saeculo: Francisca Agnes Maria ab Antiqua) Valverde González, religiosa Pii Instituti Calasanctiani Filiarum a Divina Pastora; – Salvius Huix Miralpeix, Episcopus Illerdensis; – Iosephus Nadal i Guiu et Iosephus Jordán Blecua, presbyteri dioecesani; – Ioannes a Iesu (in saeculo: Vilaregut Farré) et III Socii, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, necnon Paulus Segalá Solé, presbyter dioecesanus; – Marianus Alcalá Pérez et XVIII Socii, ex Ordine Beatae Mariae Virginis de Mercede Redemptionis Captivorum; – Chrysanthus (in saeculo: Casimirus González García), Aquilinus, Cyprianus Iosephus et LXIII Socii, ex Instituto Fratrum Maristarum a Scholis, necnon Raimundus Aemilianus Hortelano Gómez et Iulianus Aguilar Martín, laici; – Emmanuel a Sacra Familia (in saeculo: Emmanuel Sanz Domínguez), presbyter professus et reformator Ordinis Sancti Hieronymi; Acta Francisci Pp. 1069 – Andreas a Palazuelo (in saeculo: Michael Franciscus González González) et XXXI Socii, ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum; – Theophilus Fernández de Legaría Goñi et IV Socii, presbyteri professi e Congregatione Sacrorum Cordium Iesu et Mariae necnon adorationis perpetuae Ss. Sacramenti altaris; – Albertus Maria Marco Alemán et VIII Socii, ex Ordine Carmelitarum ab Antiqua Observantia, necnon Augustinus Maria García Tribaldos et XV Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum; – Orentius Aloisius (in saeculo: Antonius Sola Garriga) et XVIII Socii, ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, necnon Antonius Mateo Salamero, presbyter dioecesanus, et Iosephus Gorostazu Labayen, laicus; – Melchiora ab Adoratione Cortés Bueno et XIV Sociae, e Societate Filiarum a Caritate Sancti Vincentii de Paul; – Aurelia (in saeculo: Clementina) Arambarri Fuente et III Sociae, religiosae professae Congregationis Servarum Mariae Ministrantium Infirmis; – Maria Assumpta (in saeculo: Iuliana González Trujillano) et II Sociae, religiosae professae Congregationis Missionariarum Franciscalium a Matre Divini Pastoris; – Ioannes Huguet Cardona, presbyter dioecesanus; – Iosephus Maria Ruiz Cano, Iesus Hannibal Gómez Gómez, Thomas Cordero Cordero et XIII Socii, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis B.M.V.; – Emmanuel Borrás i Ferré, Episcopus Auxiliaris Tarraconensis, Agapitus Modestus (in saeculo: Modestus Pamplona Falguera), ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, et CXLV Socii, presbyteri et Seminarii alumni dioecesani, necnon religiosi ex Instituto Fratrum Scholarum Christianarum, ex Ordine Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, ex Ordine Sancti Benedicti, ex Ordine Fratrum Minorum Capuccinorum, e Congregatione Missionariorum Filiorum Immaculati Cordis B.M.V., e Tertio Ordine Carmelitarum a Magisterio; – Fortunatus Velasco Tobar et XIII Socii, e Congregatione Missionis; – Ioachimus Jovaní Marín et XIV Socii, e Sodalitate Sacerdotum Operariorum Dioecesanorum Cordis Iesu; – Richardus Gil Barcelón, presbyter professus e Congregatione Parvi Operis a Divina Providentia, necnon Antonius Arrué Peiró, laicus; 1070 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale – Iosepha Martínez Pérez et XI Sociae, e Congregatione Filiarum a Caritate, necnon Dolores Broseta Bonet, laica; qui in Hispania vicesimo saeculo sanguinem suum effuderunt ad testimonium perhibendum Domino Iesu, Beatorum nomine in posterum appellentur, eorumque festum die sexta Novembris in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Quod autem decrevimus, volumus et nunc et in posterum tempus vim habere, contrariis rebus quibuslibet non obstantibus. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die decimo tertio mensis Octobris, anno Domini bis millesimo tertio decimo, Pontificatus Nostri primo. De mandato Summi Pontificis loco Secretarii Status c P etrus P arolin Archiepiscopus tit. Aquipendiensis Loco G Plumbi In Secret. Status tab., n. 20.832 Acta Francisci Pp. 1071 EPISTULA APOSTOLICA Ad Excellentissimum Dominum Sergium Alfredum Fenoy, delegatum Regionis Pastoralis Bonaërensis, necnon adiunctum documentum (de praecipuis rationibus usui capitis VIII Adhortationis post-synodalis “Amoris Laetitia”). Mons. Sergio Alfredo Fenoy Delegado de la Región Pastoral Buenos Aires Querido hermano: Recibí el escrito de la Región Pastoral Buenos Aires “Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia”. Muchas gracias por habérmelo enviado; y los felicito por el trabajo que se han tomado: un verdadero ejemplo de acompañamiento a los sacerdotes... y todos sabemos cuánto es necesaria esta cercania del obispo con su clero y del clero con el obispo. El prójimo “más prójimo” del obispo es el sacerdote, y el mandamiento de amar al prójimo como a si mismo comienza, para nosotros obispos, precisamente con nuestros curas. El escrito es muy bueno y explicita cabalmente el sentido del capitulo VIII de Amoris laetitia. No hay otras interpretaciones. Y estoy seguro de que hará mucho bien. Que el Señor les retribuya este esfuerzo de caridad pastoral. Y es precisamente la caridad pastoral la que nos mueve a salir para encontrar a los alejados y, una vez encontrados, a iniciar un camino de acogida, acompañamiento, discernimiento e integración en la comunidad eclesial. Sabemos que esto es fatigoso, se trata de una pastoral “cuerpo a cuerpo” no satisfecha con mediaciones programáticas, organizativas o legales, si bien necesarias. Simplemente: acoger, acompañar, discernir, integrar. De estas cuatro actitudes pastorales la menos cultivada y practicada es el discernimiento; y considero urgente la formación en el discernimiento, personal y comunitario, en nuestros Seminarios y Presbiterios. Finalmente quisiera recordar que Amoris laetitia fue el fruto del trabajo y la oración de toda la Iglesia, con la mediación de dos Sinodos y del Papa. Por ello les recomiendo una catequesis completa de la Exhortación que ciertamente ayudará al crecimiento, consolidación y santidad de la familia. 1072 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Nuevamente les agradezco el trabajo hecho y los animo a seguir adelante, en las diversas comunidades de las diócesis, con el estudio y la catequesis de Amoris laetitia. Por favor, no se olviden de rezar y hacer rezar por mí. Que Jesús los bendiga y la Virgen Santa los cuide. Fraternalmente, Vaticano, 5 de septiembre de 2016. FRANCISCUS PP. ADDITUM AD EPISTULAM REGIÓN PASTORAL BUENOS AIRES Criterios básicos para la aplicación del capitulo VIII de Amoris laetitia Estimados sacerdotes: Recibimos con alegría la exhortación Amoris laetitia, que nos llama ante todo a hacer crecer el amor de los esposos y a motivar a los jóvenes para que opten por el matrimonio y la familia. Esos son los grandes temas que nunca deberían descuidarse ni quedar opacados por otras cuestiones. Francisco ha abierto varias puertas en la pastoral familiar y estamos llamados a aprovechar este tiempo de misericordia, para asumir como Iglesia peregrina la riqueza que nos brinda la Exhortación Apostólica en sus distintos capítulos. Ahora nos detendremos sólo en el capitulo VIII, dado que hace referencia a “orientaciones del Obispo” (300) en orden a discernir sobre el posible acceso a los sacramentos de algunos “divorciados en nueva unión”. Creemos conveniente, como Obispos de una misma Región pastoral, acordar algunos criterios mínimos. Los ofrecemos sin perjuicio de la autoridad que cada Obispo tiene en su propia Diócesis para precisarlos, completarlos o acotarlos. 1. En primer lugar recordamos que no conviene hablar de “permisos” para acceder a los sacramentos, sino de un proceso de discernimiento acompañado por un pastor. Es un discernimiento “personal y pastoral” (300). 2. En este camino, el pastor debería acentuar el anuncio fundamental, el kerygma, que estimule o renueve el encuentro personal con Jesucristo vivo (cf. 58). Acta Francisci Pp. 1073 3. El acompañamiento pastoral es un ejercicio de la “via caritatis”. Es una invitación a seguir “el camino de Jesús, el de la misericordia y de la integración” (296). Este itinerario reclama la caridad pastoral del sacerdote que acoge al penitente, lo escucha atentamente y le muestra el rostro materno de la Iglesia, a la vez que acepta su recta intención y su buen propósito de colocar la vida entera a la luz del Evangelio y de practicar la caridad (cf. 306). 4. Este camino no acaba necesariamente en los sacramentos, sino que puede orientarse a otras formas de integrarse más en la vida de la Iglesia: una mayor presencia en la comunidad, la participación en grupos de oración o reflexión, el compromiso en diversos servicios eclesiales, etc. (cf. 299). 5. Cuando las circunstancias concretas de una pareja lo hagan factible, especialmente cuando ambos sean cristianos con un camino de fe, se puede proponer el empeño de vivir en continencia. Amoris laetitia no ignora las dificultades de esta opción (cf. nota 329) y deja abierta la posibilidad de acceder al sacramento de la Reconciliación cuando se falle en ese propósito (cf. nota 364, segun la enseñanza de san Juan Pablo II al Cardenal W. Baum, del 22/03/1996). 6. En otras circunstancias más complejas, y cuando no se pudo obtener una declaración de nulidad, la opción mencionada puede no ser de hecho factible. No obstante, igualmente es posible un camino de discernimiento. Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetitia abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351). Estos a su vez disponen a la persona a seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia. 7. Pero hay que evitar entender está posibilidad como un acceso irrestricto a los sacramentos, o como si cualquier situación lo justificara. Lo que se propone es un discernimiento que distinga adecuadamente cada caso. Por ejemplo, especial cuidado requiere “una nueva unión que viene de un reciente divórcio” o “la situación de alguien que reiteradamente ha fallado a sus compromisos familiares” (298). También cuando hay una suerte de apología o de ostentación de la propia situación “como si fuese parte del ideal cristiano” (297). En estos casos más diffíciles, los pastores debemos acompañar con paciencia procurando algun camino de integración (cf. 297, 299). 1074 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale 8. Siempre es importante orientar a las personas a ponerse con su conciencia ante Dios, y para ello es útil el “examen de conciencia” que propone Amoris laetitia 300, especialmente en lo que se refiere a “como se han comportado con sus hijos” o con el cónyuge abandonado. Cuando hubo injusticias no resueltas, el acceso a los sacramentos es particularmente escandaloso. 9. Puede ser conveniente que un eventual acceso a los sacramentos se realice de manera reservada, sobre todo cuando se prevean situaciones conflictivas. Pero al mismo tiempo no hay que dejar de acompañar a la comunidad para que crezca en un espíritu de comprensión y de acogida, sin que ello implique crear confusiones en la enseñanza de la Iglesia acerca del matrimonio indisoluble. La comunidad es instrumento de la misericordia que es “inmerecida, incondicional y gratuita” (297). 10. El discernimiento no se cierra, porque “es dinámico y debe permanecer siempre abierto a nuevas etapas de crecimiento y a nuevas decisiones que permitan realizar el ideal de manera mas plena” (303), segun la “ley de gradualidad” (295) y confiando en la ayuda de la gracia. Somos ante todo pastores. Por eso queremos acoger estas palabras del Papa: “Invito a los pastores a escuchar con afecto y serenidad, con el deseo sincero de entrar en el corazón del drama de las personas y de comprender su punto de vista, para ayudarles a vivir mejor y a reconocer su propio lugar en la Iglesia” (312). Con afecto en Cristo. Los Obispos de la Región 05 de septiembre de 2016 RESCRIPTUM « EX AUDIENTIA SS.MI » Summus Pontifex decernit ut duo Documenta quae praecedunt edantur per publicationem in situ electronico Vaticano et in Actis Apostolicae Sedis, velut Magisterium authenticum. Ex Aedibus Vaticanis, die V mensis Iunii anno MMXVII P etrus Card. P arolin Secretarius Status Acta Francisci Pp. 1075 HOMILIAE I Occasione Canonizationis beatae Teresiae de Calcutta.* « Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? ».2 Questo interrogativo del Libro della Sapienza, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci presenta la nostra vita come un mistero, la cui chiave di interpretazione non è in nostro possesso. I protagonisti della storia sono sempre due: Dio da una parte e gli uomini dall’altra. Il nostro compito è quello di percepire la chiamata di Dio e poi accogliere la sua volontà. Ma per accoglierla senza esitazione chiediamoci: quale è la volontà di Dio? Nello stesso brano sapienziale troviamo la risposta: « Gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito » (v. 18). Per verificare la chiamata di Dio, dobbiamo domandarci e capire che cosa piace a Lui. Tante volte i profeti annunciano che cosa è gradito al Signore. Il loro messaggio trova una mirabile sintesi nell’espressione: « Misericordia io voglio e non sacrifici ».3 A Dio è gradita ogni opera di misericordia, perché nel fratello che aiutiamo riconosciamo il volto di Dio che nessuno può vedere. 4 E ogni volta che ci chiniamo sulle necessità dei fratelli, noi abbiamo dato da mangiare e da bere a Gesù; abbiamo vestito, sostenuto, e visitato il Figlio di Dio. 5 Insomma, abbiamo toccato la carne di Cristo. Siamo dunque chiamati a tradurre in concreto ciò che invochiamo nella preghiera e professiamo nella fede. Non esiste alternativa alla carità: quanti si pongono al servizio dei fratelli, benché non lo sappiano, sono coloro che amano Dio.6 La vita cristiana, tuttavia, non è un semplice aiuto che viene fornito nel momento del bisogno. Se fosse così sarebbe certo un bel sentimento di umana solidarietà che suscita un beneficio immediato, ma sarebbe sterile perché senza radici. L’impegno che il Signore chiede, al contrario, * Die 4 Septembris 2016. 2 Sap 9, 13. 3 Os 6, 6; Mt 9, 13. 4 Cfr Gv 1, 18. 5 Cfr Mt 25, 40. 6 Cfr 1Gv 3, 16-18; Gc 2, 14-18. 1076 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale è quello di una vocazione alla carità con la quale ogni discepolo di Cristo mette al suo servizio la propria vita, per crescere ogni giorno nell’amore. Abbiamo ascoltato nel Vangelo che: « una folla numerosa andava con Gesù ».7 Oggi quella “folla numerosa” è rappresentata dal vasto mondo del volontariato, qui convenuto in occasione del Giubileo della Misericordia. Voi siete quella folla che segue il Maestro e che rende visibile il suo amore concreto per ogni persona. Vi ripeto le parole dell’apostolo Paolo: « La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, poiché il cuore dei credenti è stato confortato per opera tua ».8 Quanti cuori i volontari confortano! Quante mani sostengono; quante lacrime asciugano; quanto amore è riversato nel servizio nascosto, umile e disinteressato! Questo lodevole servizio dà voce alla fede – dà voce alla fede! – ed esprime la misericordia del Padre che si fa vicino a quanti sono nel bisogno. La sequela di Gesù è un impegno serio e al tempo stesso gioioso; richiede radicalità e coraggio per riconoscere il Maestro divino nel più povero e scartato della vita e mettersi al suo servizio. Per questo, i volontari che servono gli ultimi e i bisognosi per amore di Gesù non si aspettano alcun ringraziamento e nessuna gratifica, ma rinunciano a tutto questo perché hanno scoperto il vero amore. E ognuno di noi può dire: “Come il Signore mi è venuto incontro e si è chinato su di me nel momento del bisogno, così anch’io vado incontro a Lui e mi chino su quanti hanno perso la fede o vivono come se Dio non esistesse, sui giovani senza valori e ideali, sulle famiglie in crisi, sugli ammalati e i carcerati, sui profughi e immigrati, sui deboli e indifesi nel corpo e nello spirito, sui minori abbandonati a se stessi, così come sugli anziani lasciati soli. Dovunque ci sia una mano tesa che chiede aiuto per rimettersi in piedi, lì deve esserci la nostra presenza e la presenza della Chiesa che sostiene e dona speranza”. E, questo, farlo con la viva memoria della mano tesa del Signore su di me quando ero a terra. Madre Teresa, in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. Si è impegnata in difesa della vita proclamando incessantemente che « chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero ». 7 8 Lc 14, 25. Fm 7. Acta Francisci Pp. 1077 Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! – della povertà creata da loro stessi. La misericordia è stata per lei il “sale” che dava sapore a ogni sua opera, e la “luce” che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza. La sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri. Oggi consegno questa emblematica figura di donna e di consacrata a tutto il mondo del volontariato: lei sia il vostro modello di santità! Penso che, forse, avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla Santa Teresa: la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che spontaneamente continueremo a dirle “Madre Teresa”. Questa instancabile operatrice di misericordia ci aiuti a capire sempre più che l’unico nostro criterio di azione è l’amore gratuito, libero da ogni ideologia e da ogni vincolo e riversato verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, razza o religione. Madre Teresa amava dire: « Forse non parlo la loro lingua, ma posso sorridere ». Portiamo nel cuore il suo sorriso e doniamolo a quanti incontriamo nel nostro cammino, specialmente a quanti soffrono. Apriremo così orizzonti di gioia e di speranza a tanta umanità sfiduciata e bisognosa di comprensione e di tenerezza. 1078 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale II Occasione CC anniversariae memoriae Corporis Vigilum Civitatis Vaticanae.* Le Letture bibliche di questa domenica ci presentano tre tipi di persona: lo sfruttatore, il truffatore e l’uomo fedele. Lo sfruttatore è quello di cui ci parla il profeta Amos nella prima lettura: 1 si tratta di una persona presa da una forma maniacale di guadagno, fino al punto di provare fastidio e insofferenza verso i giorni liturgici di riposo, perché spezzano il ritmo frenetico del commercio. La sua unica divinità è il denaro, e il suo agire è dominato dalla frode e dallo sfruttamento. A farne le spese sono soprattutto i poveri e gli indigenti, ridotti in schiavitù e il cui prezzo è uguale a quello di un paio di sandali. 2 Purtroppo è un tipo umano che si ritrova in ogni epoca, anche oggi ce ne sono tanti. Il truffatore è l’uomo che non ha fedeltà. Il suo metodo è fare truffe. Ce ne parla il Vangelo con la parabola dell’amministratore disonesto. 3 Come è arrivato questo amministratore al punto di truffare, di rubare al suo padrone? Da un giorno all’altro? No. A poco a poco. Magari elargendo un giorno una mancia qui, l’altro giorno una tangente là, e così a poco a poco si arriva alla corruzione. Nella parabola, il padrone loda l’amministratore disonesto per la sua furbizia. Ma questa è una furbizia tutta mondana e fortemente peccatrice, e che fa tanto male! Esiste invece una furbizia cristiana, di fare le cose con scaltrezza, ma non con lo spirito del mondo: fare le cose onestamente. E questo è buono. È quello che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come le colombe: mettere insieme queste due dimensioni è una grazia dello Spirito Santo, una grazia che dobbiamo chiedere. Anche oggi ce ne sono tanti di questi truffatori, corrotti… A me colpisce vedere come la corruzione è diffusa dappertutto. Il terzo è l’uomo fedele. Il profilo dell’uomo fedele lo possiamo trovare nella seconda lettura.4 Egli infatti è colui che segue Gesù, il quale ha dato * Die 18 Septembris 2016. 1 Cfr 8, 4-7. 2 v. 6. 3 Cfr Lc 16, 1-8. 4 Cfr 1Tm 2, 1-8. Acta Francisci Pp. 1079 se stesso in riscatto per tutti, ha dato la sua testimonianza secondo la volontà del Padre.5 L’uomo fedele è un uomo di preghiera, nel duplice senso che prega per gli altri e confida nella preghiera degli altri per lui, per poter « condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio ».6 L’uomo fedele può camminare a testa alta. Anche il Vangelo ci parla dell’uomo fedele: uno che sa essere fedele sia nelle cose piccole sia in quelle grandi.7 La Parola di Dio ci conduce a una scelta finale: « Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro ».8 Il truffatore ama la truffa e odia l’onestà. Il truffatore ama le tangenti, gli accordi bui, quegli accordi che si fanno nel buio. E la cosa peggiore è che lui crede di essere onesto. Il truffatore ama i soldi, ama le ricchezze: le ricchezze sono un idolo. A lui non importa – come dice il profeta – calpestare i poveri. Sono quelli che hanno le grandi “industrie del lavoro schiavo”. E oggi nel mondo il lavoro schiavo è uno stile di gestione. Cari fratelli, voi che oggi celebrate il vostro compito, qual è il vostro compito? Voi che oggi celebrate 200 anni di servizio, anche contro la truffa, contro i truffatori, contro gli sfruttatori… Con le parole di san Paolo possiamo dire: « Che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità ».9 Il vostro compito è evitare che si facciano le cose brutte come lo sfruttatore e il truffatore. Il vostro compito è difendere e promuovere l’onestà, e tante volte malpagati. Io vi ringrazio per la vostra vocazione; vi ringrazio per il lavoro che fate. So che tante volte dovete lottare contro tentazioni di quelli che vogliono “comprarvi”, e mi sento orgoglioso di sapere che il vostro stile è dire: “No, in questo non c’entro”. Vi ringrazio per questo servizio di due secoli, e mi auguro per tutti voi che la società dello Stato del Vaticano, che la Santa Sede, dall’ultimo fino al massimo, riconoscano il vostro servizio, un servizio che custodisce, un servizio che cerca non solo di fare che le cose vadano nel modo giusto, ma anche di farlo con carità, con tenerezza, e anche rischiando la propria vita. Il Signore vi benedica per tutto questo. Grazie. 5 6 7 8 9 Cfr vv. 5-6. v. 2. Cfr Lc 16, 10. Lc 16, 13. 1Tm 2, 4. 1080 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale III Summo Pontifice Iubilaeum Catechistarum celebrante.* L’Apostolo Paolo nella seconda lettura rivolge a Timoteo, ma anche a noi, alcune raccomandazioni che gli stanno a cuore. Tra queste, chiede di « conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento ».1 Parla semplicemente di un comandamento. Sembra che voglia farci tenere fisso lo sguardo su ciò che è essenziale per la fede. San Paolo, infatti, non raccomanda tanti punti e aspetti, ma sottolinea il centro della fede. Questo centro attorno al quale tutto ruota, questo cuore pulsante che dà vita a tutto è l’annuncio pasquale, il primo annuncio: il Signore Gesù è risorto, il Signore Gesù ti ama, per te ha dato la sua vita; risorto e vivo, ti sta accanto e ti attende ogni giorno. Non dobbiamo mai dimenticarlo. In questo Giubileo dei catechisti, ci è chiesto di non stancarci di mettere al primo posto l’annuncio principale della fede: il Signore è risorto. Non ci sono contenuti più importanti, nulla è più solido e attuale. Ogni contenuto della fede diventa bello se resta collegato a questo centro, se è attraversato dall’annuncio pasquale. Invece, se si isola, perde senso e forza. Siamo chiamati sempre a vivere e annunciare la novità dell’amore del Signore: “Gesù ti ama veramente, così come sei. Fagli posto: nonostante le delusioni e le ferite della vita, lasciagli la possibilità di amarti. Non ti deluderà”. Il comandamento di cui parla San Paolo ci fa pensare anche al comandamento nuovo di Gesù: « che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi ».2 È amando che si annuncia Dio-Amore: non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea, ma una Persona viva: il suo messaggio passa con la testimonianza semplice e vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia. Non si parla bene di Gesù quando si è tristi; nemmeno si trasmette la bellezza di Dio solo facendo belle prediche. Il Dio della speranza si annuncia vivendo nell’oggi il Vangelo della carità, senza paura di testimoniarlo anche con forme nuove di annuncio. * Die 25 Septembris 2016. 1 1Tm 6, 14. 2 Gv 15, 12. Acta Francisci Pp. 1081 Il Vangelo di questa Domenica ci aiuta a capire che cosa vuol dire amare, soprattutto ad evitare alcuni rischi. Nella parabola c’è un uomo ricco, che non si accorge di Lazzaro, un povero che « stava alla sua porta ».3 Questo ricco, in realtà, non fa del male a nessuno, non si dice che è cattivo. Ha però un’infermità più grande di quella di Lazzaro, che pure era « coperto di piaghe »:4 questo ricco soffre di una forte cecità, perché non riesce a guardare al di là del suo mondo, fatto di banchetti e bei vestiti. Non vede oltre la porta di casa sua, dove giace Lazzaro, perché non gli interessa quello che succede fuori. Non vede con gli occhi perché non sente col cuore. Nel suo cuore è entrata la mondanità che anestetizza l’anima. La mondanità è come un “buco nero” che ingoia il bene, che spegne l’amore, perché fagocita tutto nel proprio io. Allora si vedono solo le apparenze e non ci si accorge degli altri, perché si diventa indifferenti a tutto. Chi soffre questa grave cecità assume spesso comportamenti “strabici”: guarda con riverenza le persone famose, di alto rango, ammirate dal mondo, e distoglie lo sguardo dai tanti Lazzaro di oggi, dai poveri e dai sofferenti che sono i prediletti del Signore. Ma il Signore guarda a chi è trascurato e scartato dal mondo. Lazzaro è l’unico personaggio, in tutte le parabole di Gesù, ad essere chiamato per nome. Il suo nome vuol dire: “Dio aiuta”. Dio non lo dimentica, lo accoglierà nel banchetto del suo Regno, insieme ad Abramo, in una ricca comunione di affetti. L’uomo ricco, invece, nella parabola non ha neppure un nome; la sua vita cade dimenticata, perché chi vive per sé non fa la storia. E un cristiano deve fare la storia! Deve uscire da se stesso, per fare la storia! Ma chi vive per sé non fa la storia. L’insensibilità di oggi scava abissi invalicabili per sempre. E noi siamo caduti, in questo momento, in questa malattia dell’indifferenza, dell’egoismo, della mondanità. C’è un altro particolare nella parabola, un contrasto. La vita opulenta di quest’uomo senza nome è descritta come ostentata: tutto in lui reclama bisogni e diritti. Anche da morto insiste per essere aiutato e pretende i suoi interessi. La povertà di Lazzaro, invece, si esprime con grande dignità: dalla sua bocca non escono lamenti, proteste o parole di disprezzo. È un insegnamento valido: come servitori della parola di Gesù siamo chiamati a non ostentare apparenza e a non ricercare gloria; nemmeno possiamo 3 4 Lc 16, 20. Ibid. 1082 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale essere tristi o lamentosi. Non siamo profeti di sventura che si compiacciono di scovare pericoli o deviazioni; non gente che si trincera nei propri ambienti, emettendo giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti, inquinando il mondo di negatività. Lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio. Chi annuncia la speranza di Gesù è portatore di gioia e vede lontano, ha orizzonti, non ha un muro che lo chiude; vede lontano perché sa guardare al di là del male e dei problemi. Al tempo stesso vede bene da vicino, perché è attento al prossimo e alle sue necessità. Il Signore oggi ce lo chiede: dinanzi a tanti Lazzaro che vediamo, siamo chiamati a inquietarci, a trovare vie per incontrare e aiutare, senza delegare sempre ad altri o dire: “ti aiuterò domani, oggi non ho tempo, ti aiuterò domani”. E questo è un peccato. Il tempo per soccorrere gli altri è tempo donato a Gesù, è amore che rimane: è il nostro tesoro in cielo, che ci procuriamo qui sulla terra. In conclusione, cari catechisti e cari fratelli e sorelle, il Signore ci dia la grazia di essere rinnovati ogni giorno dalla gioia del primo annuncio: Gesù è morto e risorto, Gesù ci ama personalmente! Ci doni la forza di vivere e annunciare il comandamento dell’amore, superando la cecità dell’apparenza e le tristezze mondane. Ci renda sensibili ai poveri, che non sono un’appendice del Vangelo, ma una pagina centrale, sempre aperta davanti a tutti. Acta Francisci Pp. 1083 IV Summo Pontifice Vesperas celebrante, occasione L anniversariae memoriae conventus beati Pauli VI et archiepiscopi Cantuariensis simulque erectionis Sedis Anglicanae Romae.* Il profeta Ezechiele, con un’immagine eloquente, descrive Dio come Pastore che raduna le sue pecore disperse. Esse si erano separate le une dalle altre « nei giorni nuvolosi e di caligine ».1 Il Signore sembra così rivolgerci stasera, tramite il profeta, un duplice messaggio. In primo luogo un messaggio di unità: Dio, in quanto Pastore, vuole l’unità nel suo popolo e desidera che soprattutto i Pastori si spendano per questo. In secondo luogo, ci viene detto il motivo delle divisioni del gregge: nei giorni di nuvole e di caligine, abbiamo perso di vista il fratello che ci stava accanto, siamo diventati incapaci di riconoscerci e di rallegrarci dei nostri rispettivi doni e della grazia ricevuta. Questo è accaduto perché si sono addensate, attorno a noi, la caligine dell’incomprensione e del sospetto e, sopra di noi, le nuvole scure dei dissensi e delle controversie, formatesi spesso per ragioni storiche e culturali e non solo per motivi teologici. Ma abbiamo la solida certezza che Dio ama dimorare tra noi, suo gregge e tesoro prezioso. Egli è un Pastore instancabile, che continua ad agire, 2 esortandoci a camminare verso una maggiore unità, che può essere raggiunta soltanto con l’aiuto della sua grazia. Perciò rimaniamo fiduciosi, perché in noi, che pure siamo fragili vasi di creta,3 Dio ama riversare la sua grazia. Egli è convinto che possiamo passare dalla caligine alla luce, dalla dispersione all’unità, dalla mancanza alla pienezza. Questo cammino di comunione è il percorso di tutti i cristiani ed è la vostra particolare missione, in quanto Pastori della Commissione internazionale anglicanacattolica per l’unità e la missione. È una grande chiamata quella ad operare come strumenti di comunione sempre e ovunque. Ciò significa promuovere al tempo stesso l’unità della famiglia cristiana e l’unità della famiglia umana. I due ambiti non solo * Die 5 Octobris 2016. 1 Ez 34, 12. 2 Cfr Gv 5, 17. 3 Cfr 2Cor 4, 7. 