P. REGINALDO GARRIGOU ■ LAGRANGE O. P. Professore di Dogmatica alla Facoltà dl Teologia dell’Angelico di Roma ESSENZA E ATTUALITÀ DEL TOMISMO “LA S C U O L A„ EDITRicp Fr. Michael Browne O. P., S. Theol. Magister. Fr. Rosarin Gaonebet O. P., S. Theol. doctor. imprimi potest Fr. M. Sp. Gillet O. P., Magister Generalis, Romae S. Sabina, 6 maii 1947. IMPRIMATUR Brixise 13 decembris 1946 Mgr. Em. Posini Vic. Gen. INTKODUZIONE Pensano certi spiriti d’oggigiorno che ” una teologia la quale non sia attuale, sia una falsa teologia ” e che la teologia di San Tommaso in parecchie sue parti importanti — ad e* sempio, allorchè concepisce la Grazia santificante o abituale come una ” forma ” — non è che un’applicazione delle no * Zioni della fisica aristotelica, della distinzione di materia e for * ma. E si aggiunge: ” Rinunciando alia fisica aristotelica, it pensiero moderno ha pure disertato le nozioni e gli schemi che avevano valore solo militando per essa. Perché la teologia continui ad offrire un senso allo spirito e possa fecondarlo e progredire con esso, bisogna che essa rinunci a quelle nozio * ni ”. La teologia di San Tommaso dunque, da questo punto di vista, non sarebbe piu attuale. E altrove si è anche detto: ” Una teologia non attuale è pertanto falsa ”. Ma come mai, allora, la Chiesa raccomanderebbe la dot' trina di San Tommaso sino al punto di esigere che i professo * ri di filosofia e teologia insegnino queste discipline ” ad An' gclici Doctoris rationem, doctrinam et principia, eaque sancte teneant ”? (Codice Canonico, c. 1366). ”La verità cristiana. ci si osserva, è incastrata in nozio * ni e schemi contingenti, che determinano la sua struttura ra * Zionale. Non è possibile isolarnela. Essa non si rende indipen * dente da un sistema di nozioni che passando in un altro. La 6 storia — tuttavia — non conduce al relativismo. Essa permet' te di afferrare, nel seno dell’evoluzione teologica, un assoluto. Non un assoluto di rappresentazione, ma un assoluto di affer' maztone. Se le nozioni, i metodi, i sistemi mutano, le affer* mazioni che contengono rimangono, anche se si esprimono in altre categorie Il présente opuscolo vuole invece ricordare che la dottri' na di San Tommaso resta e restera sempre attuale appunto perche essa, nell'attuale disordine e instabilità degli spiriti, conserva quelle verita immutabili senza le quali è impossibile farsi una giusta idea di Dio, dell’anima, del mondo; perché la dottrina di S. Tommaso è inoltre una difesa filosofica dei reale valore delle prime verita insegnate dal senso comune, che non sa pero difendersi da solo. Infatti i principi della filosofia tomistica sorpassano la fi' sica aristotelica; (non è questo il momento di mostrare il va' lore deirilemorfismo (i)). Essi sono anzitutto dei principi me' tafistei, assolutamente universali come le nozioni prime di es' sere intelligibile, di unita, di verita, di bene. Essi si applicano non solamente agit esseri materiali ma, al di sopra della mate' ria, ali'anima spirituale e a Dio. Come il principio di contrad' dizione o dt identità, come il principio di ragion d'essere (tut' to cio che è, ha la sua ragion d’essere in sè o in altro), corne il principio di causalité efficiente e quello di finalité, essi domina' no Γ ordine dei corpi di eut si occupa la fisica e permettono di tnnalzarci alla conoscenza sicura di Dio: essi si applicano al mondo soprannaturale corne a quello naturale. La distinzione di potenza ed atto, che sorge dapprima H) Diciamo soltanto cite la scienza moderna non ha mai aaputo diiuostrare che la dottrina della materia e della forma sia falsa. Perfino in ciascuna molecola, o in ogni atomo un aristotelico distingue la materia per cui ciascun atomo e ciascuna molecola sono materiale, e la forma specifica per cui hanno una determinata natura (per es. idrogeno od ossigeno). Cosl la eorruzionc di un animale di cui non nesta •che ceneite priva di vita sensitiva e vegetative è una mutazione tostanziale. Cosi ancora, in noi, I’aseimtlazionc nutritiva, per lu quale alimenti senza vita si traeformano, diventano carne umana. per spiegare il divenire dei corpi, non è solamente una di' stinZione di ordine fisico, bensi metafisica; è una prima divi' sione dell’essere intelligibile e su di essa riposano le prove deb la esistenza di Dio quali le ha concepite San Tommaso. Se es' sa non ha un valore immutabile, queste prove non sono più dimostrative, ma solo probabili. Cio che inoltre vogliamo qui richiamare si è che le affer mazioni immutabili della Verità cristiana non possono esserc mantenute se non si ammettono delle nozioni immutabili. L’affermazione infatti è un giudizio che riunisce due nozioni, per esempio: la grazia santificante è distinta dalla natura dell’anima. Se queste due nozioni non hanno immuta' bilità, il giudizio non ne potrebbe avere a sua volta. Ma le nozioni prime della ragione naturale o dei senso comune sono dapprima confuse, ed è solo per un lungo e meto' dico lavoro filosofico che esse diventano le nozioni distinte deb la ragione filosofica, come lo mostra San Tommaso nel suo Commento al II Libro dei Secondi Analitici di Aristotele. Cost tutti gli nomini si servono dei verbo potere dicendo, ad esempio, che la materia pub diventare — per assimilazione nutritiva — pianta, animale o carne umana. Cost tutti dicia * mo che l’intelligenza umana pub conoscere facilmente t primi principi e le conclusioni che ne derivano immediatamente. Tutti parlano di questo potere. Ma è lentamente che il pensie' ro filosofico è passato da questa nozione confusa dei potere o potenza, alia nozione distinta di potenza sia attiva che passiva, e a quella di atto. Ora, se respingono queste nozioni distinte, non solamen' te fisiche ma metafisiche. di potenza e atto, come mantenere e difendere il valore reale delle nozioni confuse donde esse derivano e senga le quali non si pub più mantenere il valore onto' logico e immutabile dei principi primi dei pensiero e dei reale? Come, senza queste nozioni di potenza e di atto, conci' liare i! principio di contraddizione o d’identità con il divenire e la molteplicità degli esseri? 8 Respingere i primi principi della metafisica tomista sareb' be accrescere considerevolmente la confusione attuale degli spiritt; sarebbe guidarci ad un’altra definizione della verita nel dominio della teologia e in fine in quello della fede. E’ in questo dominio superiore che si dovrebbe dire: ” All’astrat * ta e chimerica adaequatio rei et intellectus si sostituisce la rb cerca metodica di diritto, /'adaequatio realis mentis et vi' tae (i) Ora, non è senza una grande responsabilità chiamare ” chimerica ” una definizione della verità ammessa da molti secoli nella Chiesa e volergliene sostituire un’altra. La vita di cui si paria in questa nuova definizione della verita, è la vita umana e allora, come evitare la proposizione. modernista condannata: ” Veritas non est immutabilis plus quam ipse homo, quippe quae cum ipso, in ipso et per ipsum evolvitur"? (Denz., 2058). E’, in sostanza, cio che dall’anno 1896 il nostro Maestro il Padre Schwalm O. P. rimproverava alia filosofia dell’A' zione nella Revue Thomiste (1896 p. 36 ss., 413; 1897 p. 62, 239, 627; 1898 p. 578) e cio che noi pure vi dicevamo nel 191 3 (p. 351-371) e da allora non abbiamo cessato di ripete' re (2). Richiamiamo cio che Pio X ebbe a scrivere riguardo ai modernisti: " Aeternam veritatis notionem pervertunt " En' cici. Pascendi (Denz., 2080). Come evitare questo errore quan * do si pretende che le affermazioni cristiane non si possono e' sprimere che in nozioni sempre cangianti, se si dice che ” la verita cnstiana è sempre incastrata in nozioni e schemi con * tingenti che determinano la sua struitura rationale? ” (1) Maurice Blondel, Annales de Philosophie chrétienne, 1906. p. 235. (2) La dottrina di >f. Blondel ha potuto attirare un certo numero d’ih. creduli verso ia fede cnstiana; ma ciô che egli ha scritto dall’anno 1898 contra la definizione tradizionale della verità è di tal natura da alterare questa nozione assolutamente primordiale nello spirit© dei credenti. E’ questa una cosa grave come gli diceva il Padre Schwalm nel 1896 e come gli si puô dire oggi ancora. L’ultimo capi, toi© de L’Azione apparso nel 1893 era aotto questo punto di vista deplorevole. Esiso doveva incontrare e incontrô di fattn la piii viva oppoeizione. 9 Allora non puo darsi alcuna immutabilità nolle conclu^ sioni teologiche, le più universalmente ammesse. E anche neL le definizioni conciliari, che utilizzano delle nozioni più preci' se di quelle del senso comune, vi sarà sempre qualche cosa di mutevole, che cessera per questo di essere vero. Ed allora in queste definizioni ove finisce la verità immutabile e dove in' comincia quella che deve mutare? Chi lo dirà? La Chiesa stes' sa, sotto questo punto di vista, non potrebbe rispondere. Non è forse ricondurre la fede cristiana ad una esperien' Za religiosa che si va sempre più evolvendo, esprimendosi in' tellettualmente in forme sempre nuove? Rammentiamo cio che i Modernisti dicevano a proposito delle formule dogmati' che (cf. Denzinger, 2077). Per essi il credente pensa la pro' pria esperienza religiosa e I’esprime dapprima in formule senu plici o volgari, e quindi in formule secondarie che, qualora sia' no approvate dalla Chiesa, si dicono formule dogmatiche. Que­ ste ultime non hanno altro scopo che d’aiutare il credente a pensare la sua esperienza religiosa. Non hanno — esse — un valore assoluto in rapporto alla realtà divina, ma solo un va' lore pratico o d’azione:” Conduciti riguardo a Cristo come ri' guardo a Dio”. Queste formule sono veicoli della verità e sono mutevoli; si arriva in tal modo alla evoluzione intrinseca del dogma, dice l’Enciclica Pascendi (Denz. 2077): cio che di' strugge — dice essa — l’immutabilità della verità cristiana. St giunge cost ad asserire che certi dogmi spariscono perché non sono più attuali, non sono più considerati come veri : tale, ad esempio, quello dell’eternità delle pene (cf. Denz. 2080). Si scorge da questo che è stata mutata la nozione stessa di verità. Che dobbiam dire invece? Quando il Concilio di Trento (Denz. 709 827) * dice che la grazia che inerisce nell’anima del giusto è la causa formale della giustificazione, noi non possiamo affermare che questa nozione di causa formale cesserà più tardi di essere vera. Non possiamo neppure dire che quanto afferma il Concilio di Tren' 10 to non è nè vero nè falso, come lo si direbbe d’una ipotesi scien * tifica fisica che pretende soltanto di classificare provvisoria * mente i fenomeni scoperti: cio che il Concilio di Trento af * ferma è vero, e vero resterà. Si capisce quindi corne il Santo Ufficio il i dicembre 1924 (cf. Monitore Ecclesiastico 1925 , η. 194) abbia con * dannato tale propositione derivata dalla filosofia dell’azione e della nuova definitione della verità censurata nel medesimo luogo: ” Etiam post fidem conceptam, homo non debet quie * scere in dogmatibus religionis, eisque fixe et immobiliter a* dhaerere, sed semper anxius manere progrediendi ad ulterio * rem veritatem nempe evolvendo in novos sensus, immo et corrigendo id quod credit ”. Il R. Padre Gillet, Maestro Generale dei Domenicani, ha scritto recentemente una lettera ai Teologi dei suo Ordine per ricordar loro con quai cura devono ritenere la definitione tradizionale della verita ’’adaequatio rei et intellectus”, la conformité del giudizio e dell’essere estramentale, considerato soprattutto nelle sue leggi immutabili e non sostituire la nuova definitione ” conformités mentis et vitae ”, la conformité del * lo spirito con la vita umana che sempre si evolve. Ne segue da questo punto di vista tradizionale che due sistemi teologici che si oppongono contraddittoriamente non possono essere veri I’uno e I’altro; I’uno è vero, l’éltro falso. Dal punto di vista invece pragmatista della nuova defi * nittone della verità, i due sistemi possono essere entrambi veri come conformi ciascuno ad una spiritualité speciale, ad una esperienza religiosa particolare. Allora non vi è più verità in sc, ma soltanto relativa a ciascuno di noi. E’ il relativismo. Nella prima parte del nostro opuscolo parleremo del * l’attualità del Tomismo Per portar rimedio al disordine intel * lettuale e all’instabilità degli spiriti. Tratteremo dell’eccellenta della dottrina di San Tom * maso anzitutto secondo il giudizio della Chiesa, poi secondo la sua stessa natura, in quanto essa è una dottrina dell’essere 11 diviso in potenza cd atto. Insisteremo sopra i suoi principali ca * ratten: il suo realismo, la sua unità, la sua armonia, il suo teo' centrisme. Richtameremo infine le disposizioni necessarie per studiarla con frutto. Nella seconda parte diremo qualt sono, secondo San Tommaso, i fondamenti della dottrina. non solo fisica, ma me * tafisica, dell’atto e della potenza e quali sono le principali ap' plicazioni di questa dottrina. La seconda parte, relativa alie 24 tesi tomiste approvate dalla S. Congregazione degli Studi, fu letta al Congresso tO' mistico internazionale di Roma nel 1925; fu pubblicata in Acti Accademiae romanae S. Thomae, 1925. Ma essendo questo volume esaurito noi lo abbiamo riprodotto qui tal quale fu presentato in latino, facendolo seguire da una traduzione ita' liana. Si degni S. Tommaso d’Aquino di benedire queste pa * gine e per esse illuminare gli spiriti che ne faranno ragione di studio. PARTE I. L’ATTUALITÀ del tomismo E I BISOGNI DEL NOSTRO TEMPO Diverse recenti pubblicazioni più o meno errate sulla na­ tura e il metodo della teologia ci offrono I’occasione di richiamare il valore che la Chiesa riconosce alla dottrina di San Tommaso, e di mostrare come essa risponda ai bisogni più ur­ genti dell’ora presente, nel disordine che turba tante intelligenze. 1. a Recenti deniazioni Tale disordine si manifesto già allepoca in cui prese a pullulare il modernismo, di cui i 65 errori condannati dal De­ creto « Lamentabili » e dall’Enciclica « Pascendi » erano qua­ si tutti, se non tutti, delle eresie, e talune di esse eresie fonda­ mental! sulla natura stessa della rivelazione e della fede ridotta a pura esperienza religiosa. Era l’indizio, non d’una crisi della fede, ma d’una assai grave malattia delle intelligenze, la quale le conduceva, suile tracce dei protestantesimo liberale e attraverso il relativismo alio scetticismo assoluto. Per apportare rimedio a questo male, in gran parte di or­ dine filosofico. Pio X richiamo — come già aveva fatto Leo­ ne XIII — Ia nécessita di fare ritorno alia dottrina di San 14 Tommaso, e disse anche nell’Enciclica «Pascendi» : — Magi­ stros autem monemus, ut rite hoc teneant Aquinatem vel pa­ rum deserere praesertim in re Metaphysica, non sine magno detrimento esse: Parvus error in principio, sic verbis ipsius Aquinatis licet uti, est magnum in fine — Cost pure nel Motu proprio Sacrorum Antistitum i Sept. 1910 (1). Malgrado questo richiamo, alcuni spirit! continuarono, coscientemente o inconsciamente, nell’opera di discredito della filosofia e teologia scolastica che non rispondevano più secondo essi alie esi · genze della vita, neppure della vita interiore che permettono. ci dicono, di giudicare di ogni cosa. Alcuni sostenevano persino non essere, in fondo, la teologia che una spiritualità, ima cspC' rienza religiosa che ha trovato la sua espressione intellettuale. E spesso si giungeva a scrivere « esperienza religiosa » ove si avrebbe dovuto dire «fede cristiana e cattolica», dimenticando che 1’oggetto proprio della esperienza religiosa anche la più autentica è assai ristretto in paragone di quello della fede che es­ sa presuppone. Il giusto quaggiù esperimenta l’affetto filiale che lo Spirito Santo gli ispira a proprio riguardo, ma non ha esperienza della creazione libera ex nihilo, ne della distinzione reale delle Tre Persone divine, ne delTUnione ipostatica, ne dei valore infinito della Redenzione e della Messa, ne della vita eterna dei beati, ne dell’eternità delle pene, e tuttu cio egli lo crede infallibilmente perche Dio l’ha rivelato, corne la Chiesa lo propone. L’esperienza religiosa autentica, che procede dai doni di scienza, di intelletto, di sapienza, di pietà, presup­ pone la fede, ma non si identifica con essa. Alcuni sono condotti da tali gravi confusioni a proporre un mutamento nella stessa definizione della verità, e riproducono questo giudizio d’un filosofo contemporaneo: « All’astratta e chimerica adaequatio rei et intellectus si sostituisce la ricerca metodica del diritto: Vadaequatio realis mentis et vi * 1 Cf. Enchiridion clericorum, 1938, η. 805, 891. 