1084 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale non si oppongono, ma si arricchiscono a vicenda. Quando, come discepoli di Gesù, offriamo il nostro servizio in maniera congiunta, gli uni a fianco degli altri, quando promuoviamo l’apertura e l’incontro, vincendo la tentazione delle chiusure e degli isolamenti, operiamo contemporaneamente sia a favore dell’unità dei cristiani sia di quella della famiglia umana. Ci riconosciamo così come fratelli che appartengono a tradizioni diverse, ma sono spinti dallo stesso Vangelo a intraprendere la medesima missione nel mondo. Allora sarebbe sempre bene, prima di intraprendere qualche attività, che vi possiate porre queste domande: perché non facciamo questo insieme ai nostri fratelli anglicani?; possiamo testimoniare Gesù agendo insieme ai nostri fratelli cattolici? È condividendo concretamente le difficoltà e le gioie del ministero che ci riavviciniamo gli uni agli altri. Che Dio vi conceda di essere promotori di un ecumenismo audace e reale, sempre in cammino nella ricerca di aprire nuovi sentieri, di cui beneficeranno in primo luogo i vostri confratelli nelle Province e nelle Conferenze Episcopali. Si tratta sempre e anzitutto di seguire l’esempio del Signore, la sua metodologia pastorale, che il profeta Ezechiele ci ricorda: andare in cerca della pecora perduta, ricondurre all’ovile quella smarrita, fasciare quella ferita, curare quella malata. 4 Solo così si raduna il popolo disgregato. Vorrei riferirmi al nostro cammino comune alla sequela di Cristo Buon Pastore, prendendo spunto dal bastone pastorale di san Gregorio Magno, che potrebbe ben simboleggiare il grande significato ecumenico di questo nostro incontro. Papa Gregorio da questo luogo sorgivo di missione scelse e inviò Sant’Agostino di Canterbury e i suoi monaci alle genti anglosassoni, inaugurando una grande pagina di evangelizzazione, che è nostra storia comune e ci lega inscindibilmente. Perciò è giusto che questo pastorale sia un simbolo condiviso del nostro cammino di unità e missione. Al centro della parte ricurva del pastorale è rappresentato l’Agnello Risorto. In tal modo, mentre ci ricorda la volontà del Signore di radunare il gregge e di andare in cerca della pecora smarrita, il pastorale sembra indicarci anche il contenuto centrale dell’annuncio: l’amore di Dio in Gesù Crocifisso e Risorto, Agnello immolato e vivente. È l’amore che ha penetrato l’oscurità della tomba sigillata e ha spalancato le porte alla luce della vita 4 Cfr v. 16. Acta Francisci Pp. 1085 eterna. L’amore dell’Agnello vittorioso sul peccato e sulla morte è il vero messaggio innovativo da portare insieme agli smarriti di oggi e a quanti ancora non hanno la gioia di conoscere il volto compassionevole e l’abbraccio misericordioso del Buon Pastore. Il nostro ministero consiste nell’illuminare le tenebre con questa luce gentile, con la forza inerme dell’amore che vince il peccato e supera la morte. Abbiamo la gioia di riconoscere e celebrare insieme il cuore della fede. Ricentriamoci in esso, senza farci distrarre da quanto, invogliandoci a seguire lo spirito del mondo, vorrebbe distoglierci dalla freschezza originaria del Vangelo. Da lì scaturisce la nostra responsabilità comune, l’unica missione di servire il Signore e l’umanità. È stato anche sottolineato da alcuni autori che i bastoni pastorali, all’altro estremo, hanno spesso una punta. Si può così pensare che il pastorale non ricorda solo la chiamata a condurre e radunare le pecore in nome del Crocifisso Risorto, ma anche a pungolare quelle che tendono a stare troppo vicine e chiuse, esortandole a uscire. La missione dei Pastori è quella di aiutare il gregge loro affidato, perché sia in uscita, in movimento nell’annunciare la gioia del Vangelo; non chiuso in circoli ristretti, in “microclimi” ecclesiali che ci riporterebbero ai giorni di nuvole e caligine. Insieme chiediamo a Dio la grazia di imitare lo spirito e l’esempio dei grandi missionari, attraverso i quali lo Spirito Santo ha rivitalizzato la Chiesa, che si rianima quando esce da sé per vivere e annunciare il Vangelo sulle strade del mondo. Pensiamo a quanto accadde a Edimburgo, alle origini del movimento ecumenico: fu proprio il fuoco della missione a permettere di iniziare a superare gli steccati e abbattere i recinti che ci isolavano e rendevano impensabile un cammino comune. Preghiamo insieme per questo: ci conceda il Signore che da qui sorga un rinnovato slancio di comunione e di missione. 1086 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ALLOCUTIONES I Participibus Iubilaei voluntariatus et operatorum Misericordiae audentiam Pontificiam habentibus.* ... Abbiamo ascoltato l’inno all’amore che l’Apostolo Paolo scrisse per la comunità di Corinto, e che costituisce una delle pagine più belle e più impegnative per la testimonianza della nostra fede.1 Quante volte san Paolo ha parlato dell’amore e della fede nei suoi scritti; eppure in questo testo ci viene offerto qualcosa di straordinariamente grande e originale. Egli afferma che, a differenza della fede e della speranza, l’amore « non avrà mai fine »:2 è per sempre. Questo insegnamento deve essere per noi di una certezza incrollabile; l’amore di Dio non verrà mai meno nella nostra vita e nella storia del mondo. È un amore che rimane sempre giovane, attivo, dinamico e attrae a sé in maniera incomparabile. È un amore fedele che non tradisce, nonostante le nostre contraddizioni. È un amore fecondo che genera e va oltre ogni nostra pigrizia. Di questo amore noi tutti siamo testimoni. L’amore di Dio, infatti, ci viene incontro; è come un fiume in piena che ci travolge senza però sopprimerci; anzi, al contrario, è condizione di vita: « Se non ho l’amore non sono nulla » – dice san Paolo.3 Più ci lasciamo coinvolgere da questo amore e più la nostra vita si rigenera. Dovremmo veramente dire con tutta la nostra forza: sono amato, perciò esisto! L’amore di cui parla l’Apostolo non è qualcosa di astratto e di vago; al contrario, è un amore che si vede, si tocca e si sperimenta in prima persona. La forma più grande ed espressiva di questo amore è Gesù. Tutta la sua persona e la sua vita non è altro che la manifestazione concreta dell’amore del Padre, fino a giungere al momento culminante: « Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi ».4 Questo è amore! Non sono parole, è amore. Dal Calvario, * Die 3 Septembris 2016. 1 Cfr 1Cor 13, 1-13. 2 v. 8. 3 v. 2. 4 Rm 5, 8. Acta Francisci Pp. 1087 dove la sofferenza del Figlio di Dio raggiunge il suo culmine, scaturisce la sorgente dell’amore che cancella ogni peccato e che tutto ricrea in una vita nuova. Portiamo con noi sempre, in maniera indelebile, questa certezza della fede: Cristo « mi ha amato e ha consegnato se stesso per me ».5 Questa è la grande certezza: Cristo mi ha amato, e ha consegnato se stesso per me, per te, per te, per te, per tutti, per ognuno di noi! Niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore di Dio.6 L’amore, dunque, è l’espressione massima di tutta la vita e ci permette di esistere! Davanti a questo contenuto così essenziale della fede, la Chiesa non potrebbe mai permettersi di agire come fecero il sacerdote e il levita nei confronti dell’uomo lasciato mezzo morto per terra. 7 Non si può distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte per non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia. E questo voltarsi dall’altra parte per non vedere la fame, le malattie, le persone sfruttate…, questo è un peccato grave! È anche un peccato moderno, è un peccato di oggi! Noi cristiani non possiamo permetterci questo. Non sarebbe degno della Chiesa né di un cristiano “passare oltre” e supporre di avere la coscienza a posto solo perché abbiamo pregato o perché sono andato a Messa la domenica. No. Il Calvario è sempre attuale; non è affatto scomparso né rimane un bel dipinto nelle nostre chiese. Quel vertice di com-passione, da cui scaturisce l’amore di Dio nei confronti della miseria umana, parla ancora ai nostri giorni e spinge a dare sempre nuovi segni di misericordia. Non mi stancherò mai di dire che la misericordia di Dio non è una bella idea, ma un’azione concreta. Non c’è misericordia senza concretezza. La misericordia non è un fare il bene “di passaggio”, è coinvolgersi lì dove c’è il male, dove c’è la malattia, dove c’è la fame, dove ci sono tanti sfruttamenti umani. E anche la misericordia umana non diventa tale – cioè umana e misericordia – fino a quando non ha raggiunto la sua concretezza nell’agire quotidiano. L’ammonimento dell’apostolo Giovanni rimane sempre valido: « Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità ».8 La verità della misericordia, infatti, si riscontra nei nostri gesti quotidiani che rendono visibile l’agire di Dio in mezzo a noi. 5 6 7 8 Gal 2, 20. Cfr Rm 8, 35-39. Cfr Lc 10, 25-36. 1Gv 3, 18. 1088 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Fratelli e sorelle, voi qui rappresentate il grande e variegato mondo del volontariato. Tra le realtà più preziose della Chiesa ci siete proprio voi che ogni giorno, spesso nel silenzio e nel nascondimento, date forma e visibilità alla misericordia. Voi siete artigiani di misericordia: con le vostre mani, con i vostri occhi, con il vostro ascolto, con la vostra vicinanza, con le vostre carezze… artigiani! Voi esprimete il desiderio tra i più belli nel cuore dell’uomo, quello di far sentire amata una persona che soffre. Nelle diverse condizioni del bisogno e delle necessità di tante persone, la vostra presenza è la mano tesa di Cristo che raggiunge tutti. Voi siete la mano tesa di Cristo: avete pensato questo? La credibilità della Chiesa passa in maniera convincente anche attraverso il vostro servizio verso i bambini abbandonati, gli ammalati, i poveri senza cibo e lavoro, gli anziani, i senzatetto, i prigionieri, i profughi e gli immigrati, quanti sono colpiti dalle calamità naturali… Insomma, dovunque c’è una richiesta di aiuto, là giunge la vostra attiva e disinteressata testimonianza. Voi rendete visibile la legge di Cristo, quella di portare gli uni i pesi degli altri.9 Cari fratelli e sorelle, voi toccate la carne di Cristo con le vostre mani: non dimenticatevi di questo. Voi toccate la carne di Cristo con le vostre mani. Siate sempre pronti nella solidarietà, forti nella vicinanza, solerti nel suscitare la gioia e convincenti nella consolazione. Il mondo ha bisogno di segni concreti di solidarietà, soprattutto davanti alla tentazione dell’indifferenza, e richiede persone capaci di contrastare con la loro vita l’individualismo, il pensare solo a se stessi e disinteressarsi dei fratelli nel bisogno. Siate sempre contenti e pieni di gioia per il vostro servizio, ma non fatene mai un motivo di presunzione che porta a sentirsi migliori degli altri. Invece, la vostra opera di misericordia sia umile ed eloquente prolungamento di Gesù Cristo che continua a chinarsi e a prendersi cura di chi soffre. L’amore, infatti, « edifica »10 e giorno dopo giorno permette alle nostre comunità di essere segno della comunione fraterna. E parlate al Signore di queste cose. Chiamatelo. Fate come ha fatto Sister Preyma, come ci ha raccontato la suora: ha bussato alla porta del tabernacolo. Così coraggiosa! Il Signore ci ascolta: chiamatelo! Signore, guarda questo… Guarda tanta povertà, tanta indifferenza, tanto guardare 9 10 Cfr Gal 6, 2; Gv 13, 34. 1Cor 8, 1. Acta Francisci Pp. 1089 dall’altra parte: “Questo a me non tocca, a me non importa”. Parlatene con il Signore: “Signore, perché? Signore, perché? Perché io sono tanto debole e Tu mi hai chiamato a fare questo servizio? Aiutami, e dammi forza, e dammi umiltà”. Il nocciolo della misericordia è questo dialogo con il cuore misericordioso di Gesù. Domani, avremo la gioia di vedere Madre Teresa proclamata santa. Lo merita! Questa testimonianza di misericordia dei nostri tempi si aggiunge alla innumerevole schiera di uomini e donne che hanno reso visibile con la loro santità l’amore di Cristo. Imitiamo anche noi il loro esempio, e chiediamo di essere umili strumenti nelle mani di Dio per alleviare la sofferenza del mondo e donare la gioia e la speranza della risurrezione. Grazie. E prima di darvi la benedizione, vi invito tutti a pregare in silenzio per tante, tante persone che soffrono; per tanta sofferenza, per tanti che vivono scartati dalla società. Pregare pure per tanti volontari come voi, che vanno incontro alla carne di Cristo per toccarla, curarla, sentirla vicina. E pregare pure per tanti, tanti che davanti a tanta miseria guardano da un’altra parte e nel cuore sentono una voce che dice loro: “A me non tocca, a me non importa”. Preghiamo in silenzio. [silenzio] E lo facciamo anche con la Madonna: Ave o Maria… [Benedizione] 1090 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale II Participantibus symposium promotum Organizatione Statuum Americanorum necnon Instituto Bonaërensi pro dialogo interreligioso audientiam Pontificiam habentibus.* Señoras y señores: Me alegra darles la bienvenida a todos ustedes, que participan en este Primer encuentro: América en diálogo – Nuestra casa común. Agradezco a la Organización de los Estados Americanos y al Instituto del Diálogo Interreligioso de Buenos Aires sus esfuerzos para hacer realidad este evento, y así como la colaboración del Pontificio Consejo para el Diálogo Interreligioso. Sé que están trabajando conjuntamente en el proyecto de constituir un Instituto de Diálogo que abarque a todo el continente americano. Trabajar juntos es una loable iniciativa y los invito a seguir adelante para el bien no sólo de América, sino del mundo entero. Este primer encuentro se ha centrado en el estudio de la Encíclica Laudato si’. En ella he querido llamar la atención sobre la importancia de amar, respetar y salvaguardar nuestra casa común. No podemos dejar de admirarnos por la belleza y la armonía que existe en todo lo creado; es ese regalo que Dios nos hace para que podamos hallarlo y contemplarlo en su obra. Es importante apostar por una « ecología integral », en el que el respeto por las criaturas valore la riqueza que encierran en sí mismas y ponga al ser humano como culmen de la creación. Las religiones tienen un rol muy importante en esta tarea de promover el cuidado y el respeto del medio ambiente, sobre todo en esta ecología integral. La fe en Dios nos lleva a reconocerlo en su creación, que es fruto de su Amor hacia nosotros, y nos llama a cuidar y proteger la naturaleza. Para esto, es necesario que las religiones promuevan una verdadera educación, a todos los niveles, que ayude a difundir una actitud responsable y atenta hacia las exigencias del cuidado de nuestro mundo; y, de modo especial, proteger, promover, defender los derechos humanos.1 Por ejemplo, una cosa interesante sería que cada uno de los participantes se preguntara * Die 8 Septembris 2016. 1 Cf. Enc. Laudato si’, 201. Acta Francisci Pp. 1091 cómo en su país, en su ciudad, en su medio ambiente, o en su creencia religiosa, en su comunidad religiosa, en las escuelas, han incorporado esto. Creo que todavía estamos a nivel de « escuela nido » en esto. O sea, incorporar la responsabilidad, no sólo como materia sino como conciencia, en una educación integral. Nuestras tradiciones religiosas son una fuente necesaria de inspiración para fomentar una cultura del encuentro. Es fundamental la cooperación interreligiosa, basada en la promoción de un diálogo sincero y respetuoso. Si no existe respeto recíproco no existirá diálogo interreligioso. Yo recuerdo en mi ciudad, cuando yo era chico, algún párroco por allí mandaba quemar las carpas de los evangélicos, y gracias a Dios se ha superado eso; si no existe respeto recíproco no existirá un diálogo interreligioso, es la base para poder caminar juntos y afrontar desafíos. Este diálogo está fundado en la propia identidad y en la confianza mutua que nace cuando soy capaz de reconocer al otro como don de Dios y acepto que tiene algo que decirme. El otro tiene algo que decirme. Cada encuentro con el otro es una pequeña semilla que se deposita; si se riega con el trato asiduo y respetuoso, basado en la verdad, crecerá un árbol frondoso, con multitud de frutos, donde todos podrán cobijarse y alimentarse, y nadie estará excluido, y en él todos formarán parte de un proyecto común, uniendo sus esfuerzos y aspiraciones. En este camino de diálogo, somos testigos de la bondad de Dios, que nos ha dado la vida; ésta es sagrada y debe ser respetada, no menospreciada. El creyente es un defensor de la creación y de la vida, no puede permanecer mudo o de brazos cruzados ante tantos derechos aniquilados impunemente; el hombre y la mujer de fe están llamados a defender la vida en todas sus etapas, la integridad física y las libertades fundamentales, como la libertad de conciencia, de pensamiento, de expresión y de religión. Es un deber que tenemos, pues creemos que Dios es el artífice de la creación y nosotros instrumentos en sus manos para lograr que todos los hombres y mujeres sean respetados en su dignidad y derechos, y puedan realizarse como personas. El mundo constantemente nos observa a nosotros, los creyentes, para comprobar cuál es nuestra actitud ante la casa común y ante los derechos humanos; además nos pide que colaboremos entre nosotros y con los hombres y mujeres de buena voluntad, que no profesan ninguna religión, para que demos respuestas efectivas a tantas plagas de nuestro mundo, como la 1092 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale guerra y el hambre, la miseria que aflige a millones de personas, la crisis ambiental, la violencia, la corrupción y el degrado moral, la crisis de la familia, de la economía y, sobre todo, la falta de esperanza. El mundo de hoy sufre y necesita nuestra ayuda conjunta, así lo está pidiendo. ¿Se dan cuenta que esto está a años luz de cualquier concepción proselitista? Además, constatamos con dolor que a veces el nombre de la religión es usado para cometer atrocidades, como el terrorismo, y sembrar miedo y violencia y, en consecuencia, las religiones son señaladas como responsables del mal que nos rodea. Es necesario condenar de forma conjunta y rotunda estas acciones abominables y tomar distancias de todo lo que busca envenenar los ánimos, dividir y destruir la convivencia; hace falta mostrar los valores positivos inherentes a nuestras tradiciones religiosas para lograr un sólido aporte de esperanza. Por este motivo, son importantes los encuentros, como el presente. Es necesario que compartamos los dolores como también las esperanzas, para poder caminar juntos, cuidando el uno del otro, y también de la creación, en defensa y promoción del bien común. Qué bueno sería dejar el mundo mejor que como lo encontramos. Es lindo eso, en un diálogo habido hace un par de años, un entusiasta del cuidado de la casa común decía: tenemos que dejar para nuestros hijos un mundo mejor. Y ¿habrá hijos para eso?, contestó el otro. Por último, este encuentro se realiza en el año dedicado al Jubileo de la Misericordia; y esta tiene un valor universal que abarca tanto a los creyentes como a los que no lo son, porque el amor misericordioso de Dios no tiene límites: ni de cultura, ni de raza, ni de lengua, ni de religión; abraza a todos los que sufren en el cuerpo y en el espíritu. Además, el amor de Dios envuelve a toda su creación; y nosotros como creyentes tenemos una responsabilidad de defender, cuidar y sanar al que lo necesita. Que esta circunstancia del Año Jubilar sea una ocasión para abrir posteriores espacios de diálogo, para salir al encuentro del hermano que sufre, como también para luchar para que nuestra casa común sea un hogar, donde todos tengamos cabida y nadie sea excluido ni eliminado. Cada ser humano es el regalo más grande que Dios nos puede dar. Los invito a trabajar y a impulsar iniciativas de forma conjunta, para que entre todos tomemos conciencia del cuidado y protección de la casa común, construyendo un mundo cada vez más humano, donde nadie sobra y donde todos somos necesarios. Y pido a Dios que nos bendiga a todos nosotros. Acta Francisci Pp. 1093 III Occasione audientiae ad participantes seminarium renovationis episcopis regionum missionis.* Cari Fratelli, il Seminario di aggiornamento per i Vescovi di recente nomina, promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, mi offre la lieta occasione di incontrarvi e di salutarvi ad uno ad uno. Ringrazio il Cardinale Fernando Filoni per le sue parole e per tutto il lavoro che porta avanti con i collaboratori del Dicastero. Venendo a Roma in questo Anno Santo della Misericordia, vi siete uniti a tanti pellegrini di ogni parte del mondo: questa esperienza ci fa tanto bene, a tutti; ci fa sentire che siamo tutti pellegrini, pellegrini della misericordia, tutti abbiamo bisogno della grazia di Cristo per essere misericordiosi come il Padre. Ogni Vescovo sperimenta in prima persona questa realtà e, come vicario del « Pastore grande delle pecore »,1 è chiamato a manifestare con la vita e il ministero episcopale la paternità di Dio, la bontà, la sollecitudine, la misericordia, la dolcezza e insieme l’autorevolezza di Cristo, venuto per dare la vita e per fare di tutti gli uomini una sola famiglia, riconciliata nell’amore del Padre. Ognuno di voi è stato posto come Pastore nella sua Diocesi per reggere la Chiesa di Dio nel nome del Padre, del quale rendete presente l’immagine; nel nome di Gesù Cristo suo Figlio, dal quale siete stati costituiti maestri, sacerdoti e guide, e nel nome dello Spirito Santo, che dà vita alla Chiesa.2 I luoghi da cui provenite sono diversi e distanti tra loro, e appartengono alla grande costellazione dei cosiddetti “territori di missione”. Pertanto ognuno di voi ha il grande privilegio e al tempo stesso la responsabilità di essere in prima fila nell’evangelizzazione. A immagine del Buon Pastore, siete inviati a curare il gregge e andare in cerca delle pecore, specialmente di quelle lontane o smarrite; a ricercare pure nuove modalità per l’annuncio, per andare incontro alle persone; ad aiutare chi ha ricevuto il dono del Battesimo a crescere nella fede, perché i credenti, anche quelli “tiepidi” * Die 9 Septembris 2016. 1 Cfr Eb 13, 20. 2 Cfr Esort. ap. postsin. Pastores gregis, 7. 1094 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale o non praticanti, scoprano nuovamente la gioia della fede e una fecondità evangelizzatrice.3 Per questo vi incoraggio ad incontrare anche le pecore che non appartengono ancora all’ovile di Cristo: infatti « l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato ».4 Nell’opera missionaria potete avvalervi di diversi collaboratori. Molti fedeli laici, immersi in un mondo segnato da contraddizioni e ingiustizie, sono disponibili a cercare il Signore e a rendergli testimonianza. Spetta prima di tutto al Vescovo incoraggiare, accompagnare e stimolare tutti i tentativi e gli sforzi che già si fanno per mantenere viva la speranza e la fede. Le Chiese giovani di cui siete i Pastori si caratterizzano per la presenza di un clero locale a volte numeroso, a volte scarso o addirittura esiguo. In ogni caso, vi invito a prestare attenzione alla preparazione dei presbiteri negli anni di Seminario, senza smettere di accompagnarli nella formazione permanente dopo l’Ordinazione. Sappiate offrire loro un esempio concreto e tangibile. Per quanto vi è possibile, cercate di partecipare con loro ai principali momenti formativi, avendo sempre cura anche della dimensione personale. Non dimenticatevi che il prossimo più prossimo del Vescovo è il presbitero. Ogni presbitero deve sentire la vicinanza del suo Vescovo. Quando un Vescovo sente una chiamata telefonica del presbitero, o gli arriva una lettera, risponde subito, subito! Il giorno stesso, se è possibile. Ma quella vicinanza deve cominciare nel seminario, nella formazione, e continuare. Il prossimo più prossimo del Vescovo è il presbitero. Il dinamismo del sacramento dell’Ordine, la vocazione stessa e la missione episcopale, come il dovere di seguire attentamente i problemi e le questioni concrete della società da evangelizzare, chiedono ad ogni Vescovo di tendere verso la pienezza della maturità di Cristo. 5 Anche attraverso la testimonianza della propria maturità umana, spirituale ed intellettuale, incentrata sulla carità pastorale, risplenda sempre più chiaramente in voi la carità di Cristo e la sollecitudine della Chiesa verso tutti gli uomini. Vigilate attentamente perché tutto ciò che si mette in atto per l’evangelizzazione e le diverse attività pastorali di cui siete promotori non venga danneggiato o vanificato da divisioni già presenti o che si possono creare. 3 4 5 Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 11. Ibid., 14. Cfr Ef 4, 13. Acta Francisci Pp. 1095 Le divisioni sono l’arma che il diavolo ha più alla mano per distruggere la Chiesa da dentro. Ha due armi, ma quella principale è la divisione; l’altra sono i soldi. Il diavolo entra per le tasche e distrugge con la lingua, con le chiacchiere che dividono, e l’abitudine a chiacchierare è un’abitudine di “terrorismo”. Il chiacchierone è un “terrorista” che butta la bomba – la chiacchiera – per distruggere. Per favore, lottate contro le divisioni, perché è una delle armi che ha il diavolo per distruggere la Chiesa locale e la Chiesa universale. In particolare, le differenze dovute alle varie etnie presenti in uno stesso territorio non devono penetrare nelle comunità cristiane fino a prevalere sul loro bene. Ci sono sfide difficili da risolvere, ma con la grazia di Dio, la preghiera, la penitenza, si può. La Chiesa è chiamata a sapersi porre sempre al di sopra delle connotazioni tribali-culturali e il Vescovo, visibile principio di unità, ha il compito di edificare incessantemente la Chiesa particolare nella comunione di tutti i suoi membri. Cari fratelli, sono sicuro che quanto avete potuto condividere in questi giorni aiuterà ciascuno a portare avanti con entusiasmo il proprio ministero. Curate il popolo di Dio a voi affidato, curate i presbiteri, curate i seminaristi. Questo è il vostro lavoro. Maria nostra Madre vi protegga e vi sostenga. Da parte mia, vi assicuro la mia preghiera; e anche voi, per favore, pregate per me, ne ho bisogno anch’io! 1096 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale IV Occasione audientiae ad participantes Cursum Institutionis Novis Episcopis.* Cari Fratelli, buongiorno! Siete quasi alla fine di queste feconde giornate trascorse a Roma per approfondire la ricchezza del mistero al quale Dio vi ha chiamati come Vescovi della Chiesa. Saluto con gratitudine la Congregazione dei Vescovi e la Congregazione per le Chiese Orientali. Saluto il Cardinale Ouellet e lo ringrazio per le sue cortesi parole, fraterne parole. Nelle persone del Cardinale Ouellet e del Cardinale Sandri vorrei ringraziare per il generoso lavoro svolto per la nomina dei Vescovi e per l’impegno della preparazione di questa settimana. Sono lieto di accogliervi e di poter condividere con voi alcuni pensieri che vengono al cuore del Successore di Pietro quando vedo davanti a me coloro che sono stati “pescati” dal cuore di Dio per guidare il suo Popolo Santo. 1. Il brivido di essere stati amati in anticipo Sì! Dio vi precede nella sua amorevole conoscenza! Egli vi ha “pescato” con l’amo della sua sorprendente misericordia. Le sue reti sono andate misteriosamente stringendosi e non avete potuto fare a meno di lasciarvi catturare. So bene che ancora un brivido vi pervade al ricordo della sua chiamata arrivata attraverso la voce della Chiesa, Sua Sposa. Non siete i primi ad essere percorsi da tale brivido. Lo è stato anche Mosè, che si credeva solo nel deserto e si scoprì invece rintracciato e attirato da Dio che gli affidò il proprio Nome, non per lui, ma per il suo popolo.1 Gli affida il Nome per il popolo, non dimenticare questo. E continua a salire a Dio il grido di dolore della sua gente, e sappiate che questa volta è il vostro nome che il Padre ha voluto pronunciare, perché voi pronunciate il suo Nome al popolo. Lo è stato anche Natanaele, che, visto quando era ancora “sotto il fico”, 2 con stupore si ritrova custode della visione dei cieli che definitivamente si * Die 16 Septembris 2016. 1 Cfr Es 3. 2 Gv 1, 48. Acta Francisci Pp. 1097 aprono. Ecco, la vita di tanti è ancora priva di questo varco che dà accesso all’alto, e voi siete stati visti da lontano per guidare verso la meta. Non accontentatevi di meno! Non fermatevi a metà strada! Lo è stata anche la Samaritana, “conosciuta” dal Maestro al pozzo del villaggio, che poi chiama i compaesani all’incontro di Colui che possiede l’Acqua Viva.3 È importante essere consapevoli che nelle vostre Chiese non c’è bisogno di cercare “da un mare all’altro” perché la Parola di cui la gente ha fame e sete può trovarla sulle vostre labbra.4 Percorsi da tale brivido sono stati anche gli Apostoli quando, svelati “i pensieri dei loro cuori”, con fatica hanno scoperto l’accesso alla segreta via di Dio, che abita nei piccoli e si nasconde a chi basta a se stesso.5 Non vergognatevi delle volte in cui pure voi siete stati sfiorati da tale lontananza dai pensieri di Dio. Anzi, abbandonate la pretesa dell’autosufficienza per affidarvi come bambini a Colui che ai piccoli rivela il suo Regno. Perfino i farisei sono stati scossi da tale brivido, quando spesso sono stati smascherati dal Signore che conosceva i loro pensieri, così pretenziosi da voler misurare il potere di Dio con la ristrettezza del proprio sguardo e così blasfemi da mormorare contro la sovrana libertà del suo amore salvifico.6 Dio vi scampi dal rendere vano tale brivido, dall’addomesticarlo e svuotarlo della sua potenza “destabilizzante”. Lasciatevi “destabilizzare”: questo è buono, per un vescovo. 2. Ammirabile condiscendenza! È bello lasciarsi trafiggere dalla conoscenza amorevole di Dio. È consolante sapere che Egli davvero sa chi siamo e non si spaventa della nostra pochezza. È rasserenante conservare nel cuore la memoria della sua voce che ha chiamato proprio noi, nonostante le nostre insufficienze. Dona pace abbandonarsi alla certezza che sarà Lui, e non noi, a portare a compimento quanto Egli stesso ha iniziato. Tanti oggi si mascherano e si nascondono. Amano costruire personaggi e inventare profili. Si rendono schiavi delle misere risorse che racimolano e a cui si aggrappano come se bastassero per comprarsi l’amore che non ha prezzo. 3 4 5 6 Cfr Gv 4, 16-19. Cfr Am 8, 11-13. Cfr Lc 9, 46-48. Mt 12, 24-25. 1098 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Non sopportano il brivido di sapersi conosciuti da Qualcuno che è più grande e non disprezza il nostro poco, è più Santo e non rinfaccia la nostra debolezza, è buono davvero e non si scandalizza delle nostre piaghe. Non sia così per voi: lasciate che tale brivido vi percorra, non rimuovetelo né silenziatelo. 