15 tae (i) ». La verità non è più la conformità del nostro giudizio col reale estramentale (con la natura e 1’esistenza delle cose), ma la conformità del nostro giudizio con la vita umana che si evolve costantemente e le cui esigenze sono conosciute dalla esperienza religiosa. Resta pero a vedersi se questa esperienza religiosa o spiritualità ha un fondamento obbiettivo, e se 1’azione o la vita di cui si rivendica il primato (come nella filosofia delFazione) è la vera vita, 1’azione realmente ordinata al vero fine supre­ mo. Come giudicare di quest’ultimo se non per conformità al reale, diceva San Tommaso (2), ritornando cosi alia tradi" zionale definizione della verita? L’azione vera si definisce in rapporto al vero fine ultimo a cui essa dice ordine e non viceversa; altrimenti noi non usciremmo dal soggettivismo. dal relativismo, dal pragmatismo. Si è in questi ultimi tempi talmente voluto screditare !a teologia scolastica che alcuni giunsero a sostenere che essa non puo dedurre con certezza, per mezzo di una minore razionale. nessuna conclusione teologica, neppure questa: « Il Cristo (essendo veramente uomo) deve avere una volontà umana soggetta alla sua volontà divina. Questa conclusione non sa^ rebbe, si dice, più rigorosa di quest’altra: Il Cristo (essendo veramente uomo) deve avere una personalità umana soggetta alla sua personalità divina. Cio significa dimenticare che la teologia deduce le sue conclusioni al lume dei misteri rivelati, qui del mistero dell’Incarnazione, secondo il quale non vi ha in Gesù Cristo che una persona ed una personalità. Si è anche giunti a dire che la teologia speculativa oggi non sa ne cio che essa vuole, ne dove è incamminata. E’ la (1) .Maurizio Blondel, Punto di parlenza della ricerca fllosoflca {Annales de Philosophie C retienne, 1906, a. T, p. 235). (2) Cf. I-II,q. 19, a. 3. ad. 2m : « In his quae sunb ad finem (i mezzi) rectitudo rationis consistit in conformitate ad appetitum finis debiti. Sed tamen et ipse appetitus finis debiti praesupponit rectam apprehen­ sionem de fine, quae est per rationem (secundum conformitatcm ad rem)». 16 conclusione cui devono giungere quanti trascurano i principi stessi della dottrina di San Tommaso, proprio come se un geometra, dimenticando i principi della propria scienza, uscisse a dire : Oggi la geometria non sa ne quello che vuole, ne dove va. Da qui non vi ha che un passo al disprezzo delle prove teologiche, comunemente accolte, persino di quelle ricavate dalla Santa Scrittura e dalla Tradizione, che presuppongono di già una certa analisi concettuale elementare dei dogmi rivelati (quel la stessa che sviluppa in seguito la teologia specu­ lativa per dare l’intelligenza dei dati rivelati prima di dedurre delle conclusioni). Per taluni, moite di queste prove non conserverebbero il loro valore che ammettendo un aumento interiore ed obbiettivo dei deposito rivelato, anche dopo la morte dell’ultimo apostolo. In tal modo si arriva a pariare della relatività e anche della fragility delle forme dogmatiche, corne se esse non fosse * ro che una esperienza religiosa che si evolve incessante™ente, come se in queste formule dogmatiche il verbo essere non fosse sempre immutabilmente vero. Nondimeno il Salvatore ha detto: « Ego sum via, veritas et vita » (Ιο., XIV, 6); « Coe­ lum et terra transibunt verba autem mea non praeteribunt » (Matt., XXIV). Si è sostenuto, in una recente pubblicazione, a proposito della grazia abituale e della grazia attuale, che le nozioni di cui si servono gli stessi Concilî nelle loro definizioni non sono immutabili e nondimeno si pretende di mantenere che le défi' nizioni conciliari sono immutabilmente vere. Come potrebbe, in queste definizioni conciliari, il verbo essere (anima dei giudizio) dare immutability a una proposizione di cui i due termini sono continuamente mutevoli? Altrettanto varrebbe dire che un gancio di ferro pub tenere immobilmente unite le onde del mare. Come puo un giudizio avere un valore immutabile se non vi è immutabilità nella prima apprensione, nelle noziom stesse che questo giudizio riunisce? 17 Si dimentica che sotto le nozioni astratte o filosofiche, per esempio di natura, di persona, vi sono le nozioni confuse ed immutabili della ragione naturale e del senso comune, senza le quali le dffermazioni di cui si parla non avrebbero alcu^ na immutabilité. E’ cio che noi abbiamo mostrato nel libro apparso nel 1909:!/ senso comune, la filosofia dell’essere e le formule dogmatiche. Si torna cosî a sostenere che la verità non si deve più definire in rapporto all’essere, corne fa il realismo tradizionanale, che è anzi tutto filosofia dell’essere; ma che essa si deve definire in rapporta all’azione corne nella filosofia dell’azione parente prossimo di quella del divenire (1). (11 Si ritorna cosl a un relativisme» più o meno pragmatista, di cui il Santo Ufficlo il 1° diccmbre 1924 condannô 1p proposizioni seguenti: «1°. Conceptus seu ideae abstractae per se nullo modo possunt con­ stituere imaginem (seu repraesentationem) rectam atque, fidelem etsi partialem tentum. 2°. Neque ratiocinia ex eis confecta per se nos dutcere possunt in veram cognitionem ejusdem realilatis. 3°. Nulla proposito abstracta potest haberi ut immutabUitef vera. 4°. In assesecutione veritatis actu^ intellectus in se sumptus, omni virtute specia­ liter apprehensiva destituitur, neque est instrumentum proprium et unicum huius assecutionis, sed valet tantum modo in comptera totius actionis humanae, (cujus pars et momentum e“t. cuique soli competit veritatem as qui et possidere. 5°. Qua propter neritas non invenitur in ullo actu particulari intellectus, in quo haberetur « conformitas cum objecto), ut aiunt scholastici, sed veritas est semper in fieri, consistitquo in adaequatione progressiva intellectus et vitae, scii, in motu quodam perpetuo, quo intellectus evolvere et explicare nititur id quod parit experientia vel exif/it actio: ea tamen lege ut in toto progressu nihil unquam ratum et /irum habeatur. 6°. Argumenta logica, tum de existentia «Dei, tum de credibilitate Religionis Christianae, per se sola, nullo pollent valore, ut aiunt, objective, scii, per se· nihil pro­ bant pro ordine reali. 7°. Non possumus adipisci ullam veritatem pro. prii nominis quin admittamus existentiam Dei, immo et Revelatio, nem. 8°. Valor quem habere possunt hujusmodi argumenta, non pro. venit ex eorum evidentia, seu vi dialectica, sed ex exigentiis «sub­ jectivis» vitae vel actionis, quae ut recte evolvantur sibique cohae­ reant, his veritatibus indigent». Seguono altre quattro proposizioni condannate che riguardano l'apologetica e il valore della fede. T.’elenco di queste proposizioni lo trovi nel Monitore Ecclesiastico 1925. p. Ί94. Come si pud evitare questa proposizione moderniste. (Denz. 2058): e Veritas non est immutabilis plttsquam ipse homo, quippe quae cum ipso, in ipso, et per ipsum evolvitur»? 2) Essenza e att valita >lcl tnvismo 18 Resta allora la questione: l’azione di cui pariate è vera essa stessa? Essa non puo esserlo che se tende al vero fine ultimo. Ora come giudicare a sua volta di questo ultimo se non per conformità con il reale (ritornando alla definizione tradizionale della verita), come diceva San Tommaso (2) e corne l’ha ripetuto Emilio Boutroux nella sua critica molto appropriata alla filosofia dell’azione (3)? Nelle recenti dcviazioni che abbiamo ricordato, la teologia è praticamente poco a poco sostituita dalla storia unita alla psicologia religiosa o a quella del divenire, i cui principali rappresentanti sono citati come dclle autorità quasi come un S. Agostino se non più, giacchè hanno un valore di attualità : « La I eologia che non fosse attuale sarebbe una teologia falsa ». E si aggiunge che la teologia di San Tommaso non è più attuale. Il vero non è mai immutabile, ci dicono; il vero è cio che corrisponde aile esigenze delfazione umana evolventesi sempre. M. Blondel ha scritto ancora nel 1935 in L'Etre et les êtres p. 415 : « Nessuna evidenza intellettuale, neppure quella dei principi assoluti per sè, e che possiedono un valore ontologico, ci si impongono con una certezza spontaneamente e infallibilmente costringente ». E’ quanto dire che prima della libera scelta che ammette la nécessita e il valore ontologico di questi principi, essi non sono che probabili; dopo la scelta, questi principi sono veri (2) 1. TI. q. 19, a 3, ad 2m., loc. clt. (3) Science et religion, 1908, pag. 296: « E’ dunque dell’azione speciale della volontà che si intende pariare? Ma la ÿolontd erige un line... Ciô die si cerea attravenso queste ingegnose teorie è l’azione come autosufficiente, indipendentemonte da tutti i concetti per i quali noi possiamo tentai»· di esplicnrla e di giustifiearla, l’azione pura, l’azione in sè... Ciô non significa force Si voglia o non si voglia, il ritor110 a un programma indeterminato?... E non c e ricadrebbe suila natura intera. V’è chi vorrebbe cambiare in tai modo non sola, mente il modo d’osposizionc della teologia, ma pure la stessa natura di codesta, e persino quella del dogma. Taluni insegnano più o mono esplieitainente che il mondo materiale evolverebbe in modo naturale verso lo spirito, e che parimenti il mondo spirituale evolverebbe in modo naturale o quasi naturale verso V ordine soprannalurale, corne se Bains avesse avuto ragione. Il mondo sarebbe in tal modo in evoluzione naturale verso la pienezza di Cristo: esso sarebbe in progresso continuo e quindi non avrebbe potato essere all’inizio in stato perfetto di giustizia originale seguito da una caduta ossia dal peccato originale: taie evoluzionismo, che ricorda quello di Hegel, muta la sostanza stessa del dogma. La medesima tendenza induce taluni a formulam, a proposito della Eucarestia, affemiazioni corne la seguente : « Il vero problema délia presenza reale non è stato posto finora ·». Dire che Cristo è présente nel_ Î’Eueaivstia ad modum substantiae è dam una spiogazionc che passa accanto al vero problema ; nella sua chiarezza ingannatricc essa sopprime il mistero religioso per accontentarsi di un semplice prodigio. 0». E’ appunto quello che abbiamo dimostrato nel libro nostro su Jl Senso comune, la filosofia dell’essere e le formule dogmatiche. ' Per il suo realismo, la nécessita e l’universalità dei suoi principi, il tomismo ha pure una grande capacità assimilatri' ce. Esso è in grado di assimilate tutto cio che è nuovo e vero nelle scoperte delle scienze diverse e quindi la base sperimentale puo continuamente venir estesa; a modo deU’organismo umano, il quale conserva la propria struttura sostanziale, v’è nel tomismo un processo d’assimilazione perpetuo. Tomeremo ancora su quest’argomento alla fine del capitolo seguente. II. s L’ecceilenza del Tomismo Secondo le testimonianze di parecchi Papi, la dottrina di San Tommaso è la sintesi filosofica e teologica più perfetta e la più sicura espressione della verità tanto nelfordine della natura che in quello della grazia. Richiamiamo alia memoria le parole di Leone XIII neL 1’Enciclica Aeterni Patris: « Jam vero inter scholasticos Doc- 24 tores, omnium princeps et magister, longe eminet S. Thomas Aquinas, qui, uti Cajetanus animadvertit, veteres doctores quia summe veneratus est, ideo intellectum omnium quodam modo sortitus est (In II. q. 148, a. 4 in finem). Illorum doct­ rinas, velut dispersa cujusdam corporis membra in unum S. Thomas collegit et coagmentavit, miro ordine digessit et magnis incrementis ita adauxit, ut Catholicae Ecclesiae singu­ lare praesidium et decus jure meritoque habeatur... Nulla est philosophiae pars, quam non acute simul et solide pertracta­ nt... Illud etiam accedit, quod philosophicas conclusiones An­ gelicus Doctor speculatus est in rerum rationibus et principiis, quae quam latissime patent et infinitarum fere veritatum semi­ na suo velut gremio concludunt, a posterioribus magistris op­ portuno tempore uberrimo cum fructu aperienda... Praeterea rationem, ut par est, a fide apprime distinguens, utramque ta­ men amice consocians, utriusque tum jura conservavit, tum dignitati consuluit, ita quidem ut ratio ad humanum fastigium Thomae pennis evecta, jam fere nequeat sublimius assurgere; neque fides a ratione fere possit plura aut validiora adjumenta praestolari, quam quae jam est per Thomam consecuta (1) ». Leone XIII cita pure le seguenti parole di Innocenzo VI: « Hujus (Thomae) doctrina prae coeteris, excepta canonica, habet proprietatem verborum, modum dicendorum, veritatem (1) <« Tra i Dotitori Scolastici, porô, eccelle di gran lunga sopra tutti San Tommaso d'Aquino, di tutti principe e maestro. Egli (corne osserva il Cardinale Gaetano) appunto perché tenne in somma venerazione gli antichi sacri ditiori, ereditù in qudlche modo I'intelletto di tutti. (Τη II 2, q. CXLVIII, a 4, in fine). Le loro dottrine, quasi membra disperse di un eerto eorpo o sistema. San Tommaso eeppe raccogliere e collegare, disporre in ordine mirabile, e accrescere di aggiuute im portantissime ; tanto cbe cou perfetta ginstizia riene con­ siderato singolare presidio e onore della Chiesa Cattolics . Non v’è parte della filosofia, ch'egli non abbia trattato a fondu, con pari acume o solidité .... A questo si aggiunge che Γ Angelico Dottore spéculé le sue conclusioni filoeofiche nella luce delle ragioni e dei principi supremi; i quali essendo di universalité onnicomprensdva contengono in o-rto modo nel loro seno i genui d'infinité vérité. Com­ pito dei maestri successivi sarà appunto far germogliare questi semi, 25 sententiarum, ita ut nunquam qui eam tenuerint, invenian­ tur a veritatis tramite deviasse, et qui eam impugnaverit, sem­ per fuerit de veritate suspectus » (i) (Serm. de S. Thoma). S. Roberto Bellarmino dice egualmente di S. Tommaso nella introduzione al suo trattato della Santa Trinità: « Tan­ to si quidem ordine, tanta facilitate, tanta brevitate nobis omnia proponit, ut ego affirmare audeam, si quis diligenter has D. Thomae paucas quaestiones incumbat nihil ei difficile vel in Scripturis, vel in Conciliis vel μη Patribus de Trinitate futurum; et plus omnino profecturum aliquem si duobus mensibus dat operam S. Thomae quam si per multos menses in Scripturis et Patribus legendis versetur » (2). Il Papa Giovanni XXII ha detto pure: « Ipse (S. Tho­ mas) plus illuminavit Ecclesiam quam omnes alii Doctores; in cuius libris plus proficit homo uno anno quam in alio­ rum doctrina toto tempore vitae suae. (3) ». a tempo opportuno e con ottimo frutto ... Inoltre, dopo avere prima di tuUo convenientemcntc distinto la ragione dalla fede, seppe pero arnio.ncamente congiungorle, conservando î diritti e calvaguardando la dignité di ciascuna. E COS1 avvenne che la ragione, suile ali di San Tommaso, raggiunge il culmine delle uinane possibilité, tanto, cbe quasi appare impossibile farla salire più in alto; inentrc d’altra parte la fede ben difficilmente puo riprometterei dalla ragione aiuti più numerosi ed efficaci di quelli ottcnuti per opera di San Tommaso ». (1) « La dottrina di costui (Tommaso) vince tutte le altre (eccettuata la Canonica) per la propriété delle parole, il buon merito nelTesporre, la verità delle sentenze; cosidchè non ê mai accaduto a coloro che 1'han. no proiessata, di errare fuor dal cammino della verità; montre invecc chi Elia cornbattuta è sempre stato sospcttato di errore (Serm. su San Tommaso). (2) « Veramente ei propone ogni cosa con tanto ordine, con tanta immediatezza, con tanta brévité, che oso affirmare che se alcuno diligcntemente studierà le pojche questioni di S. Tommaso, niente più gli riuscirà difficile intomo alla Trinité sia nelle Scritture, sia nei Con­ cilii, sia nei Papi; e se alcuno attenderà a S. Tommaso per due soli mesi ne porter^ più frutto che se per parecchi si fosse immerso nella lettura delle Scritture e dei Padri». (3) «Egli (S. Tommaso) illustro la C iriesa più di tutti gli ultri Dottori; dai suoi libri in up solo anno Ic studioso trae più vantaggio che per tutto il tempo di sua vita dalla dottrina di altri». Allocutio hab. in Concistorio an. 1318, in Vita S. Thomae A. 81 apud Bolland. Acta Sanfct. die 7 mart. cf. de hac re Enchiridion clericorum (Documenta Ecclesiae sacrorum alumnis istituendis) an. 1938, p. 024. 26 ★ La ragione intrinseca fondamentale della eccellenza del tomismo, sotto il punto di vista filosofico, è facile ad afferrarsi. Taie eccellenza proviene da cio che essa è anzitutto una meta * fisica, che considera ogni cosa non in rapporto al movimento, al fieri, ne in rapporto all’io umano o all’azione umana, bensi in rapporto ail'essere (natura ed esistenza delle cose), cioè in rapporto al primo intelligibile, oggetto proprio della metafisi­ ca. Per questo il tomismo differisce notevolmente dalle dottrine che sono innanzi tutto una fisica o una filosofia naturale, oppure una psicologia, oppure una etica o un dogmatisme mo­ rale. e che non risalgono sufficientemente aile nozioni prime ed ai principi primi dell’essere in quanto essere o del realc (i). L’eccellenza del tomismo, sotto il punto di vista filosofi­ co, proviene in secondo luogo da cio che esso risolve tutti i grandi problemi mediante la divisione dell'essere in potenza e atto, ammettendo il primato dell'atto. Questa divisione s’impone, secondo il tomismo, per con­ ciliare il primo principio della ragione e dell’essere (il principio d’identità o di non contraddizione) col divenire e la molteplicità degli esseri affermati dall’esperienza. Secondo il principio d’identità « J’essere è l’essere e il non -essere è il non-essere », cio che équivale a dire « l’essere non è il non-essere » : è questo l’enunciato, il più semplice del principio di non contraddizione. D’altra parte cio che diventa (1) Se l’inielligenza umana non conoeceese l’essere intelligibile e la sua opposizione al non-essere, se essa non conoeesse almeno confusamonte il principio di contraddizione come leenona è ciô che possiede l'esistenza ». perciô l’esistenza non costituisce fonnalmente la persona. Dice pure nel Gentes 1. II c. 51 : « Nelle sostanze intellet tuali create è distinta Venistenza du dio che. è » cioè l’esistenza e il supposto o persona. Ancon» in Quodl. « Γ(sistenza non appartiene alla ragione di aupposto (cwato)». (2) Cf. N. Dei. Pr\i>o. Ο. I» De Veritate fundamentali philosophiae Chri­ stianae. Frilmrgo (Svi/z 1011. p. 109 70 Michaelis est suum esse, ergo realiter a b illo distin­ guitur (1). Negata autem distinctione reali inter essentiam creatam et esse, negatur radix a S. Thoma assignata ipsius infinitatis Dei et distinctionis inter Deum el creaturas. Aliis verbis si dicitur *. « Esse in creatis est ipsamet essentia et substantia » quaenam erit re­ sponsio ad doctrinam Spinozae : Existere pertinet ad naturam substantiae, proinde non potest esse nisi una substantia, sicut unum esse per se subsistens, ut vo­ lebat Parmenides? (2). 