3. Varcare il cuore di Cristo, la vera Porta della Misericordia Per tutto questo, domenica prossima, nel varcare la Porta Santa del Giubileo della Misericordia, che ha attirato a Cristo milioni di pellegrini dell’Urbe e dell’Orbe, vi invito a vivere intensamente una personale esperienza di gratitudine, di riconciliazione, di affidamento totale, di consegna senza riserve della propria vita al Pastore dei Pastori. Varcando Cristo, la sola Porta, ponete il vostro sguardo nel Suo sguardo. Lasciate che Egli vi raggiunga “miserando atque eligendo”. La più preziosa ricchezza che potete portare da Roma all’inizio del vostro ministero episcopale è la consapevolezza della misericordia con la quale siete stati guardati e scelti. Il solo tesoro che vi prego di non lasciare arrugginire in voi è la certezza che non siete abbandonati alle vostre forze. Siete Vescovi della Chiesa, partecipi di un unico Episcopato, membri di un indivisibile Collegio, saldamente innestati come umili tralci nella vite, senza la quale nulla potete fare.7 Poiché ormai non potete più andare da soli da nessuna parte, perché portate la Sposa a voi affidata come un sigillo impresso sulla vostra anima, nell’attraversare la Porta Santa, fatelo caricando sulle spalle il vostro gregge: non da soli!, col gregge sulle spalle, e portando nel cuore il cuore della vostra Sposa, delle vostre Chiese. 4. Il compito di rendere pastorale la misericordia È un compito non facile. Domandate a Dio, che è ricco di misericordia, il segreto per rendere pastorale la sua misericordia nelle vostre diocesi. Bisogna, infatti, che la misericordia formi e informi le strutture pastorali delle nostre Chiese. Non si tratta di abbassare le esigenze o svendere a buon mercato le nostre perle. Anzi, la sola condizione che la perla preziosa pone a coloro che la trovano è quella di non poter reclamare meno del tutto; la sua unica pretesa è suscitare nel cuore di chi la trova il bisogno di rischiarsi per intero pur di averla. 7 Gv 15, 4-5. Acta Francisci Pp. 1099 Non abbiate paura di proporre la Misericordia come riassunto di quanto Dio offre al mondo, perché a nulla di più grande il cuore dell’uomo può aspirare. Qualora ciò non fosse abbastanza per “piegare ciò che è rigido, scaldare ciò che è gelido, drizzare ciò che è sviato”, cos’altro avrebbe potere sull’uomo? Allora saremmo disperatamente condannati all’impotenza. Forse le nostre paure avrebbero il potere di contrastare i muri e dischiudere varchi? Per caso le nostre insicurezze e sfiducie sono in grado di suscitare dolcezza e consolazione nella solitudine e nell’abbandono? Come ha insegnato il mio venerato e saggio Predecessore, è « la misericordia che pone un limite al male. In essa si esprime la natura tutta peculiare di Dio – la sua santità, il potere della verità e dell’amore ». Essa è « il modo con il quale Dio si oppone al potere delle tenebre con il suo potere diverso e divino », appunto « quello della misericordia ».8 Dunque, non vi lasciate spaventare dalla prepotente insinuazione della notte. Conservate intatta la certezza di questo potere umile con il quale Dio bussa al cuore di ogni uomo: santità, verità e amore. Rendere pastorale la Misericordia non è altro che fare delle Chiese a voi affidate delle case dove albergano santità, verità e amore. Albergano come ospiti venuti dall’alto, di cui non si può impadronirsi, ma si devono sempre servire e ripetere: « Non passare oltre senza fermarti dal tuo servo »:9 è la richiesta di Abramo. 5. Tre raccomandazioni per rendere pastorale la Misericordia Tre piccoli pensieri vorrei offrirvi come contributo per questo immane compito che vi attende: quello di rendere pastorale, per mezzo del vostro ministero, la Misericordia, cioè accessibile, tangibile, incontrabile. 5.1. Siate Vescovi capaci di incantare e attirare Fate del vostro ministero un’icona della Misericordia, la sola forza capace di sedurre ed attrarre in modo permanente il cuore dell’uomo. Anche il ladro all’ultima ora si è lasciato trascinare da Colui in cui ha “trovato solo bene”.10 Nel vederlo trafitto sulla croce, si battevano il petto confessando quanto non avrebbero mai potuto riconoscere di se stessi se non fossero stati spiazzati da quell’amore che non avevano mai conosciuto prima e che 8 9 10 Benedetto XVI, Omelia, 15 aprile 2007. Gen 18, 3. Cfr Lc 23, 41. 1100 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale tuttavia sgorgava gratuitamente e abbondantemente! Un dio lontano e indifferente lo si può anche ignorare, ma non si resiste facilmente a un Dio così vicino e per di più ferito per amore. La bontà, la bellezza, la verità, l’amore, il bene – ecco quanto possiamo offrire a questo mondo mendicante, sia pure in ciotole mezze rotte. Non si tratta tuttavia di attrarre a se stessi: questo è un pericolo! Il mondo è stanco di incantatori bugiardi. E mi permetto di dire: di preti “alla moda” o di vescovi “alla moda”. La gente “fiuta” – il popolo di Dio ha il fiuto di Dio – la gente “fiuta” e si allontana quando riconosce i narcisisti, i manipolatori, i difensori delle cause proprie, i banditori di vane crociate. Piuttosto, cercate di assecondare Dio, che già si introduce prima ancora del vostro arrivo. Penso a Eli con il piccolo Samuele, nel Primo Libro di Samuele. Benché fosse un tempo in cui « la parola del Signore era rara […], le visioni non erano frequenti »,11 Dio tuttavia non si era rassegnato a scomparire. Solo alla terza volta, l’assonnato Eli ha capito che il giovane Samuele non aveva bisogno della sua risposta ma di quella di Dio. Vedo il mondo oggi come un confuso Samuele, bisognoso di chi possa distinguere, nel grande rumore che turba la sua agonia, la segreta voce di Dio che lo chiama. Servono persone che sappiano far emergere dagli sgrammaticati cuori odierni l’umile balbettare: « Parla, Signore ».12 Servono ancora di più coloro che sanno favorire il silenzio che rende questa parola ascoltabile. Dio non si arrende mai! Siamo noi che, abituati alla resa, spesso ci accomodiamo preferendo lasciarci convincere che veramente hanno potuto eliminarlo e inventiamo discorsi amari per giustificare la pigrizia che ci blocca nel suono immobile delle vane lamentele. Le lamentele di un vescovo sono cose brutte. 5.2. Siate Vescovi capaci di iniziare coloro che vi sono stati affidati Tutto quanto è grande ha bisogno di un percorso per potervisi addentrare. Tanto più la Misericordia divina, che è inesauribile! Una volta afferrati dalla Misericordia, essa esige un percorso introduttivo, un cammino, una strada, una iniziazione. Basta guardare la Chiesa, Madre nel generare per Dio e Maestra nell’iniziare coloro che genera perché comprendano la verità 11 12 3, 1. 3, 9. Acta Francisci Pp. 1101 in pienezza. Basta contemplare la ricchezza dei suoi Sacramenti, sorgente sempre da rivisitare, anche nella nostra pastorale, che altro non vuol essere che il compito materno della Chiesa di nutrire coloro che sono nati da Dio e per mezzo di Lei. La Misericordia di Dio è la sola realtà che consente all’uomo di non perdersi definitivamente, anche quando sventuratamente egli cerca di sfuggire al suo fascino. In essa l’uomo può sempre essere certo di non scivolare in quel baratro in cui si ritrova privo di origine e destino, di senso e orizzonte. Il volto della Misericordia è Cristo. In Lui essa rimane una offerta permanente e inesauribile; in Lui essa proclama che nessuno è perduto – nessuno è perduto! –. Per Lui ognuno è unico! Unica pecora per la quale Egli rischia nella tempesta; unica moneta comprata con il prezzo del suo sangue; unico figlio che era morto ed ora è tornato vivo.13 Vi prego di non avere altra prospettiva da cui guardare i vostri fedeli che quella della loro unicità, di non lasciare nulla di intentato pur di raggiungerli, di non risparmiare alcuno sforzo per recuperarli. Siate Vescovi capaci di iniziare le vostre Chiese a questo abisso di amore. Oggi si chiede troppo frutto da alberi che non sono stati abbastanza coltivati. Si è perso il senso dell’iniziazione, e tuttavia nelle cose veramente essenziali della vita si accede soltanto mediante l’iniziazione. Pensate all’emergenza educativa, alla trasmissione sia dei contenuti sia dei valori, pensate all’analfabetismo affettivo, ai percorsi vocazionali, al discernimento nelle famiglie, alla ricerca della pace: tutto ciò richiede iniziazione e percorsi guidati, con perseveranza, pazienza e costanza, che sono i segni che distinguono il buon pastore dal mercenario. Mi viene in mente Gesù che inizia i suoi discepoli. Prendete i Vangeli e osservate come il Maestro introduce con pazienza i suoi nel Mistero della propria persona e alla fine, per imprimere dentro di loro la sua persona, Egli dona lo Spirito che “insegna tutte le cose”.14 Sempre mi colpisce una annotazione di Matteo durante il discorso delle parabole che dice così: « Poi [Gesù] congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: “Spiegaci…” ».15 Vorrei soffermarmi su questa annotazione apparentemente irrilevante. Gesù entra in casa, nell’intimità con i suoi, la 13 14 15 Cfr Lc 15. Cfr Gv 16, 13. 13, 36. 1102 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale folla resta fuori, si accostano i discepoli, domandano spiegazioni. Gesù era sempre immerso nelle cose del suo Padre con il quale coltivava l’intimità nella preghiera. Perciò poteva essere presente a se stesso e agli altri. Usciva verso la folla, ma aveva la libertà di rientrare. Vi raccomando la cura dell’intimità con Dio, sorgente del possesso e della consegna di sé, della libertà di uscire e di tornare. Essere Pastori in grado anche di rientrare in casa con i vostri, di suscitare quella sana intimità che consente loro di accostarsi, di creare quella fiducia che permette la domanda: “Spiegaci”. Non si tratta di una qualsiasi spiegazione, ma del segreto del Regno. È una domanda rivolta a voi in prima persona. Non si può delegare a qualcun altro la risposta. Non si può rimandare a dopo perché si vive in giro, in un imprecisato “altrove”, andando da qualche parte o tornando da qualche luogo, spesso non ben saldi su se stessi. Vi prego di curare con speciale premura le strutture di iniziazione delle vostre Chiese, particolarmente i seminari. Non lasciatevi tentare dai numeri e dalla quantità delle vocazioni, ma cercate piuttosto la qualità del discepolato. Né numeri né quantità: soltanto qualità. Non private i seminaristi della vostra ferma e tenera paternità. Fateli crescere fino al punto di acquisire la libertà di stare in Dio “tranquilli e sereni come bimbi svezzati in braccio alla loro madre”;16 non preda dei propri caprici e succubi delle proprie fragilità, ma liberi di abbracciare quanto Dio chiede loro, anche quando ciò non sembra dolce come fu all’inizio il grembo materno. E state attenti quando qualche seminarista si rifugia nelle rigidità: sotto c’è sempre qualcosa di brutto. 5.3. Siate Vescovi capaci di accompagnare Consentitemi di farvi un’ultima raccomandazione per rendere pastorale la Misericordia. E qui sono obbligato a riportarvi di nuovo sulla strada di Gerico per contemplare il cuore del Samaritano che si squarcia come un ventre di una madre, toccato dalla misericordia di fronte a quell’uomo senza nome caduto in mano ai briganti. Prima di tutto c’è stato questo lasciarsi lacerare dalla visione del ferito, mezzo morto, e poi viene la serie impressionante di verbi che conoscete tutti. Verbi, non aggettivi, come spesso preferiamo noi. Verbi nei quali la misericordia si coniuga. 16 Cfr Sal 131, 2). Acta Francisci Pp. 1103 Rendere pastorale la misericordia è proprio questo: coniugarla in verbi, renderla palpabile e operativa. Gli uomini hanno bisogno della misericordia; sono, pur inconsapevolmente, alla sua ricerca. Sanno bene di essere feriti, lo sentono, sanno bene di essere “mezzi morti”,17 pur avendo paura di ammetterlo. Quando inaspettatamente vedono la misericordia avvicinarsi, allora esponendosi tendono la mano per mendicarla. Sono affascinati dalla sua capacità di fermarsi, quando tanti passano oltre; di chinarsi, quando un certo reumatismo dell’anima impedisce di piegarsi; di toccare la carne ferita, quando prevale la preferenza per tutto ciò che è asettico. Vorrei soffermarmi su uno dei verbi coniugati dal Samaritano. Lui accompagna all’albergo l’uomo per caso incontrato, si fa carico della sua sorte. Si interessa della sua guarigione e del suo domani. Non gli basta quello che aveva già fatto. La misericordia, che aveva spezzato il suo cuore, ha bisogno di versarsi e di sgorgare. Non si può tamponarla. Non si riesce a farla smettere. Pur essendo solo un samaritano, la misericordia che lo ha colpito partecipa della pienezza di Dio, pertanto nessuna diga la può sbarrare. Siate Vescovi con il cuore ferito da una tale misericordia e dunque instancabile nell’umile compito di accompagnare l’uomo che “per caso” Dio ha messo sulla vostra strada. Dovunque andiate, ricordate che non è lontana la strada di Gerico. Le vostre Chiese sono piene di tali strade. Molto vicino a voi non sarà difficile incontrare chi attende non un “levita” che volta la faccia, ma un fratello che si fa prossimo. Accompagnate per primo, e con paziente sollecitudine, il vostro clero. Siate vicini al vostro clero. Vi prego di portare ai vostri sacerdoti l’abbraccio del Papa e l’apprezzamento per la loro operosa generosità. Cercate di ravvivare in loro la consapevolezza che è Cristo la loro “sorte”, la loro “parte e fonte di eredità”, la parte che tocca a loro bere nel “calice”.18 Chi altro potrà riempire il cuore di un servitore di Dio e della sua Chiesa al di fuori di Cristo? Vi prego pure di agire con grande prudenza e responsabilità nell’accogliere candidati o incardinare sacerdoti nelle vostre Chiese locali. Per favore, prudenza e responsabilità in questo. Ricordate che sin dagli inizi si è voluto inscindibile il rapporto tra una Chiesa locale e i suoi sacerdoti e non si è mai accettato un clero vagante o in transito da un posto all’altro. E questa è una malattia dei nostri tempi. 17 18 Cfr Lc 10, 30. Cfr Sal 16, 5. 1104 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Uno speciale accompagnamento riservate a tutte le famiglie, gioendo con il loro amore generoso e incoraggiando l’immenso bene che elargiscono in questo mondo. Seguite soprattutto quelle più ferite. Non “passate oltre” davanti alle loro fragilità. Fermatevi per lasciare che il vostro cuore di pastori sia trafitto dalla visione della loro ferita; avvicinatevi con delicatezza e senza paura. Mettete davanti ai loro occhi la gioia dell’amore autentico e della grazia con la quale Dio lo eleva alla partecipazione del proprio Amore. Tanti hanno bisogno di riscoprirla, altri non l’hanno mai conosciuta, alcuni aspettano di riscattarla, non pochi dovranno portarsi addosso il peso di averla irrimediabilmente perduta. Vi prego di fare loro compagnia nel discernimento e con empatia. Cari Fratelli, ora pregheremo insieme e io vi benedirò con tutto il mio cuore di pastore, di padre e di fratello. La benedizione è sempre l’invocazione del volto di Dio su di noi. È Cristo il volto di Dio che mai si oscura. Nel benedirvi chiederò a Lui che cammini con voi e che vi dia il coraggio di camminare con Lui. È il suo volto che ci attrae, si imprime in noi e ci accompagna. Così sia! Acta Francisci Pp. 1105 V Occasione audientiae ad participantes Conventum Legatorum Pontificiorum.* 1 Cari Confratelli, sono lieto per questo momento di preghiera giubilare, che, oltre a richiamarci come Pastori a riscoprire le radici della Misericordia, è occasione per rinnovare, attraverso di voi, il legame tra il Successore di Pietro e le diverse Chiese locali presso le quali siete portatori e artigiani di quella comunione che è linfa per la vita della Chiesa e per l’annuncio del suo messaggio. Ringrazio il Cardinale Parolin per le sue parole e la Segreteria di Stato per la generosità con cui ha preparato queste giornate di incontro. Benvenuti a Roma! Riabbracciarla in quest’ora giubilare ha per voi un significato speciale. Qui dimorano tante delle vostre sorgenti e delle vostre memorie. Qui siete arrivati ancora giovani con il proposito di servire Pietro, qui ritornate spesso per incontrarlo, e da qui continuate a ripartire come suoi inviati portando il suo messaggio, la sua vicinanza, la sua testimonianza. Infatti, qui Pietro c’è fin dagli albori della Chiesa; qui Pietro c’è oggi nel Papa che la provvidenza ha voluto che ci fosse; qui Pietro ci sarà domani, ci sarà sempre! Così ha voluto il Signore: che l’umanità impotente, che di per sé sarebbe soltanto pietra d’inciampo, diventasse per divina disposizione roccia incrollabile. Ringrazio ognuno di voi per il servizio che svolge al mio ministero. Grazie per l’attenzione con cui raccogliete dalle labbra del Papa la confessione sulla quale poggia la Chiesa di Cristo. Grazie per la fedeltà con la quale voi interpretate con il cuore indiviso, con la mente integra, con la parola senza ambiguità quanto lo Spirito Santo chiede a Pietro di dire alla Chiesa in questo momento. Grazie per la delicatezza con la quale “auscultate” il mio cuore di Pastore universale e cercate di far sì che tale respiro raggiunga le Chiese cui sono chiamato a presiedere nella carità. Vi ringrazio per la dedizione e per la pronta e generosa disponibilità della vostra vita densa d’impegni e segnata da ritmi spesso difficili. Voi toccate con mano la carne della Chiesa, lo splendore dell’amore che la rende gloriosa, ma anche le piaghe e le ferite che la fanno mendicante di perdono. * Die 17 Septembris 2016. 1 1106 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Con genuino senso ecclesiale e umile ricerca di conoscenza di svariati problemi e tematiche, rendete la Chiesa e il mondo presenti al cuore del Papa. Leggo quotidianamente, per lo più alla mattina presto e alla sera, le vostre “comunicazioni” con le notizie sulle realtà delle Chiese locali, sulle vicende dei Paesi presso cui siete accreditati e sui dibattiti che incombono sulla vita della Comunità internazionale. Di tutto questo vi sono grato! Sappiate che vi accompagno ogni giorno – spesso con nome e volto – con il ricordo amico e la preghiera fiduciosa. Vi ricordo nell’Eucaristia. Siccome non siete Pastori diocesani e il vostro nome non viene pronunciato in alcuna Chiesa particolare, sappiate che il Papa in ogni anafora vi ricorda come estensione della propria persona, come inviati suoi per servire con sacrificio e competenza, accompagnando la Sposa di Cristo e i Popoli nei quali essa vive. Vorrei dirvi alcune cose. 1. Servire con sacrificio come umili inviati Il Beato Paolo VI, nel riformare il servizio diplomatico della Santa Sede, così scrisse: « L’attività del Rappresentante Pontificio reca innanzitutto un prezioso servizio ai Vescovi, ai Sacerdoti, ai Religiosi e a tutti i cattolici del luogo, i quali trovano in lui sostegno e tutela, in quanto egli rappresenta un’Autorità Superiore, che è a vantaggio di tutti. La sua missione non si sovrappone all’esercizio dei poteri dei Vescovi, né lo sostituisce o intralcia, ma lo rispetta e, anzi, lo favorisce e sostiene col fraterno e discreto consiglio ».1 Nel vostro operare, dunque, siete chiamati a portare ad ognuno la carità premurosa di chi rappresentate, diventando così colui che sostiene e tutela, che è pronto a sorreggere e non solo a correggere, che è disponibile all’ascolto prima di decidere, a fare il primo passo per eliminare tensioni e favorire comprensione e riconciliazione. Senza l’umiltà nessun servizio è possibile o fecondo. L’umiltà di un Nunzio passa attraverso l’amore per il Paese e per la Chiesa in cui si è chiamati a servire. Passa per l’atteggiamento sereno di stare dove il Papa l’ha voluto e non con il cuore distratto dall’attesa della prossima destinazione. Essere lì per intero, con mente e cuore indivisi; smontare le proprie valigie per condividere le ricchezze che si portano con sé, ma anche per ricevere quanto non si possiede ancora. 1 Lett. ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: AAS 61 [1969], 476. Acta Francisci Pp. 1107 Sì, è necessario valutare, paragonare, rilevare quelli che possono essere i limiti di un percorso ecclesiale, di una cultura, di una religiosità, della vita sociale e politica per formarsi e poter riferire un’idea esatta della situazione. Guardare, analizzare e riferire sono verbi essenziali ma non sufficienti nella vita di un Nunzio. Serve anche incontrare, ascoltare, dialogare, condividere, proporre e lavorare insieme, perché traspaia un sincero amore, simpatia, empatia con la popolazione e la Chiesa locale. Ciò che i cattolici, ma anche la società civile in senso lato vogliono e devono percepire è che, nel loro Paese, il Nunzio si trova bene, come a casa sua; si sente libero e felice di instaurare rapporti costruttivi, condividere la vita quotidiana del posto (cucina, lingua, usanze), esprimere le proprie opinioni e impressioni con grande rispetto e senso di prossimità, accompagnare con lo sguardo che aiuta a crescere. Non basta puntare il dito o aggredire chi non la pensa come noi. Ciò è una misera tattica delle odierne guerre politiche e culturali, ma non può essere il metodo della Chiesa. Il nostro sguardo dev’essere esteso e profondo. La formazione delle coscienze è il nostro primordiale dovere di carità e ciò richiede delicatezza e perseveranza nella sua attuazione. Certamente è ancora attuale la minaccia del lupo che dall’esterno rapisce e aggredisce il gregge, lo confonde, crea scompiglio, lo disperde e lo distrugge. Il lupo ha le stesse sembianze: incomprensione, ostilità, malvagità, persecuzione, rimozione della verità, resistenza alla bontà, chiusura all’amore, ostilità culturale inspiegabile, diffidenza e così via. Voi ben sapete di che pasta è fatta l’insidia dei lupi d’ogni genere. Penso ai cristiani in Oriente, verso i quali il violento assedio sembra mirare, con il silenzio complice di tanti, alla loro eradicazione. Non si chiede l’ingenuità degli agnelli, ma la magnanimità delle colombe e l’astuzia e la prudenza del servo saggio e fedele. È bene tenere gli occhi aperti per riconoscere da dove vengono le ostilità e per discernere le vie possibili per contrastare le sue cause e affrontare le sue insidie. Tuttavia, vi incoraggio a non indugiare in un clima di assedio, a non cedere alla tentazione di piangersi addosso, di fare le vittime di chi ci critica, ci pungola e talora anche ci denigra. Spendete le vostre migliori energie per far risuonare ancora nell’anima delle Chiese che servite la gioia e la potenza della beatitudine proclamata da Gesù.2 2 Cfr Mt 5, 11. 1108 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Restare pronti e felici di spendere (talora anche perdere) tempo con vescovi, preti, religiosi, parrocchie, istituzioni culturali e sociali, in definitiva è ciò che “fa il lavoro” del Nunzio. In queste occasioni si creano le condizioni per imparare, ascoltare, far passare messaggi, conoscere problemi e situazioni personali o di governi ecclesiali che vanno affrontate e risolte. E non c’è nulla che faciliti il discernimento e l’eventuale correzione più della vicinanza, della disponibilità e della fraternità. E per questo per me è molto importante: vicinanza, disponibilità e fraternità con le Chiese locali. Non si tratta di una supina strategia per raccogliere informazioni e manipolare realtà o persone, ma di un atteggiamento che si addice a chi non è solo un diplomatico di carriera, né appena uno strumento della sollecitudine di Pietro, ma anche un Pastore dotato della capacità interiore di testimoniare Gesù Cristo. Superate la logica della burocrazia che spesso può impadronirsi del vostro lavoro – si capisce, è naturale – rendendolo chiuso, indifferente e impermeabile. La sede della Nunziatura Apostolica sia veramente la “Casa del Papa”, non solo per la sua tradizionale festa annuale, ma come luogo permanente, dove tutta la compagine ecclesiale possa trovare sostegno e consiglio, e le autorità pubbliche un punto di riferimento, non solo per la funzione diplomatica, ma per il carattere proprio e unico della diplomazia pontificia. Vigilate affinché le vostre Nunziature non diventino mai rifugio degli “amici e amici degli amici”. Fuggite dai pettegoli e dagli arrivisti. Il vostro rapporto con la comunità civile si ispiri all’immagine evangelica del Buon Pastore, capace di conoscere e di rappresentare le esigenze, i bisogni e la condizione del gregge, specie quando gli unici criteri che li determinano sono il disprezzo, la precarietà e lo scarto. Non abbiate paura di spingervi fino a frontiere complesse e difficili, perché siete Pastori ai quali importa davvero il bene delle persone. Nell’ingente compito di garantire la libertà della Chiesa di fronte ad ogni forma di potere che voglia far tacere la Verità, non illudetevi che questa libertà sia solo frutto d’intese, accordi e negoziati diplomatici, per quanto perfetti e riusciti. La Chiesa sarà libera solo se le sue istituzioni potranno operare per « annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura »,3 ma an3 Esort. ap. Evangelii gaudium, 23. Acta Francisci Pp. 1109 che se si manifesterà come vero segno di contraddizione rispetto alle mode ricorrenti, alla negazione della Verità evangelica e alle facili comodità che spesso contagiano anche i Pastori e il loro gregge. Ricordatevi che rappresentate Pietro, roccia che sopravvive allo straripare delle ideologie, alla riduzione della Parola alla sola convenienza, alla sottomissione ai poteri di questo mondo che passa. Dunque, non sposate linee politiche o battaglie ideologiche, perché la permanenza della Chiesa non poggia sul consenso dei salotti o delle piazze, ma sulla fedeltà al suo Signore che, diversamente dalle volpi e dagli uccelli, non ha tana né nido per poggiare il proprio capo.4 La Chiesa Sposa non può poggiare il capo se non sul petto trafitto del suo Sposo. Da lì sgorga il suo vero potere, quello della Misericordia. Non abbiamo il diritto di privare il mondo, anche nei forum dell’azione diplomatica bilaterale e multilaterale e nei grandi ambiti del dibattito internazionale, di questa ricchezza che nessun’altro può donare. Questa consapevolezza ci spinge a dialogare con tutti, e in molti casi a farci voce profetica degli emarginati per la loro fede o la loro condizione etnica, economica, sociale o culturale: « Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera d’indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo ».5 2. Accompagnare le Chiese con il cuore di Pastori La molteplicità e complessità dei problemi da affrontare nel quotidiano non vi deve distrarre dal cuore della vostra missione apostolica, che consiste nell’accompagnare le Chiese con lo sguardo del Papa, che non è altro che quello di Cristo, Buon Pastore. E per accompagnare bisogna muoversi. Non basta la fredda carta delle missive e dei rapporti. Non basta imparare per sentito dire. Bisogna vedere in loco come il buon seme del Vangelo si va diffondendo. Non attendete che le persone vengano da voi per esporvi un problema o desiderose di risolvere una questione. Recatevi nelle diocesi, negli istituti religiosi, nelle parrocchie, nei seminari, per capire cosa il Popolo di Dio vive, pensa e domanda. Siate cioè vera espressione di una Chiesa “in uscita”, di una 4 5 Cfr Mt 8, 18-22. Bolla Misericordiae Vultus, 15. 1110 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Chiesa “ospedale da campo”, capaci di vivere la dimensione della Chiesa locale, del Paese e dell’Istituzione presso cui siete inviati. Conosco il grande volume di lavoro che vi attende, ma non lasciate che sia soffocata la vostra anima di Pastori generosi e vicini. Proprio questa vicinanza – vicinanza! – è oggi condizione essenziale per la fecondità della Chiesa. Le persone hanno bisogno di essere accompagnate. Serve loro una mano sulla spalla per non smarrire la strada o non scoraggiarsi. Accompagnare i Vescovi sostenendo le loro migliori forze e iniziative. Aiutarli ad affrontare le sfide e a trovare le soluzioni che non ci sono nei manuali, ma sono frutto del discernimento paziente e sofferto. Incoraggiare ogni sforzo per la qualificazione del clero. La profondità è una sfida decisiva per la Chiesa: profondità della fede, dell’adesione a Cristo, della vita cristiana, della sequela e del discepolato. Non bastano vaghe priorità e teorici programmi pastorali. Bisogna puntare sulla concretezza della presenza, della compagnia, della vicinanza, dell’accompagnare. Una mia viva preoccupazione riguarda la selezione dei futuri Vescovi. Ne ho parlato a voi nell’anno 2013. Parlando alla Congregazione per i Vescovi qualche tempo fa, ho tracciato il profilo dei Pastori che ritengo necessari alla Chiesa di oggi: testimoni del Risorto e non portatori di curriculum; Vescovi oranti, familiarizzati con le cose dell’“alto” e non schiacciati dal peso del “basso”; Vescovi capaci di entrare “in pazienza” alla presenza di Dio, così da possedere la libertà di non tradire il Kerygma loro affidato; Vescovi pastori e non principi e funzionari. Per favore! Nel complesso compito di rintracciare in mezzo alla Chiesa coloro che Dio ha già individuato nel proprio cuore per guidare il suo Popolo, una parte sostanziale tocca a voi. Siete voi i primi a dover scrutare i campi per accertarvi su dove sono rintanati i piccoli David: 6 ci sono, Dio non li fa mancare! Ma se andiamo sempre a pescare nell’acquario, non li troveremo! Bisogna smuoversi per cercarli. Girare per i campi con il cuore di Dio e non con qualche prefissato profilo di cacciatori di teste. Lo sguardo con il quale si cerca, i criteri per valutare, i tratti della fisionomia ricercata non possono essere dettati dai vani intenti con i quali pensiamo di poter programmare nelle nostre scrivanie la Chiesa che sogniamo. Perciò, bisogna lanciare le reti al largo. Non ci si può accontentare di pescare negli acquari, 6 Cfr 1Sam 16, 11-13. Acta Francisci Pp. 1111 nella riserva o nell’allevamento degli “amici degli amici”. In gioco c’è la fiducia nel Signore della storia e della Chiesa, che non trascura mai il loro bene, e perciò non dobbiamo tergiversare. La domanda pratica, che mi viene adesso da dire, è: ma non ce n’è un altro? Quella di Samuele al padre di Davide: “Ma non c’è un altro?”