2. - Solus Deus, Actus purus, quia est ipsum es­ se seu ultima actualitas, nullum accidens habere po­ test ; ei nulla potest fieri additio (Γ q. 3, a. 6) ; ideoque est suum intelligere, suum velle, suum agere ; ac contra pantheismum, nulla modalitas Deo superaddi potest, quia non est ulterius determinabilis. Insum esse subsistens est ir receptum et irreceptivum. Idem dicendum esset de creatura, si eius essentia non realifer distigueretur ab eius esse, sic esset suum esse, ultima act ualitas. E contrario, creatura, quia non esi suum esse, sed distinguitur realiter ab illo, potest accidentia ha­ bere, est ulterius actuabilis (cf. V. thesim doctr. S. Thomae). Imo omnis substantia creata indiget po­ li» S Thomas «licii III <|. 17, a 2. ad 2: « Esse personam consequitur tanquam habentem esse», ergo esse non formaliter constituit personam. Item dicit C. Gentes II. c. 51: >< in substantiis intellectualibus créait is differt esse et quod est » scii existentia et suppositum seu persona. Item Quodl. II. a 4, ad. 2m «ipsum esse non est de ratione suppositi (creati)». (2) Cf. N. dki, Prado, Ο. P De Veritate Fundamentali philosophiae Chri­ stianae. Friburgi Hei ve t. 1911, p. 199. 71 Michele Arcangelo è la loro esistenza, quindi si di­ stingue realmente da essa (1). Se si nega la distinzione reale tra 1’essenza crea­ ta e 1’esistenza, o tra la persona — anzi la persona­ lity — creata e 1’esistenza, viene negata la ragione ultima assegnata da S. Tommaso per l’infinità di Dio e per la distinzione di Lui dal mondo. In alt re parole, se si afferma che « nelle creature 1’esistenza è la stessa essenza e sostanza », quale sarà la risposta alia dottrina di Spinoza secondo la quale resistere appartiene alia natura della sostanza e quindi non vi puô essere se non una sola sostanza e un solo essere per se sussistente. come pretendeva Parmenide ? (2). 2. - Solo Dio, Atto puro, poichè è la sua stessa esi­ stenza cioè Fultima attualità, non pub avere alcun accidente ; a Lui non puô esser aggiunto nulla (I q. 3, a. 6). E’ percio il suo intendere, il suo volere, il suo agire. Contre ogni panteismo, nessuna modalité puô essere aggiunta a Dio, perché non è ulteriormente de­ terminabile. Lo stesso essere sussistente non è ricevuto, e neppure puô ricevere alcunchè. Ugualmente si dovrebbe dire della creatura se la sua essenza non si distinguesse realmente dalla sua esistenza : sarebbe infatti il suo essere, cioè 1’ultima attualità. Ma poichè la creatura non è la propria esisten­ za, ma da essa si distingue realmente, essa pub rice­ vere (jli accidenti, è ulteriormente attuabile (cf. V te­ si della dottrina di S. Tommaso). Di più. ogni sostan(I) S. Tommaso dice III. q. 17. a. 2. ad 2*. « I/esistenza segue lu persona in quango la persona è ciô che possiede l’csistenza ». perciô l'esistenza non ooetituisce formalmente la persona. Dice pure nd Gc.ntfx I. II c. 51 : « Nelle sostanze intellettuaJi create è distinta l’rnintcnza da rto chc è » citK! 1'esistenza e il supposto o persona. Ancora in Quodl. < !’S. T. IT 1 q. 75). La sostanza dei pane o dei coipo umano è tutta in tutta la sua est ensi one, e tutta nella minima, parte di questa estensione. 3. Si puo ugualmente provare con vera dimostrazione la verità della creazione dal fatto che la reale composizione di essenza ed esistenza appartiene alia ragion stessa di ente causato Cf. 1 q. 44, a. 1 : 74 ipsum esse per se subsistens et... esse subsistens non potest esse nisi unum... Relinquitur ergo quod omnia alia a Deo non sint suum esse seel participent esse » et quod causentur secundum totum suum esse a Deo. Illi vero qui distinctionem realem inter essentiam creatam et esse negant, debent per aliam viam verita­ tem creationis probare, scilicet per viam inductionis, ut facit Suarez (Disp. Met. 20. sect. I) ostendendo contingentiam rerum; sed si contingentia corporum ex­ perientia constat ex eorum generatione et corruptio­ ne, difficilius est per viam inductionis ostendere quod, angeli etiam facti sunt, creati sunt et non a seipsis existantab aeterno. Quomodo hoc demonstrative pro­ bari potest, si negatur in illis realis distinctio inter essentiam et esse, si eorum essentia est suum esse? (e/. Del Praelo, De Veritate fundamentali, p. 203) — Imo ex praedictis apparet quod « nihil est (absolute> impossibile nisi... id quod in se contradiciionem clau­ dit » de Potentia, q. 6, a. 1, ad 11 ; v. g. contingens incausatum est impossibile ; sic negatio principii cau­ sa! itatis ducit ad negationem principii contradictio­ nis. Λ égaré principium « ex nihilo nihil » seu « ex nul­ la causa nihil » est dicere « ex nulla causa aliquid », quod est absurdum. Sed evidentia immediata princi­ pii causa litatis est positiva et sic fortior quam demon­ stratio eius per absurdum, quae est solum indirecta et quasi negativa, scit. impediens negationem vi absurdi illati. « Dio è lo stesso essere per sè sussistente e... Γesse­ re sussistente non pud essere che uno solo... Rimane dunque che tutte le altre cose distinte da Dio non siano il loro essere, ma partecipino di esso ·> e che da Dio siano causate seconde tutte il loro essere. Quelli che negano la distinzione reale tra F es­ senza creata e 1 esistenza devono seguire un’ altra via per diniostrare la vérité della creazione, la via cioè dell’induzione mostrando la contingenza delle cose, corne fa Suarez (Disp. Met. 20, sez. 1). Ma se la contingenza dei corpi ci consta per esperienza, per­ ché si generano e si corrompono, è molto difficile con l’induzione diniostrare che anche gli angeli sono fatti e creati e non esistono per se stessi a b aeterno. Come si potrà provare con dimostrazione vera e pro­ pria se si nega in essi la reale distinzione tra essenza ed esistenza. se la loro essenza è la loro esistenza '< (Cf. Del Prado, De Veritate fundamentali, pag. 203.) Da quanto si è dette sopra è chiaro anche che « niente è (assolutamente) impossibile se non... cio che implica contraddizione » (De Potentia, q. 6, a. 1 ad 11) : un contingente non causato, ad esempio, è im­ possibile. La negazione dei principio di causalité conduce alla negazione dei principio di contraddizio­ ne : negare il principio che « dal nulla non vien nul­ la » oppure che « senza causa alcuna nulla è prodotto », sarebbe corne dire che « senza causa alcuna alcunchè è prodotto », cid che è assurdo. L’ evidenza immediata del principio di causalité è positiva e per questo è più forte che la dimostrazione di esso per assurdo. che è solo indiretta e quasi negativa, in quanto impedisce la negazione in forza della conclu­ sione assurda. 76 4. - Forma irrecepta in materia multiplicari ne­ quit et remanet unica in sua specie, proinde non pos­ sunt esse duo angeli eiusdem speciei cf. q. 50, a. 4. 5. - Anima rationalis ita unitur corpori, ut sit eiusdem forma substantialis unica : alioquin composi­ tum humanum non esset unum per se, sed solum unum per accidens (ut substantia materialis et quan­ titas) ; nam ex actu et actu non fit unum per se, sed solum ex propria potentia et proprio actu correlativo (f, q. 76. a. 4). Si anima rationalis non esset forma substantialis unica corporis nostri, aliam praesupponeret, et proin­ de esset solum forma accidentalis. Haec autem ratio est nécessitons secundum principia S. Thomae, non vero secundum praedicta principia opposita . Insuper anima rationalis, ut capax subsistendi et operandi sine intrinseca dependentia a corpore, com­ municat corpori actum essendi quo ipsa est ; sic est unicum esse substantiale in homine, non duo. Essen­ tia humana igitur est composita ex materia et forma, non vero esse hominis, et hoc admitti nequit reiecta distinctione reali inter essentiam creatam et esse (cf. XVT thesim doctrinae S. Thomae). 77 4. — La forma non ncevuta in materia non puo essere moltiplicata e rimane unica nella sua specie : non vi possono essere perciô due angeli della stessa specie (cf. I, q. 50, a. 4). 