.7 E andare a cercare. E ci sono! Ce ne sono! 3. Accompagnare i popoli nei quali è presente la Chiesa di Cristo Il vostro servizio diplomatico è l’occhio vigile e lucido del Successore di Pietro sulla Chiesa e sul mondo! Vi prego di essere all’altezza di tale nobile missione, per la quale dovete continuamente prepararvi. Non si tratta solo di acquisire contenuti su temi, tra l’altro mutevoli, ma di una disciplina di lavoro e di uno stile di vita che permetta di apprezzare anche le situazioni di routine, di cogliere i cambiamenti in atto, di valutare le novità, saperle interpretare con misura e suggerire azioni concrete. È la velocità dei tempi a domandare una formazione permanente, evitando di dare tutto per scontato. A volte il ripetersi del lavoro, i numerosi impegni, la mancanza di nuovi stimoli alimenta una pigrizia intellettuale che non tarda a produrre i suoi frutti negativi. Un serio e continuo approfondimento gioverebbe a superare quella frammentazione per cui individualmente si cerca di svolgere al meglio il proprio lavoro, però senza alcun, o con assai poco, coordinamento e integrazione con gli altri. Non pensate che il Papa non sia consapevole della solitudine (non sempre “beata” come per gli eremiti e i Santi) in cui vivono non pochi Rappresentanti Pontifici. Sempre penso al vostro stato di “esuli”, e nelle mie preghiere chiedo continuamente che in voi non venga mai meno quella colonna portante che consente l’unità interiore e il senso di profonda pace e fecondità. L’esigenza che sempre più dovremo fare nostra è quella di operare in una rete unitaria e coordinata, necessaria per evitare una visione personale che spesso non regge di fronte alla realtà della Chiesa locale, del Paese o della Comunità internazionale. Si rischia di proporre una visione individuale che certamente può essere frutto di un carisma, di un profondo senso ecclesiale e di capacità intellettuale, ma non è immune da una certa personalizzazione, da emotività, da sensibilità differenti e, non per ultimo, da situazioni personali che condizionano inevitabilmente il lavoro e la collaborazione. 7 Cfr 1Sam 16, 11. 1112 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Grandi sono le sfide che ci attendono nei nostri giorni e non mi sento di tratteggiare un elenco. Voi le conoscete. Forse è anche più saggio intervenire sulle loro radici. Come si va progressivamente disegnando, la diplomazia pontificia non può essere estranea all’urgenza di rendere palpabile la misericordia in questo mondo ferito e frantumato. La misericordia deve essere la cifra della missione diplomatica di un Nunzio Apostolico, il quale, oltre allo sforzo etico personale, deve possedere la ferma convinzione che la misericordia di Dio s’inserisce nelle vicende di questo mondo, nelle vicende della società, dei gruppi umani, delle famiglie, dei popoli, delle nazioni. Anche nell’ambito internazionale, essa comporta il non considerare mai niente e nessuno come perduto. L’essere umano non è mai irrecuperabile. Nessuna situazione è impermeabile al sottile e irresistibile potere della bontà di Dio che mai desiste nei riguardi dell’uomo e del suo destino. Questa radicale novità di percezione della missione diplomatica libera il Rappresentante Pontificio da interessi geopolitici, economici o militari immediati, chiamandolo a discernere nei suoi primi interlocutori governativi, politici e sociali e nelle istituzioni pubbliche l’anelito a servire il bene comune e a fare leva su questo tratto, anche se talora si presenta offuscato o mortificato da interessi personali e corporativi o da derive ideologiche, populistiche o nazionalistiche. La Chiesa, pur senza sottovalutare l’oggi, è chiamata a lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Deve sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. Ci sarà sempre la tensione tra pienezza e limite, ma alla Chiesa non serve occupare spazi di potere e di autoaffermazione, bensì far nascere e crescere il seme buono, accompagnare pazientemente il suo sviluppo, gioire con la provvisoria raccolta che si può ottenere, senza scoraggiarsi quando un’improvvisa e gelida tempesta rovina quanto sembrava dorato e pronto da raccogliere.8 Ricominciare fiduciosamente nuovi processi; ripartire dai passi compiuti, senza fare retromarcia, favorendo quanto fa emergere il meglio delle persone e delle istituzioni, « senza ansietà, con chiare e tenaci convinzioni ».9 8 9 Cfr Gv 4, 35. Esort. ap. Evangelii gaudium, 223. Acta Francisci Pp. 1113 Non abbiate paura di interloquire con fiducia con le persone e le istituzioni pubbliche. Affrontiamo un mondo nel quale non è sempre facile individuare i centri di potere e molti si scoraggiano pensando che siano anonimi e irraggiungibili. Invece sono convinto che le persone siano ancora abbordabili. Sussiste nell’uomo lo spazio interiore dove la voce di Dio può risuonare. Dialogate con chiarezza e non abbiate paura che la misericordia possa confondere o sminuire la bellezza e la forza della verità. La verità si compie in pienezza solo nella misericordia. E siate sicuri che la parola ultima della storia e della vita non è il conflitto ma l’unità, alla quale anela il cuore di ogni uomo. Unità conquistata trasformando il drammatico conflitto della Croce nella sorgente della nostra pace, perché lì è stato abbattuto il muro di separazione.10 Cari Fratelli, nell’inviarvi di nuovo alla vostra missione, dopo questi giorni di fraterni e lieti incontri, la mia parola conclusiva vuole affidarvi alla gioia del Vangelo. Noi non siamo commessi della paura e della notte, ma custodi dell’alba e della luce del Risorto. Il mondo ha tanta paura – tanta paura! – e la diffonde. Spesso fa di essa la chiave di lettura della storia e non di rado la adotta come strategia per costruire un mondo poggiato su muri e fossati. Possiamo anche comprendere le ragioni della paura, ma non possiamo abbracciarla, perché « Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza ».11 Attingete da tale spirito, e andate: aprite porte; costruite ponti; tessete legami; intrattenete amicizie; promuovete unità. Siate uomini di preghiera: non trascuratela mai, soprattutto l’adorazione silenziosa, vera sorgente di tutto il vostro operato. La paura abita sempre nell’oscurità del passato, ma ha una debolezza: è provvisoria. Il futuro appartiene alla luce! Il futuro è nostro, perché appartiene a Cristo! Grazie! Vi invito a pregare insieme l’Angelus. È mezzogiorno. 10 11 Cfr Ef 2, 14. 2Tm 1, 7. 1114 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale VI Audientia concessa Consilio Nationali Ordinis Diurnariorum Italiae.* 12 Gentili Signori e Signore, Vi ringrazio per la vostra visita. In particolare ringrazio il Presidente per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro. Ringrazio il Prefetto della Segreteria per la Comunicazione anche per le sue parole. Ci sono poche professioni che hanno tanta influenza sulla società come quella del giornalismo. Il giornalista riveste un ruolo di grande importanza e al tempo stesso di grande responsabilità. In qualche modo voi scrivete la “prima bozza della storia”, costruendo l’agenda delle notizie e introducendo le persone all’interpretazione degli eventi. E questo è tanto importante. I tempi cambiano e cambia anche il modo di fare il giornalista. Sia la carta stampata sia la televisione perdono rilevanza rispetto ai nuovi media del mondo digitale – specialmente fra i giovani – ma i giornalisti, quando hanno professionalità, rimangono una colonna portante, un elemento fondamentale per la vitalità di una società libera e pluralista. Anche la Santa Sede – a fronte del cambiamento del mondo dei media – ha vissuto e sta vivendo un processo di rinnovamento del sistema comunicativo, da cui voi pure dovreste ricevere beneficio; e la Segreteria per la Comunicazione sarà il naturale punto di riferimento per il vostro prezioso lavoro. Oggi vorrei condividere con voi una riflessione su alcuni aspetti della professione giornalistica, e come questa può servire per il miglioramento della società in cui viviamo. Per tutti noi è indispensabile fermarci a riflettere su ciò che stiamo facendo e su come lo stiamo facendo. Nella vita spirituale, questo assume spesso la forma di una giornata di ritiro, di approfondimento interiore. Penso che anche nella vita professionale ci sia bisogno di questo, di un po’ di tempo per fermarsi e riflettere. Certo, questo non è facile nell’ambito giornalistico, una professione che vive di continui “tempi di consegna” e “date di scadenza”. Ma, almeno per un breve momento, cerchiamo di approfondire un po’ la realtà del giornalismo. Mi soffermo su tre elementi: amare la verità, una cosa fondamentale per tutti, ma specialmente per i giornalisti; vivere con professionalità, qualcosa * Die 22 Septembris 2016. 12 Acta Francisci Pp. 1115 che va ben oltre le leggi e i regolamenti; e rispettare la dignità umana, che è molto più difficile di quanto si possa pensare a prima vista. Amare la verità vuol dire non solo affermare, ma vivere la verità, testimoniarla con il proprio lavoro. Vivere e lavorare, dunque, con coerenza rispetto alle parole che si utilizzano per un articolo di giornale o un servizio televisivo. La questione qui non è essere o non essere un credente. La questione qui è essere o non essere onesto con se stesso e con gli altri. La relazione è il cuore di ogni comunicazione. Questo è tanto più vero per chi della comunicazione fa il proprio mestiere. E nessuna relazione può reggersi e durare nel tempo se poggia sulla disonestà. Mi rendo conto che nel giornalismo di oggi – un flusso ininterrotto di fatti ed eventi raccontati 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana – non è sempre facile arrivare alla verità, o perlomeno avvicinarsi ad essa. Nella vita non è tutto bianco o nero. Anche nel giornalismo, bisogna saper discernere tra le sfumature di grigio degli avvenimenti che si è chiamati a raccontare. I dibattiti politici, e perfino molti conflitti, sono raramente l’esito di dinamiche distintamente chiare, in cui riconoscere in modo netto e inequivocabile chi ha torto e chi ha ragione. Il confronto e a volte lo scontro, in fondo, nascono proprio da tale difficoltà di sintesi tra le diverse posizioni. È questo il lavoro – potremmo dire anche la missione – difficile e necessaria al tempo stesso di un giornalista: arrivare il più vicino possibile alla verità dei fatti e non dire o scrivere mai una cosa che si sa, in coscienza, non essere vera. Secondo elemento: vivere con professionalità vuol dire innanzitutto – al di là di ciò che possiamo trovare scritto nei codici deontologici – comprendere, interiorizzare il senso profondo del proprio lavoro. Da qui deriva la necessità di non sottomettere la propria professione alle logiche degli interessi di parte, siano essi economici o politici. Compito del giornalismo, oserei dire la sua vocazione, è dunque – attraverso l’attenzione, la cura per la ricerca della verità – far crescere la dimensione sociale dell’uomo, favorire la costruzione di una vera cittadinanza. In questa prospettiva di orizzonte ampio, quindi, operare con professionalità vuol dire non solo rispondere alle preoccupazioni, pur legittime, di una categoria, ma avere a cuore uno degli architravi della struttura di una società democratica. Dovrebbe sempre farci riflettere che, nel corso della storia, le dittature – di qualsiasi orientamento e “colore” – hanno sempre cercato non solo di impadronirsi dei mezzi di comunicazione, ma pure di imporre nuove regole alla professione giornalistica. 1116 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale E terzo: rispettare la dignità umana è importante in ogni professione, e in modo particolare nel giornalismo, perché anche dietro il semplice racconto di un avvenimento ci sono i sentimenti, le emozioni e, in definitiva, la vita delle persone. Spesso ho parlato delle chiacchiere come “terrorismo”, di come si può uccidere una persona con la lingua. Se questo vale per le persone singole, in famiglia o al lavoro, tanto più vale per i giornalisti, perché la loro voce può raggiungere tutti, e questa è un’arma molto potente. Il giornalismo deve sempre rispettare la dignità della persona. Un articolo viene pubblicato oggi e domani verrà sostituito da un altro, ma la vita di una persona ingiustamente diffamata può essere distrutta per sempre. Certo la critica è legittima, e dirò di più, necessaria, così come la denuncia del male, ma questo deve sempre essere fatto rispettando l’altro, la sua vita, i suoi affetti. Il giornalismo non può diventare un’“arma di distruzione” di persone e addirittura di popoli. Né deve alimentare la paura davanti a cambiamenti o fenomeni come le migrazioni forzate dalla guerra o dalla fame. Auspico che sempre più e dappertutto il giornalismo sia uno strumento di costruzione, un fattore di bene comune, un acceleratore di processi di riconciliazione; che sappia respingere la tentazione di fomentare lo scontro, con un linguaggio che soffia sul fuoco delle divisioni, e piuttosto favorisca la cultura dell’incontro. Voi giornalisti potete ricordare ogni giorno a tutti che non c’è conflitto che non possa essere risolto da donne e uomini di buona volontà. Vi ringrazio per questo incontro; vi auguro ogni bene per il vostro lavoro. Il Signore vi benedica. Vi accompagno con la mia preghiera e la mia simpatia, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie. 1117 Acta Francisci Pp. VII Occasione audientiae ad sodales institutorum Caritatis, quae agunt in humanitatis discrimine Syriae, Iraquiae civitatumque finitimarum. * 13 Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro di riflessione e di condivisione sull’opera della Chiesa nel contesto della crisi siriana e irachena. Saluto voi tutti, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. In particolare, desidero salutare il Signor Staffan de Mistura, Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria, che ringrazio per la sua presenza. A Mons. Dal Toso e al Pontificio Consiglio Cor Unum esprimo il mio grato apprezzamento per il sostegno attento ed efficace a quanto la Chiesa va compiendo per cercare di lenire le sofferenze di milioni di vittime di questi conflitti. In tal senso vorrei sottolineare l’importanza di una rinnovata collaborazione a tutti i livelli tra i diversi soggetti che operano in questo settore. A un anno di distanza dal nostro ultimo incontro, dobbiamo constatare con grande tristezza che, nonostante i molti sforzi prodigati in vari ambiti, la logica delle armi e della sopraffazione, gli interessi oscuri e la violenza continuano a devastare questi Paesi e che, fino ad ora, non si è saputo porre fine alle estenuanti sofferenze e alle continue violazioni dei diritti umani. Le conseguenze drammatiche della crisi sono ormai visibili ben oltre i confini della regione. Ne è espressione il grave fenomeno migratorio. La violenza genera violenza e abbiamo l’impressione di trovarci avvolti in una spirale di prepotenza e di inerzia da cui non sembra esserci scampo. Questo male che attanaglia coscienza e volontà ci deve interrogare. Perché l’uomo, anche al prezzo di danni incalcolabili alle persone, al patrimonio e all’ambiente, continua a perseguire le prevaricazioni, le vendette, le violenze? Pensiamo al recente attacco contro un convoglio umanitario dell’ONU… È l’esperienza di quel mysterium iniquitatis, di quel male che è presente nell’uomo e nella storia e ha bisogno di essere redento. Distruggere per distruggere. Perciò, in questo Anno, nel quale più intensamente fissiamo lo sguardo su Cristo, Misericordia incarnata che ha vinto il peccato e la * Die 29 Septembris 2016. 13 1118 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale morte, mi tornano alla mente queste parole di San Giovanni Paolo II: « Il limite imposto al male, di cui l’uomo è artefice e vittima, è in definitiva la Divina Misericordia ».1 È l’unico limite. Sì, la risposta al dramma del male si trova nel mistero di Cristo. Guardando ai tantissimi volti sofferenti, in Siria, in Iraq e nei Paesi vicini e lontani dove milioni di profughi sono costretti a cercare rifugio e protezione, la Chiesa scorge il volto del suo Signore durante la Passione. Il lavoro di quanti, come voi che rappresentate tanti operatori sul campo, sono impegnati ad aiutare queste persone e a salvaguardarne la dignità è certamente un riflesso della misericordia di Dio e, in quanto tale, un segno che il male ha un limite e che non ha l’ultima parola. È un segno di grande speranza, per il quale voglio ringraziare, insieme con voi, tante persone anonime – ma non per Dio! – le quali, specialmente in questo anno giubilare, pregano e intercedono in silenzio per le vittime dei conflitti, soprattutto per i bambini e i più deboli, e così sostengono anche il vostro lavoro. Ad Aleppo, i bambini devono bere l’acqua inquinata! Al di là dei necessari aiuti umanitari, ciò che oggi i nostri fratelli e sorelle della Siria e dell’Iraq desiderano più di tutto è la pace. Non mi stanco perciò di chiedere alla comunità internazionale maggiori e rinnovati sforzi per giungere alla pace in tutto il Medio Oriente e di chiedere di non guardare dall’altra parte. Porre fine al conflitto è anche nelle mani dell’uomo: ognuno di noi può e deve farsi costruttore di pace, perché ogni situazione di violenza e ingiustizia è una ferita al corpo dell’intera famiglia umana. La mia richiesta si fa preghiera quotidiana a Dio di ispirare le menti e i cuori di quanti hanno responsabilità politiche, affinché sappiano rinunciare agli interessi parziali per raggiungere il bene più grande: la pace. Questo incontro mi dà, in tale prospettiva, l’opportunità di ringraziare e di incoraggiare le istanze internazionali, in particolare le Nazioni Unite, per il lavoro di sostegno e di mediazione presso i diversi Governi, affinché si concordi la fine del conflitto e si ponga finalmente al primo posto il bene delle popolazioni inermi. È una strada che dobbiamo percorrere insieme con pazienza e perseveranza, ma anche con urgenza, e la Chiesa non mancherà di continuare a dare il suo contributo. 1 Memoria e identità, p. 70. Acta Francisci Pp. 1119 Infine il mio pensiero va alle comunità cristiane del Medio Oriente, che soffrono le conseguenze della violenza e guardano con timore al futuro. In mezzo a tanta oscurità, queste Chiese tengono alta la lampada della fede, della speranza e della carità. Aiutando con coraggio e senza discriminazioni quanti soffrono e lavorano per la pace e la coesistenza, i cristiani mediorientali sono oggi segno concreto della misericordia di Dio. Ad essi va l’ammirazione, la riconoscenza e il sostegno della Chiesa universale. Affido queste comunità e quanti operano al servizio delle vittime di questa crisi all’intercessione di Santa Teresa di Calcutta, modello di carità e di misericordia. Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. E grazie, molte grazie per quello che voi fate. Molte grazie! 1120 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale VIII Occasione audientiae ad participantes primum mundialem conventum “Sport e Fede”.* 2 Cari fratelli e sorelle, sono lieto di accogliere voi, esponenti del mondo dello sport, unitamente alle Autorità e ai delegati di altre comunità religiose, che siete venuti in Vaticano per manifestare, come suggerisce il titolo della Conferenza internazionale, il prezioso servizio che lo sport rende all’umanità. Vi saluto tutti con riconoscenza. In particolare, saluto il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, Signor Ban Ki-moon; il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Signor Thomas Bach. Lo sport è un’attività umana di grande valore, capace di arricchire la vita delle persone, di cui possono fruire e gioire uomini e donne di ogni nazione, etnia e appartenenza religiosa. Proprio in questi ultimi mesi, abbiamo visto come i Giochi Olimpici e Paralimpici sono stati al centro dell’attenzione del mondo intero. Il motto olimpico “altius, citius, fortius” è un invito a sviluppare i talenti che Dio ci ha dato. Quando vediamo gli atleti tendere al massimo delle proprie capacità, lo sport ci entusiasma, ci meraviglia, ci fa sentire quasi orgogliosi. C’è una grande bellezza nell’armonia di certi movimenti, come pure nella forza o nel gioco di squadra. Quando è così, lo sport trascende il livello della pura fisicità e ci porta nell’arena dello spirito e addirittura del mistero. E questi momenti sono accompagnati da grande gioia e soddisfazione, che tutti possiamo condividere, pur non avendo gareggiato. Un’altra caratteristica importante dello sport è che non è riservato agli atleti di grandi prestazioni. C’è anche uno sport dilettantistico, amatoriale, ricreativo, non finalizzato alla competizione, ma che consente a tutti di migliorare la salute e il benessere, di imparare a lavorare in squadra, a saper vincere e anche a saper perdere. Per questo è importante che tutti possano partecipare alle attività sportive, e sono contento che al centro della vostra attenzione in questi giorni ci sia l’impegno per assicurare che * Die 5 Octobris 2016. 2 Acta Francisci Pp. 1121 lo sport diventi sempre più inclusivo e che i suoi benefici siano veramente accessibili a tutti. Le nostre tradizioni religiose condividono l’impegno per assicurare il rispetto della dignità di ogni essere umano. Perciò è bello sapere che le istituzioni sportive mondiali hanno preso a cuore così coraggiosamente il valore dell’inclusione. Il movimento paralimpico e altre associazioni sportive a sostegno delle persone con disabilità, come Special Olympics, hanno avuto un ruolo decisivo nell’aiutare il pubblico a riconoscere e ammirare le straordinarie prestazioni di atleti con diverse abilità e capacità. Questi eventi ci regalano esperienze in cui risaltano in modo mirabile la grandezza e la purezza del gesto sportivo. Ma in questo momento penso anche a tanti bambini e ragazzi che vivono ai margini della società. Tutti conosciamo l’entusiasmo dei bambini che giocano con una palla sgonfia o fatta di stracci nei sobborghi di alcune grandi città o nelle vie dei piccoli paesi. Vorrei incoraggiare tutti – istituzioni, società sportive, realtà educative e sociali, comunità religiose – a lavorare insieme affinché questi bambini possano accedere allo sport in condizioni dignitose, specialmente quelli che ne sono esclusi a causa della povertà. Mi fa piacere sapere che sono presenti al convegno i fondatori della Homeless Cup e altre fondazioni che, attraverso lo sport, offrono ai più svantaggiati una possibilità di sviluppo umano integrale. Desidero segnalare anche un compito e una sfida per voi, rappresentanti dello sport e delle aziende che sponsorizzano gli eventi sportivi. La sfida è quella di mantenere la genuinità dello sport, di proteggerlo dalle manipolazioni e dallo sfruttamento commerciale. Sarebbe triste, per lo sport e per l’umanità, se la gente non riuscisse più a confidare nella verità dei risultati sportivi, o se il cinismo e il disincanto prendessero il sopravvento sull’entusiasmo e sulla partecipazione gioiosa e disinteressata. Nello sport, come nella vita, è importante lottare per il risultato, ma giocare bene, con lealtà è ancora più importante! Non dimenticatevi, tutti non dobbiamo dimenticare, quella bella parola che si dice del vero sport: sport amateur. Ringrazio, pertanto, tutti voi, per i vostri sforzi nello sradicare ogni forma di corruzione e di manipolazione. So che è in atto una campagna guidata dalle Nazioni Unite per lottare contro il cancro della corruzione in tutti gli ambiti della società. Quando le persone lottano per creare una società più giusta e trasparente, collaborano con l’opera di Dio. Anche 1122 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale noi, responsabili di diverse comunità religiose, vogliamo offrire il nostro contributo a tale impegno. Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, essa è impegnata nel mondo dello sport per portare la gioia del Vangelo, l’amore inclusivo e incondizionato di Dio per tutti gli esseri umani. Vi auguro che queste giornate di incontro e di riflessione vi consentano di meglio esplorare il bene che lo sport e la fede possono portare alle nostre società. Affido a Dio ogni vostra opera, ogni attesa e speranza, e di cuore invoco su ciascuno di voi la sua benedizione; e vi chiedo, per favore di pregare per me. Grazie. Acta Francisci Pp. 1123 SUMMUS PONTIFEX FRANCISCUS ASISIUM INVISIT, OCCASIONE DIEI MUNDIALIS PRECATIONIS PRO PACE FOVENDA “SETE DI PACE, RELIGIONI E CULTURA IN DIALOGO” I Dum Oecumenica oratio Christifidelium apud inferiorem Basilicam Sancti Francisci Assisiensis habetur.* Di fronte a Gesù crocifisso risuonano anche per noi le sue parole: « Ho sete ».1 La sete, ancor più della fame, è il bisogno estremo dell’essere umano, ma ne rappresenta anche l’estrema miseria. Contempliamo così il mistero del Dio Altissimo, divenuto, per misericordia, misero fra gli uomini. Di che cosa ha sete il Signore? Certo di acqua, elemento essenziale per la vita. Ma soprattutto ha sete di amore, elemento non meno essenziale per vivere. Ha sete di donarci l’acqua viva del suo amore, ma anche di ricevere il nostro amore. Il profeta Geremia ha espresso il compiacimento di Dio per il nostro amore: « Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento ».2 Ma ha dato anche voce alla sofferenza divina, quando l’uomo, ingrato, ha abbandonato l’amore, quando – sembra dire anche oggi il Signore – « ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua ».3 È il dramma del “cuore inaridito”, dell’amore non ricambiato, un dramma che si rinnova nel Vangelo, quando alla sete di Gesù l’uomo risponde con l’aceto, che è vino andato a male. Come, profeticamente, lamentava il salmista: « Quando avevo sete mi hanno dato aceto ».4 “L’Amore non è amato”: secondo alcuni racconti era questa la realtà che turbava San Francesco di Assisi. Egli, per amore del Signore sofferente, non si vergognava di piangere e lamentarsi a voce alta.5 Questa stessa realtà ci deve stare a cuore contemplando il Dio crocifisso, assetato di amore. Madre * Die 20 Septembris 2016. 1 Gv 19, 28. 2 Ger 2, 2. 3 Ger 2, 13. 4 Sal 69, 22. 5 Cfr Fonti Francescane, n. 1413. 1124 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Teresa di Calcutta volle che nelle cappelle di ogni sua comunità, vicino al Crocifisso, fosse scritto “Ho sete”. Estinguere la sete d’amore di Gesù sulla croce mediante il servizio ai più poveri tra i poveri è stata la sua risposta. Il Signore è infatti dissetato dal nostro amore compassionevole, è consolato quando, in nome suo, ci chiniamo sulle miserie altrui. Nel giudizio chiamerà “benedetti” quanti hanno dato da bere a chi aveva sete, quanti hanno offerto amore concreto a chi era nel bisogno: « Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».6 Le parole di Gesù ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita. Nel suo “Ho sete” possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace. Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l’ignoto, spogliati di ogni cosa. Tutti costoro sono fratelli e sorelle del Crocifisso, piccoli del suo Regno, membra ferite e riarse della sua carne. Hanno sete. Ma a loro viene spesso dato, come a Gesù, l’aceto amaro del rifiuto. Chi li ascolta? Chi si preoccupa di rispondere loro? Essi incontrano troppe volte il silenzio assordante dell’indifferenza, l’egoismo di chi è infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilità con cui cambia un canale in televisione. Di fronte a Cristo crocifisso, « potenza e sapienza di Dio »,7 noi cristiani siamo chiamati a contemplare il mistero dell’Amore non amato e a riversare misericordia sul mondo. Sulla croce, albero di vita, il male è stato trasformato in bene; anche noi, discepoli del Crocifisso, siamo chiamati a essere “alberi di vita”, che assorbono l’inquinamento dell’indifferenza e restituiscono al mondo l’ossigeno dell’amore. Dal fianco di Cristo in croce uscì acqua, simbolo dello Spirito che dà la vita;8 così da noi suoi fedeli esca compassione per tutti gli assetati di oggi. Come Maria presso la croce, ci conceda il Signore di essere uniti a Lui e vicini a chi soffre. Accostandoci a quanti oggi vivono da crocifissi e attingendo la forza di amare dal Crocifisso Risorto, cresceranno ancora di più 6 7 8 Mt 25, 40. 1Cor 1, 24. Cfr Gv 19, 34. Acta Francisci Pp. 1125 l’armonia e la comunione tra noi. « Egli infatti è la nostra pace »,9 Egli che è venuto ad annunciare la pace ai vicini e ai lontani.10 Ci custodisca tutti nell’amore e ci raccolga nell’unità, nella quale siamo in cammino, perché diventiamo quello che Lui desidera: « una sola cosa ».11 9 10 11 Ef 2, 14. Cfr Ef 2, 17. Gv 17, 21. 1126 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale II Dum Oecumenica precatio apud plateam “San Francesco” concluditur.* Vostre Santità, illustri Rappresentanti delle Chiese, delle Comunità cristiane e delle Religioni, cari fratelli e sorelle! Vi saluto con grande rispetto e affetto e vi ringrazio per la vostra presenza. Ringrazio la Comunità di Sant’Egidio, la Diocesi di Assisi e le Famiglie Francescane che hanno preparato questa giornata di preghiera. Siamo venuti ad Assisi come pellegrini in cerca di pace. Portiamo in noi e mettiamo davanti a Dio le attese e le angosce di tanti popoli e persone. Abbiamo sete di pace, abbiamo il desiderio di testimoniare la pace, abbiamo soprattutto bisogno di pregare per la pace, perché la pace è dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto. « Beati gli operatori di pace ».1 Molti di voi hanno percorso un lungo cammino per raggiungere questo luogo benedetto. Uscire, mettersi in cammino, trovarsi insieme, adoperarsi per la pace: non sono solo movimenti fisici, ma soprattutto dell’animo, sono risposte spirituali concrete per superare le chiusure aprendosi a Dio e ai fratelli. Dio ce lo chiede, esortandoci ad affrontare la grande malattia del nostro tempo: l’indifferenza. È un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che intacca il centro stesso della religiosità, ingenerando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo dell’indifferenza. Non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un’ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà. A Lesbo, con il caro Patriarca ecumenico Bartolomeo, abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l’angoscia di popoli assetati di pace. Penso a famiglie, la cui vita è stata sconvolta; ai bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza; ad anziani, costretti a lasciare le loro terre: tutti loro hanno una grande sete di pace. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell’oblio. Noi desideriamo dar * Die 20 Septembris 2016. 1 Mt 5, 9. Acta Francisci Pp. 1127 voce insieme a quanti soffrono, a quanti sono senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei potenti, che non c’è nessun domani nella guerra e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita. Noi non abbiamo armi. Crediamo però nella forza mite e umile della preghiera. In questa giornata, la sete di pace si è fatta invocazione a Dio, perché cessino guerre, terrorismo e violenze. La pace che da Assisi invochiamo non è una semplice protesta contro la guerra, nemmeno « è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera ».2 Cerchiamo in Dio, sorgente della comunione, l’acqua limpida della pace, di cui l’umanità è assetata: essa non può scaturire dai deserti dell’orgoglio e degli interessi di parte, dalle terre aride del guadagno a ogni costo e del commercio delle armi. Diverse sono le nostre tradizioni religiose. Ma la differenza non è motivo di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è purtroppo accaduto nella storia. Senza sincretismi e senza relativismi, abbiamo invece pregato gli uni accanto agli altri, gli uni per gli altri. San Giovanni Paolo II in questo stesso luogo disse: « Forse mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace ».3 Continuando il cammino iniziato trent’anni fa ad Assisi, dove è viva la memoria di quell’uomo di Dio e di pace che fu San Francesco, « ancora una volta noi, insieme qui riuniti, affermiamo che chi utilizza la religione per fomentare la violenza ne contraddice l’ispirazione più autentica e profonda ».4 che ogni forma di violenza non rappresenta « la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione ».5 Non ci stanchiamo di ripetere che mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra! Oggi abbiamo implorato il santo dono della pace. Abbiamo pregato perché le coscienze si mobilitino a difendere la sacralità della vita umana, a 2 Giovanni Paolo II, Discorso, Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986: Insegnamenti IX,2 [1986], 1252. 3 Id., Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986: l.c., 1268. 4 Id., Discorso ai Rappresentanti delle Religioni, Assisi, 24 gennaio 2002: Insegnamenti XXV, 1 [2002], 104. 5 Benedetto XVI, Intervento alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, Assisi, 27 ottobre 2011: Insegnamenti VII, 2 [2011], 512. 1128 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale promuovere la pace tra i popoli e a custodire il creato, nostra casa comune. La preghiera e la collaborazione concreta aiutano a non rimanere imprigionati nelle logiche del conflitto e a rifiutare gli atteggiamenti ribelli di chi sa soltanto protestare e arrabbiarsi. La preghiera e la volontà di collaborare impegnano a una pace vera, non illusoria: non la quiete di chi schiva le difficoltà e si volta dall’altra parte, se i suoi interessi non sono toccati; non il cinismo di chi si lava le mani di problemi non suoi; non l’approccio virtuale di chi giudica tutto e tutti sulla tastiera di un computer, senza aprire gli occhi alle necessità dei fratelli e sporcarsi le mani per chi ha bisogno. La nostra strada è quella di immergerci nelle situazioni e dare il primo posto a chi soffre; di assumere i conflitti e sanarli dal di dentro; di percorrere con coerenza vie di bene, respingendo le scorciatoie del male; di intraprendere pazientemente, con l’aiuto di Dio e con la buona volontà, processi di pace. Pace, un filo di speranza che collega la terra al cielo, una parola tanto semplice e difficile al tempo stesso. Pace vuol dire Perdono che, frutto della conversione e della preghiera, nasce dal di dentro e, in nome di Dio, rende possibile sanare le ferite del passato. Pace significa Accoglienza, disponibilità al dialogo, superamento delle chiusure, che non sono strategie di sicurezza, ma ponti sul vuoto. Pace vuol dire Collaborazione, scambio vivo e concreto con l’altro, che costituisce un dono e non un problema, un fratello con cui provare a costruire un mondo migliore. Pace significa Educazione: una chiamata ad imparare ogni giorno la difficile arte della comunione, ad acquisire la cultura dell’incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di irrigidimento, contrarie al nome di Dio e alla dignità dell’uomo. Noi qui, insieme e in pace, crediamo e speriamo in un mondo fraterno. Desideriamo che uomini e donne di religioni differenti, ovunque si riuniscano e creino concordia, specie dove ci sono conflitti. Il nostro futuro è vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell’odio. I credenti siano artigiani di pace nell’invocazione a Dio e nell’azione per l’uomo! E noi, come Capi religiosi, siamo tenuti a essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace. Ci rivolgiamo anche a chi ha la responsabilità più alta nel servizio dei Popoli, ai Leader delle Nazioni, perché non si stanchino di cercare e promuovere vie di pace, guardando al di là degli interessi di parte e Acta Francisci Pp. 1129 del momento: non rimangano inascoltati l’appello di Dio alle coscienze, il grido di pace dei poveri e le buone attese delle giovani generazioni. Qui, trent’anni fa San Giovanni Paolo II disse: « La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale ».6 Sorelle e fratelli, assumiamo questa responsabilità, riaffermiamo oggi il nostro sì ad essere, insieme, costruttori della pace che Dio vuole e di cui l’umanità è assetata. 6 Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986: l.c., 1269. 1130 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale ITER APOSTOLICUM IN GEORGIAM ET REM PUBLICAM AZERBAIGIANIAM I Dum Praesidem necnon publicas auctoritates Georgiae in urbe Tbilisi convenit.* Maestà, Eccellenze, Cari Fratelli Vescovi, Cari Amici, Ringrazio Dio Onnipotente per avermi offerto l’opportunità di visitare questa terra benedetta, luogo d’incontro e di vitale scambio tra culture e civiltà, che nel cristianesimo ha trovato, fin dalla predicazione di Santa Nino all’inizio del IV secolo, la sua più profonda identità e il fondamento sicuro dei suoi valori. Come affermò San Giovanni Paolo II visitando la vostra Patria: « Il cristianesimo è diventato il seme della successiva fioritura della cultura georgiana »,1 e tale seme continua a produrre i suoi frutti. Nel ricordare con gratitudine il nostro incontro in Vaticano dell’anno scorso e le buone relazioni che la Georgia ha sempre mantenuto con la Santa Sede, ringrazio vivamente Lei, Signor Presidente, per il Suo gradito invito e per le cordiali parole di benvenuto che Ella mi ha rivolto a nome delle Autorità dello Stato e di tutto il popolo georgiano. La storia plurisecolare della vostra Patria manifesta il radicamento nei valori espressi dalla sua cultura, dalla sua lingua e dalle sue tradizioni, inserendo il Paese a pieno titolo e in modo fecondo e peculiare nell’alveo della civiltà europea; nel medesimo tempo, come evidenzia la sua posizione geografica, esso è quasi un ponte naturale tra l’Europa e l’Asia, una cerniera che facilita le comunicazioni e le relazioni tra i popoli, che ha reso possibili nel corso dei secoli sia i commerci che il dialogo e il confronto delle idee e delle esperienze tra mondi diversi. Come recita con fierezza il vostro inno nazionale: « La mia icona è la mia Patria, […] montagne e valli splendenti sono condivise con Dio ». La Patria è come un’icona che * Die 30 Septembris 2016. 1 Discorso nella Cerimonia di Benvenuto, 8 novembre 1999: Insegnamenti XXII, 2 [1999], 841. Acta Francisci Pp. 1131 definisce l’identità, traccia i lineamenti e la storia, mentre le montagne, innalzandosi libere verso il cielo, ben lungi dall’essere una muraglia insuperabile, danno splendore alle valli, le distinguono e le mettono in relazione, rendendole ognuna diversa dalle altre e tutte solidali con il cielo comune che le sovrasta e le protegge. Signor Presidente, sono trascorsi 25 anni dalla proclamazione dell’indipendenza della Georgia, la quale durante questo periodo, ritrovando la sua piena libertà, ha costruito e consolidato le sue istituzioni democratiche e ha cercato le vie per garantire uno sviluppo il più possibile inclusivo e autentico. Tutto questo non senza grandi sacrifici, che il popolo ha coraggiosamente affrontato per assicurarsi la tanto agognata libertà. Auspico che il cammino di pace e di sviluppo prosegua con l’impegno solidale di tutte le componenti della società, in modo da creare quelle condizioni di stabilità, equità e rispetto della legalità atte a favorire la crescita e ad aumentare le opportunità per tutti. Tale autentico e duraturo progresso ha come indispensabile condizione preliminare la pacifica coesistenza fra tutti i popoli e gli Stati della Regione. Ciò richiede che crescano sentimenti di mutua stima e considerazione, i quali non possono tralasciare il rispetto delle prerogative sovrane di ciascun Paese nel quadro del Diritto Internazionale. Al fine di aprire sentieri che portino a una pace duratura e a una vera collaborazione, occorre avere la consapevolezza che i principi rilevanti per un’equa e stabile relazione tra gli Stati sono al servizio della concreta, ordinata e pacifica convivenza tra le Nazioni. In troppi luoghi della terra, infatti, sembra prevalere una logica che rende difficile mantenere le legittime differenze e le controversie – che sempre possono sorgere – in un ambito di confronto e dialogo civile dove prevalgano la ragione, la moderazione e la responsabilità. Questo è tanto più necessario nel presente momento storico, dove non mancano anche estremismi violenti che manipolano e distorcono principi di natura civile e religiosa per asservirli ad oscuri disegni di dominio e di morte. Occorre che tutti abbiano a cuore in primo luogo la sorte dell’essere umano nella sua concretezza e compiano con pazienza ogni tentativo per evitare che le divergenze sfocino in violenze destinate a provocare enormi rovine per l’uomo e la società. Qualsiasi distinzione di carattere etnico, linguistico, politico o religioso, lungi dall’essere usata come pretesto per trasformare le divergenze in conflitti e i conflitti in interminabili tragedie, 1132 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale può e deve essere per tutti sorgente di arricchimento reciproco a vantaggio del bene comune. Ciò esige che ciascuno possa mettere pienamente a frutto le proprie specificità, avendo anzitutto la possibilità di vivere in pace nella sua terra o di farvi ritorno liberamente se, per qualche motivo, è stato costretto ad abbandonarla. Auspico che i responsabili pubblici continuino ad avere a cuore la situazione di queste persone, impegnandosi nella ricerca di soluzioni concrete anche al di fuori delle irrisolte questioni politiche. Si richiedono lungimiranza e coraggio per riconoscere il bene autentico dei popoli e perseguirlo con determinazione e prudenza, ed è indispensabile avere sempre davanti agli occhi le sofferenze delle persone per proseguire con convinzione il cammino, paziente e faticoso ma anche avvincente e liberante, della costruzione della pace. La Chiesa Cattolica – presente da secoli in questo Paese e distintasi in particolare per il suo impegno nella promozione umana e nelle opere caritative – condivide le gioie e le apprensioni del popolo georgiano e intende offrire il suo contributo per il benessere e la pace della Nazione, collaborando attivamente con le Autorità e la società civile. Auspico vivamente che essa continui ad apportare il suo genuino contributo alla crescita della società georgiana, grazie alla comune testimonianza della tradizione cristiana che ci unisce, al suo impegno a favore dei più bisognosi e mediante un rinnovato e accresciuto dialogo con l’antica Chiesa Ortodossa Georgiana e le altre comunità religiose del Paese. Dio benedica la Georgia e le doni pace e prosperità! II Dum Suam Beatitudinem Ilia II, Katholicon Patriarcham totius Georgiae convenit.* Ringrazio Vostra Santità. Sono profondamente commosso di sentire l’“Ave Maria” che Sua Santità stessa ha composto. Soltanto da un cuore che tanto ama la Santa Madre di Dio, cuore di figlio e anche di bambino, può uscire una cosa così bella. È per me una grande gioia e una grazia particolare incontrare Vostra Santità e Beatitudine e i venerabili Metropoliti, Arcivescovi e Vescovi, * Die 30 Septembris 2016. Acta Francisci Pp. 1133 membri del Santo Sinodo. Saluto il Signor Primo Ministro e voi, illustri Rappresentanti del mondo accademico e della cultura. Santità, Ella inaugurò una pagina nuova nelle relazioni tra la Chiesa Ortodossa di Georgia e la Chiesa Cattolica, compiendo la prima storica visita in Vaticano di un Patriarca georgiano. In quell’occasione scambiò con il Vescovo di Roma il bacio della pace e la promessa di pregare l’uno per l’altro. Così si sono potuti rinforzare i significativi legami, presenti tra noi fin dai primi secoli del cristianesimo. Essi si sono sviluppati e si mantengono rispettosi e cordiali, come manifestano anche la calorosa accoglienza qui riservata ai miei inviati e rappresentanti, le attività di studio e ricerca presso gli Archivi Vaticani e le Università Pontificie da parte di fedeli ortodossi georgiani, la presenza a Roma di una vostra comunità, ospitata in una chiesa della mia diocesi, e la collaborazione con la locale comunità cattolica, soprattutto di carattere culturale. Come pellegrino e amico, sono giunto in questa terra benedetta, mentre volge al culmine per i Cattolici l’Anno giubilare della Misericordia. Anche il santo Papa Giovanni Paolo II si era recato qui, primo tra i Successori di Pietro, in un momento estremamente importante, alle soglie del Giubileo del 2000: era venuto a rinsaldare i « vincoli profondi e forti » con la Sede di Roma1 e a ricordare quanto fosse necessario, alle soglie del terzo millennio, « il contributo della Georgia, antico crocevia di culture e tradizioni, per l’edificazione […] di una civiltà dell’amore ».2 Ora, la Provvidenza divina ci fa nuovamente incontrare e, di fronte a un mondo assetato di misericordia, di unità e di pace, ci chiede che quei vincoli tra noi ricevano nuovo slancio, rinnovato fervore, di cui il bacio della pace e il nostro abbraccio fraterno sono già un segno eloquente. La Chiesa Ortodossa di Georgia, radicata nella predicazione apostolica, in particolare nella figura dell’Apostolo Andrea, e la Chiesa di Roma, fondata sul martirio dell’Apostolo Pietro, hanno così la grazia di rinnovare oggi, in nome di Cristo e a sua gloria, la bellezza della fraternità apostolica. Pietro e Andrea erano infatti fratelli: Gesù li chiamò a lasciare le reti e a diventare, insieme, pescatori di uomini.3 Carissimo Fratello, lasciamoci guardare nuovamente 1 Discorso nella cerimonia di benvenuto, Tbilisi, 8 novembre 1999: Insegnamenti XXII,2 [1999], 843. 2 Discorso nel Palazzo Patriarcale, Tbilisi, 8 novembre 1999: Insegnamenti XXII,2 [1999], 848. 3 Cfr Mc 1, 16-17. 1134 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale dal Signore Gesù, lasciamoci attirare ancora dal suo invito a lasciare ciò che ci trattiene dall’essere insieme annunciatori della sua presenza. Ci sostiene in questo l’amore che trasformò la vita degli Apostoli. È l’amore senza eguali, che il Signore ha incarnato: « Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici »;4 e che ci ha donato, perché ci amiamo gli uni gli altri come Lui ci ha amato.5 A questo riguardo, il grande poeta di questa terra sembra rivolgere anche a noi alcune sue celebri parole: « Hai letto come gli apostoli scrivono dell’amore, come dicono, come lo lodano? Conoscilo, rivolgi la tua mente a queste parole: l’amore ci innalza».6 Davvero l’amore del Signore ci innalza, perché ci permette di elevarci al di sopra delle incomprensioni del passato, dei calcoli del presente e dei timori per l’avvenire. Il popolo georgiano ha testimoniato nei secoli la grandezza di questo amore. È in esso che ha trovato la forza di rialzarsi dopo innumerevoli prove; è in esso che si è elevato fino alle vette di una straordinaria bellezza artistica. Senza l’amore, infatti, come ha scritto un altro grande poeta, « non regna il sole nella cupola del cielo » e per gli uomini « non esiste né bellezza, né immortalità ».7 Nell’amore trova ragion d’essere l’immortale bellezza del vostro patrimonio culturale, che si esprime in molteplici forme, quali ad esempio la musica, la pittura, l’architettura e la danza. Lei, carissimo Fratello, ne ha dato degna espressione, in modo speciale componendo pregiati inni sacri, alcuni pure in lingua latina e particolarmente cari alla tradizione cattolica. Essi arricchiscono il vostro tesoro di fede e cultura, dono unico alla cristianità e all’umanità, che merita di essere conosciuto e apprezzato da tutti. La gloriosa storia del Vangelo in questa terra si deve in modo speciale a Santa Nino, che agli Apostoli viene equiparata: ella diffuse la fede nel segno particolare della croce fatta di legno di vite. Non si tratta di una croce spoglia, perché l’immagine della vite, oltre al frutto che eccelle in questa terra, rappresenta il Signore Gesù. Egli, infatti, è « la vite vera », e chiese ai suoi Apostoli di rimanere fortemente innestati in Lui, come tral4 5 6 7 Gv 15, 13. Cfr Gv 15, 12. S. Rustaveli, Il Cavaliere nella pelle di tigre, Tbilisi 1988, stanza 785. G. Tabidze, “Senza l’amore”, in Galaktion Tabidze, Tbilisi 1982, 25. Acta Francisci Pp. 1135 ci, per portare frutto.8 Perché il Vangelo porti frutto anche oggi, ci viene chiesto, carissimo Fratello, di rimanere ancora più saldi nel Signore e uniti tra noi. La moltitudine di Santi che questo Paese annovera ci incoraggi a mettere il Vangelo prima di tutto e ad evangelizzare come in passato, più che in passato, liberi dai lacci delle precomprensioni e aperti alla perenne novità di Dio. Le difficoltà non siano impedimenti, ma stimoli a conoscerci meglio, a condividere la linfa vitale della fede, a intensificare la preghiera gli uni per gli altri e a collaborare con carità apostolica nella testimonianza comune, a gloria di Dio nei cieli e a servizio della pace in terra. Il popolo georgiano ama celebrare, brindando con il frutto della vite, i valori più cari. Insieme all’amore che innalza, un ruolo particolare è riservato all’amicizia. « Chi non cerca un amico, di se stesso è nemico », ricorda ancora il poeta.9 Desidero essere amico sincero di questa terra e di questa cara popolazione, che non dimentica il bene ricevuto e il cui tratto ospitale si sposa con uno stile di vita genuinamente speranzoso, pur in mezzo a difficoltà che non mancano mai. Anche questa positività trova le proprie radici nella fede, che porta i Georgiani a invocare, attorno alla propria tavola, la pace per tutti e a ricordare persino i nemici. Con la pace e il perdono siamo chiamati a vincere i nostri veri nemici, che non sono di carne e di sangue, ma sono gli spiriti del male fuori e dentro di noi.10 Questa terra benedetta è ricca di valorosi eroi secondo il Vangelo, che come San Giorgio hanno saputo sconfiggere il male. Penso ai tanti monaci e in modo particolare ai numerosi martiri, la cui vita ha trionfato « con la fede e la pazienza »:11 è passata nel torchio del dolore restando unita al Signore e ha così portato un frutto pasquale, irrigando il suolo georgiano di sangue versato per amore. La loro intercessione dia sollievo ai tanti cristiani che ancor oggi nel mondo soffrono persecuzioni e oltraggi, e rafforzi in noi il buon desiderio di essere fraternamente uniti per annunciare il Vangelo della pace. [Dopo lo scambio dei doni] Grazie, Santità. Che Dio benedica Sua Santità e la Chiesa Ortodossa della Georgia. Grazie, Santità. E che possa andare avanti nel cammino della libertà. 8 9 10 11 Cfr Gv 15, 1-8. S. Rustaveli, Il Cavaliere nella pelle di tigre, stanza 847. Cfr Ef 6, 12. I. Sabanisze, Martirio di Abo, III. 1136 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Grazie Santità dell’accoglienza e delle Sue parole. Grazie della Sua benevolenza e anche di questo impegno fraterno di pregare l’uno per l’altro dopo esserci dato il bacio della pace. Grazie. III Dum Eucharistiam in urbe Tbilisi celebrant.* Tra i tanti tesori di questo splendido Paese risalta il grande valore delle donne. Esse – scriveva Santa Teresa di Gesù Bambino, di cui facciamo oggi memoria – « amano Dio in numero ben più grande degli uomini ».1 Qui in Georgia ci sono tante nonne e madri che continuano a custodire e tramandare la fede, seminata in questa terra da Santa Nino, e portano l’acqua fresca della consolazione di Dio in tante situazioni di deserto e conflitto. Questo ci aiuta a comprendere la bellezza di quanto il Signore dice oggi nella prima lettura: « Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò ».2 Come una madre prende su di sé i pesi e le fatiche dei suoi figli, così Dio ama farsi carico dei nostri peccati e delle nostre inquietudini; Egli, che ci conosce e ci ama infinitamente, è sensibile alla nostra preghiera e sa asciugare le nostre lacrime. Guardandoci, ogni volta si commuove e si intenerisce, con un amore viscerale, perché, al di là del male di cui siamo capaci, siamo sempre i suoi figli; desidera prenderci in braccio, proteggerci, liberarci dai pericoli e dal male. Lasciamo risuonare nel nostro cuore queste parole che oggi ci rivolge: “Come una madre, io vi consolerò”. La consolazione di cui abbiamo bisogno, in mezzo alle vicende turbolente della vita, è proprio la presenza di Dio nel cuore. Perché la sua presenza in noi è la fonte della vera consolazione, che rimane, che libera dal male, porta la pace e fa crescere la gioia. Per questo, se vogliamo vivere da consolati, occorre far posto al Signore nella vita. E perché il Signore abiti stabilmente in noi, bisogna aprirgli la porta e non tenerlo fuori. Ci sono delle porte della consolazione da tenere sempre aperte, perché Gesù ama entrare da lì: il Vangelo letto ogni giorno e portato sempre con noi, la preghiera silenziosa e adorante, la Confessione, l’Eucaristia. Attraverso * Die 1 Octobris 2016. 1 Scritti autobiografici, Manoscritto A, VI. 2 Is 66, 13. Acta Francisci Pp. 1137 queste porte il Signore entra e dà un sapore nuovo alle cose. Ma quando la porta del cuore si chiude, la sua luce non arriva e si resta al buio. Allora ci abituiamo al pessimismo, alle cose che non vanno, alle realtà che mai cambieranno. E finiamo per rinchiuderci nella tristezza, nei sotterranei dell’angoscia, soli dentro di noi. Se invece spalanchiamo le porte della consolazione, entra la luce del Signore! Ma Dio non ci consola solo nel cuore; tramite il profeta Isaia infatti aggiunge: « A Gerusalemme sarete consolati ».3 A Gerusalemme, cioè nella città di Dio, nella comunità: quando siamo uniti, quando c’è comunione tra noi agisce la consolazione di Dio. Nella Chiesa si trova consolazione, è la casa della consolazione: qui Dio desidera consolare. Possiamo chiederci: io, che sto nella Chiesa, sono portatore della consolazione di Dio? So accogliere l’altro come ospite e consolare chi vedo stanco e deluso? Pur quando subisce afflizioni e chiusure, il cristiano è sempre chiamato a infondere speranza a chi è rassegnato, a rianimare chi è sfiduciato, a portare la luce di Gesù, il calore della sua presenza, il ristoro del suo perdono. Tanti soffrono, sperimentano prove e ingiustizie, vivono nell’inquietudine. C’è bisogno dell’unzione del cuore, di questa consolazione del Signore che non toglie i problemi, ma dona la forza dell’amore, che sa portare il dolore in pace. Ricevere e portare la consolazione di Dio: questa missione della Chiesa è urgente. Cari fratelli e sorelle, sentiamoci chiamati a questo: non a fossilizzarci in ciò che non va attorno a noi o a rattristarci per qualche disarmonia che vediamo tra di noi. Non fa bene abituarsi a un “microclima” ecclesiale chiuso; ci fa bene condividere orizzonti ampi, orizzonti aperti di speranza, vivendo il coraggio umile di aprire le porte e uscire da noi stessi. C’è però una condizione di fondo per ricevere la consolazione di Dio, che la sua Parola oggi ci ricorda: diventare piccoli come bambini,4 essere « come un bimbo in braccio a sua madre ».5 Per accogliere l’amore di Dio è necessaria questa piccolezza di cuore: solo da piccoli, infatti, si può essere tenuti in braccio dalla mamma. Chi si fa piccolo come un bambino – ci dice Gesù – « è il più grande nel regno dei cieli ».6 La vera grandezza dell’uomo consiste nel farsi piccolo 3 4 5 6 66, 13. Cfr Mt 18, 3-4. Sal 130, 2. Mt 18, 4. 1138 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale davanti a Dio. Perché Dio non si conosce con pensieri alti e tanto studio, ma con la piccolezza di un cuore umile e fiducioso. Per essere grandi davanti all’Altissimo non bisogna accumulare onori e prestigio, beni e successi terreni, ma svuotarsi di sé. Il bambino è proprio colui che non ha niente da dare e tutto da ricevere. È fragile, dipende dal papà e dalla mamma. Chi si fa piccolo come un bimbo diventa povero di sé, ma ricco di Dio. I bambini, che non hanno problemi a capire Dio, hanno tanto da insegnarci: ci dicono che Egli compie grandi cose con chi non gli fa resistenza, con chi è semplice e sincero, privo di doppiezze. Ce lo mostra il Vangelo, dove si operano grandi meraviglie con piccole cose: con pochi pani e due pesci,7 con un granello di senape,8 con un chicco di grano che muore in terra,9 con un solo bicchiere d’acqua donato,10 con due monetine di una povera vedova,11 con l’umiltà di Maria, la serva del Signore.12 Ecco la grandezza sorprendente di Dio, di un Dio pieno di sorprese e che ama le sorprese: non perdiamo mai il desiderio e la fiducia delle sorprese di Dio! E ci farà bene ricordare che siamo sempre e anzitutto figli suoi: non padroni della vita, ma figli del Padre; non adulti autonomi e autosufficienti, ma figli sempre bisognosi di essere presi in braccio, di ricevere amore e perdono. Beate le comunità cristiane che vivono questa genuina semplicità evangelica! Povere di mezzi, sono ricche di Dio. Beati i Pastori che non cavalcano la logica del successo mondano, ma seguono la legge dell’amore: l’accoglienza, l’ascolto, il servizio. Beata la Chiesa che non si affida ai criteri del funzionalismo e dell’efficienza organizzativa e non bada al ritorno di immagine. Piccolo amato gregge di Georgia, che tanto ti dedichi alla carità e alla formazione, accogli l’incoraggiamento del Buon Pastore, affidati a Lui che ti prende sulle spalle e ti consola! Vorrei riassumere questi pensieri con alcune parole di Santa Teresa di Gesù Bambino, che oggi ricordiamo. Ella ci indica la sua “piccola via” verso Dio, « l’abbandono del piccolo bambino, che si addormenta senza timore tra le braccia di suo padre », perché « Gesù non domanda grandi gesti, ma 7 8 9 10 11 12 Cfr Mt 14, 15-20. Cfr Mc 4, 30-32. Cfr Gv 12, 24. Cfr Mt 10, 42. Cfr Lc 21, 1-4. Cfr Lc 1, 46-55. 1139 Acta Francisci Pp. solo l’abbandono e la riconoscenza ».13 Purtroppo, però – scriveva allora ma è vero anche oggi – Dio trova « pochi cuori che si abbandonino a lui senza riserve, che comprendano tutta la tenerezza del suo Amore infinito ».14 La giovane santa e Dottore della Chiesa, invece, era esperta nella « scienza dell’Amore »15 e ci insegna che « la carità perfetta consiste nel sopportare i difetti degli altri, nel non sorprendersi delle loro debolezze, nell’essere edificati anche dai minimi atti di virtù che li si vede praticare »; ci ricorda anche che « la carità non può rimanere chiusa nel fondo del cuore ».16 Chiediamo oggi, tutti insieme, la grazia di un cuore semplice, che crede e vive nella forza mite dell’amore; chiediamo di vivere con la serena e totale fiducia nella misericordia di Dio. IV Dum sacerdotes, religiosos viros et mulieres, sacerdotii candidatos apud templum B.V.M. Assumptae dicatum in urbe Tbilisi invisit.* 17 Buonasera! Grazie, caro Fratello, grazie a Lei. Adesso parlerò per tutti, mischiando tutte le domande. Quando tu [si riferisce al sacerdote che ha fatto la testimonianza] hai parlato, alla fine mi è venuto in mente – e lui [Mons. Minassian] è testimone – una cosa che è accaduta alla fine della Messa a Gyumri [in Armenia]. Finita la Messa, ho invitato a salire sulla “papamobile” Sua Eccellenza e anche il Vescovo della Chiesa Apostolica Armena della stessa città. Eravamo tre vescovi: il Vescovo di Roma, il Vescovo cattolico di Gyumri e il Vescovo Armeno Apostolico. Tutti e tre: è una bella macedonia! Abbiamo fatto il giro e poi siamo scesi. E quando io andavo a prendere la macchina, una vecchietta, lì, mi faceva segno di avvicinarmi. Quanti anni aveva? Ottanta? Non era vecchietta… Sembrava di più, sembrava ottanta e più… Io ho sentito nel cuore la voglia di avvicinarmi a salutarla, perché era dietro le transenne. Era una donna umile, molto umile. Mi ha salutato con amore… 13 14 15 16 Scritti autobiografici, Manoscritto B. Ibid. Ibid. Manoscritto C. * Die 1 Octobris 2016. 1140 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Aveva un dente d’oro, come si usava in altri tempi… E mi ha detto questo: “Io sono armena, ma abito in Georgia. E sono venuta dalla Georgia!”. Aveva viaggiato otto ore, o sei ore nel bus, per incontrare il Papa. Poi, il giorno dopo, quando andavamo non ricordo dove – due ore e più – l’ho trovata lì! Le ho detto: “Ma, signora, lei è venuta dalla Georgia… Tante ore di viaggio. E poi due ore in più, il giorno dopo, per trovarmi…” – “Eh si! È la fede!”, mi ha detto. Tu hai parlato di essere saldi nella fede. Essere saldi nella fede è la testimonianza che ha dato questa donna. Credeva che Gesù Cristo, Figlio di Dio, ha lasciato Pietro sulla terra e lei voleva vedere Pietro. Saldi nella fede significa capacità di ricevere dagli altri la fede, conservarla e trasmetterla. Tu hai detto, parlando di questo essere saldi nella fede: “tenere viva la memoria del passato, la storia nazionale e avere il coraggio di sognare e di costruire un futuro luminoso”. Saldi nella fede significa non dimenticare quello che noi abbiamo imparato, anzi, farlo crescere e darlo ai nostri figli. Per questo a Cracovia ho dato come missione speciale ai giovani quella di parlare con i nonni. Sono i nonni che ci hanno trasmesso la fede. E voi che lavorate con i giovani dovete insegnare loro ad ascoltare i nonni, a parlare con i nonni, per ricevere l’acqua fresca della fede, elaborarla nel presente, farla crescere – non nasconderla in un cassetto, no – elaborarla, farla crescere e trasmetterla ai nostri figli. L’Apostolo Paolo, parlando al suo discepolo prediletto, Timoteo, nella Seconda Lettera, gli diceva di conservare salda la fede che aveva ricevuto dalla mamma e dalla nonna. Questa è la strada che noi dobbiamo seguire, e questo ci farà maturare tanto. Ricevere l’eredità, farla germogliare e darla. Una pianta senza radici non cresce. Una fede senza la radice della mamma e della nonna non cresce. Anche una fede che mi è stata data e che io non do agli altri, ai più piccoli, ai miei “figli” non cresce. Dunque, per riassumere: per essere saldi nella fede bisogna avere memoria del passato, coraggio nel presente e speranza nel futuro. Questo, riguardo all’essere saldi nella fede. E non dimenticare quella signora georgiana, che è stata capace di andare col bus – 6/7 ore – in Armenia, nella città di Gyumri, dove lui [Mons. Minassian] è il vescovo, e il giorno dopo andare a trovare il Papa un’altra volta a Yerevan. Non dimenticare quell’immagine! È una donna che abita qui: è una donna armena, ma della Georgia! E le donne georgiane hanno fama, hanno grande fama di essere donne di fede, forti, che portano avanti la Chiesa! Acta Francisci Pp. 1141 E tu, Kote [il seminarista], una volta hai detto a tua mamma: “Io voglio fare quello che fa quell’uomo” [il sacerdote che celebra la Messa]. E alla fine del tuo intervento hai detto: “Io sono fiero di essere cattolico e di diventare un prete cattolico georgiano”. È tutto un percorso… Tu non hai detto che cosa disse tua mamma… Che cosa ti disse tua mamma quando tu le hai detto: “Io voglio fare quello che fa quell’uomo”? [Risponde: “Ero piccolo e la mia mamma mi ha detto: Va bene, fai quello che fa lui!… Ma ero piccolo…]. Ancora una volta la mamma, la donna georgiana forte. Quella donna “perdeva” un figlio, ma lo dava a Dio. Lo ha accompagnato nel suo cammino. E la mamma di Kote perdeva anche l’opportunità di diventare suocera!… Questo è l’inizio di una vocazione; e lì c’è sempre la mamma, la nonna… Ma tu hai detto la parola chiave: memoria. Conservare la memoria della prima chiamata. Custodire quel momento, come tu custodisci quel ricordo: “Mamma, io voglio fare quello che fa quell’uomo”. Perché questa non è una favola che è venuta nella tua mente: è stato lo Spirito Santo a toccarti. E custodire questo con la memoria è custodire la grazia dello Spirito Santo. Parlo a tutti i preti e le suore! Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo – o avremo – momenti bui. Anche noi consacrati abbiamo momenti bui. Quando sembra che la cosa non vada avanti, quando ci sono difficoltà di convivenza nella comunità, nella diocesi… In quei momenti, quello che si deve fare è fermarsi, fare memoria. Memoria del momento in cui io sono stato toccato o toccata dallo Spirito Santo. Come lui ha detto, del momento in cui lui disse: “Mamma, io voglio fare quello che fa quell’uomo”: il momento in cui ci tocca lo Spirito Santo. La perseveranza nella vocazione è radicata nella memoria di quella carezza che il Signore ci ha fatto e con cui ci ha detto: “Vieni, vieni con me”. E questo è quello che io consiglio a tutti voi consacrati: non tornare indietro, quando ci sono le difficoltà. E se volete guardare indietro, sia la memoria di quel momento. L’unico. E così la fede rimane salda, la vocazione rimane salda… Con le nostre debolezze, con i nostri peccati; tutti siamo peccatori e tutti abbiamo bisogno di confessarci, ma la misericordia e l’amore di Gesù sono più grandi dei nostri peccati. E adesso vorrei parlare di due cose che avete detto… Ma [prima] dimmi: è tanto forte il freddo in Kazakhstan, in inverno? Sì?... Ma vai avanti lo stesso! E adesso, Irina. Abbiamo parlato con il prete, con i religiosi, con i consacrati della fede salda; ma come è la fede nel matrimonio? Il matrimonio 1142 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale è la cosa più bella che Dio ha creato. La Bibbia ci dice che Dio ha creato l’uomo e la donna, li ha creati a sua immagine.1 Cioè, l’uomo e la donna che diventano una sola carne sono immagine di Dio. Io ho capito, Irina, quando tu spiegavi le difficoltà che tante volte vengono nel matrimonio: le incomprensioni, le tentazioni… “Mah, risolviamo la cosa per la strada del divorzio, e così io mi cerco un altro, lui si cerca un’altra, e incominciamo di nuovo”. Irina, tu sai chi paga le spese del divorzio? Due persone, pagano. Chi paga? [Irina risponde: tutti e due] Tutti e due? Di più! Paga Dio, perché quando si divide “una sola carne”, si sporca l’immagine di Dio. E pagano i bambini, i figli. Voi non sapete, cari fratelli e sorelle, voi non sapete quanto soffrono i bambini, i figli piccoli, quando vedono le liti e la separazione dei genitori! Si deve fare di tutto per salvare il matrimonio. Ma è normale che nel matrimonio si litighi? Sì, è normale. Succede. Alle volte “volano i piatti”. Ma se è vero amore, allora si fa la pace subito. Io consiglio agli sposi: litigate finché volete, litigate finché volete ma non finite la giornata senza fare la pace. Sapete perché? Perché la “guerra fredda” del giorno dopo è pericolosissima. Quanti matrimoni si salvano se hanno il coraggio, alla fine della giornata, di non fare un discorso, ma una carezza, ed è fatta la pace! Ma è vero, ci sono situazioni più complesse, quando il diavolo si immischia e mette davanti all’uomo una donna che gli sembra più bella della sua, o quando mette davanti a una donna un uomo che le sembra più bravo del suo. Chiedete aiuto subito. Quando viene questa tentazione, chiedete aiuto subito. È questo quello che tu [Irina] dicevi, di aiutare le coppie. E come si aiutano le coppie? Si aiutano con l’accoglienza, la vicinanza, l’accompagnamento, il discernimento e l’integrazione nel corpo della Chiesa. Accogliere, accompagnare, discernere e integrare. Nella comunità cattolica si deve aiutare a salvare i matrimoni. Ci sono tre parole: sono parole d’oro nella vita del matrimonio. Io domanderei ad una coppia: “Vi volete bene?” – “Sì”, diranno. “E quando c’è qualcosa che uno fa per l’altro, sapete dire grazie? E se uno dei due fa una diavoleria, sapete chiedere scusa? E se voi volete portare avanti un progetto, [ad esempio] passare una giornata in campagna, o qualsiasi cosa, sapete chiedere l’opinione dell’altro?”. Tre parole: “Cosa ti sembra? Posso?”; “grazie”; “scusa”. Se nelle coppie si usano queste parole: 1 Cfr Gen 1, 27. Acta Francisci Pp. 1143 “Scusami, ho sbagliato”; “Posso fare questo?”; o “Grazie di quel bel pasto che mi hai fatto”; “Posso?”, “grazie”, “scusa”, se si utilizzano queste tre parole, il matrimonio andrà avanti bene. È un aiuto. Tu, Irina, hai menzionato un grande nemico del matrimonio, oggi: la teoria del gender. Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche. Se ci sono problemi, fare la pace al più presto possibile, prima che finisca la giornata, e non dimenticare le tre parole: “permesso”, “grazie”, “perdonami”. E tu, Kakha, hai parlato di una Chiesa aperta, che non si chiuda in se stessa, che sia una Chiesa per tutti, una Chiesa madre – la mamma è così. Ci sono due donne che Gesù ha voluto per tutti noi: sua madre e la sua sposa. E queste due si assomigliano. La madre è la madre di Gesù, e lui l’ha lasciata come madre nostra. La Chiesa è la sposa di Gesù ed è anch’essa nostra madre. Con la madre Chiesa e la madre Maria si può andare avanti sicuri. E lì troviamo ancora una volta la donna. Sembra che il Signore abbia una preferenza per portare avanti la fede nelle donne. Maria, la Santa Madre di Dio; la Chiesa, la Santa Sposa di Dio – pur se peccatrice in noi, suoi figli – e la nonna e la mamma che ci hanno dato la fede. E sarà Maria, sarà la Chiesa, sarà la nonna, sarà la mamma a difendere la fede. I vostri antichi monaci dicevano questo – sentite bene: “Quando ci sono le turbolenze spirituali, bisogna rifugiarsi sotto il manto della Santa Madre di Dio”. E Maria è il modello della Chiesa, è il modello della donna, sì, perché la Chiesa è donna e Maria è donna. Adesso un’ultima cosa… Chi lo ha detto? Proprio Kote, un’altra volta: il problema dell’ecumenismo. Mai litigare! Lasciamo che i teologi studino le cose astratte della teologia. Ma che cosa devo fare io con un amico, un vicino, una persona ortodossa? Essere aperto, essere amico. “Ma devo fare forza per convertirlo?”. C’è un grosso peccato contro l’ecumenismo: il proselitismo. Mai si deve fare proselitismo con gli ortodossi! Sono fratelli e sorelle nostri, discepoli di Gesù Cristo. Per situazioni storiche tanto complesse siamo diventati così. Sia loro sia noi crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, crediamo nella Santa Madre di Dio. “E cosa devo fare?”. Non condannare, no, non posso. Amicizia, camminare insieme, pregare gli uni per gli altri. Pregare e fare opere di carità insieme, quando si può. È 1144 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale questo l’ecumenismo. Ma mai condannare un fratello o una sorella, mai non salutarla perché è ortodossa. Vorrei finire ancora con il povero Kote. “Santo Padre – tu dicevi alla fine – io sono fiero di essere cattolico e di diventare un prete cattolico georgiano”. A te e a tutti voi, cattolici georgiani, chiedo, per favore, di difenderci dalla mondanità. Gesù ci ha parlato con tanta forza contro la mondanità; e nel discorso dell’Ultima Cena ha chiesto al Padre: “Padre, difendili [i discepoli] dalla mondanità. Difendili dal mondo”. Chiediamo questa grazia tutti insieme: che il Signore ci liberi dalla mondanità; ci faccia uomini e donne di Chiesa; saldi nella fede che abbiamo ricevuto dalla nonna e dalla mamma; saldi nella fede che è sicura sotto la protezione del manto della Santa Madre di Dio. E così, come stiamo, senza muoverci, preghiamo la Santa Madre di Dio, l’Ave Maria. [Recita: Ave Maria] E adesso vi darò la benedizione. E vi chiedo, per favore, di pregare per me. [Benedizione] Pregate per me. V Dum Cathedralem Ecclesiam Patriarchalem Svetitskhoveli in urbe Mtskheta invisit.* 2 Santità, Signor Primo Ministro, distinte Autorità e illustri Membri del Corpo Diplomatico, carissimi Vescovi e Sacerdoti, cari fratelli e sorelle, al culmine del mio pellegrinaggio in terra di Georgia, sono grato a Dio di poter sostare in raccoglimento in questo tempio santo. Qui desidero anche ringraziare vivamente per l’accoglienza ricevuta, per la vostra toccante testimonianza di fede, che mi ha fatto tanto bene; e anche ringraziare viva* Die 1 Octobris 2016. Acta Francisci Pp. 1145 mente per il cuore buono dei Georgiani. Mi vengono alla mente, Santità, le parole del Salmo: « Com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme! È come olio prezioso versato sul capo ».1 Carissimo Fratello, il Signore, che ci ha dato la gioia di incontrarci e di scambiare il bacio santo, riversi su di noi l’unguento profumato della concordia e faccia scendere copiose benedizioni sul nostro cammino e sul cammino di questo amato popolo. La lingua georgiana è ricca di espressioni significative che descrivono la fraternità, l’amicizia e la prossimità tra le persone. Ve n’è una, nobile e genuina, che manifesta la disponibilità a sostituirsi all’altro, la volontà di farsene carico, di dirgli con la vita “vorrei essere al tuo posto”: shen genatsvale. Condividere nella comunione della preghiera e nell’unione degli animi le gioie e le angosce, portando i pesi gli uni degli altri: 2 sia questo fraterno atteggiamento cristiano a segnare la via del nostro cammino insieme. Questa grandiosa Cattedrale, che custodisce molti tesori di fede e di storia, ci invita a fare memoria del passato. È quanto mai necessario, perché « la caduta del popolo comincia là, dove finisce la memoria del passato ». 3 La storia della Georgia è come un libro antico che ad ogni pagina narra di testimoni santi e di valori cristiani, che hanno forgiato l’animo e la cultura del Paese. Nondimeno, questo pregiato libro racconta gesta di grande apertura, accoglienza e integrazione. Sono valori inestimabili e sempre validi, per questa terra e per l’intera regione, tesori che ben esprimono l’identità cristiana, la quale si mantiene tale quando rimane ben fondata nella fede ed è al tempo stesso sempre aperta e disponibile, mai rigida o chiusa. Il messaggio cristiano – questo luogo sacro lo ricorda – è stato nei secoli il pilastro dell’identità georgiana: ha dato stabilità in mezzo a tanti sconvolgimenti, anche quando, purtroppo non di rado, la sorte del Paese è stata quella di essere amaramente abbandonato a se stesso. Ma il Signore non ha mai abbandonato l’amata terra di Georgia, perché Egli è « fedele in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere, sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto ».4 1 2 3 4 Sal 133, 1-2. Cfr Gal 6, 2. I. Chavchavadze, Il popolo e la storia, in Iveria, 1888. Sal 145, 13-14. 1146 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale La vicinanza tenera e compassionevole del Signore è qui rappresentata, in modo particolare, dal segno della sacra tunica. Il mistero della tunica « senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo »,5 ha attirato l’attenzione dei cristiani fin dagli inizi. Un Padre antico, San Cipriano di Cartagine, ha affermato che nella tunica indivisa di Gesù appare quel « vincolo di concordia, che inseparabilmente unisce », quell’« unità che viene dall’alto, che viene cioè dal cielo e dal Padre, che non poteva essere assolutamente lacerata ».6 La sacra tunica, mistero di unità, ci esorta a provare grande dolore per le divisioni consumatesi tra i cristiani lungo la storia: sono delle vere e proprie lacerazioni inferte alla carne del Signore. Al tempo stesso, però, l’“unità che viene dall’alto”, l’amore di Cristo che ci ha radunato donandoci non solo la sua veste, ma il suo stesso corpo, ci spingono a non rassegnarci e ad offrire noi stessi sul suo esempio: 7 ci stimolano alla carità sincera e alla comprensione reciproca, a ricomporre le lacerazioni, animati da uno spirito di limpida fraternità cristiana. Tutto ciò richiede un cammino certamente paziente, da coltivare con fiducia nell’altro e umiltà, ma senza paura e senza scoraggiarsi, bensì nella gioiosa certezza che la speranza cristiana ci fa pregustare. Essa ci sprona a credere che le contrapposizioni possono essere sanate e gli ostacoli rimossi, ci invita a non rinunciare mai alle occasioni di incontro e di dialogo, e a custodire e migliorare insieme quanto già esiste. Penso, ad esempio, al dialogo in corso nella Commissione Mista Internazionale e ad altre proficue occasioni di scambio. San Cipriano affermava anche che la tunica di Cristo, « unica, indivisa, tutta d’un pezzo, indica l’inseparabile concordia del nostro popolo, di noi che ci siamo rivestiti di Cristo ».8 Quanti sono stati battezzati in Cristo, afferma infatti l’Apostolo Paolo, si sono rivestiti di Cristo. 9 Per questo, nonostante i nostri limiti e al di là di ogni successiva distinzione storica e culturale, siamo chiamati a essere « uno in Cristo Gesù »10 e a non mettere al primo posto le disarmonie e le divisioni tra i battezzati, perché davvero è molto più ciò che ci unisce di ciò che ci divide. 5 6 7 8 9 10 Gv 19, 23. De catholicae Ecclesiae unitate, 7: SCh 1 [2006], 193. Cfr Rm 12, 1. Ibid., 195. Cfr Gal 3, 27. Gal 3, 28. Acta Francisci Pp. 1147 In questa Cattedrale Patriarcale tanti fratelli e sorelle ricevono il Battesimo, che nella lingua georgiana esprime bene la vita nuova ricevuta in Cristo, indicando un’illuminazione che dà senso a tutto, perché conduce fuori dall’oscurità. In georgiano, anche la parola “educazione” nasce dalla stessa radice ed è perciò strettamente imparentata col Battesimo. La nobiltà della lingua induce così a pensare alla bellezza di una vita cristiana che, fin dall’inizio luminosa, si mantiene tale se rimane nella luce del bene e rigetta le tenebre del male; se, custodendo la fedeltà alle proprie radici, non cede alle chiusure che rendono oscura la vita, ma si conserva ben disposta ad accogliere e imparare, ad essere rischiarata da tutto ciò che è bello e vero. Che le splendenti ricchezze di questo popolo siano conosciute e apprezzate; che possiamo sempre più condividere, per l’arricchimento comune, i tesori che Dio dona a ciascuno, e aiutarci a vicenda a crescere nel bene! Assicuro di cuore la mia preghiera perché il Signore, che fa nuove tutte le cose,11 per l’intercessione dei Santi Fratelli Apostoli Pietro e Andrea, dei Martiri e di tutti i Santi, accresca l’amore tra i credenti in Cristo e la luminosa ricerca di tutto quanto ci possa avvicinare, riconciliare e unire. Possano la fraternità e la collaborazione crescere ad ogni livello; possano la preghiera e l’amore farci sempre più accogliere l’accorato desiderio del Signore su tutti quelli che credono in Lui mediante la parola degli Apostoli: che siano « una sola cosa ».12 VI Dum apud templum B.V.M. Immaculatae dicatum Eucharistiam celebrat, in urbe Bacuënsi.* La Parola di Dio ci presenta oggi due aspetti essenziali della vita cristiana: la fede e il servizio. A proposito della fede, vengono rivolte al Signore due particolari richieste. La prima è quella del profeta Abacuc, che implora Dio perché intervenga e ristabilisca la giustizia e la pace che gli uomini hanno infranto con 11 12 Cfr Ap 21, 5. Cfr Gv 17, 20-21. * Die 2 Octobris 2016. 1148 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale violenza, liti e contese: « Fino a quando, Signore, – dice – implorerò aiuto e non ascolti? ».1 Dio, rispondendo, non interviene direttamente, non risolve la situazione in modo brusco, non si rende presente con la forza. Al contrario, invita ad attendere con pazienza, senza mai perdere la speranza; soprattutto, sottolinea l’importanza della fede. Perché per la sua fede l’uomo vivrà.2 Così Dio fa anche con noi: non asseconda i nostri desideri che vorrebbero cambiare il mondo e gli altri subito e continuamente, ma mira anzitutto a guarire il cuore, il mio cuore, il tuo cuore, il cuore di ciascuno; Dio cambia il mondo cambiando i nostri cuori, e questo non può farlo senza di noi. Il Signore desidera infatti che gli apriamo la porta del cuore, per poter entrare nella nostra vita. E questa apertura a Lui, questa fiducia in Lui è proprio « la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede ».3 Perché quando Dio trova un cuore aperto e fiducioso, lì può compiere meraviglie. Ma avere fede, una fede viva, non è facile; ed ecco allora la seconda richiesta, quella che nel Vangelo gli Apostoli rivolgono al Signore: « Accresci in noi la fede! ».4 È una bella domanda, una preghiera che anche noi potremmo rivolgere a Dio ogni giorno. Ma la risposta divina è sorprendente e anche in questo caso ribalta la domanda: « Se aveste fede… ». È Lui che chiede a noi di avere fede. Perché la fede, che è un dono di Dio e va sempre chiesta, va anche coltivata da parte nostra. Non è una forza magica che scende dal cielo, non è una “dote” che si riceve una volta per sempre, e nemmeno un super-potere che serve a risolvere i problemi della vita. Perché una fede utile a soddisfare i nostri bisogni sarebbe una fede egoistica, tutta centrata su di noi. La fede non va confusa con lo stare bene o col sentirsi bene, con l’essere consolati nell’animo perché abbiamo un po’ di pace nel cuore. La fede è il filo d’oro che ci lega al Signore, la pura gioia di stare con Lui, di essere uniti a Lui; è il dono che vale la vita intera, ma che porta frutto se facciamo la nostra parte. E qual è la nostra parte? Gesù ci fa comprendere che è il servizio. Nel Vangelo, infatti, il Signore fa subito seguire alle parole sulla potenza della fede quelle sul servizio. Fede e servizio non si possono separare, anzi sono strettamente collegati, annodati tra di loro. Per spiegarmi vorrei utilizzare 1 2 3 4 Ab 1, 2. Cfr. Ab 2, 4. 1Gv 5, 4. Lc 17, 6. Acta Francisci Pp. 1149 un’immagine a voi molto familiare, quella di un bel tappeto: i vostri tappeti sono delle vere opere d’arte e provengono da una storia antichissima. Anche la vita cristiana di ciascuno viene da lontano, è un dono che abbiamo ricevuto nella Chiesa e che proviene dal cuore di Dio, nostro Padre, il quale desidera fare di ciascuno di noi un capolavoro del creato e della storia. Ogni tappeto, voi lo sapete bene, va tessuto secondo la trama e l’ordito; solo con questa struttura l’insieme risulta ben composto e armonioso. Così è per la vita cristiana: va ogni giorno pazientemente intessuta, intrecciando tra loro una trama e un ordito ben definiti: la trama della fede e l’ordito del servizio. Quando alla fede si annoda il servizio, il cuore si mantiene aperto e giovane, e si dilata nel fare il bene. Allora la fede, come dice Gesù nel Vangelo, diventa potente, e fa meraviglie. Se cammina su quella strada, allora matura e diventa forte, a condizione che rimanga sempre unita al servizio. Ma che cos’è il servizio? Possiamo pensare che consista solo nell’essere ligi ai propri doveri o nel compiere qualche opera buona. Ma per Gesù è molto di più. Nel Vangelo di oggi Egli ci chiede, anche con parole molto forti, radicali, una disponibilità totale, una vita a piena disposizione, senza calcoli e senza utili. Perché è così esigente Gesù? Perché Lui ci ha amato così, facendosi nostro servo « fino alla fine », 5 venendo « per servire e dare la propria vita ». 6 E questo avviene ancora ogni volta che celebriamo l’Eucaristia: il Signore viene in mezzo a noi e per quanto noi ci possiamo proporre di servirlo e amarlo, è sempre Lui che ci precede, servendoci e amandoci più di quanto immaginiamo e meritiamo. Ci dona la sua stessa vita. E ci invita a imitarlo, dicendoci: « Se uno mi vuole servire, mi segua ». 7 Dunque, non siamo chiamati a servire solo per avere una ricompensa, ma per imitare Dio, fattosi servo per nostro amore. E non siamo chiamati a servire ogni tanto, ma a vivere servendo. Il servizio è allora uno stile di vita, anzi riassume in sé tutto lo stile di vita cristiano: servire Dio nell’adorazione e nella preghiera; essere aperti e disponibili; amare concretamente il prossimo; adoperarsi con slancio per il bene comune. 5 6 7 Gv 13, 1. Mc 10, 45. Gv 12, 26. 1150 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Non mancano anche per i credenti le tentazioni, che allontanano dallo stile del servizio e finiscono per rendere la vita inservibile. Dove non c’è servizio la vita è inservibile! Anche qui possiamo evidenziarne due. Una è quella di lasciare intiepidire il cuore. Un cuore tiepido si chiude in una vita pigra e soffoca il fuoco dell’amore. Chi è tiepido vive per soddisfare i propri comodi, che non bastano mai, e così non è mai contento; poco a poco finisce per accontentarsi di una vita mediocre. Il tiepido riserva a Dio e agli altri delle “percentuali” del proprio tempo e del proprio cuore, senza mai esagerare, anzi cercando sempre di risparmiare. Così la sua vita perde di gusto: diventa come un tè che era veramente buono, ma che quando si raffredda non si può più bere. Sono certo però che voi, guardando agli esempi di chi vi ha preceduto nella fede, non lascerete intiepidire il cuore. La Chiesa intera, che nutre per voi una speciale simpatia, vi guarda e vi incoraggia: siete un piccolo gregge tanto prezioso agli occhi di Dio! C’è una seconda tentazione, nella quale si può cadere non perché si è passivi, ma perché si è “troppo attivi”: quella di pensare da padroni, di darsi da fare solo per guadagnare credito e per diventare qualcuno. Allora il servizio diventa un mezzo e non un fine, perché il fine è diventato il prestigio; poi viene il potere, il voler essere grandi. « Tra voi però – ricorda Gesù a tutti noi – non sarà così: ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore ».8 Così si edifica e si abbellisce la Chiesa. Riprendo l’immagine del tappeto, applicandola alla vostra bella comunità: ciascuno di voi è come uno splendido filo di seta, ma solo se sono ben intrecciati tra di loro i diversi fili creano una bella composizione; da soli, non servono. Restate sempre uniti, vivendo umilmente in carità e gioia; il Signore, che crea l’armonia nelle differenze, vi custodirà. Ci aiuti l’intercessione della Vergine Immacolata e dei Santi, in particolare di Santa Teresa di Calcutta, i cui frutti di fede e di servizio sono in mezzo a voi. Accogliamo alcune sue splendide parole, che riassumono il messaggio di oggi: « Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace ».9 8 9 Mt 20, 26. Il cammino semplice, Introduzione. Acta Francisci Pp. 1151 VII Dum Praesidem Rei Publicae Azerbaigianiae necnon auctoritates in urbe Bacuënsi convenit.* 10 Signor Presidente, Distinte Autorità, Illustri Membri del Corpo Diplomatico, Signore e Signori, Sono molto lieto di visitare l’Azerbaigian e vi ringrazio per la cordiale accoglienza in questa città, capitale del Paese, affacciata sulle rive del Mar Caspio, città che ha trasformato radicalmente il proprio volto con nuovissime costruzioni, come quella in cui si svolge questo incontro. Le sono vivamente grato, Signor Presidente, per le gentili espressioni di benvenuto che Ella mi ha rivolto a nome del Governo e del popolo azero, e per avermi offerto la possibilità, grazie al Suo cortese invito, di contraccambiare la visita da Lei compiuta l’anno scorso in Vaticano, insieme alla Sua gentile Consorte. Sono giunto in questo Paese portando nel cuore l’ammirazione per la complessità e la ricchezza della sua cultura, frutto dell’apporto dei tanti popoli che lungo la storia hanno abitato queste terre, dando vita a un tessuto di esperienze, valori e peculiarità che caratterizzano la società odierna e si traducono nella prosperità del moderno Stato azero. Il prossimo 18 ottobre l’Azerbaigian festeggerà il 25° anniversario della sua indipendenza e tale data offre la possibilità di rivolgere uno sguardo d’insieme agli avvenimenti di questi decenni, ai progressi compiuti e alle problematiche che il Paese si trova ad affrontare. Il cammino fin qui percorso mostra chiaramente i notevoli sforzi fatti per consolidare le istituzioni e favorire la crescita economica e civile della Nazione. È un percorso che richiede costante attenzione a tutti, specialmente ai più deboli, un percorso possibile grazie a una società che riconosce i benefici del multiculturalismo e della necessaria complementarità delle culture, in modo che tra le diverse componenti della comunità civile e tra gli appartenenti a differenti confessioni religiose si instaurino rapporti di mutua collaborazione e rispetto. * Die 2 Octobris 2016. 1152 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Questo sforzo comune nella costruzione di un’armonia tra le differenze è di particolare significato in questo tempo, perché mostra che è possibile testimoniare le proprie idee e la propria concezione della vita senza prevaricare i diritti di quanti sono portatori di altre concezioni e visioni. Ogni appartenenza etnica o ideologica, come ogni autentico cammino religioso, non può che escludere atteggiamenti e concezioni che strumentalizzano le proprie convinzioni, la propria identità o il nome di Dio per legittimare intenti di sopraffazione e di dominio. Auspico vivamente che l’Azerbaigian prosegua sulla strada della collaborazione tra diverse culture e confessioni religiose. Sempre più l’armonia e la coesistenza pacifica alimentino la vita sociale e civile del Paese, nelle sue molteplici espressioni, assicurando a tutti la possibilità di apportare il proprio contributo al bene comune. Il mondo sperimenta purtroppo il dramma di tanti conflitti che trovano alimento nell’intolleranza, fomentata da ideologie violente e dalla pratica negazione dei diritti dei più deboli. Per opporsi validamente a queste pericolose derive, abbiamo bisogno che cresca la cultura della pace, la quale si nutre di una incessante disposizione al dialogo e della consapevolezza che non sussiste alternativa ragionevole alla paziente e assidua ricerca di soluzioni condivise, mediante leali e costanti negoziati. Come all’interno dei confini di una Nazione è doveroso promuovere l’armonia tra le sue diverse componenti, così, anche tra gli Stati è necessario proseguire con saggezza e coraggio sulla via che conduce al vero progresso e alla libertà dei popoli, aprendo percorsi originali che puntano ad accordi duraturi e alla pace. In tal modo si risparmieranno ai popoli gravi sofferenze e dolorose lacerazioni, difficili da sanare. Anche nei riguardi di questo Paese, desidero esprimere accoratamente la mia vicinanza a coloro che hanno dovuto lasciare la loro terra e alle tante persone che soffrono a causa di sanguinosi conflitti. Auspico che la comunità internazionale sappia offrire con costanza il suo indispensabile aiuto. Nel medesimo tempo, al fine di rendere possibile l’apertura di una fase nuova, aperta a una pace stabile nella regione, rivolgo a tutti l’invito a non lasciare nulla di intentato per giungere ad una soluzione soddisfacente. Sono fiducioso che, con l’aiuto di Dio e mediante la buona volontà delle parti, il Caucaso potrà essere il luogo dove, attraverso il dialogo e il negoziato, le controversie e le divergenze troveranno la loro composizione Acta Francisci Pp. 1153 e il loro superamento, in modo che quest’area, “porta tra l’Oriente e l’Occidente”, secondo la bella immagine usata da san Giovanni Paolo II quando visitò il vostro Paese,1 divenga anche una porta aperta verso la pace e un esempio a cui guardare per risolvere antichi e nuovi conflitti. La Chiesa Cattolica, pur essendo nel Paese una presenza numericamente esigua, è inserita nella vita civile e sociale dell’Arzerbaigian, partecipa alle sue gioie ed è solidale nell’affrontare le sue difficoltà. Il riconoscimento giuridico, reso possibile a seguito della ratifica dell’Accordo internazionale con la Santa Sede nel 2011, ha inoltre offerto un quadro normativo più stabile per la vita della comunità cattolica in Azerbaigian. Sono inoltre particolarmente lieto per le cordiali relazioni che la comunità cattolica intrattiene con quella musulmana, quella ortodossa e quella ebraica, ed auspico che si incrementino i segni di amicizia e di collaborazione. Tali buone relazioni rivestono un alto significato per la pacifica convivenza e per la pace nel mondo e mostrano che tra i fedeli di diverse confessioni religiose è possibile la cordialità dei rapporti, il rispetto e la cooperazione in vista del bene di tutti. L’attaccamento ai genuini valori religiosi è del tutto incompatibile con il tentativo di imporre con violenza agli altri le proprie visioni, facendosi scudo del santo nome di Dio. La fede in Dio sia invece fonte ed ispirazione di mutua comprensione e rispetto e di reciproco aiuto, a favore del bene comune della società. Dio benedica l’Azerbaigian con l’armonia, la pace e la prosperità. VIII Occasione Conventus interreligiosi cum muslimorum principe Caucasi necnon repraesentatibus aliarum religionum in urbe Bacuënsi.