5. — 7/anima razionale si vnisce in tal modo al corpo da esseme la sua vera e unica forma sostan­ ziale : altrimenti verrebbe distrutta Yunità sostan­ ziale (unum per se) dei composto uinano, che risulterebbe invece corne una unité accidentale (unum per accidens) — come avviene della sostanza mate riale con la quantité. Dall’ unione di due enti gié costituiti in atto non puo risultare un’unité essenziale ; questa è da­ ta solo dall’ unione della potenza col proprio atto correlative (I q. 76, a. 4). Se Γ anima razionale non fosse V unica forma sostanziale del nostro corpo, ne presupporrebbe un’altra — nella funzione di forma sostanziale — ed essa non sarebbe che pura forma accidentale. Questa argomentazione importa una nécessité metafisica secondo i principi di S. Tommaso, non cosi invece secondo gli opposti principi sopra accennati. Inoltre e l’anima razionale che com unica al cor­ po l’atto di esistenza per il quale essa è : l’anima è infatti capace di sussistere e di operare senza intrin­ seca dipendenza dal corpo. Vi è quindi un unico atto sostanziale di esistenza nell’uomo, non due. Nell’essenza umana risulta pertanto una composizione, di materia cioè e di forma, ma non nell’esistenza dell’uomo : cio che non puo ammettere chi nega la distinzione reale tra l’essenza creata e 1’esistenza (cf. XVI tesi della dottrina di S. Tommaso). 78 6. - Infra hominem, in omni composito substan­ tiali ex materia et forma, neutra per se esse habet, nec per se producitur vel corrumpitur. Materia enim non est id quod est, sed id quo aliquid est materiale, item, forma non est id quod est. sed id quo aliquid est in tali specie. Solum compositum est id quod est. Proinde in eo est unicum esse substantiale, actuans et materiam et forman. Sic essentia est composita, non vero existentia, quod aperte negatur ab his qui di­ stinctionem realem inter essentiam et esse reiiciunt (cf. IX thesim). 7. - Principium individnationis est materia quan­ titate signata, seu materia rapax huiusce quantitatis ita quod non illius (Thesis XI). Palsum est dicere in­ dividuation em ens quodcumque comitari (1) ; sic enim quaelibet forma, v. g. forma leonis, esset id quod est et individua re tu r a seipsa, nec proinde multipli­ cari posset, non possent esse plures leones eiusdem speciei; argumenta Parmenidis contra multitudinem en tium insol u bilia re man ere n t. 8. - Materia prima non potest exister© sine for­ ma « esset dicere ens in actu sine actu, quod implicat contradictionem » P, q. 66, a. 1. Haec autem proposi­ tio aristotelica et thomistica negatur ab illis qui te­ nent essentiam non esse realiter distinctam ab esse, et proinde materiam habere propriam existentiam, et esse non puram potentiam seri actum imperfectum. (1) Suarez, Disp. Met. 5, sect. 3 et 4. 79 6. Al disotto dell’ uomo, in ogni composto sostanziale di materia e forma, nè la materia, ne la forma per sè possiede l’esistenza, e neppure si puo dire propriamente che vengano prodotte o disciolte. La materia infatti non è cio che è, ma cio per cui qualcosa è materiale ; similmente la forma non è cio che è, ma cio per cui qualcosa è posto nella taie specie. Solo il composto è cio che è : in esso vi è quindi un unico atto sostanziale di esistenza che attua e la materia e la forma. La composizione quindi è nelFessenza, non nell’esistenza : cio che negano apertamente quelli che non ammettono la distinzione rea­ le tra essenza ed esistenza (cf. IX Tesi). 7. Il principio d’ individuazione è la materia « quantitate signata », ossia la materia in quanto capace di questa determinata quantité e non di un’altra (cf. tesi XI). E’ falso dire che ogni realtà è individuata per se stessa (1) : ogni forma allora, quella del leone per esempio, sarebbe cio che è e sarebbe individuata per se stessa ; non potrebbe essere moltiplicata ; non vi potrebbero essere più leoni della stessa specie. Di nuovo gli argomenti di Parmenide contro la pluralité degli enti sarebbero insolubili. 8. La materia prima non puo esistere senza Ia forma : altrimenti « sarebbe come dire che Fente è in atto senza l'atto, cio che è contraddittorio » (I q. 66, a. 1). Questa tesi di Aristotele e di S. Tommaso è negata da quelli che non ammettono la distinzione reale tra essenza ed esistenza : per essi la materia prima ha la sua esistenza, non è pura potenza, ma atto imperfetto. < 1) Suarez, Disp. Met. 5, sect. 3 et 4. 80 9. - « Materia secundum se neque esse habet, ne­ que cognoscibilis est » Γ, q 15, a. 3, ad 3. Deus ha­ bet quidem ideam materiae, « non tamen aliam ab idea compositi » ibid. Nihil enim est intelligibile nisi secundum quod est in actu, nisi prout est determina­ tum per formam. Proinde cognitio nostra intellectua­ lis, quae accipitur a rebus sensibilibus, fieri debet per abstract ionem a materia; sic requiritur intellectus agens, et singulare materiale non potest directe cogno­ sci ab intellectu nostro, sed indirecte tantum. Sic in­ dividuum materiale est ineffabile, non in hoc sensu quod sit supra intelligibilitatem, ut Deus, sed infra. Cf. Γ, q. 80, a. 1, et Theses XIX et XX doctrinae S. Tho­ mae. Sententia autem opposita scii. « singulare mate­ riale est directe intelligibile pro intellectu nostro » se­ quitur ex oppositis principiis circa potentiam, prout scilicet potentia ut actus imperfectus concipitur (1). 10. - Forma rei sensibilis contra, cum non sit ma­ teria, est de se ac directe intelligibilis in potentia ; scilicet non est heterogenea intelligentiae ; sic potest esse et in materia (ut conceptus obiectivus, ut idea realis, dirigens v. g. evolutionem embryonis) et in in­ tellectu (ut conceptus formalis), (P, q. 85, a. 1). 11. — Proinde immaterialitas est radix intelligibilitatis et intellectualitatis (P, q. 14, a. 1) et secun­ dum gradus elongationis a materia sunt quoque gra­ dus cognitionis et intellectualitatis; sic sensus iam (1) Svâîîz. Disp. Mei. 6, secl. 5 et 6; 35, sect. 2, 3, 4. De Anima, I. 4. c. 3, de cognitione singularium. 81 9. « Tai materia prima da sè sola nè ha I’esistenza nè è conoscibile » I, q. 15, a. 3, ad 3m. C’è bensi in Dio 1'idea della materia, ma tale idea « non è altro che quella del composto » (ivi). Non è intelligibile infatti se non cio che è in atto, cio che è determinato dalla forma. La nostra cogni. zione intellettuale, il cui oggetto le è somministrato dalle cose sensibili, deve avvenire per astrazione dalla materia : si richiede pertanto l’intelletto agente. Altra conseguenza logica è che il nostro intelletto non pvo conoscere direttamente il sing olare materiale, ma solo indirettamente. L’individuo materiale è « inesprimibile » non nei senso che sia al disopra dell·intelligibi­ lity, come Dio, ma al disette. Cf. I q. 86, a. 1 e tesi XIX e XX della dottrina di S. Tommaso. L’opposta sentenza, che cioè « l’intelletto nostro conosca direttamente il singolare materiale », segue logicamente da quella concezione seconde la quale la potenza è considerata come atto imperfetto (1). 10. La forma inveee dell’ente sensibile, non essendo la materia, è per sè e direttamente intelligibile in potenza; non c' è eterogeneità tra la forma della cosa sensibile e l’intelletto, cosicchè essa pud essere e nella materia (come concetto oggettivo, idea reale, regelante per esempio lo sviluppo dell’ embrione) e nell’intelletto (come concetto formale). Cf. I q. 85, a. 1. 11. Di conseguenza Γ immateriality è la radice dell’intelligibility e delVintellettualità (I q. 14, a. 1) e il grado di cognizione e di intellettualità è in rap­ porte diretto coi grado di indipendenza dalla materia. (1) Suarkz, Disp. Mei. 6, sect. 5 et 6; Disp. Met. 35 sed. 2, 3. I. he \nima, 1. 4. c. 3, de cognitione singularium. O) Bfsensa e uftualità tomisnio «2 sunt aliqualiter sp 'u il unies et propterea possunt fieri intentional iter obiecta sensibilia. (7°, q. 78, a. 3). Item proinde distinguuntur scientiae speculativae secun­ dum tres gradus abstractionis. Imo pariter explicatur distinctio et subordinatio angelorum, prout plus mi­ nus re appropinquant ad summam immateriali tatem Dei, qui solus est suum intelligere, sicut solus est suum esse (e/. The sim X\ III). Item sic servatur obiectivitas cognitionis no­ strae, contra idealismum subiectirum, nam conceptus obiecti rus secundum ipsam formam est real Her in re­ bus sensibilibus, a quibus oritur cognitio nostra per abstractionem et primam apprehensionem entis intelUgibilis in um bra sensibilium ; el ex, altera parte ser­ vatur contra malerialismum irreduci i bili tas spiritus ad materiam, cum iam forma rei sensibilis non sit materia (cf. L, q. 75, a. 1, 2, et 5. q. 85, a 1 et Thesim XVIII). Item .sic optime serratur distintio inter. 1. ens ra­ tionis seu logicum 2. ens metaphysicum in tertio gra­ du abstractionis consideratum, et 3. ens physicum de quo tractat physica in primo abstractions gradu. Su­ blata autem distinctione reali inter essentiam crea­ tam et esse, non am piius servatur distinctio in rebus inter id quod est et id quo aliquid est. scilicet inter ens physicum concretum et principia eius me! a physi­ ca quibus coalescit (Theses I et IX). Tunc obiectum metaphysicae reducitur vel ad aliquid physicum, vel contra ad aliquid mere logicum et non ontologicum. 