* Trovarsi qui insieme è una benedizione. Desidero ringraziare il Presidente del Consiglio dei Musulmani del Caucaso, che con la sua consueta cortesia ci ospita, e i Capi religiosi locali della Chiesa Ortodossa Russa e delle Comunità Ebraiche. È un grande segno incontrarci in amicizia fraterna in questo luogo di preghiera, un segno che manifesta quell’armonia che le religioni insieme 1 Cfr Discorso nella Cerimonia di Benvenuto, 22 maggio 2002: Insegnamenti XXV, 1 [2002], 838. * Die 2 Octobris 2016. 1154 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale possono costruire, a partire dai rapporti personali e dalla buona volontà dei responsabili. Qui ne danno prova, ad esempio, l’aiuto concreto che il Presidente del Consiglio dei Musulmani ha garantito in più occasioni alla comunità cattolica, e i saggi consigli che, in spirito di famiglia, condivide con essa; sono anche da sottolineare il bel legame che unisce i Cattolici alla Comunità Ortodossa, in una fraternità concreta e in un affetto quotidiano che sono un esempio per tutti, e la cordiale amicizia con la comunità ebraica. Di questa concordia beneficia l’Azerbaigian, che si distingue per l’accoglienza e l’ospitalità, doni che ho potuto sperimentare in questa memorabile giornata, per la quale sono molto grato. Qui si desidera custodire il grande patrimonio delle religioni e al tempo stesso si ricerca una maggiore e feconda apertura: anche il cattolicesimo, ad esempio, trova posto e armonia tra altre religioni ben più numerose, segno concreto che mostra come non la contrapposizione, ma la collaborazione aiuta a costruire società migliori e pacifiche. Il nostro trovarci insieme è anche in continuità con i numerosi incontri che si svolgono a Baku per promuovere il dialogo e la multiculturalità. Aprendo le porte all’accoglienza e all’integrazione, si aprono le porte dei cuori di ciascuno e le porte della speranza per tutti. Ho fiducia che questo Paese, « porta tra l’Oriente e l’Occidente »,1 coltivi sempre la sua vocazione di apertura e incontro, condizioni indispensabili per costruire solidi ponti di pace e un futuro degno dell’uomo. La fraternità e la condivisione che desideriamo accrescere non saranno apprezzate da chi vuole rimarcare divisioni, rinfocolare tensioni e trarre guadagni da contrapposizioni e contrasti; sono però invocate e attese da chi desidera il bene comune, e soprattutto gradite a Dio, Compassionevole e Misericordioso, che vuole i figli e le figlie dell’unica famiglia umana tra loro più uniti e sempre in dialogo. Un grande poeta, figlio di questa terra, ha scritto: « Se sei umano, mescolati agli umani, perché gli uomini stanno bene tra di loro ».2 Aprirsi agli altri non impoverisce, ma arricchisce, perché aiuta a essere più umani: a riconoscersi parte attiva di un insieme più grande e a interpretare la vita come un dono per gli altri; a vedere come traguardo non i propri interessi, ma il bene dell’umanità; ad agire senza idealismi e senza interventismi, senza operare dannose interferenze e azioni Giovanni Paolo II, Discorso nella Cerimonia di benvenuto, Baku, 22 maggio 2002: Insegnamenti XXV, 1 [2002], 838. 2 Nizami Ganjavi, Il libro di Alessandro, I, Sul proprio stato e il passare del tempo. 1 Acta Francisci Pp. 1155 forzate, bensì sempre nel rispetto delle dinamiche storiche, delle culture e delle tradizioni religiose. Proprio le religioni hanno un grande compito: accompagnare gli uomini in cerca del senso della vita, aiutandoli a comprendere che le limitate capacità dell’essere umano e i beni di questo mondo non devono mai diventare degli assoluti. Ha scritto ancora Nizami: « Non stabilirti solidamente sulle tue forze, finché in cielo non avrai trovato dimora! I frutti del mondo non sono eterni, non adorare ciò che perisce! ».3 Le religioni sono chiamate a farci capire che il centro dell’uomo è fuori di sé, che siamo protesi verso l’Alto infinito e verso l’altro che ci è prossimo. Lì è chiamata a incamminarsi la vita, verso l’amore più elevato e insieme più concreto: esso non può che stare al culmine di ogni aspirazione autenticamente religiosa; perché – dice ancora il poeta –, « amore è quello che mai non muta, amore è quello che non ha fine ».4 La religione è dunque una necessità per l’uomo, per realizzare il suo fine, una bussola per orientarlo al bene e allontanarlo dal male, che sta sempre accovacciato alla porta del suo cuore.5 In questo senso le religioni hanno un compito educativo: aiutare a tirare fuori dall’uomo il meglio di sé. E noi, come guide, abbiamo una grande responsabilità, per offrire risposte autentiche alla ricerca dell’uomo, oggi spesso smarrito nei vorticosi paradossi del nostro tempo. Vediamo, infatti, come ai nostri giorni, da una parte imperversa il nichilismo di chi non crede più a niente se non ai propri interessi, vantaggi e tornaconti, di chi butta via la vita adeguandosi all’adagio « se Dio non esiste tutto è permesso »;6 dall’altra parte, emergono sempre più le reazioni rigide e fondamentaliste di chi, con la violenza della parola e dei gesti, vuole imporre atteggiamenti estremi e radicalizzati, i più distanti dal Dio vivente. Le religioni, al contrario, aiutando a discernere il bene e a metterlo in pratica con le opere, con la preghiera e con la fatica del lavoro interiore, sono chiamate a edificare la cultura dell’incontro e della pace, fatta di pazienza, comprensione, passi umili e concreti. Così si serve la società umana. Essa, da parte sua, è sempre tenuta a vincere la tentazione di servirsi del fattore religioso: le religioni non devono mai essere strumentalizzate e mai possono prestare il fianco ad assecondare conflitti e contrapposizioni. 3 4 5 6 Leylā e Majnūn, Morte di Majnūn sulla tomba di Leylā. Ibid., Disperazione di Majnūn. Cfr Gen 4, 7. Cfr F.M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, XI, 4.8.9. 1156 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale È invece fecondo un legame virtuoso tra società e religioni, un’alleanza rispettosa che va costruita e custodita, e che vorrei simboleggiare con un’immagine cara a questo Paese. Mi riferisco alle pregiate vetrate artistiche presenti da secoli in queste terre, fatte soltanto di legno e vetri colorati (Shebeke). Nel produrle artigianalmente, vi è una particolarità unica: non si usano colle né chiodi, ma si tengono insieme il legno e il vetro incastrandoli fra di loro con un lungo e accurato lavoro. Così il legno sorregge il vetro e il vetro fa entrare la luce. Allo stesso modo è compito di ogni società civile sostenere la religione, che permette l’ingresso di una luce indispensabile per vivere: per questo è necessario garantirle un’effettiva e autentica libertà. Non vanno dunque usate le “colle” artificiali che costringono l’uomo a credere, imponendogli un determinato credo e privandolo della libertà di scelta; non devono entrare nelle religioni neanche i “chiodi” esterni degli interessi mondani, delle brame di potere e di denaro. Perché Dio non può essere invocato per interessi di parte e per fini egoistici, non può giustificare alcuna forma di fondamentalismo, imperialismo o colonialismo. Ancora una volta, da questo luogo così significativo, sale il grido accorato: mai più violenza in nome di Dio! Che il suo santo Nome sia adorato, non profanato e mercanteggiato dagli odi e dalle contrapposizioni umane. Onoriamo invece la provvidente misericordia divina verso di noi con la preghiera assidua e con il dialogo concreto, « condizione necessaria per la pace nel mondo, dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose ».7 Preghiera e dialogo sono tra loro profondamente correlati: muovono dall’apertura del cuore e sono protesi al bene altrui, dunque si arricchiscono e rafforzano a vicenda. La Chiesa Cattolica, in continuità con il Concilio Vaticano II, con convinzione « esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi ».8 Nessun « sincretismo conciliante », non « un’apertura diplomatica, che dice sì a tutto per evitare i problemi »,9 ma dialogare con gli altri e pregare per tutti: questi sono i nostri mezzi 7 8 9 Esort. ap. Evangelii gaudium, 250. Dich. Nostra aetate, 2. Esort. ap. Evangelii gaudium, 251. Acta Francisci Pp. 1157 per mutare le lance in falci,10 per far sorgere amore dove c’è odio e perdono dove c’è offesa, per non stancarci di implorare e percorrere vie di pace. Una pace vera, fondata sul rispetto reciproco, sull’incontro e sulla condivisione, sulla volontà di andare oltre i pregiudizi e i torti del passato, sulla rinuncia alle doppiezze e agli interessi di parte; una pace duratura, animata dal coraggio di superare le barriere, di debellare le povertà e le ingiustizie, di denunciare e arrestare la proliferazione di armi e i guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri. La voce di troppo sangue grida a Dio dal suolo della terra, nostra casa comune.11 Ora siamo interpellati a dare una risposta non più rimandabile, a costruire insieme un futuro di pace: non è tempo di soluzioni violente e brusche, ma l’ora urgente di intraprendere processi pazienti di riconciliazione. La vera questione del nostro tempo non è come portare avanti i nostri interessi – questa non è la vera questione –, ma quale prospettiva di vita offrire alle generazioni future, come lasciare un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto. Dio, e la storia stessa, ci domanderanno se ci siamo spesi oggi per la pace; già ce lo chiedono in modo accorato le giovani generazioni, che sognano un futuro diverso. Nella notte dei conflitti, che stiamo attraversando, le religioni siano albe di pace, semi di rinascita tra devastazioni di morte, echi di dialogo che risuonano instancabilmente, vie di incontro e di riconciliazione per arrivare anche là, dove i tentativi delle mediazioni ufficiali sembrano non sortire effetti. Specialmente in questa amata regione caucasica, che ho tanto desiderato visitare e nella quale sono giunto come pellegrino di pace, le religioni siano veicoli attivi per il superamento delle tragedie del passato e delle tensioni di oggi. Le inestimabili ricchezze di questi Paesi vengano conosciute e valorizzate: i tesori antichi e sempre nuovi di sapienza, cultura e religiosità delle genti del Caucaso sono una grande risorsa per il futuro della regione e in particolare per la cultura europea, beni preziosi cui non possiamo rinunciare. Grazie. Prima di lasciare la Moschea, il Papa ha rivolto ai presenti le seguenti parole: Grazie tante a tutti voi. Grazie tante per la compagnia … E vi chiedo, per favore, di pregare per me. 10 11 Cfr Is 2, 4. Cfr Gen 4, 10. 1158 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale NUNTIUS Ad Argentinum Populum.* 12 Queridos hermanos y hermanas: En este año en que todavía estamos respirando el ambiente de los festejos del Bicentenario, suceden dos hechos que hacen a nuestra historia, dos hechos que son muy importantes y muy fuertes, y que yo valoro mucho: uno es la beatificación de Mama Antula, una mujer que ayudó a consolidar la Argentina profunda y el otro es la próxima canonización del Cura Brochero, ese cura gaucho que tuvo compasión de sus queridos serranos y luchó por su dignificación. Está de más decir que yo hubiera querido ir a Argentina a beatificar a Mama Antula y a canonizar al Cura Brochero, pero no pude hacerlo, no es posible. Ustedes no saben cuánto me gustaría volver a verlos. Y tampoco podré hacerlo el año próximo porque ya están compromisos fijados para Asia, África, y el mundo es más grande que Argentina, y bueno, pero hay que dividirse, dejo en manos del Señor que Él me indique la fecha. Pero teniendo en cuenta estos acontecimientos y teniendo en cuenta que el año que viene tampoco voy a poder ir, opté por comunicarme con ustedes de esta manera. Para mí el pueblo argentino es mi pueblo, ustedes son importantes, yo sigo siendo argentino, yo todavía viajo con pasaporte argentino. Estoy convencido que como pueblo son el mayor tesoro que tiene nuestra Patria. Cuando recibo cartas de ustedes, tantas que no a todas puedo responder, seguramente una que otra para hacerme presente, me consuelo, me da gozo y eso me lleva a rezar y rezo por ustedes en la Misa, por las necesidades de ustedes, por cada uno más de ustedes. Es el amor a la Patria que me lleva a eso y es lo que me lleva también a pedirles, una vez más, que se pongan la Patria al hombro, esa Patria que necesita que cada uno de nosotros le entreguemos lo mejor de nosotros mismos, para mejorar, crecer, madurar. Y esto nos hará lograr esa cultura del encuentro que supera todas estas culturas del descarte que hoy en el mundo se ofrecen por todas partes. Una * Die 30 Septembris 2016. 12 Acta Francisci Pp. 1159 cultura del encuentro donde cada uno tenga su lugar, que todo el mundo pueda vivir con dignidad y que se pueda expresar pacíficamente sin ser insultado o condenado, o agredido, o descartado. Esa cultura del encuentro que todos tenemos que ir buscando, con la oración y la buena voluntad. A mí me llama la atención que a la Argentina se le alaba por su geografía, su riqueza. Tenemos de todo: montañas, bosques, llanuras, costas, todas las riquezas en minería. Tenemos todo. ¡Qué país rico! Pero la riqueza más grande que tiene nuestra Patria es el pueblo, ese pueblo que sabe ser solidario, que sabe caminar uno junto a otro, que sabe ayudarse, que sabe respetarse, es ese pueblo argentino que no se marea, que sabe encontrar sabiduría, y cuando se marea, los otros lo ayudan a que se le vaya el mareo. Yo a ese pueblo argentino lo respeto, lo quiero, lo llevo en mi corazón, es la riqueza más grande de nuestra Patria. Y aunque no podamos estrecharnos la mano, cuenten con mi memoria y mi oración para que el Señor los haga crecer como pueblo. Pueblo que se reencuentra, trabaja unido y busca la grandeza de la Patria, esa Patria que es propia, es nuestra, no es de los otros, es nuestra. Gracias por todo lo bueno que hacen cada día. Que el Señor los bendiga. Estamos en el Año de la Misericordia, y como despedida de esta charla, de este monólogo pero que quiere ser una charla, me atrevo a proponerles, como las maestras de antes, los deberes para la casa. Les propongo que en este Año de la Misericordia hagan alguna obra de misericordia todos los días o cada dos días si no pueden todos los días; y no se enojen si yo se las leo para recordárselas. Están las obras de misericordia corporales y las espirituales. En su mayoría, se toman una lista que el Señor hace en las Bienaventuranzas, en Mateo 25, en todo el Evangelio. Son obras concretas de misericordia que si cada uno de nosotros hace una al día o una cada dos días, ¡el bien, el bien, que haremos a nuestro pueblo! - Visitar a un enfermo, visitar a los enfermos, es una obra de misericordia. - Dar de comer al hambriento. Hay gente que tiene hambre. - Dar de beber al sediento, tiene sed material y espiritual, a veces. - Dar posada al peregrino, es decir, darle lugar al que no tiene casa, al que no tiene techo. - Vestir al desnudo, es decir, que la gente tenga vestido, que no pase frio en invierno. - Visitar a los presos. Tantas veces la Iglesia insiste sobre esto. 1160 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale - Y enterrar a los difuntos. Estas serían las siete obras de misericordia corporales. Y otras siete espirituales: - Enseñar al que no sabe. - Dar un buen consejo al que lo necesita. - Corregir al que se equivoca. - Perdonar al que nos ofende. ¡Qué difícil es perdonar! Todos hoy en el mundo necesitamos perdonar mucho y ser perdonados. - Consolar al que está triste. - Sufrir con paciencia los defectos del prójimo. Hay gente que a veces nos hace perder la paciencia, y sufrir con paciencia sus defectos, es una obra de misericordia. - Y rezar a Dios por los vivos y por los muertos. No sé, queridos hermanos, queridos compatriotas, me siento hablándoles como en casa, me acerco a ustedes en esta ocasión, donde todavía se respiran los aires de los festejos del Bicentenario y donde están estos dos hechos de la canonización del Cura Brochero y la beatificación de Mama Antula, dos personas, un hombre y una mujer, que trabajaron por la Patria y por la evangelización. Así que en medio de todo esto los saludo, les doy mi cariño, y les digo – parece un poco raro, pero lo estiro el tiempo como el elástico – hasta pronto, y no se olviden de rezar por mí. Gracias. Dal Vaticano, 30 settembre 2016. FRANCISCUS PP. 1161 Acta Francisci Pp. CONVENTIONES I Accessio Sanctae Sedis et Status Civitatis Vaticanae ad Conventionem Nationum Unitarum contra Corruptionem. Accession of the Holy See and Vatican City State to the United Nations Convention against Corruption. Reservations, declarations and notifications annexed to the Instrument of Accession By acceding to the United Nations Convention against Corruption, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, intends to contribute and to give its moral support to the global prevention, repression and prosecution of such crime. In conformity with its own nature, its Universal Mission, and the particular character of Vatican City State, the Holy See upholds the values of brotherhood, justice and peace between persons and peoples, whose protection and strengthening require the primacy of the rule of law and respect for human rights, and it reaffirms that instruments of criminal and judicial cooperation constitute effective safeguards in the face of criminal activities that jeopardize human dignity and peace. Reservations With regard to article 63.7, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, specifically reserves the right to consent in each particular case, and on an ad hoc basis, to be subject to any mechanism or body to review the implementation of the Convention which has been established, or which may be established in the future, by the Conference of State Parties. Pursuant to article 66.3 of the Convention, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, declares that it does not consider itself bound by article 66.2 of the Convention. The Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, specifically 1162 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale reserves the right to agree in a particular case, on an ad hoc basis, to any convenient means to settle any dispute arising out of this Convention. Declarations Pursuant to articles 44.5 and 44.6 of the Convention, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, declares that it takes the Convention as the legai basis for cooperation on extradition with other Parties to the Convention, subject to the limitations to the extradition of persons provided for by its domestic law, With regard to articles 43 to 48 of the Convention, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, declares that, in light of its legai doctrine and the sources of its law (Vatican City State Law LXXI, 1 October 2008), nothing in the Convention shall be interpreted as imposing an obligation to extradite or to provide mutual legal assistance if there are substantial grounds for believing that the request is made for the purpose of prosecuting or punishing a person on account of that person’s race, religion, nationality, ethnic origin or political opinion; that compliance with the request would cause prejudice to that person’s position for any of these reasons; or that the person would be subject to the death penalty or to torture. In light of its own nature and its legai order (article 207 of the Vatican Criminal Code, amended by article 21 of Law N. IX on Amendments to the Criminal Code and the Code of Criminal Procedure, of 11 July 2013, and Motu Proprio on the Jurisdiction of Judicial Authorities of Vatican City State in Criminal Matters, of 11 July 2013), the Holy See declares that the following persons are deemed “public officials” for the purposes of Vatican criminal law: a) any person holding a legislative, administrative or judicial office in the Vatican City State, whether appointed or elected, permanent or temporary, paid or unpaid, irrespective of that person’s seniority; b) any person who performs a public function in the Vatican City State, even for a public agency or public enterprise, or who provides a public service; c) members, officials and personnel of the various organs of the Roman Curia and of the Institutions connected to it; Acta Francisci Pp. 1163 d) papal legates and diplomatic personnel of the Holy See; e) those persons who serve as representatives, managers or directors, as well as persons who even de facto manage or exercise control over the entities directly dependent on the Holy See and listed in the registry of canonical juridical persons kept by the Governorate of Vatican City State; f) any other person holding an administrative or judicial mandate in the Holy See, permanent or temporary, paid or unpaid, irrespective of that person’s seniority. Notifìcations Pursuant to article 6.3 of the Convention, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, informs that the Office of the Auditor General is the competent authority to assist other States Parties in developing and implementing specific measures for the prevention of corruption. Pursuant to article 46.13 of the Convention, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, informs that the Secretariat of State of the Holy See is the central authority competent to receive requests for mutual legal assistance and to transmit them to the relevant authorities for execution. Requests for mutual legal assistance must be received through diplomatic channels. Pursuant to article 46.14 of the Convention, the Holy See, acting also in the name and on behalf of Vatican City State, informs that the requests for mutual legal assistance and their supporting documentation should be accompanied, insofar as possible, by a translation into Italian. 1 September 2016 Accessio Sanctae Sedis et Status Civitatis Vaticanae ad Conventionem Nationum Unitarum contra Corruptionem vigere coepit die XIX mensis Octobris anno MMVI. 1164 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale II Inter Secretariam Status Sanctae Sedis et Ministerium ab Exteris negotiis Status Cuvaiti de Modo Consulendi Bilaterali. Memorandum of Understanding between the Secretariat of State of the Holy See and the Ministry of Foreign Affairs of the State of Kuwait on conducting Bilateral Consultations. The Secretariat of State of the Holy See and the Ministry of Foreign Affairs of the State of Kuwait (hereinafter referred to as “the Parties”), Desiring to promote the development of friendly relations and cooperation in the political, religious and cultural fields between the two Parties, Abiding by the principle of mutual respect for each other’s sovereignty, independence and non-interference in each other’s internal affairs, Convinced that consultations and exchange of information on bilateral, regional and international issues of common interest to the Parties will contribute to the deepening of mutual understanding, Guided by the 1961 Vienna Convention on Diplomatic Relations, Have agreed as follows: Article 1 1. The Parties shall regularly hold consultative meetings at senior official level to discuss modalities of expanding and deepening cooperation for the development of bilateral political, religious and cultural relations as well as for international issues of common interest. 2. The Parties may set up working groups or expert meetings on various issues in order to discuss specific areas of common interest. Article 2 1. The consultative meetings may be held once every two years, or more frequently as deemed necessary, alternately at the Vatican or in Kuwait City or between the respective Permanent Missions to the United Nations and its specialized agencies and to other international organizations or at international conferences. Acta Francisci Pp. 1165 2. Diplomatic Missions of the two Parties stationed in third countries may consult and exchange information on issues of common interest. Article 3 The Parties shall agree on the level of representation, dates, venue and agenda of the consultative meetings through diplomatic channels. Article 4 The outcome of the consultative meetings shall not be made public unless otherwise agreed upon by the Parties. Article 5 The Parties, desirous of developing further their relations in every field and at different levels, and within their respective competences, shall look for ways and means to reach this goal, including the establishment of a Joint Commission with the task of drafting a bilateral Agreement in accordance with the principles, norms and rules of international law. Article 6 The present Memorandum of Understanding may be amended at any time by mutual consent of the Parties in writing, through diplomatic channels. Article 7 The present Memorandum of Understanding shall enter into force on the date of its signature and shall remain in force for an indefinite period of time, unless one of the Parties notifies the other Party in writing of its intention to terminate it with three months prior notice. Done at the Vatican on the tenth day of September 2015, in two original copies, in the Arabic and English languages, both texts being equally authentic. For the Secretariat of State of The Holy See For the Ministry of Foreign Affairs of the State of Kuwait c Paul R. Gallagher Sabah Khaled Al-Hamad Al-Sabah c Paul Richard Gallagher Secretary for Relations with States Sabah Khaled Al-Hamad Al-Sabah First Deputy Prime Minister and Minister of Foreign Affairs 1166 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Acta Francisci Pp. 1167 1168 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Conventio inter Secretariam Status Sanctae Sedis et Ministerium ab Exteris Negotiis Statut Cuvaiti vigere coepit die X mensis Septembris anno MMXV iuxta normam Articuli VII. Acta Francisci Pp. 1169 III Memorandum Consensus inter Secretariam Status Sanctae Sedis et Gubernationem Phylarchiarum Arabicarum Confoederationis De Exemptione Visorum. Memorandum of Understanding between the Secretariat of State of the Holy See and the Government of the United Arab Emirates on mutual exemption of entry visas for holders of Diplomatic special (official and service) passports. The Government of the United Arab Emirates and the Secretariat of State of the Holy See; hereinafter referred to as “the Parties”; Desiring to develop bilateral relations and strengthening the existing cooperation between the Parties; Confirming their willingness to work on the exemption of holders of diplomatic, official and service passports issued by the Parties from entry visa requirements to enter each other’s territory; Taking into account the Vienna Convention on Diplomatic Relations of 1961 and the Vienna Convention on Consular Relations of 1963, Have agreed as follows; Article 1 Under this Memorandum of Understanding, the holders of the following passports are exempted from visa requirements: 1. For the Holy See: Diplomatic and Service Passports, which are valid for a period not less than six months. 2. For the United Arab Emirates: Diplomatic and Special Passports, which are valid for a period not less than six months. Article 2 1. Each Party shall allow the holders of diplomatic, official and service passports issued by the other Party to enter in, exit from, transit through its respective territories without a prior entry visa, and free of charge. 2. Each Party shall allow the holders of diplomatic, official and service passports issued by the other Party to stay in its territory without entry visa for a maximum period of 90 days. 1170 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Article 3 In case any of the Parties appoints any of the holders of the specified passports to its diplomatic missions to the other Party, it shall notify the other Party of this appointment before the appointee’s arrival to its territory. Article 4 Both Parties shall be committed to take the following actions: 1. The two Parties shall exchange specimens of their passports specified in Artide 1 through diplomatic channels as of the signature date of this Memorandum of Understanding. 2. In case any Party introduces any amendments to its passports, this Party shall produce to the other Party specimens of these new passports three months before their introduction date. 3. Both Parties are committed to notify each other in case they produce any amendments to their domestic laws and regulations pertaining to passports specified in Artide 1 of this Memorandum of Understanding. Article 5 Holders of diplomatic, official and service passports issued by the Parties are not allowed to work, or to be engaged in any profession or study in each other’s country without observing the relevant rules and regulations applicable in both countries. Article 6 1. Holders of diplomatic, official and service passports issued by the Parties should enter the territory of the other Party only through the border points designated for international passenger traffic. 2. Holders of diplomatic, official and service passports issued by the Parties shall comply with laws and regulations in force in the other Party’s territory throughout the duration of their stay. Article 7 1. Both Parties have the right to deny entry or stay of any of the passports holders to its territories in case considered persona non grata or not accepted. Acta Francisci Pp. 1171 2. In case a passport of one Party has been lost or damaged, in the territory of the other Party, the passport holder shall inform the competent authorities of that Party to take appropriate action. The concerned Diplomatic Mission shall issue a new passport or travel document in accordance with the applicable regulations and shall inform the concerned authorities of the host Party thereon. Article 8 Both Parties shall express their readiness to ensure the highest level of security of passports and travel documents against forgery. They shall reconsider the minimum-security standards for machine-readable travel documents recommended by the International Civil Aviation Organization (I.C.A.O.). Article 9 This Memorandum of Understanding does not affect the rights and obligations of the two Parties arising from conventions and other international agreements to which any or both of them are Parties. Article 10 Any differences between the two Parties arising from the interpretation or application of this Memorandum of Understanding shall be settled by consultations and negotiations between them via diplomatic channels. Article 11 1. Any amendments to this Memorandum of Understanding shall be mutually agreed upon by the two Parties through the exchange of official notes through diplomatic channels. 2. Amendments shall enter into force as provided for in Artide 12 of this Memorandum of Understanding. 3. Either Party may suspend the application of this Memorandum of Understanding, either wholly or partially, for reasons of national security, public order or public health. Such suspension shall be immediately communicated to the other Party through diplomatic channels. 1172 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Article 12 This Memorandum of Understanding shall enter into force from the date of signature and shall remain in force for an indefinite period, unless either Party notifies the other in writing through diplomatic channels of its intention to terminate it. Such termination shall take effect after 30 days from the date of its official communication of termination. Done in Vatican City on the fifteenth day of September 2016 in two original copies, each in Arabie and English languages, and all texts being equally authentic. In case of divergence, the English text shall prevail. c Paul R. Gallagher For the Secretariat of State of The Holy See Abdullah bin Zayed Al-Nahyan For the Government of The United Arab Emirates Acta Francisci Pp. 1173 1174 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Acta Francisci Pp. 1175 1176 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Acta Francisci Pp. 1177 1178 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Conventio inter Secretariam Status Sanctae Sedis et Gubernationem Phylarchiarum Arabicarum Confoederationis vigere coepit die XV mensis Septembris anno MMXVI iuxta normam Articuli XII. Acta Congregationum 1179 ACTA CONGREGATIONUM CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM ALBIENSIS Canonizationis Beatae Ioannae Aemiliae de Villeneuve Fundatricis Congregationis Sororum ab Immaculata Concepitone V.D. “de Castres” (1811-1854) DECRETUM SUPER MIRACULO Beata Ioanna Aemilia de Villeneuve die 9 mensis Martii anno 1811 Tolosae nobili loco nata est. Erga religiosas et materiales necessitates proximorum humanissima fuit et in familiam Filiarum Caritatis ingredi meditata est. Sua in vita magnum studium profudit maxime in ministerio erga pauperiores et in illos, qui corpore et animo inique exhausti sunt, praesertim in iuvenes plebis mulieres, quae in principio aevi industrialis progressionis ut operariae operam navabant et iniquitatibus et violentiis affligebantur. Hac causa Congregationem Sororum ab Immaculata Conceptione v. d. “de Castres” fundavit, quae gradatim augebatur tam in Gallia quam in plagis missionariis, ubi sorores ad christianam doctrinam docendam et ad humanam institutionem praecipiendam toto animo se consecraverunt. Humilitas, spiritus orationis et fidentis commendationis, vehemens et constans caritas vitam eius spiritualem omnino insignivere. Mediis annis saeculi XIX meridiana in Gallia colerica lues acriter ingruit, una cum febri contagione vulgata et cutaneis productionibus. Beata in votum Deo se obtulit ut gravis morbus in urbe Castres consummaretur, contagione commaculata, dum aegrotos ministrat, in lecto cubitare compulsa est. Die 2 mensis Octobris anno 1854 mortali e vita piissime demigravit. Summus Pontifex Benedictus XVI die 5 mensis Iulii anno 2009 in numero Beatorum rite eam ascripsit. Canonizationis respectu, Causae Postulatio iudicio huius Congregationis de Causis Sanctorum miram quandam puellulae sanationem, quae e vehementi electrica fulguratione percussa subiecit. Res mense Maio anno 2008 1180 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Brasiliae evenit. Puellula vix nonum mensem aetatis exagens, dum electrico filo ludit, fallaciter digitulos electricos in aditus insinuavit statimque fulgurata est, sensus amittens, in hac electrica sollicitatione plus quam per octo minutos primos retenta est. Festinato itinere ad valetudinarium vecta, illic cardiaca tractatione singulam per horam subiecta est, posthaec motus cordis rursus redintegratus est. Artificiali respiratione auxilio et antibioticis barbituricisque medicamentis adhibitis, ob supervenientes convulsiones, ancipitem conditionem medicae curae non mutaverunt et immo quoad vitam dubitatum est, autem fausto exitu concesso, tam in vita quam in locutione et in motu certissime noxis detrimentum expectaturum. Istis gravis rebus occurentibus, puellulae familiae soror proxima, quae in Congregatione a Beata fundata militabat, sua sponte pie orare Fundatricem incepit ut sanationem impetraret, hac in oratione familiam infirmae consociavit, isti puellulae imagunculam cum Beatae reliquia imposuerunt. Infans e valetudinario iam desperatis condicionibus demissa est. Soror eandem puellam domu visitavit et parentibus proposuit, ut sacrum novemdiale una cum fidelibus paroeciae susciperent. Novemdiale confectum est die 29 mensis Maii anno 2008. Insequenti die iuvenis infirma statim signa morbi remissionis ostendit, una cum physiologicarum functionum restitutione sine noxis ex illo gravi casu. Subsequentes medicae investigationes nihil invenerunt et perfectam sanationem exhibere. Evidens est concursus temporis et consequentia inter Beatae invocationem et puellulae sanationem, quae deinceps naturali socialique vita pollens, sana fuit. De hac sanatione, mira aestimata, iuxta Curiam Petrolinensem in Brasilia, a die 13 mensis Septembris anno 2011 ad diem 12 mensis Iunii anno 2012 celebrata est Inquisitio dioecesana, cuius validitas ab hac Congregatione de Causis Sanctorum per Decretum diei 10 mensis Octobris anno 2012 est approbata. Medicorum Consilium Dicasterii in sessione diei 6 mensis Martii anno 2014 declaravit sanationem, celerem, perfectam, constantem et ex scientiae legibus inexplicabilem fuisse. Die 25 mensis Septembris anno 2014 Congressus auctus est Peculiaris Theologorum Consultorum. Die 2 mensis Decembris anno 2014 Patres Cardinales et Episcopi se congregaverunt, me Cardinale Angelo Amato praesidente. Et in utroque Coetu, sive Consultorum sive Cardinalium et Episcoporum, posito dubio an de miraculo divinitus patrato constaret, responsum affirmativum prolatum est. 1181 Acta Congregationum Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de miraculo a Deo patrato per intercessionem Beatae Ioannae Aemiliae de Villeneuve, Fundatricis Congregationis Sororum ab Immaculata Conceptione v.d. “de Castres”, videlicet de celeri, perfecta ac constanti sanatione cuiusdam puellulae ab “arresto cardio-respiratorio e insufficienza respiratoria grave a seguito di folgorazione elettrica”. Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 6 mensis Decembris a.D. 2014. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis BRUNENSIS Beatificationis et Canonizationis Servae Dei Adalbertae Hasmandová Antistitae Generalis Congregationis Sororum Misericordiae Sancti Caroli Borromeo (1914-1988) DECRETUM SUPER VIRTUTIBUS « Hoc est propositum nostrum: supremum Bonum cognoscere et porro hoc generose largiri aliis per bonitatem cordis nostri ». Verba haec Serva Dei Adalberta Hasmandová scripsit ex carcere anno 1956. Ita exprimebat charisma ac spiritualitatem vitae suae: vigorem misericordiae in contemplatione et in actione. Serva Dei nata est loco v. d. Huštênovice, Moraviae, in hodierna Respublica Cekiae, die 25 mensis Martii anno 1914 et baptisma recepit nomine Antoniae. Sex annos agens matrem perdidit, sed numerosa familia difficultates huius acerbae sortis in fide adivit. Postea maturescit in ea vocatio ad vitam consecratam; itaque, tredecim annos agens, accessit ad Congregationem Sororum Misericordiae Sancti Caroli Borromeo in loco Frýdlant nad Ostravicí. Anno 1931 etiam pater mortuus est. Antonia, quodam discrimine sublato, statuit se vocationem prosequi. 1182 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Anno 1933, studiis expletis maturitatis examine, noviciatum iniit Pragae ac nomen religiosum soror Maria Vojt ěcha, quod est Adalberta, recepit. Insequenti anno incepit primum simulque longissimum munus magistrae in schola oppidi T řeboň. Anno 1935 vota temporalia professa est et die 19 mensis Martii anno 1940 professionem emisit perpetuam. Eodem tempore iam bellum saeviebat et scholae clausae sunt; soror Maria Vojt ěcha libenter se obtulit ad vulneratos milites curandos apud valetudinarium in loco Slan ŷ. Inde, bello confecto, reversa est denuo ad laborem in schola ut docens moderatrixque et universitariam facultatem Artis Educandi in Brno frequentavit. Anno 1948 ad politicam potestatem factio communistarum pervenit et status Ecclesiae valde mutatus est: evenit vera persecutio, scholae ecclesiasticae interdictae et abolitae sunt, conventus religiosorum itemque religiosarum devastabantur, domus monasteriorum occupaverunt institutiones civiles et religiosi deportati sunt, sorores ad agrorum opera destinatae vel ad textrinum aut in aliquem locum relegatae. Tempore ilio, soror Vojtěcha constituta est superiorissa communitatis sororum in oppido Prachatice atque responsabilitatem gerens totius quod in domo agitur. Hic, propter receptaculum franciscano presbytero praestitum, comprehensa est et, praeterito anno in custodia, die 19 septembris 1953 falso de proditione accusata una cum aliis sacerdotibus sororibusque carcere octo annorum condemnata est. Quamvis aspere passa esset, Serva Dei omnibus auxilium ferebat; immo postero loqueretur de hoc tempore ut divinae gratiae pleno et haud saepe incommoda accepta memoraret. Die 9 mensis Maii anno 1960 poenarum remissionem sub condicione recepit. Vinculis relictis, decem annos vitam egit in loco Vidnava magna in communitate, quae magis quam centum sorores adnumerabat, maxime seniores, a valetudinariis et scholis translatas. Ut commodiora domus, electa est deruta praepositura in loco Znojmo-Hradište. Sed anno 1970 regimen communista in Respublica Cekiae denuo amplius exacerbatum est, exordita est sic dieta “normalisatio”. Nihilominus communitas sororum pervestigationem instruxit de Concilii Vaticani II decretis et, eodem anno, Serva Dei absoluto consensu superiorissa generalis evasit: in hoc officio sine intermissione circiter duodeviginti annis usque ad mortem permansit. Primo Congregationis renovationem curavit et, maxime exemplum virtutis praebens, vim habuit ut communitas procederet magisterio conciliari duce. Acta Congregationum 1183 Ad hoc Mater Vojtěcha apta fuit causa experitarum difficultatum in custodia et praecipue ardentis fidei suae. Facta est ergo assidua magistra sororum atque aliorum in occursum venientium cum ea. Constanter orabat, eucharisticam adorationem colebat sicut et marianam devotionem et sanctitate vitae suae convenit gratiae Domini. Audax prudensque alias instituit reconditas communitates, quae sequebantur Regulam sed sine habitu religiosarum. Simili modo quinquaginta novas iuvenes sorores educavit. Certior erat Serva Dei de duplici periculo quod oriebatur ab his optionibus tum quoad regimen politicum tum quoad aliquas obiectiones erga postconciliares mutationes. Sed illa nunquam spem amisit, immo auxit diligentiam suam sustinens et confirmans omnes. Tempore autumnali anno 1987 prima significantur indicia aegritudinis eius et comprobata est diagnosis tumoris maligni pulmonum cum metastasibus in systemate nervorum centrale ac in ossibus. Mater Vojtěcha accepit hanc informationem fortiter et prompto animo. Extremo mense vixit in magnis doloribus, sed cor eius semper patebat erga omnes. Circumdata sororibus, Serva Dei pie obdormivit in Domino die 21 mensis Ianuarii anno 1988. Sanctitatis fama, quae vivam circumdederat, ita ea mortua increbruit, ut Causa eius beatificationis et canonizationis inita fuerit apud Curiam Episcopalem Brunensem per dioecesanam Inquisitionem a die 26 mensis Novembris anno 1996 ad diem 26 mensis Octobris anno 2004, cuius auctoritas ab hac Congregatane confirmata est Decreto diei 3 mensis Februarii anno 2006. Positione parata, iuxta consuetam formam excussum est an Serva Dei virtutes in gradu heroico exercuisset. Die autem 29 mensis Octobris anno 2013 felici exitu Congressus Peculiaris Theologorum Consultorum habitus est. Patres Cardinales et Episcopi in Ordinaria Sessione die 18 mensis Novembris anno 2014 celebrata, cui egomet Angelus Cardinalis Amato praefui, Serva Dei in gradu heroico virtutes theologales et cardinales aliasque iis adnexas exercuisse fassi sunt. Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servae Dei Adalbertae Hasmandová, Antistitae Generalis Congregationis Sororum Misericordiae Sancti Caroli Borromeo, in casu et ad effectum de quo agitur. 1184 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit. Datum Romae, die 6 mensis Decembris a.D. 2014. Angelus Card. Amato, S.D.B. Praefectus L. G S. G Marcellus Bartolucci Archiep. tit. Mevaniensis, a Secretis CONGREGATIO PRO EPISCOPIS PROVISIO ECCLESIARUM Latis decretis a Congregatione pro Episcopis, Sanctissimus Dominus Franciscus Pp., per Apostolicas sub plumbo Litteras, iis quae sequuntur Ecclesiis sacros praefecit Praesules: die 8 Septembris 2016. — Titulari episcopali Ecclesiae Foroclodiensi, Exc.mum D. Xaverium Salinas Viñals, hactenus Episcopum Maioricensem, quem constituit Auxiliarem archidioecesis Valentinae. die 19 Septembris. — Titulari episcopali Ecclesiae Antiatensi, R.D. Ansgarium Eduardum Miñarro, hactenus Vicarium Generalem dioecesis Merlensis-Morenensis et Curionem paroeciae vulgo nuncupatae “Nuestra Senora de la Merced” quem deputavit Auxiliarem eiusdem dioecesis. die 20 Septembris. — Metropolitanae Ecclesiae Claromontanae, Exc.mum D. Franciscum Kalist, hactenus Episcopum Lemovicensem. die 21 Septembris. — Episcopum Coadiutorem Alexandrinum, Exc.mum D. Davidem Prescott Talley, hactenus Episcopum titularem Lambaesitanum et Auxiliarem archidioecesis Atlantensis. die 22 Septembris. — Cattedrali Ecclesiae Matamorensi, Exc.mum D. Eugenium Andream Lira Rugarcía, hactenus Episcopum titularem Buxentinum et Auxiliarem archidioecesis Angelorum. Acta Congregationum 1185 die 23 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Aquisgranensi, Exc.mum D. Helmodum Carolum Dieser, hactenus Episcopum titularem Naronensem necnon Auxiliarem dioecesis Trevirensis. die 27 Septembris. — Cathedrali Ecclesiae Lubbokensi, R.D. Robertum Milner Coerver e clero dioecesis Dallasensis, hactenus Curionem paroeciae Sanctae Ritae in urbe Dallasensi. die 28 Septembris 2016. — Cathedrali Ecclesiae Sancti Ioannis in Brasilia, Exc.mum D. Antonium Emygdium Vilar, S.D.B., hactenus Episcopum Sancti Aloisii de Caceres. die 1 Octobris. — Cathedrali Ecclesiae Baghiopolitanae, R.D. Victorem B. Bendico, e clero archidioecesis Capicensis, ibidemque hactenus Paroeciae Immaculatae Conceptionis Curionem. die 4 Octobris. — Metropolitanae Ecclesiae Ancoragiensi, Exc.mum D. Paulum Diogenem Etienne, hactenus Episcopum dioecesis Cheyennensis. — Cathedrali Ecclesiae Comensi, Exc.mum D. Ansgarium Cantoni, hactenus dioecesis Cremensis Episcopum. — Metropolitanae Ecclesiae Ozamisanae, Exc.mum D. Martinum S. Jumoad, hactenus Episcopum Praelatum Isabellapolitanum. — Cathedrali Ecclesiae Arlingtonensi, Exc.mum D. Michaëlem Franciscum Burbidge, hactenus Episcopum dioecesis Raleighiensis. die 5 Octobris. — Cathedrali Ecclesiae Brugensi, R. D. Ludovicum Aerts, e clero dioecesis Gandavensis, hactenus Decanum in civitate Gandavensi. 1186 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale CONGREGATIO PRO GENTIUM EVANGELIZATIONE I. PROVISIO ECCLESIARUM Franciscus divina Providentia Pp., latis decretis a Congregatione pro Gentium Evangelizatione, singulis quae sequuntur Ecclesiis sacros Pastores dignatus est assignare. Nimirum per Apostolicas sub plumbo Litteras praefecit: die 2 Aprilis 2016. — Cathedrali Ecclesiae Isangiensi, R.D. Deodatum Madrapile Tanzi, e clero Isirensi-Niangaraënsi, hactenus Pontificiae Universitatis Urbanianae professorem. — Cathedrali Ecclesiae Osogboanae, R.D. Ioannem Akin Oyejola, e clero Oyoënsi, hactenus Parochum et Directorem Centri Dioecesani Pastoralis Familiaris. die 8 Aprilis. — Titulari episcopali Ecclesiae Afufeniensi, R.D. Radulfum Alfonsum Carrillo Martínez, e clero Zipaquirensi, hactenus Parochum et Vicarium Generalem et Moderatorem Curiae, quem constituit Vicarium Apostolicum Portus Gaitani. die 11 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Rayagadensi, noviter conditae in India, R.D. Aplinar Senapati, C.M., hactenus Parochum et Praesidem Scholae Mediae in vico Derapathar archidioecesis Guvahatinae. — Cathedrali Ecclesiae Dindigulensi, R.D. Thomam Paulsamy, hactenus Parochum St. Anthony Church in oppido vulgo Kallukuzhy, olim Vicarium Generalem Tiruchirapolitanum. die 16 Aprilis. — Titulari episcopali Ecclesiae Burcensi, R.D. Iacobum Uriel Sanabria Arias, e clero Tunquensi, hactenus Parochum et Vicarium dioecesanum pro Pastorali actione, quem constituit Vicarium Apostolicum Sancti Andreae et Providentiae. Acta Congregationum 1187 die 16 Aprilis 2016. — Titulari episcopali Ecclesiae Ficensi, R.D. Angelum Pagano, O.F.M. Cap., hactenus Parochum et Moderatorem Praepositorum Custodiae Capuccinorum in Cammarunia, quem constituit Vicarium Apostolicum Hararensem. die 19 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Masanensi, R.D. Constantinum Bae Kihyen, hactenus Vicarium Generalem et Cancellarium eiusdem dioecesis. die 26 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Mzuzuensi, R.D. Ioannem Alfonsum Ryan, missionarium Hibernium in eadem dioecesi nec non Universitatis Mzuzuensis Professorem. die 28 Aprilis. — Cathedrali Ecclesiae Geitaënsi, R.D. Flavianum Kassala, hactenus Collegii Mtuarani Stella Maris Directorem. die 29 Aprilis. — Metropolitanae Ecclesiae Regiopolitanae in Iamaica, Exc.mum D. Kenneth Davidem Oswin Richards, hactenus Episcopum Sancti Ioannis Imatellurani. die 30 Aprilis. — Titulari episcopali Ecclesiae Elephantariensi in Proconsulari, R.D. Mandla Siegfried Jwara, C.M.M., hactenus Parochum et Moderatorem Regionalem Umtatanum Congregationis Missionariorum de Mariannhill, quem constituit Vicarium Apostolicum Ingvavumensem. die 28 Maii. — Cathedrali Ecclesiae Mutarensi, R.D. Paulum Horan, O. Carm., hactenus directorem Scholae Catholicae Kriste Mambo in oppido vulgo Rusape eiusdem dioecesis. — Cathedrali Ecclesiae Malangensi, R.D. Henricum Pidyarto Gunawan, O. Carm., hactenus Rectorem Instituti Philosophici et Theologici “Widya Sasana” Malangensi in oppido. die 31 Maii. — Titulari episcopali sedi Vesceritanae, R.D. Ioannem Bosco Chang Shin-Ho, hactenus Secretarium exsecutorium Comitatus Liturgici Conferentiae Episcoporum, quem constituit Auxiliarem dioecesis Daeguensis. die 9 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Gorokanae, R.D. Darium Katuza, M.S.F., hactenus missionarium Polonum et Vicarium pastoralem archidioecesis Madanganae. 1188 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale die 18 Iunii 2016. — Cathedrali Ecclesiae Livingstonensi, R.D. Valentinum Kalumba, O.M.I., hactenus Parochum et vicem gerentem Delegati Congregationis Missionariorum Oblatorum B.M.V. Immaculatae in Zambia. die 22 Iunii. — Metropolitanae Ecclesiae Honiaranae, Exc.mum D. Christophorum Cardone, O.P., hactenus Episcopum Aukinum. die 24 Iunii. — Metropolitanae Ecclesiae Taunggyiensi, Exc.mum D. Basilium Athai, hactenus Episcopum titularem Tasaccorensem et Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem archidioecesis. — Cathedrali Ecclesiae Vialembensi, Exc.mum D. Ryan Jimenez, hactenus Administratorem Apostolicum eiusdem dioecesis. die 25 Iunii. — Metropolitanae Ecclesiae Cotonuensi, Exc.mum D. Rogerum Houngbédji, O.P., hactenus professorem apud Universitatem Catholicam Africae Occidentalis. — Cathedrali Ecclesiae Gunturensi, R.D. Bhagyaiah Chinnabathini, hactenus Parochum Infant Jesus Shrine in oppido vulgo Miryalaguda, dioecesis Nalgondaënsis. — Titulari episcopali Ecclesiae Liberaliensi, R.D. Iosephum Do Manh Hung, hactenus Cancellarium Curiae archidioecesis Hochiminhopolitanae, quem constituit Auxiliarem eiusdem archidioecesis. die 28 Iunii. — Cathedrali Ecclesiae Hiroshimaënsi, R.D. Alexium Mitsuru Shirahama, P.S.S., hactenus Seminarìi Nationalis Catholici Fukuokaënsis Rectorem. die 29 Iunii. — Titulari episcopali Ecclesiae Ambiensi, R.D. Robertum Bergamaschi, S.D.B., hactenus missionarium in Aethiopia, quem constituit Vicarium Apostolicum Avasanum. die 20 Augusti. — Metropolitanae Ecclesiae Ndiamenanae, R.D. Goetbe Edmundum Djitangar, hactenus Episcopum dioecesis Sarhensis. Acta Congregationum 1189 II. NOMINATIONES Peculiaribus datis decretis, Congregatio pro Gentium Evangelizatione ad suum beneplacitum renuntiavit: die 4 Aprilis 2016. — Exc.mum D. Basilium Mvé Engone, S.D.B., Archiepiscopum Liberopolitanum, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Francopolitanae. die 7 Aprilis. — Exc.mum D. Emmanuelem Fianu, S.V.D., Episcopum Hoënsem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Ketaënsis-Akatsiensis. die 29 Aprilis. — Exc.mum D. Carolum Henricum Dufour, Archiepiscopum emeritum Regiopolitanum in Iamaica, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Mandevillensis. — Exc.mum D. Ioannem Harun Yuwono, Episcopum Tangiungkaranganum, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Pangkalpinangensis. — Exc.mum D. Robertum Llanos, hactenus Episcopum titularem Casanigrensem et Auxiliarem Portus Hispaniae, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Sancti Ioannis Imatellurani. — Exc.mum. D. Eulises González Sánchez, Episcopum titularem Tatiltensem et Vicarium emeritum Vicariatus Apostolici Sancti Andreae et Providentiae, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem Vicariatus Apostolici. die 18 Maii. — Exc.mum D. Stanislaum Fernandes, S.I., Archiepiscopum emeritum Gandhinagarensem, Administratorem Apostolicum “sede plena et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Barodensis. die 28 Maii. — Exc.mum D. Alexium Churu Muchabaiwa, Episcopum emeritum Mutarensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem dioecesis usque dum novus Episcopus possesionem capiat. 1190 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale die 4 Iunii 2016. — Exc.mum. D. Ioannem Baptistam Jung Shin-chul, Episcopum titularem Cuiculitanum et Auxiliarem Incheonensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem dioecesis. die 6 Iunii. — Exc.mum D. Savium Hon Tai-Fai, Secretarium Congregationis pro Gentium Evangelizatione, Administratorem Apostolicum “sede plena et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Aganiensis. die 18 Iunii. — Exc.mum D. Raimundum Mpezele, Episcopum emeritum Livingstonensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem dioecesis usque dum novus Episcopus possesionem capiat. die 25 Iunii. — Exc.mum D. Gali Bali, Episcopum emeritum Gunturensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem dioecesis usque dum novus Episcopus possesionem capiat. die 7 Iulii. — Exc.mum D. Anand Jojo, Episcopum Hazaribaganum, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Daltonganiensis. die 25 Iulii. — Exc.mum D. Ernestum Maguengue, Episcopum titularem Furnitanum minorem et Auxiliarem Nampulensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” eiusdem archidioecesis. die 31 Iulii. — Exc.mum D. Janez Mihelčič, S.I., Superiorem Domus Societatis Iesu in Bishkek Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” Administratìonis Apostolicae Kyrgyzstanianae. die 3 Septembris. — Exc.mum D. Leopoldum Ouédraogo, Episcopum titularem Sutunurcensem et Auxiliarem Uagaduguensem, Administratorem Apostolicum “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dioecesis Deduguensis. Diarium Romanae Curiae 1191 DIARIUM ROMANAE CURIAE Sua Santità il Papa Francesco ha ricevuto in udienza in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali Giovedì, 8 settembre, S.E. la Signora Melissa Louise Hitchman, Ambasciatore di Australia; Giovedì, 15 settembre, S.E. il Signor Julio César Caballero Moreno, Ambasciatore dello Stato Plurinazionale di Bolivia; Lunedì, 19 settembre, S.E. la Signora Sally Jane Axworthy, Ambasciatore di Gran Bretagna; Giovedì, 22 settembre, S.E. il Conte Jean Cornet d’Elzius, Ambasciatore del Belgio. Il Romano Pontefice ha altresì ricevuto in Udienza: Giovedì, 15 settembre, Sua Altezza lo Sceicco Mohammed Bin Zayed bin Sultan Al-Nahyan, Principe Ereditario di Abu Dhabi; il Dottor Filippo Grandi, Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite; Lunedì, 26 settembre, S.E. il Signor Joseph Kabila Kabange, Presidente della Repubblica Democratica del Congo; Mercoledì, 5 ottobre, L’Onorevole Ban Ki-moon, Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite; il Dottor Thomas B ach , Presidente del Comitato Olimpico Internazionale. Il Santo Padre ha compiuto una Visita ad Assisi per la Giornata mondiale di preghiera per la Pace “Sete di Pace. Religioni e Culture in dialogo” il giorno 20 settembre 2016. Il Santo Padre ha compiuto un Viaggio Apostolico in Georgia e Azerbaigian nei giorni 30 settembre – 2 ottobre. Il Santo Padre ha compiuto una Visita pastorale alle popolazioni dell’Italia Centrale colpite dal terremoto del 24 agosto scorso il giorno 4 ottobre. 1192 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale SEGRETERIA DI STATO NOMINE Con Breve Apostolico il Santo Padre Francesco ha nominato: 21 settembre 2016 S.E.R. Mons. Kurian Mathew Vayalunkal, Arcivescovo titolare di Raziaria, Nunzio Apostolico in Papua Nuova Guinea, Nunzio Apostolico nelle Isole Salomone. Con Biglietti della Segreteria di Stato il Santo Padre Francesco ha nominato o confermato: 5 settembre 2016 Il Rev.do Mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione, Membro della Congregazione per il Clero. » » » Il Rev.do Mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione, Membro della Congregazione per l’Educazione Cattolica. 6 » » Gli Em.mi Sig.ri Card.li: Rainer Maria Woelki, Arcivescovo di Köln (Germania); John Olorunfemi Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja (Nigeria); Pietro Parolin, Segretario di Stato; Gérald Cyprien Lacroix, Arcivescovo di Québec (Canada); Philippe Nakellentuba Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso); John Atcherley Dew, Arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda); Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo di Valladolid (Spagna); Arlindo Gomes Furtado, Vescovo di Santiago de Cabo Verde (Capo Verde); Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero; e gli Eccellentissimi Monsignori: Dominic Jala, Arcivescovo di Shillong (India); Domenico Sorrentino, Arcivescovo-Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino (Italia); Denis James Hart, Arcivescovo di Melbourne (Australia); Piero Marini, Arcivescovo tit. di Martirano, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali; Bernard-Nicolas Aubertin, Arcivescovo di Tours (Francia); Romulo G. Valles, Arcivescovo di Davao (Filippine); Lorenzo Voltolini Esti, Arcivescovo di Portoviejo (Ecuador); Arthur Joseph Serratelli, Vescovo di Paterson (Stati Uniti d'America); Alan Stephen Hopes, Vescovo di East Anglia (Gran Bretagna); Claudio Maniago, Vescovo di Castellaneta (Italia); Bernt Ivar Eidsvig, Vescovo di Oslo (Norvegia); Miguel Ángel D’Annibale, Vescovo di Rio Gallegos (Argentina); José Manuel Garcia Cordeiro, Vescovo di Bragança-Miranda (Portogallo); Charles More- Diarium Romanae Curiae 1193 rod, Vescovo di Lausanne, Genève et Fribourg (Svizzera); Jean-Pierre Kwambamba Masi, Vescovo tit. di Naratcata, Ausiliare di Kinshasa (Rep. Democratica del Congo); Benny Mario Travas, Vescovo di Multan (Pakistan); John Bosco Chang Shin-Ho, Vescovo tit. di Vescera, Ausiliare di Daegu (Corea) Membri della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. — ha anche confermato gli Em.mi Sig.ri Card.li: Juan Luis Cipriani Thorne, Arcivescovo di Lima (Perù); Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagreb (Croazia); Péter Erdö, Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria); JeanPierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux (Francia); Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova (Italia); Kazimierz Nycz, Arcivescovo di Warszawa (Polonia); Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, Arcivescovo di Colombo (Sri Lanka); Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore; e gli Eccellentissimi Monsignori: Michel Marie Bernard Calvet, Arcivescovo di Nouméa (Nuova Caledonia); Julián López Martín, Vescovo di León (Spagna) Membri della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. 18 » » Il Rev.do P. Donald Kos, O.F.M. Conv., Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico dello Stato della Città del Vaticano « ad triennium ». 28 » » L’Ill.mo Prof. Salvador Moncada, Professore di Biologia e Cancer Domain Director della Division of Molecular and Clinical Cancer Sciences all’University of Manchester (Gran Bretagna), Membro Ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze. 1 ottobre » L’Em.mo Sig. Card. Giuseppe Bertello, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e Presidente del Governatorato del medesimo Stato della Città del Vaticano « in aliud quinquennium ». Si rende noto che il 16 settembre 2016 il Rev.do Mons. Stefano Sanchirico, Aiutante di Studio presso la Prefettura della Casa Pontificia e Prelato di Anticamera, è stato annoverato nel Collegio dei Prelati Chierici della Camera Apostolica. 1194 Acta Apostolicae Sedis – Commentarium Officiale NECROLOGIO 8 settembre 2016 Mons. Antonio Nuzzi, Arcivescovo di Campobasso-Bojano (Italia). 12 » » Mons. Arquimínio Rodrigues da Costa, Vescovo em. di Macau (Portogallo). 16 » » Mons. Hovhannes Tcholakian, Arcivescovo em. di Istanbul degli Armeni (Turchia). 17 » » Mons. Carmelo D.F. Morelos, Arcivescovo em. di Zamboanga (Filippine). 20 » » Mons. Jean Chabbert, Arcivescovo-Vescovo em. di Perpignan-Elne (Francia). » » » Mons. Peter Leo Gerety, Arcivescovo em. di Newark (Stati Uniti d’America). 22 » » Mons. Georges Fonghoro, Vescovo di Mopti (Mali). 23 » » Mons. Herman Joseph Sahadat Pandoyoputro, O. Carm, Vescovo em. di Malang (Indonesia). 2 ottobre » Mons. Hanna Zora, Vescovo em. di Mar Addai di Toronto dei Caldei (Canada). 4 » » Mons. Kenneth A. Angell, Vescovo em. di Burlington (Stati Uniti d’America).