83 1 sensi possedendo già una certa quale spiritualité possono diventare intenzional mente gli oggetti sensi­ bili (I. q. 78, a. 3). Da qui vien dedotta la distinzione delle scienze speculative seconde i tre gradi di astrazione. Inoltre si capisce come gli Angeli siano distinti e subordinate tra di loro, a seconde che più o meno si accostano al­ ia somma immatérialité di Dio, il quale solo è il suo intendere come solo è il suo essere (cf. Tesi XVIII). Viene ancora difesa, da un lato contio 1’idealismo soggettivo, Z’ oggettività della nostra conoscenza : il concetto oggettivo nel suo contenuto è realmente nelle cose sensibili, dalle quali nasce la nostra conoscenza astrattiva e la prima apprensione delFente intelligibile sotte il velo del sensibile ; dall’altro lato, contro il matérialisme, vien difesa Y irriducibilità dello spirito alla materia., poichè già la forma stes­ sa della cosa sensibile non è riducibile alla materia (cf. I, q. 75, a. 1, 2 e 5 ; q. 85, a 1, e tesi XVIII). Ne risulta infine con chiarezza la distinzione tra 1. ente di ragione o logico, 2. ente metafisico conside­ rato nel terzo grade di astrazione e 3. ente fisico, quel­ le studia to dalla fisica nel primo grade di astrazione. Qualora si neghi la distinzione reale tra essenza creata ed esistenza, non regge più nelle cose la distin­ zione tra cio che è e cio per cui la cosa è, vale a dire tra l'ente fisico concreto e i principi metafisici dai quali risulta (tesi I e IX). L’oggetto della meta fisica si ridurrebbe a qualcosa di fisico o contraria mente a qualcosa di puramente logico e non già ontologico. IV. - APPLICATIONES IN ORDINE OPERANDI SECUNDUM UTRAMQUE VIAM ASCENSUS ET DESCENSUS. 1. Potentiae et habitus specificantur non a seipsis sed ab obiecto formali ipsius actus ad quem essen­ tialiter ordinantur, c/. Γ, q. 77, a. 3 ; I-II, q. 54, a. 2. Unde habitus non specificantur ab agente seu a causa efficienti extrinseca independenter ab obiecto eorum formali. Propterea dicit S. Thomas II-ÏI, q. 5, a. 3 : « Species cuiuslibet habitus dependet ex formali ratione obiecti, qua sublata, species habitus remanere non potest ». 2. — Proinde diversae facultates animae realiter distinguuntur ab ipsa anima et inter se, cf. Γ, q. 77, a. 1, 2, 3, 4. Sensus interni semper perfectiores in suo or­ dine fieri possent, et numquam obiectum formate in­ tellectus nostri attingerent; contra sensualismum seu empirismum. - Pariter probatur distinctio realis inter intellectum agentem et intellectum possibilem « quia respectu eiusdem obiecti aliud principium oportet esse potentiam activam, quae facit obiectum esse in actu, et aliud potentiam passivam, quae movetur ab obiecto in actu existente ». P, q. 79, a. 7. IV.-APPLICAZIONI NELL’ORDINE DELL’OPERARE SECONDO AMBEDUE LE VIE, ANALITICA E SINTETICA 1. Le jacoltà e yli abiti sono specificati non da se stessi, ina dalVoggetto formale dell’atto al qvale sono essenzialmente ordinati (cf. I, q. 77, a. 3 ; I-II, q. 54, a. 2). Onde non puô l’agent e o la causa efficiente estrinseca specificare gli abiti indipendentemente dal loro oggetto formale. Percid S. Tommaso scrive II-I1, q. 5, a. 3 : « La specie di qualunque abito dipende dalla ragione formale dell’oggetto, tolta la quale la specie dell’abito non pud sussistere ». 2. Percid le diverse facoltà delianima si distinguono realmente da essa e tra di loro. Cf. I q. 77 a. 1,2, 3, 4. I sensi interni possono bensi diventare sempre più perfetti nel loro ordine, ma non mai raggiungere Γoggetto formale dei nostro intelletto : contio il sensualismo o 1’empirismo. Vien provata ugualmente la distinzione real e tra intelletto agente e intelletto possibile, « poichè, rispetto alio stesso oggetto la potenza attiva che pone l’oggetto in atto di intelligibilità e la potenza passiva che è determinata dall’oggetto già intelligibile in at­ to devono ben essere due principi diversi ». I q. 79, a. 7. 86 3. - Quoad actum cognitionis eliciendum, poten­ tia cognoscitiva et species impressa eam determinans non sunt duae causae partiales (sicut duo actus ex quibus efficeretur aliquid unum, per accidens), sed sunt duae causae totales (Γ, q. 56, a. 1) ; imo cogno­ scens et cognitum sunt magis unum quam materia et forma, nam cognoscens, ratione suae immaterialitatis intent ionalite r /it ipsum cognitum, dum mate­ ria non fit forma (cf. Γ, q. 14, a. 1. (aietanum et per oppositum Scotum Γ, D. III, q. 7, n. 38 et q. 8, ac Suarez, Tr. de divina substantia, /. II, c. 12, n. 7 sq.). Proinde est proportio inter intellectum et species, sci­ licet quanto intellectus fuerit superior, tanto per pau­ ciores species universitatem int elligibilium apprehen­ dere poterit (cf. Γ, q. 55, a. 3). 4. - Pariter ad productionem electionis liberae, intellectus et voluntas concurrunt, non ut duae cau­ sae partiales, sicut duo trahentes navim, sed ut duae causae totales, et proinde impossibile est quod sit electio sine ultimo i udicio dirigente (cf. XXI Thesim ex doctrina S. Thomae;, et per oppositum Suarez, Disp. Met. 19, seel. 6). 5. - Principium « omne quod movetur ab alio mo­ vetur » immediate sequitur ex distinctione inter po­ tentiam et actum ; nam nihil reducitur de potentia ad actum nisi per aliquod ens in actu, et hoc est funda­ mentum primae viae S. Thomae ad ex ist entia m Dei probandam. Hoc autem principium remanet incertum pro Suarezio nam, ut ait, multa sunt, quae per actum 87 3. Nella produzione dell’atto di cognizione, la facoltà conoscitira e la specie impressa che la. determi­ na, non sono due cause parziali (come a dire due at. ti dai quali risulterebbe un’ unità accidentale), ma due cause totali (I, q. 56, a. 1) ; anzi si deve dire che il conoscente e il conosciuto nell’atto del conoscere formano un unità più stretta che non la materia e la forma, giacchè il conoscente, per la sua immatérialité, diventa intenzionalmente lo stesso oesetto conosciuto. mentre la materia non diventa la forma (cf. I q. 14, a. 1 ; C'aietano, ivi ; e per 1 opposto : Scoto I, D. H I ; q. 7, n. 38 e q. 8; Suarez, Tr. de divina sub­ stantia I. Ile. 12, η. 7ss). Si stabilisée percio tra l’intelletto e la specie intelligibile questo rapporte : quanto più l’intelletto è superiore nel grado di intellezione e tanto mono è il nu · mero delle speci necessarie per conoscere la totalité dell intelligibile (I, q. 55, a. 3). 4. Parimenti nella produzione della libéra elezione concorrono e l’intelletto e la volontà, non come due cause parziali — corne due che tirano la stessa barca —. ma corne due cause totali, e quindi non si dà affatto un'elezione senza l’ultimo giudizio pratico (cf. tesi XXI : e per Γ opposto Suarez Disp. Met. 19 sez. 6). 5. Il principio che « tutto cio che è mosso è mosso da un altro » risulta immediatam ente dalla distinzione tra potenza e atto : nulla infatti puo passare dalla potenza ail’atto se non in virtù di un essere in atto — di un essere cioè che possiede in proprio o in équivalente cio che à da essere prodotto — Questo principio è per S. Tommaso il fondamento della pri­ ma via per dimostrare l’esistenza di Dio. Per Suarez invece tale principio resta incerto « poiehè — corne oo virtualem videntur sese movere et reducere ad actum formalem, ut in appetitu seu voluntate videre licet..» (Disp. Met. 29, sect. J.) - Si tamen voluntas nostra non est suum velle, sicut voluntas divina, tunc est solum potentia ad illud et ideo ad hunc actum, reduci nequii absque divina motione, alioquin plus proveniret a mi­ nori, perfectius ab imperfectiori, contra cau salitatis principium; cf. /", q. 105, a. 4 et 5. Ei non valerent probationes eristentiae Dei. 6. — in causis per se subordinates non potest es­ se processus in infinitum, quia causa per se subordinata superiori non movet nisi ut praemota ab ista su­ periori; v. g. navis portatur ab oceano, oceanus a ter­ ra, terra a sole, sol ab alio centro superiori, non in in­ finitum; « sed, si procedatur in infinitum in causis ef­ ficientibus, non erit prima causa efficiens, et sic non erit nec effectus ultimus, nec causae efficientes me­ diae, quod patet esse falsum.. » 7", q. 2, a. 3, *2 via (1 >. Suarez secundum sua principia dicit e contrario : « In causis per se subordinates non repugnat infinitas causas, si sint, simul operari ». (2) (1) Secundum S. Thomam non evidenter repugnat processus in infinitum in causis per accidens subordinatis in. praeterito, vg. filius procedit a patre, ab avo. a proavo et deinceps, causae enim praeteritae non amplius influunt, cf. 1° q. 46, a. 2. ad. 7. (2) Disp. Mot. 29, sect. 1 et 2; Disp. Met. 21. seert. 2. dice egli stesso — vi sono molti esseri che per Yatto virtuale sembrano inuoversi e passare uWatto forma­ le come si puo constat are nella volontà...» (Disp. Met. 29, sez. 1). Ma se la nostra volontà non è il suo atto di volere. come lo è invece la volontà divina, vuol dire che ha rapporto solo di potenza a tale atto e che ad esso non puo passare senza una divina mozione : il contrario significherebbe che il più viene dal meno, il più perfetto dal meno perfetto, contro 1’evidenza del princi­ pio di causalité (cfr. I q. 105 a. 4 e 5). Le prove dell’esistenza di Dio perderebbero il loro valore. 6. Nella serie di cause efficienti attualmente esistenti e ne ce s sariament e subordinate (p. e. la nave ο portata dalFoceano, Γoceano dalla terra, la terra dal sole, il sole da un centro superiore ; serie nelle quali cioè ogni causa subordinate dipende nella sua causa­ lité dalla precedente) non si pub procedere alVinfinito, perché una causa, subordinate nella sua causalité a una causa superiore, non muove se a sua volta da quel­ le non è mossa : « Se fosse possibile un processo all infinito nelle cause efficienti non vi sarebbe una prima causa efficiente, e per conseguenza non vi sarebbero nè 1’effetto ultimo, nè le cause efficienti intermedie, cio che evidentemente è falso » I q. 2, a 3, *2 via (1). Suarez invece, in conformité ai suoi principi, di­ ce : « Nella serie di cause efficienti attualmente e necessariamente subordinate non ripugna che una mul­ titudine infinita di cause, posto che esista, agisca contemporaneamente (2). E la ragione sta in questo (1) Secondo S. Tommaso non è évidente l’impossibilité del processo all’infinito nella serie delle cause accidentalmente subordinate : per es. il figlio dipende dal padre, dal nonno, dal bisavo e cosl via : le cause passate infatti non influiscono più attualmente. Cf. I q. 46 a. ‘2 ad 7. (21 Disp. Met. 21, eez 2. 9U Ratio est quia in causis subordinatis, quas ponit Suarez, primum non est causa medii, nec medium causa ultimi; sed omnes causae simul agentes influant non una in alteram, sed omnes in effectum per concursum simultaneum, tamquam causae partiales coordinatae et non totales subordinatae, ac si quaelibet causa creata esset suum esse et suum agere. Pro S. Thoma autem nulla cau­ sa creata est suum esse, nec suum agere, ideoque nul­ la operari potest sine praemotione divina. Λ q. 105, a. 5 : Deus in quolibet operante operatur. Pro S. Tho­ ma causa creata et Deus inter se subordinantur, pre * Suarez quasi coordinantur. 7. - « Omne ens, quocumque modo sit, oportet quod derivetur a primo ente » I-II, q. 79, a. 2. Pari­ ter pro omni perfectione simpliciter simplici quae participatur in creaturis, scilicet omne bonum depen­ det a primo bono, omnis determinatio bona a suprema determinatione Actus puri, omnis actio a suprema actione, omnis intellectio a suprema intellectione, omnis volitio a suprema vol itione, omne liberum a pri­ mo libero, omnis electio a suprema electione, omne de­ cretum a supremo decreto. Unde dicit S. Thomas : «>S7 Deus moret voluntatem ad aliquid, incompossibile est huic, positioni, quod voluntas ad illud non monea­ tur. Non tamen est impossibile simpliciter l-ll, q. 10, a. 4, ad 3. - Etenim « voluntas divina non solum se extendit, ut aliquid fiat per rem, quam movet, sed etiam eo modo fiat, quo congruit naturae ipsius. Et ideo magis repugnaret divinae motioni si voluntas ex necessitate moreretur, quod suae naturae non compe­ tit, quam si moveretur libere, prout competit suae naturae » ibid, ad 1. item Ia, q, 19, a. S ; q. 105, a. 4 : I-II. q. 112 a. 3. in quell’ordine di cause, seconde Suarez, la prima causa non è causa delVattîvità della successiva e cost di sesuito finchè si giunge all’ultimo effetto, ma tutte operano non una sullaltra ma insieme per un concorso simultanée) alla produzione dell'effetto : opera­ no come cause parziali coordinate, non totali subordi­ nate, come se ogni causa creata fosse il suo stesso es­ sere e il suo stesso operare. Per S. Tommaso al contrario nes sun a causa crea­ ta è il suo stesso essere, nè il suo stesso operare e per­ cio nessuna pub operare senza una premozione divina T q. 105 a 5 : Dio opera in ogni essere operante. Per S. Tommaso tra la causa creata e Dio vi è subordinazione, per Suarez vi è quasi coordin a zione. 7. « Tutto rib die è essere, in qualunque modo lo sia. deve necessaria mente derivare dal primo esse­ re » 1-11, q. 79 a. 2. Cid vale pure per tutte le perfezioni assolutamente semplici che si trovano partecipate n elle creature : Ogni bene dipende dal primo be­ ne, ogm determinazione bvona dalla suprema deter­ minatione delVAtto puro, ogni azione dalla suprema azione, ogni intellezione dalla suprema intellezione, ogni volizione dal supremo rolere, ogni libero dal pri­ mo libero, ogni atto di elezione dalla suprema elezione, ogni decreto dal supremo decreto. Onde scrive San Tommaso : « Se Dio muove la vol ont à verso un oggetto precise, è ini possibile nello stesso tempo che la nostra volontà non lo voglia. ma non è assolutamente impos­ sibile » I-II. q. 10. a. 4 ad 3. Infatti « la volontà divi­ na non si estende solo alleffetto prodotto dalla realtà che essa muove. ma anche al modo di prodazione che conviene alia natura di questa realtà. Ripugnerebbe quindi di più alla mozione divina che la volontà fosse — Peccatum autem, aut actas deficiens in quantum deficiens non producitur a Deo, sed a causa creata defectibili, secundum permissionem divinam, et haec permissio ordinatur ad majus bonum (cf. I-Il. q. 79 a. 1 et 2). Ut dicitur in q. De malo, q. 6, a. I, ad 3 : « Deus movet quidem voluntatem immutabiliter propter efficaciam virtutis moventis, quae defice­ re non potest ; sed propter naturam voluntatis mo­ tae, quae indifferenter se habet ad diversa, non indu­ citur necessitas, sed manet libertas ». Alioquin Deus non esset amplius Actus purus nam in eo poneretur quaedam passivitas, quoad praevisionem futuribilium liberorum, quorum determinatio ab eo non depende­ ret, et sic in negotio salutis non totum esset a Deo, qui vere esset causa partialis et non totalis : creatura pos­ set quoad aliquid agere et sese determinare indepen­ denter a Deo, ac si aliquo modo esset suum agere. So­ lus Deus autem est suum esse et suum agere « quia potentia et actus ita dividunt ens, ut quidquid, est, vel sit Actus purus, vel ex potentia et actu tamquam primis atque intrinsecis principiis necessario coale­ scat » 7" Thesis ex doctrina S. Thomae. Alioquin rur­ sus insolubilia redirent argumenta Parmenidis et Spinozae contra mutationem et multitudinem entium et oporteret negare aut principium contradictionis aut certissima facta experientiae absque ulla conci­ liationis spe, et in fine vitari non posset vel negatio mundi mutabilis, vel negatio Dei immutabilis, vel acosmismus vel atheismus. 93 mossa necessariamente, contro la sua natura, che non lo fosse liberamente, conforme aile sue esigenze natu­ rali » ibid, ad 1 e T q. 19. a. 8 ; q. 105, a. 4; I-TI q. 112, a. 3. /1 peccato, o l’atto deficiente, in quanto deficiente non viene prod otto da Dio, ma dalla causa creata defettibile, secondo la permissione di Dio, e questa per­ missione è ordinata a un bene superiore (I-TT. q. 79, a. 1 et 2). E’ detto perciô nella questione de malo q. 6 a. 1 ad 3.um : « Dio muove bensi la volontà umana immutabilmente per V efficacia della potenza di chi muove che non pub fallire, ma per la natura stessa della volontà che riceve la mozione e che si conserva indifferente di fronte ai va ri oggetti, non viene indotta una nécessita e resta salva la liberté ». Diversamente Dio non sarebbe più Atto puro; si dovrebbe porre in lui una passirità per la previsione dei futuribili liberi, la determinazione dei quali non dipenderebbe da lui. E per conseguenza nelT opera della salvezza non tutto verrebbe da Dio : Egli sarebbe davvero causa parziale e non totale ; la creatura potrebbe in qualche cosa agire e determinarsi senza dipendenza da Dio, come se in qualche modo fosse essa il suo stes­ so agire. Ora Dio solo è il suo essere e il suo agire « poichè potenza e atto dividono cosi tutto 1’ordine dell’ente che tutto cio che è o è Atto puro o risulta di atto e di potenza come di primi e intrinsechi prin­ cipi » (I tesi della dottrina di S. Tommaso). Se cosi non fosse, torniamo a ripeterlo, resterebbero insolu­ bili gli argomenti di Parmenide e di Spinoza contro la mutazione e la pluralité degli esseri e bisognerebbe negare o il principio di contraddizione o i fatti cer­ tissimi dell’esperienza, senza alcuna speranza di conciliazione e in fine non rimarrebbe logica mente che o 94 8. - lu ordine tandem supernatural! multae nota­ ri possent applicationes doctrinae de actu et potentia, tum in ordine essendi, tum in ordine operandi. V.